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<title>dall' homo sapiens sapiens all'homo tecnologicus</title>

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<body bgcolor="blue"> <body text="red"> <center> <h1>DALL'HOMO SAPIENS SAPIENS ALL HOMO TECNOLOGICUS</h1></center>

<center><h3>EVOLUZIONE DELLA TECNOLOGIA E DELLA COMUNICAZIONE</h3></center>

<a href="lava.gif"><CENTER><img src="lava.gif" ALIGN="MIDDLE" alt="technology evolution"/></CENTER></a> <font color="green"> <center> <h2> LO SCIENZIATO CHE DISCENDE DALLE SCIMMIE </center> <h2 ></font> <font color="white"> <h3> La mattinata era fredda, piovigginosa, si sentiva nellaria che era dicembre. Il 27 dicembre del 1831, per la precisione. Il Beagle, un piccolo vascello inglese, partiva dal porto di Portsmouth per un lungo viaggio di cinque anni che lavrebbe portato a toccare i posti pi remoti del globo terrestre. A bordo cera un giovane, Charles Darwin, che grazie a quel viaggio sarebbe diventato famoso. Aveva abbandonato gli studi di medicina e a soli 22 anni si era imbarcato per dedicarsi alla sua grande passione, la Natura. In quei cinque anni Darwin osserv, raccolse e catalog una quantit impressionante di minerali, piante e soprattutto animali. Una curiosit smisurata, come ogni scienziato che si rispetti. Il giovane naturalista fu colpito soprattutto dal fatto che cerano, sparse per tutto il mondo, numerose specie di animali che si assomigliavano

moltissimo tra di loro. Questo lo port a pensare a lontani progenitori comuni. Daltra parte i resti fossili che aveva osservato nelle rocce somigliavano proprio ad antichi animali estinti: che fossero loro quei progenitori comuni? Le riflessioni di Darwin si scontravano per con le teorie in voga allepoca, secondo cui i fossili erano nientaltro che scherzi di natura, [1] e secondo cui tutti gli animali avevano conservato quelle caratteristiche che Dio aveva dato loro allinizio della creazione. Lidea che potessero comparire specie nuove, o che le specie vecchie si modificassero col tempo, non sfiorava nessuno; eppure razze miste venivano prodotte dai floricoltori e dagli allevatori anche nellOttocento! Ma se unevoluzione -come pensavano Darwin e pochi altri- cera realmente stata, nascevano altri interrogativi: come si erano trasformati quegli uccelli primitivi nei fringuelli che Darwin ora osservava nelle isole Galapagos? E perch cera una specie diversa di fringuello per ogni isola dellarcipelago? Fu proprio la presenza, su isole vicine tra loro, di specie che differivano di piccoli particolari a suggerirgli la risposta. <a href="lava.gif"><CENTER><img src="darwin.jpg" ALIGN="MIDDLE" alt="darwin"/></CENTER></a> Probabilmente -pens Darwin- la causa di questa diversit stava nellinfluenza dellambiente esterno. Gli animali, cio, si adattavano alla natura circostante. Ma come? Lamarck, uno zoologo francese, gi qualche anno prima aveva avanzato delle ipotesi sullevoluzione degli animali. Secondo la sua teoria le giraffe, per esempio, avevano collo e gambe pi lunghi a forza di allungarsi per brucare le foglie degli alberi. E trasmettevano queste caratteristiche ai loro piccoli. Darwin conosceva la teoria di Lamarck, per non ne era rimasto soddisfatto: se io faccio flessioni tutta la vita diventer magari muscolosissimo, ma i miei figli non nasceranno per questo muscolosissimi! Pens allora ad una spiegazione differente: un piccolo numero di giraffe nascevano -per caso- con il collo e le gambe un po pi lunghe del normale. Proprio come qualcuno di noi pi alto, o pi basso, dei propri genitori. Queste giraffe avevano dei vantaggi sulle altre, quello di potere raggiungere le foglie dei rami pi alti in caso di scarsit di cibo, e quello di scappare pi veloci davanti a un leone o un leopardo. Avevano perci rispetto alle altre pi possibilit di sopravvivere, e quindi di avere dei piccoli (che avrebbero avuto il collo e le gambe pi lunghi degli altri). Ovviamente se un gruppo di queste giraffe si fosse spostate in una zona dove gli alberi erano pi alti, o i leopardi pi veloci, a lungo andare colli e gambe si sarebbero dovuti allungare ancora di pi, altrimenti le possibilit di sopravvivenza sarebbero state minime. Questo spiegava come le specie si trasformavano, e il motivo per cui le caratteristiche delle specie erano diverse da luogo a luogo. Nasceva cos la teoria della selezione naturale, che Darwin rese nota pi di 20 anni dopo nel famosissimo libro Lorigine della specie. Fu la prudenza che gli sugger di aspettare cos tanto, e non aveva torto. Infatti, non appena pubblicato, il libro scaten feroci polemiche, soprattutto da parte della Chiesa. La teoria di Darwin sosteneva che gli animali si evolvevano a caso, seguendo una crudele competizione naturale in cui sopravvivevano solo i migliori. Ma ancora pi grave era una dei punti della nuova teoria: luomo e le scimmie avevano gli stessi antenati! Allora non era vero che Dio aveva creato in origine Adamo ed Eva, come diceva la Bibbia. Aveva creato delle scimmie da cui poi saremmo discesi tutti noi, con i nostri cugini babbuini, orango-tango e scimpanz!

La stretta parentela tra uomo e scimmia era difficile da mandare gi. Il lavoro di Darwin incontr resistenze anche da parte di moltissimi uomini di scienza, e ci vollero molti anni prima che venisse accettato completamente. Eppure la somiglianza tra uomo e scimmia non era cos difficile da vedere, sarebbe bastato far guardare loro certe trasmissioni televisive di oggi...<h3> </font>

<font color="green"> <center> <h2> THE SOCIETY OF THE SPECTACLE </center> <h2 ></font> <font color="black"> <h3> In the dystopian societies of Orwell, a crucial role is played by the technologiesof mass media which have developed during the 20th century, and have come to occupy such a dominant and defining space in the contemporary world. In Orwell's "NINETEEN EIGHTY-FOUR", a satirical portrait of Soviet totalitarianism under Stalin, the mass media are primarlily an instrument of fear, at once a dispenser of propaganda and a tool of surveillance. "BIG BROTHER IS WATCHING YOU" say the omniscent wall poster, and the unwritten corollary of this statement is that the citizen must watch Big Brother and listen attentively to his propaganda machine. The French theorist Guy Debord say that the "society of the spectacle" delineates a world in which we are completely alienated, from ourselves, our labour and our desires and in our relations with others. If during the early 20th century people learned to see the world trought a camera lens, we have now reached thwe stage where we are no longer able to perceive or experience things or people exept trought the language and categories given to us by the media which also have the function of telling us what we should or should not desire or be interested in at any given time. Only what appears in spectacular form seems worthy of our attention. We can indentify and sypathise with the suffering of a TV character or even of a real person who appears in a documentary more than we can those of real people. Since the publication Debord's essay, the the mass media have grown exponentially as have their concentration in the hands of a few powerful multinationa corporation. Moreover, the alianation Debord speaks of has reached the point at which it is no longer even necessary to have "stars" to dream about or identify with. As the success of web cams and reality TV, shows like Big Brother demonstrates we can equally be persuaded to watch the formlessness, emptiness and boredom of our real live, providing it appears on a screen. <h3> </font> </body>

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