Você está na página 1de 78

Enrico Denifle. Lutero e luteranesimo nel loro primo sviluppo esposti secondo le fonti. Roma: Descle&C Editori Pontifici.

. 19142, LII - 461 pgs. /VI/ (...) NOTA DEL TRADUTTORE Postscriptum. Dieci giorni dopo che io avevo scritto le righe precedenti, era chiamata ai premi eterni l'anima bella di Enrico Denifle, che era in viaggio per Cambridge, ove doveva essere proclaMato dot-/VII/tore honoris causa di quella celebre Universit! degna di nota la frase contenuta nel discorso di presentazione dell'Orator: non odie prolixius prosequemur neque Martinum Luther, ab eodem ad fidem documentorum nuper depictum (Cambridge University Reprter, n. 1563, p. 1113). Sulla tomba dell'esemplare religioso, dell'eruditissimo indagatore, del profondo studioso, dello storico geniale e poderoso la religione e la scienza depongono l'omaggio della ammirazione e della gratitudine, omaggio che non morra, n diminuir, come rimarranno monumento imperituro di fede e di scienza le innumerevoli opere e articoli del lagrimato defunto. Per quanto riguarda la continuazione del Lutero, so da fonte sicura che il compimento della seconda edizione del I volume gi affidato ad altro valente scrittore. Speriamo che da parte dell'Ordine, a cui appartenne l'illustre A., si far poi anche il possibile per condurre a felice termine lopera intiera. E va inteso senz'altro che io mi far un dovere di presentarla pure intiera ai miei compatriotti, se Dio buono mi d vita e se a questa prima parte del I volume arrideri il favore del!' Italia colta. 31 luglio 1905. /VIII/ PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE DELLA PRIMA PARTE DEL VOLUME PRIMO ogni aspettativa ho dovuto ben presto por mano ad elaborare una nuova edizione del primo volume dell'opera mia, proprio in un tempo, in cui credevo gi dovermi occupare del compimento del secondo volume. Appunto perch - e lo sottolineo a bella posta qui sbito nella prefazione per rompere la punta a delle false voci e quietare certi paurosi politici - n o n v o l l i , fin dal principio, gettare n e l p o p o l o a l c u n o s e r i l l o i n c e n d i a r i o , m a u n i c a m e n t e scrivere con s e m p l i c e , g e n u i n o , o n e s t u n l i b r o p e r i d o t t i , sup- ponevo, e lo dissi apertamente, che sarebbe passato un bel pezzo prima che l'edizione fosse esaurita. Ma doveva andare altrimenti. Grazie all' interesse, che cattolici e protestanti si presero con eguale ardore delle mie ricerche e dell'oggetto loro, nello spazio d'un mese il primo volume era gi smaltito. Dato lo svolgimento della polmica impegnatasi pro e contro il mio libro, ripetere la prefazione della prima edizione divenuto cosa superflua. Basta che finalmente con tutta franchezza sia stato messo in chiaro e che dal punto di vista scientifico sia stata elevata la protesta che fin qui da parte protestante, riguardo a Lutero e alia sua figura storica, si tenuta tutt' altra condotta che rispetto alia Chiesa cattolica, anzj rispetto a Cristo e al Cristianesimo stesso. I protestanti non sono i primi a far questo giuoco. Gi i Donatisti 1* hanno fatto proprio come loro, sicch S. Agostino si sent indotto ad asserire: Donatum Donatistae pro Christo habent. Si audiant aliquem paganum detrahentem Christo, forsitan patienter ferant, quam si audiant detrahentem Donato (Sermo 1 9 7 , n . 4 ) . Ai /IX/ professor protestanti fu ed lecito trattare Gesu Cristo a loro placimento, possono fin bandirlo impunemente per un puro nomo; ma Lutero non pu esser toccato: in quella stessa misura che si abassa Cristo, viene sempre pi esaltato e glorificato Lutero. Tuttora non rimane che troppo vero come da parte protestante nellinsegnamento e altrove, la dottrina cattolica, le istituzioni cattoliche vengono sistemticamente travisate. E fu essa questa triste realt a farmk porre nella penna quel tono pungente, che s tanto biasimato nella mia prefazione. Ma nei nostri tempi schizzinosi conviene non irritare i deboli nervi di molti lettori, e ci tanto pi quando, senzaltro, i fatti parlano abbastanza alto da s. Intanto laccoglienza del mio libro riconferma appunto in una maniera classica la partigioneria acritica della parte di granlunga maggiore dei nostri avversari.
ONTRO

L'enorme eccitazione, che li fece addirittura uscir dai ganghcri, gI insulti senza ritegno e le gratuite affermazioni, con cui i loro giornali e campioni, non riuscivano che a stento a coprire il loro imbarazzo e la loro angustia, i mezzi ai quali s' attaccarono, gli eccitamenti ai quali ricorsero presso dei loro lettori, rischiarano d' una luce abbastanza viva con quanta piena di pregiudizi 1 ponno occuparsi di tali questioni quei giornali e quei dotti che han si spesso in bocca la libert della scienza. Ma ci non reca loro danno. Essi possono bene, come gi Lutero e compagni, fare cos quanto vogliono; sanno infatti che agli occhi dei loro compagni di fede rimangono tanto pi in venerazione, quanto pi nella lor cieca ira sbraitano contro il mio libro. Anche sui loro pi grossi spropositi 2 si chiude senz' altro un occhio perch commessi /X/ contro di esso. II loro fine di glorificare Lutero, e quindi di bandire dal mondo con ogni mezzo lopera mia, li scusa a solo del loro indegno procedere, e li dispensa dall' obbligo di rispondere alie mie repliche o spiegazioni. Arditamente debbono sempre e poi sempre gittarmi addosso le medesime rampogne. In tutte le Universit luterane si sono innalzate grida di sdegno, da tutti i propugnacoli del protestantesimo echeggiato ed echeggia il grido d' allarme per la difesa del calunniato fondatore della loro confessione. Harnack, in Berlino, che apri il coro, il suo collega Seeberg, che lo segu sul campo di battaglia, poi il Haussleiter in Greifswald, Lsche in Vienna, Walther in Rostock, Kolde e Fester in Erlangen, Kohler in Giessen, Kawerau in Breslavia, Hausrath in Heidelberg, Baumanm in Goettingen, tutti fecero chi pi, chi meno, quanto poterono e si sbracciarono ad abbattere lopera mia: anzi anche i minori ingegni portarono il loro modesto obolo alia nobile impresa. Ne la lista sembra chiusa. II signor Althoff, direttore ministeriale, ha dichiarato nel Parlamento di Prussia, seduta po- meridiana del 14 aprile 1904 (Secondo la Post, n. 175): L'effetto del libro stato che un ottimo ministro evanglico sta preparando un lavoro su questo soggetto. Ma questo ottimo ministro evanglico non si pu ricercare fra i sopranominati, perch il signor Althoff aggiunge sbito: E cos la freccia rimbalza addosso al tiratore . Ci finora non per anche accaduto, poich ai sunnominati posso anzi rispondere col mio compatriotta Andrea Hofer: Oh, come trate male!3 Quegli il quale dovr scagliarmi addosso la freccia tirata contro Lutero deve ancora venire. Io lo aspetto. /XI/ Anche delle assemblee di protesta si sono sollevate con risoluzioni contro lopera mia. Non ero solo, trovandomi sempre in buona compagnia, cio coi gesuiti e col vescovo Benzler: che poi queste raccolte riescano a qualcosa pi delle confutazioni che la pretendono a scientifiche, ne dubito assai. Da una generazione almeno non s' eran visti tanti arrabbiati critici attaccarsi all' opera d' un autore, esplorarla con tali occhi d'Argo, nell'intento di scoprirvi lati deboli, errori e spropositi, anzi d'annientarla addirittura: ben raramente s' era a tale scopo gonfiato in si inaudita maniera un moscerino in un elefante che gettasse sbito Tintero libro a monte e lo stritolasse, come s' visto ora con Topera mia da parte degli scienziati protestanti e da inferiori scribacchini della stampa protestante. In ogni osservatore imparziale dovuta dopo ci insinuarsi la convinzione che lapparire dellopera mia segnasse un avvenimento pei protestanti. Vero che essi vogliono poi ad ogni costo diminuire questa impressione colla vergognosa scappatoia che il mio lavoro va giudicato col criterio: curarsene poco, darsene poco, Lutero e il protestantesimo non ne son toccati per nulla. Gli assalti impetuosi da parte dei protestanti me li aspettavo; e di questa previsione non feci segreto anche prima che uscisse lopera. Anche il silenzio - salvo pochisime eccezioni - dei pi competenti rappresentanti cattolici della storia ecclesiastica e della teologa in Germania non mi giunse inaspettato, ma tanto pi improvviso mi giunse il biasimo di alcuni signori del tutto incompetenti.
Nell'originale sta appunto voraussetzungsvoll, parola che lA. indirizza qui ai protestanti i quali vogliono che la scienza sia assolutamente voraussetzungslos (scevra da pregiudizi), negando che tale sia la scienza cattolica. (Nota del traiuttore) 2 Tra questi debbo annoverare ad es. il biasimo che mi fa W. Kohler nel Cbristliche Welt 1904, n. 10, p. 227 citando le p. 293 ss. della mia opera, d'aver detto che Lutero ruppe ripetutamente il matrimonio con la sua Caterina! L'autore del resto, nel modo e nella maniera con cui fa certe simili accuse, manifesta quel basso livello che ho messo in luce nel mio opuscolo contro il Seeberg, p. 60 ss. 3 Parole che Andrea Hofer rivolse ai soldati francesi che per ordine di Napoleone I fucilarono in Mantova l'eroe tirolese il 20 febbraio 1810. (Nota del traduttore).
1

Credo bene che ogni lettore cattolico, il quale conosca le Keuschheitsideen e la Renaissance (specialmente del 1904, p. 96 ss.) del sacerdote cattolico I. Mller, non bader se io non m'occupo oltre di lui. Anche le sue invettive contro S. Tommaso non mi possono indurre a difendermi contro un critico, il quale, anche pochi anni fa, nel suo scritto: Der Reformkatholizismus die Religion der Zukunft fr die Gebildeten aller Bekenntnisse /XII/ (1899), a pag. 77, cita con incredibile ignoranza e superficialit l'obbiezione che S. Tommaso (1 p. qu. 1, a. 2. obj.i) fa sopra la teologa come scienza, siccome dottrina di S. Tommaso, scambiando obbiezione e risposta! Si capisce con questo, come ai suoi occhi la Scolastica possa apparire il capitale baluardo dell'oscurantismo cattolico . Un certo punto ha bens di comune questo cos detto Reformmller (macina - riforme) 4 con parecchi cattolici formati nelle Universit tedesche, cio la mania delle concessioni. A quali eccessi questa possa condurre a lungo andare un ingegno immaturo, lo mostra con spaventosa evidenza un articolo del periodico Die Fackel (n. 145, Vienna 28 ottobre 1905) sopra la questione dell'Universit di Salisburgo. Esce questo da una penna che si dice pubblicamente cattolica e che, allapparire dell'opera mia, ha trovato necessario prendere altrove posizione contro di essa. L' autore dell'articolo della Fackel un figlio autentico del nostro moderno tempo eclettico, il quale si crede autorizzato, con sovrana elevatezza partendo dalla sua comprensiva visione storica delle cose, a sedere pro tribunali su tutto e su tutti, anche sui rapporti deluomo con la divinit, come se queste leggi positive avesse a stabilirle l'uomo, non Dio. Chi legge questo articolo dalle frasi schiumanti, ondeggiante in oscurissime idee, balzato fuori da una fantasa sconfinata, gettando severissime censure sui suoi compagni di fede, si chiede meravigliato, a che punto siamo davvero, dove sia il punto di confine, ove la scienza cessa d' esser cattolica. Di tutti gli storti giudizi di quellarticolo voglio soltanto citar qui il pi caratteristico. Secondo l'autore di esso (pag. 3) lelemento cattolico come il protestante della vita religiosa dell'Europa media germanica sono egualmente autorizzati . Cos che a pag. 8 egli chiama il protestantesimo e il cattolicismo le due religioni cristiane dunque due membri di egual valore egualmente autorizzati del cristianesimo uno /XIII/ In realt poi sarebbero due religiose convinzioni, le quai si completano nella loro intima essen^a, o al massimo rappre- sentano due lati diversi della vita cristiana ! O non questo spezzare tutte le barriere dommatiche ? Si pu dire che questo dotto stia ancora sul terreno cattolico? E nonostante il prof. Martino Spahn, autore di quell' articolo, in cui il punto di vista cattolico intieramente rinnegato, fu trattato da certi periodici cattolici assai pi benignamente di me. Anzi si perfino tenuto riguardo al citato articolo un silenzio sbalorditoio, invece di richiamar l attenzione sul peri- colo religioso, cui sono continuamente esposti gli uditori cattolici d' un tal professore, che ha dato gi anche prima prove lampantissime in questo stesso senso. E il pericolo tanto maggiore in quanto che il medesimo, anche dopo lo apparire di quell' articolo, stato celebrato come scienziato cattolico e accolto come collaboratore in giornali e periodici cattolici. Questo fatto prova una comunanza d' idee con quegli ambienti cattolici, nei quali il signor Spahn corteggiato o favorito: e difatti io stesso nel settembre dell'anno passato trovai in un periodico cattolico suo amico espresse all'incirca le medesime idee sul protestantesimo e cattolicismo come le or ora rfente. In forza dell' odierna formazione universitaria, o per conseguire reali vantaggi pratici, o per rassodare la pace civile tra cattolici e protestanti, o per altre ragioni, non pu una certa corrente resistere alia tentazione, se non ancora di sacrificare, certo di attenuare i principii cattolici, e di gettare un ponte sopra l'abisso si storico che dogmatico, il quale deve separare la Chiesa cattolica dal luterane- simo. Da questo punto di vista, ma specialmente da quello dello Spahn, naturalmente sbagliare su tutta la linea, importa deviare ed uscire dall' oggettivit d' uno storico, fare un affronto a Lutero e all'opera sua, il parlare di eresia luterana e bollare Lutero d' eresiarca, come fo io da scienziato cattolico. Se infatti protestantesimo e cattolicismo sono due convinzioni religiose egualmente autorzate, le quali si /XIV/completano nella loro intima essenza, e tuttal pi rappresentano due diversi lati della vita cristiana, certo se uno eretico, anche l'altro eretico, e viceversa. Dunque nessuno dei due tale. Certo che no: piuttosto noi abbiamo che fare con un
4

L'A scherza sui nome del contraddittore (Mller = mugnaio).

matrimonio misto nella testa confusa di certi storici cattolici moderni, i quali lasciano agire su di s le due religioni cristiane (naturalmente pi il protestantesimo). II cattolicismo , il quale possiede un carattere spiccatamente femminino (Spahn p. 4) conclude l alleanza col protestantesimo che lo completa, il quale per conseguenza deve offrire un carattere spiccatamente mascolino! E questa concezione la sola degna dei moderni storici oggettivi! Da queste idee interamente erronee e confuse conseguentemente influenzato anche il giudizio che si porta su Lutero ed il protestantesimo, e quindi anche la critica del mio lavoro, nel quale, secondo tali criterii, si spinge il soggettivismo ad un bailo nient' affatto permesso dal lato del mtodo scientifico .5 Questo punto di vista vuole che si riconosca in Lutero il massimo tedesco del suo tempo, come lo Spahn l'aveva gi detto nel 1898, e in genere il grandissimo uomo, poich egli, anzi primo egli, come Padre della riforma evanglica , ha completato il cattolicismo e scoperto l'altro, egualmente autorizzato, lato dell' nico cristianesimo. Dominati da siffatte idee erronee, si prorompe poi in ammirazione sulla grandezza di Lutero, e per i solidi vantaggi de' quali noi siamo in debito verso il protestantesimo. Da storici unilaterali, senza profonda erudizione filosfica, - di teologa non voglio parlare, poich alcuni storici si vantano di non esser affatto teologi, - da tali storici non si osserva in quali sofismi s'impigliano. forse la Riforma buona e pregevole, perch /XV/ essa, p. es., fu occasione che si togliessero dalla Chiesa parecchi abusi dominanti ? Ma dov' qui la lgica ? Anche in ci vale quel che S. Agostino dice riguardo alio studio della Scrittura, al quale i cattolici sono spinti dagli eretici: La divina Provvidenza permette che nascano eretici e molteplicemente erranti, onde, se essi si faccian giuoco di noi, e ci chieggano ci che non sappiamo, noi almeno scuotiamo la nostra pigrizia, e cerchiamo di apprendere le sante Scritture. Molti sono troppo pigri a studiare, se per l'importunit e le derisioni degli eretici non fossero a un tempo scossi dal sonno, e costretti ad arrossire della loro ignoranza, e convinti del pericolo della loro inesperienza (De Gen. cont. Manichaeos, I, n. 2). Per mezzo delle eresie, come di spine, i figli della Chiesa cattolica, sono scossi dal sonno, onde facciano progressi nella conoscenza delle S. Scritture (Enarr. in ps. 7, n. 15). C' molto bene nel mondo , insegna S. Tommaso, che non esisterebbe se non ci fosse del male. Non ci sarebbe, p. es., la pazienza dei giusti, ove non ci fosse la malvagit dei persecutori (Cont. Geni. III c. 71 e 1 p. qu. 22, a. 2, ad 2.). Dobbiamo perci vantare il male, o lodare la Riforma , perch fu loccasione di molti beni nella Chiesa? Del resto si noverano spesso molti vantaggi della Riforma , dei quali o assai dubbio se siano vantaggi e non piutosto svantaggi, o dei quali assai contestabile se si debano alla Riforma come tale. Il post hoc, ergo propter hoc tiene una gran parte anche qui. Certo soltanto che Dio il quale di molte specie di mali si giova a vantaggio dei buoni (Augustin., Cont. Jul. IV, n. 38) non avrebbe'permesso il tremendo turbine del protestantesimo, come ogni altra eresia anteriore se egli non fosse capace e buono abbastanza per trarne qualche vantaggio pei suoi (cfr. Augustin., Enchiridion, c. II). Questa la risposta che d alla critica dell'opera mia, inserita dallo Spahn nel Tag di Berlino, n. 31, del 24 febb. di questo anno. Gi per questo che in un giornale protestante, dessa pi protestante che cattolica. C' in quella critica una /XVI/ sola sentenza vera: Gi Agostino not negli eretici il con- trassegno della grandezza. Questa sentenza, che egli riporta contro di me, l ha tratta tcitamente dall'opera mia a p. 836. - E tanto serva di risposta anche alia osservazione fatta dal sig. di- rettore ministeriale Althoff nel Parlamento prussiano, che cio contro il mio libro, dal mezzo dei dotti cattolici, s' levato soltanto con la sua disapprovazione un giovanissimo assai valente accademico, il prof. Spahn, in Strasburgo, non del tutto ignoto a voi.6 un segno dei tempi che lo scienziato cattolico M. Spahn nel Tag scriva forse con piu odiosit e ingiustizia, ma certo con pi parzialit, che non alcuni fra i gi nominad professori
5

Ci scrive in un pomposo articolo del mensiie Hochland (I ann. p. 221) un giovane storico cattolico, per altro, almeno esterior- mente, non tanto progredito quanto lo Spahn, A. Meister. Tra indegne incensature al nientaffatto oggettivo Ranke, capo degli storici protestanti, e un' invettiva tirata pei capelli contro Iq storico E. Michael, il Meister parla del mio deviamento .
6

Cio ai membri del Parlamento.

protestanti, cio il KOHLER in Giessen e KAWERAU in Breslavia. Notarlo per me un dovere di giustizia. II primo, quantunque non meno d'altri eccitato ed irritato contro me e Topera mia, scrive: Con sovrana superbia (?) il Denifle ci sfoggia dinanzi la sua conoscenza della scolastica e mistica del medio evo: egli ci inonda spesso con un diluvio di citazioni, anche se la cosa non ne ha bisogno gran fatto. Ci spiegabile: qui sta il forte del Denifle, ed il lato debole della luterologia fino al presente. Oni possiamo imparare dal Denifle... La questione: Lutero e il medio evo (finora) stata energicamente sollevata da persone del pi diverso pensare e discussa con buon esito in indagini di dettaglio; per il libro del Denifle mostra quanto c' ancora da fare su questo campo e confonde con una serie di sottili osservazioni (seguono in nota le indicazioni). Gli riesce (al Denifle), in grazia alia sua stupefacente conoscenza della letteratura medioevale, di rintracciare a Lutero in vari passi particolari l'originale medioevale e di dare con ci alia critica letteraria preziose indicazioni. Se egli insiste nel rivolgere sempre a noi protestanti l'apostrofe: "Voi non conoscete il medio evo!", noi siamo abbastanza leali, prescindendo dall'immoderatezza di questa polmica, di riconoscere in essa un nocciolo giusto. /XVII/ II Denifle ha qui infatti oferto del nuovo Die christliche Welt, 1904, 11. 9, p. 202). Khler ammette di pi una serie di tesi, e per lo pi di sommo valore, le quali sono d' un'importanza fondamentale o certo grave nella mia dimostrazione contro Lutero: ne tratter nella seconda parte di questo volume. La mia critica letteraria dell'edizione weimariana il Khler l'accetta in sostanza e nota in proposito: Anche la sua (del Denifle) acuta discussione sulle pretese lezioni del libro dei Giudici, a mio credere, trover, in sostanza, plauso. Qui egli ha avuto la fortuna di scoprire che interi tratti, creduti di paternit luterana, sono trascrizioni letterali da S. Agostino, assai pi che non si sapesse finora! Di veramente " genuino " non resta troppo in realt, e che questo poco appartenga proprio a Lutero, appare assai dubbio dinanzi agli argomenti apportati dal Denifle, sebbene non tutti egualmente persuasivi. Pos- sibilmente, come il Denifle stesso accenna, ci troviamo dinanzi al rifacimento di appunti di scuola (i. c. p. 203). Queste ultime osservazioni ebbero, per parte mia, il loro effetto nelallestimento della seconda edizione. Era mio proposito aumentare in dettaglio le annotazioni critiche all'edizione weimariana e aggiungerle come appendice alia fine del primo volume. Ma poich ho veduto che un si esperto luterologo qual il Khler, accettava in sostanza quelle poste nella prima edizione, e asseriva in proposito: E a sperare che il libro del Denifle sar uno sprone per i collaboratori delledizione weimariana, a rendersi conto delle altissime esigenze riguardo all'indicazione delle citazioni e simili, mi son sentito mancare ogni ragione di persstere nell'addurre quelle note critiche. Perch, e il Khler e gli altri lutero- logi possono ben credermelo, io non ho scritto ne scrivo mai nulla nellopera mia per farli arrabbiare a bella posta. E nel proposito or ora fermato di omettere del tutto quelle note nella seconda edizione, mi confermarono pi che mai le osservazioni, venute dopo, del prof. Kawerau, uno dei curatori dell'edizione weimariana, nella recensione del mio /XVIII/ libro (Theol. Studien und Kritiken, 1904, p. 450 ss.). II lettore della prima edizione sa bene che di spesso ho esercitato la crtica sul detto professore. Ognuno ha il diritto di difendersi meglio che pu dai miei appunti. E il Kawerau fa lealmente, pigliando insieme la parte del Knaake e del Buchwald, da me fortemente incalzati. Ciononostante egli ammette in blocco i miei risultati critici riguardo all'edizione weimariana, il che fa grande onore a lui, al suo carattere e alia sua scienza. Egli inoltre riconoscente e giusto. A pag. 452 scrive che si trova sparsa nell'opera una quantit di notizie meritevoli, dovute all' incomparabile cognizione che ha il Denifle della letteratura ecclesiastica antica e medievale, dove d indicazioni per altre citazioni di Lutero difficilissime a ritrovarsi o riconoscersi (ed in generale quasi ad ogni pagina ci si rivela il Denifle come erudito profondo), cos che per la nostra indagine su Lutero nei dettagli si trovano qui molte contribuzioni di pregio. Se io saluto con gioia qualcosa nel libro del Denifle, scrive a pag. 460, certo servizio ch'egli ha reso alla Luterologia, con l'indicazione d'una considerevole serie di citazioni da Agostino, Beda, Bernardo, dal breviario, dalla

liturgia, ecc. . Dinanzi a tale stato di cose io rinunzio a disputare col Kawerau intorno alle scuse da lui apportate pei suoi sbagli, alcune delle quali sono di vero valore, e ometto in questa seconda edizione le mie note critiche sull'edizione weimariana. A quest'altezza di relativa imparzialit verso Topera mia, non s' potuto innalzare col Khler e con Kawerau nessun altro critico protestante, e meno di tutti il Harnack, sul quale torner tosto, preso sotto la sua protezione e celebrato dal direttore ministeriale Althoff. Ma occupa un posto quasi nico il Kolde, professore di storia ecclesiastica in Erlangen, colle sue alte strida nell'opu- scolo cubblicato contro di me: P. Denifle, Unterarcbivar des Papstes, seine Beschimpfung Lutbers und der evangeschen Kirche, van Dr. Th. Kolde, 1904. Naturalmente non posso estendermi in molti particolari in una prefazione. Ma come prova dellignoranza e leggerezza, anzi della boriosa arroganza con /XIX/ cui alcuni fra i miei critici hanno concepito la loro missione, voglio solo esporre i numerosi spropositi, accumulati in meno di una pagina, in sei semplici periodi di questo scritto del professore dell' Universit di Erlangen. II Kolde si sforza a p. 65 s. di sostenere contro di me l'asserzione da me rifiutata del dispregio della donna nel medio evo, anzi di corroborarla continuando (p. 66), dopo la citazione di parecchi passi di S. Bernardo intesi da lui a rovescio, cos: Perch tace il Denifle la lunga digressione del medesimo S. Bernardo sopra la maledizione gravante su Eva e tutte le donne maritate, sopra le catene di schiavit e il giogo importabile dello stato matrimoniale con cui egli cerca di perorare a favore della vita monastica? Omesso pure, che quei passi letti spregiudicatamente e nel contesto, dnno un senso tutt'altro da quello che Kolde vi vede, avrebbe dovuto egli conoscere, come storico ecclesiastico, ci che gi sapevano il Bellarmino e il Mabillon (quest'ultimo proprio nell'edizione usata dal Kolde: Migne, Par. L, t. 184, p. 635^, che cio lo scritto Vitis mystica, in cui si trova quel passo, non ha affatto S. Bernardo per autore, bensi S. Bonaventura, come il Kolde avrebbe dovuto vedere nelle Opp. S. Bonaventurae (Qua- racchi) XIII, 159. Li pure questo storico presuntuoso avrebbe avuto sott'occhio che il detto scritto di S. Bonaventura inoltre fortemente interpolato e alterato, e che appunto il tratto in questione non affatto di S. Bonaventura, ma di un incognito posteriore (ibid., p. 209 s.). II protestante storico ecclesiastico seguita: Perch mai il lettore non trova per nulla (nell'opera del Denifle) che lo stesso Bernardo - e questo ovunque il rovescio della medaglia - non vede nella donna, se non chiusa nel chiostro come consacrata a Dio, che il veicolo dell'incontinenza, e dice persino: " Esser sempre con una donna, e non conoscer donna, lo credo pi difficile che risuscitare i morti"? Ognuno vede che Kolde vuole insinuare nel lettore l'opinione ch'egli sia ben a fondo con le opere di Bernardo. Dunque in quale opera del medesimo si trova il passo citato da lui? Lo storico ecclesiastico non lo sa. Bene, sig. Kolde, glielo dir io: si trova nel Sermo 65 in Cant., n. 4 (Migne, Par. L, t. 183, p. 1091). Ma da qual fonte il Kolde conobbe tal passo? Con una faccia addirittura superiore, me lo /XX/ dice in nota: lo piglio il passo dal Metbodus confessionis etc. Dil. 1586, p. zoi, del noto gmdta Petrus de Soto (-j- 1583), certamente ritenuto degno di fede dal Denifle stesso . Ma io non- do, signor storico ecclesiastico, affatto per degno di fede il noto gesuita Petrus de Soto! Perch? Forse perch gesuita? Tutt'altro, poiche non lo ! Ogni storico, che abbia anche una qualsiasi confidenza con l'epoca della Riforma, deve sapere qualcosa del noto domenicano Pietro de Soto, il quale anche l'autore dello scritto citato dal Kolde (v. Qotif-Echard, II, 183-184).7 Fosse il Kolde almeno pi fondato riguardo a Lutero! Infatti che valore ha il passo di Bernardo ? Esso contiene semplicemente un dato d'esperienza, ch' -antico quanto il mondo, e che sar vero sino alla fine del mondo: cio che secondo l'andamento naturale delle cose la compagnia delle donne, per un celibe, come unir paglia e fuoco e volere che non brucino. E chi s'esprime cos ? Senta bene, sig. Kolde, proprio il suo padre Lutero, il quale in un suo scritto del 1520 alla nobilt cristiana motiva la sua idea che il prroco, dovendo avere una donna di casa, debba condurre in moglie una donna dicendo lasciar donna e uomo luno accanto all'altra e comandare che non debbano cadere
7

Questo storico ecclesiastico d'Erlangen sfoggia in simili questioni storiche un' ignoranza favolosa. Cos chiama per es. a p. 57 Corrado di Marburgo mo famoso confratello dell'antichit , mentre stato solo prete secolare, come Kolde, se avesse voluto non contentarsi del Qutif- Echard, I, 487, avrebbe potuto sapere dalla Geschichte des deutschen Volkes di E. Michael, S.J., II, p. 210, nota 1, dove avrebbe trovato altre prove.

non altro che unire paglia e fuoco e comandare che non debban fumare n bruciare (Weim, VI, 442). Se dunque Bernardo, secondo l'interpretazione che da Kolde del luogo suddetto, vede nella donna solo il veicolo dell'incontinenza, ove essa non voglia esser difesa nel chiostro come consacrata a Dio, bisogna che il Kolde mi conceda che anche Lutero vede lo stesso nella donna per l'uomo se questi non la sposa. Che rapporto ci sia tra l'ipotesi di Lutero e quella attributa dal Kolde a S. Bernardo, ora non c'importa. Ma una cosa vera contro il Kolde, che cio nel luogo citato si accenna solo al pericolo che la coabitazione illegittima dell'uomo con la donna apporta di per s ad ambedue. Del medioevale dispregio della donna quale Kolde afferma, contro del quale egli si difende nel periodo seguente, in quel passo non v' la mnima traccia: se si /XXI/ dovesse trattar di disprezzo, questo toccherebbe, secondo Bernardo come Lutero, pi all'uomo che alla donna. di regola l'uomo che, pi debole della donna in quest'occasione, soccombe alla tentazione e trascina seco la donna nella caduta. Ed il Kolde prosegue (p. 67) enfticamente: Ma naturalmente bisogna bene che il lettore (del Denifle) non sappia come un contemporneo di Bernardo, Ildeberto di Tours (1125-1x34), canta la donna come compendio di tutte le mostruosit . E Kolde cita qui la poesa Carmen quam periculosa mulierum familiaritas dal Migne, t. 172, p. 1429. Si tacuisses! Io non voglio parlare del fatto che la stessa citazione falsa (dovrebbe essere t. 171, p. 1428), ma chi, sempre come storico ecclesiastico, usa oggi le poesie di Ildeberto de Lavardin nelle vecchie edizioni, deve sapere che per non sbagliare strada ha da confrontare Les Mlanges potiques di Hildebert de Lavardin par B. Haureau (Paris 1882), perch ivi sono trattate criticamente e divise le autentiche dalle spurie. Lo storico ecclesiastico erlanghese naturalmente non ne aveva alcun sentore. Ma avrebbe potuto trovare citato il titolo dell'opera nello stesso mio libro a p. 240, nota 2, e pi spesso ancora nell'Inventarium codicum manuscript. Capituli Dertusensis confecerunt H. Denifle et Aem. Chatelain (Parisiis 1896), dove noi a p. 53 ss. ci occupiamo di parecchie poesie e versi di Ildeberto, le correggiamo e rimandiamo spesso al lavoro dell'HAUREAU. In quest'ultimo, p. 104, n. 4., avrebbe allora trovato il Kolde, che il Carmen da lui arrecato non di Ildeberto, non spira menomamente il suo genio, e proviene da uno scrittore posteriore(nient'affatto contemporneo di Bernardo), certainement n sans esprit et sans dlicatesse . Eppure questa brutta sorpresa non la peggiore. II Kolde ha il coraggio, anzi la sfacciataggine di troncare il tratto del detto Carmen, proprio dove si vede bene che l'autore della poesa parla di una determnata mala femminal.8 Questo s che naturalmente /XXII/ deve essere taciuto al lettore! Perch solo da quanto taciuto si comprende chiaramente, che anche le parole portate dal Kolde, le quali debbono designare la donna in genere come il compendio d'ogni mostruosit, son dirette dall'autore a una certa mala femmina, a una pubblica meretrice, che lo ha anteriormente raggirato. Come andrebbe bollato un si indegno procedere, specie in un uomo dell'arroganza del Kolde? Anche meno scusabile che egli ripete questo modo d'agire un flato dopo. Immediatamente appresso a ci scrive: (naturalmente bisogna che il lettore non sappia neanche, come) gi prima Anselmo di Canterbury (+ 1109) qualifica la donna, questo dulce malum, di faex Satanae . Naturalmente (notiamolo solo di passaggio) lo scritto a cui s'appella lo storico ecclesiastico non ap8

II Kolde cita dalla detta fonte: Femina prfida, femina srdida digna catenis, Mens male conscia, mobilis, impia, plena venenis, Vipera pessima, fossa novissima, mota lacuna; Omnia suscipis, omnia decipis, mnibus una; Hrrida noctua, publica janua, semita trita. Igne rapacior, spide saevior est tua vita. Qui egli chiude con etc.; ma il Carmen prosegue: Credere qui tib vult, sibi sunt mala, multa peccata. O miserabilis, insatiabilis, insatiata ! Desine scribere, desine mittere carmina blanda. Cartniiia turpia, carmina mollia, vix memoranda. Nec tib mittere, nec tib scribere disposui me, Nec tua jam colo, nec tua jam voto, reddo tibi te. E cos procede oltre, come ognuno pu vedere. Ed ora si capiscono anche le parole sottolineate da me nella prima parte.

partiene esso pure a quell'autore cui l'attribuisce. Egli avrebbe potuto vedere nella Hist. lit. de la France, t. VIII, 421 ss., IX, 442, che il Carmen de contemptu mundi, in cui si parla dei doveri d'un benedettino e dei motivi che ve lo determinano, non stato composto da Anselmo, ma da Rggiero di Caen, monaco beccense. Ci indifferente, dir il Kolde arrossendo, la cosa sta lo stesso. Precisamente! Infatti di che donna parla dunque Rggiero nel luogo citato da lei, sig. Kolde? Dal tratto arrecato da lei in nota non si capisce: ci si scorgono diverse lineette sospensive. Debbono forse segnare ci che naturalmente al lettore deve essere taciuto, che il suo Anselmo parla d'una mala femmina seduttrice? Appunto!9 E anche naturalmente il Kolde non sa nulla del bello e nobile scambio di lettere del vero Anselmo con donne. /XXIII/ Eppure non basta ancora di questo inqualificabile procedere. Il Kolde prosegue: Dovette esser taciuto (dal Denifle) che il principale esegeta del basso medio evo, Niccol di Lyra (+ 1340), cui si appella per un'idea simile alla sua Giovanni di Paltz, ben noto al Denifle, commentando Sirac. 42, 13 s., - il passo fondamentale pel disprezzo romano della donna - nota: La relazione (conversatio) con uomini malvagi meno pericolosa che quella con buone donne . vero ci? Che cosa dice realmente Niccol Lirano ? Sopra Sirac. 42,14 (Melior est iniquitas viri, quarn mulier benefaciens) egli scrive quanto a: Melior est enim iniquitas viri i.e. minus mala; a mulier benefaciens se.. ad cohabitandum. Unde istud refertur ad id quod premittitur (v. 12): in medio mulierum noli commorari. Magis enim periculosum est homini cohabitare cum muliere extranea etiam bona, quam cum viro iniquo , e cos si trova non solo nel testo stampato, ma anche nei manoscritti, p. es. Cod. Vat. I. p, fol. 364: 164, fol. 44. II Lirano dice dunque: per un uomo la coabita\ione (non la sola relazione = conversatio) con una estranea, per quanto buona donna, pi pericolosa che con un uomo malvagio. Il Kolde ha dunque daccapo la sfacciataggine di citare contro il suo avversario la glossa del Lirano, sema averia nemmeno controllata; egli anzi inganna adducendo come fosse del testo originale una parola latina e porta il detto del Lirano con tutt'altro suono di parole e un senso del tutto cambiato! Io spero che il lettore si far da s il giusto, cio annientante giudizio, sul professore di storia ecclesiastica d' Erlangen, il Kolde. E tutto il suo lavoro scritto con tale stupefacente ignoranza. Eccone qui ancora qualche esempio. Come nel suo Martin Luther (I, 52) mostra non conoscere la differenza /XXIV/ che c' nello stato religioso tra chierici e fratelli laici, cosicch in conseguenza fa stare Lutero con gli altri fratelli laici separato dai Padri in coro e invece del breviario gli fa recitare quietamente da s i prescritti Pater noster ed Ave Mara,10 cos allo stesso modo nel suo scritto a pag. 39, confondendo il Sacramento del battesimo col patto battesimale, in conseguenza tira le pi meravigliose conclusioni e deve addirittura intendere a rovescio la dottrina sul secondo battesimo (frase questa, lo ripeto ancora una volta, che S. Tommaso non usa mai): egli si sciupa in sonori colpi nel vuoto.

9 1

II Kolde cita dal Migne, t. 158, 696 (non 636 com'egli scrive): Femina, dulce malum, mentem robusque virile Frangit blanditiis insidiosa suis. Femine, fax (il Kolde faex) Satanae, Qui il Kolde pone _ _. Ma l'autore sguita: gemmis radiantibus auro Vestibus ut possit perdere, coopta venit, Quod natura sibi sapiens dedit, illa reformat, Quidquid et accepit dedecuisse putat. Pungit acu, et fuco liventes reddit ocellos; Sic oculorum, inquit, gratia maior erit. E Ruggiero prosegue la sua descrizione, come tal donna s' imbelletta, come si studi di abbellire il suo corpo, e dice: Mille modis nostras impugnat femina mente*, Et mullos illi perdure grande lucrum est. In complesso allude a una donna civettuola, che non n casta n vereconda {pdica), e cerca di sedurre dei monaci. 10 Questo assurdo glielo copiano A. Berger, Martin Luther,I (1895), 64, e ultimamente A. Hausrath, Martin Luther, I, 23, sebbene gi G.Oergel, Vom jungen Luther (1899) a p. 88, avesse fatto notare questo errore.

Qui si fa il Kolde a provare contro di me, fra altro, che al tempo di Lutero nel chiostro di Erfurt si conosceva il secondo battesimo , sebbene io provi esaurientemente da Lutero stesso che l'attenzione di questi vi fu richiamata sopra la prima volta in tutt'altro luogo per mezzo d'un francescano, su che io tengo fermo. L'unico argomento del Kolde contro Lutero ed Usingen il Suppl. Celifodinae del Paltz, vero cavallo di battaglia pel Kolde, dove si parla del secondo battesimo. Ma se tale dottrina era gi passata nella pratica del convento, o (su che soltanto si fa la questione) se era nota nel noviziato e chiericato, il Kolde naturalmente non ce lo dimostra. Insomma egli cita a p. 38, nota 2, un lungo tratto del F opera nominata, in cui il Paltz ci indica le note frasi di Bernardo e Tommaso,11 e le chiude con le parole: Idem patet ex autentica de monachis, ubi dicitur, quod ingressus monasterii omnem maculam abstergit. A proposito di che lo storico ecclesiastico di Erlangen fa questa osservazione degna di lui. Qui si allude bene a un tratto (a me ignoto) delle Vitae patrum, ma non quello cui accenna Tommaso al citato luogo . Dunque autentica de monachis deve accennare alle Vitae patrum? A qual punto pu arrivare l'ignoranza! Ma non avrebbe il Kolde dovuto accorgersi dalla parola Autentica col titolo De monachis che si poteva /XXV/ trattar solo di un libro di diritto? E se egli non era si savio come quel tale, cui vuol riveder le buccie, il quale, sebbene solo autodidatta in materia di diritto, pure capi sbito che qui si trattava delle Novellae, perch non ha chiesto consiglio a qualche suo dotto collega nell'Universit? Via, sig. Kolde, voglio avere la bont di insegnarglielo: il passo si trova nel Lber Novellarum sive Authenticarum D. Justiniani, Const. V, De monachis-, lo legga, e vedr bene, specie dal confronto col testo greco, che il suo cavallo di battaglia, il Paltz, non cita esattamente, e che il luogo non fa punto al suo scopo. N meno infelice questo incapace professore d'Universit nella sua difesa di Lutero riguardo alia santit del matrimonio e alia formola dell'assoluzione monastica (p. 46 ss.). A p. 320 ss. di questa nuova edizione potra apprendere altre cose su questo soggetto, e poi seguitare a spandere al solito la sua scienza. Intanto ho reso gi troppo onore al Kolde: chiudiamo dunque col suo argomento capitale (p. 46) che il monachismo 1' ideale cattolico della vita, come stato della perfezione . Egli scrive: Anche pi che non faccia Lutero, va notato bene, che monaci e preti sono in uno stato migliore che la comune dei cristiani, perch, secondo il catechismo romano, i vescovi romani vengono a buon diritto chiamati, non solo angeli, ma dei e c' da stupire soltanto che non si rendano loro onori divini . - Ma che roba scrive mai costui! Lu, che ha occupato tutta la vita nello studio di Lutero, si poco fondato e dotto in luteranesimo, che non sembra sapere come il suo padre e idolo chiama spesso l'autorit, i superiori e giudici secolari Dei dii. Qui solo qualche esempio: Erl. 41, 209, i superiori sarebbero detti dei in considerazione del loro ufficio, poich essi fanno le veci di Dio, e son servi di Dio. Cfr. Weim. XXVIII, 612; Erl. 64, 19: Dei sono detti i governanti perch essi reggono e governano invece di Dio, secondo la legge e la parola di Dio, e non secondo il proprio capriccio, come attesta Cristo in Ioh. 10 . Cos pure Erl. 39, 228, specialmente 229 s., 260 s., dove Lutero parla proprio delle autorit come /XXVI/ di dei. Cfr. anche Weim. XVI, io6; Erl. 35, 130 s. Ha forse per ci Lutero reclamato per essi gli onori divini? II Kolde si lagna fin sul titolo del suo scritto, e poi anche pag. 23 in nota, della mia diffamazione contro Lutero e la Chiesa evanglica. Ma non si cura per nulla questo signore che egli medesimo, parecchi anni addietro, ha posto la Chiesa cattolca allo stesso livello del

11

A proposito di una citazione da S. Tommaso, p. 39, nota 2, il Kolde non sa convincersi che pu darsi un 'opinio rationabili!l Con ci afferma tcitamente questo storico ecclesiastico che tutte le opinioni sono irragionevoli!

paganesimo (Der Methodismus und seine Bekmpfung, 1886, p. 6),12 con che solo l' ha insultata assai peggio che io non ho fatto con Lutero e il luteranesimo? Il punto pi interessante e insieme il pi caratteristico del libello del Kolde la chiusa. Vi sono in Germania due sole facolt protestanti nelle quali s' insegni la divinit di G. C., quella d' Erlangen e quella di Rostock. Orbene come si regola il Kolde a proposito ? Alla mia verace affermazione che di fronte all' nica Chiesa cristiana non si pu parlare d'altra Chiesa cristiana, l'evanglica, n d'altra Chiesa sorella, il Kolde risponde che l'evangelica sola fondata su Cristo . Ora si senta bene: II nostro avversario (il Denifle) s' alzata da s la visiera, e ci s' fatto vedere nel suo volto bollente di passione; la necessit della lega evanglica e dell'unione delle Chiese evangeliche (quante dunque, signor Kolde? tuttte fondate su Cristo?) non si poteva meglio dimostrare di come stato fatto dal libro del Denifle!. Dunque il professore evanglico, il quale, come insegnante di teologa in Er- /XXVII/ angen, doveva uscire in campo a favore della confessione della divinit del Dio-Uomo G. Cristo, finisce con la lega evanglica ,13 in cui domina solo l'odio e la rabbia contro la vera Chiesa cristiana, la cattolica, e la detta confessione giudicata un'opinione che ha fatto il suo tempo! La confutazione del Walther Denifles Luther eine Ausgeburt rmischer Moral (1904) giudicata di gi dal suo titolo odioso e insulso e si caratterizza come un pamphlet o una pasquinata. Ne terr dunque conto quando verr a parlare dei pamphlets luterani al tempo della Riforma. N occorre che mi preoccupi della fragilit fondamentale dell'opuscolo di R. Fester Religionskrieg und Geschichtswissenschaft. Ein Mahnwort an das deutsche Wolh aus Anlass von Denifles " Luther " (1904) (Fester, Guerra religiosa e scienza storica - Una parola al popolo tedesco a proposito del " Lutero " del Denifle ). - La polmica del Haussleiter nell Allgemeine Zeitung (1904, n. 4 e 5, ora uscita in opuscolo separato col titolo Luther im romischen Urteil. Eine Studie 1904) stata affrontata, oltre che da me nel mi opuscolo, p. 70, anche dal Paulus (Wissenschaftl. Beilage alia Germania 1904, n. 10, p. 77 seg.; n. 12, p. 94 seg.). Anche riguardo all' accoglienza della mi a replica posso spicciarmene in breve, grazie al contegno degli avversarii dai quali mi difendevo. Avevo aspettato, a questo proposito, di dovere ridiscender qui sul terreno contro le risposte dei due professori di teologa Harnack e Seeberg. Non mi potevo infatti aspettare che essi non avrebbero avuto cuore di raccogliere il guanto di sfida che avevo gittato loro dinanzi a tutto il mondo in uno scritto speciale, in uno scritto nel quale erano esattamente dimostrati in molti luoghi delle loro difese i pi gravi errori, in uno scritto che forse non rivangava soltanto il gi detto, ma conteneva numerosi pensieri nuovi. La dichiarazione di bancarotta che lanciavo nella chiusa dell'opuscolo contro la luterologia protestante, /XXVIII/ e specialmente contro quella del Harnack e del Seeberg, ora vale quindi in misura maggiore. Una tal quale risposta l'hanno bens data tanto l'un che l'altro signore. Harnack scrive nella sua Theolog. Literaturztg, n. 7, la seguente dichiarazione: II Denifle ha pubblicato proprio ora una brochure dal titolo " Luther in rationalistischer und christlicher Beleuchtung. Prinzipielle Auseinandersetzung mit A. Harnack und R. Seeberg ". Dal momento ch'egli non solo non ritira, ma ribadisce in una frase infame (p. 46) l'accusa di menzogna che m'ha fatto, la finita tra me e quel signore. Una risposta alle questioni scientifiche, ch'egli mi rivolge, gliela dar quando avr ritirata espressamente quell'accusa . Molti giornali protestanti comunicavano tale dichiarazione accompagnandola coll'avvertenza: Una seria battaglia tra due dotti attira su di s l'attenzione del mondo scientifico. Ma pu darsi
12 1

II giudizio di tutti gli imparziali conviene in ci, che l'utilit e 1' importanza del Metodismo per 1' Inghiherra e l'America non si pu ridire: infinita. A umano giudizio, senza di esso e il movimento che esso ha irradiato, l'organizzazione della Chiesa di Stato inglese sarebbe caduta gi da un pezzo nel perfetto paganesimo, o (secondo me non c' gran divario) nel romanesimo . Dunque pel Kolde non c' gran differenza se uno sia cattolico o pagano. E lo stesso Kolde lamenta (Luther in Worms: l'ortrag gehalten in Wrzburg am 6 Marz 1903, Mnchen 1903, p. 3): Che se noi (protestanti) facciamo ancora in santa pace il nostro cammino, la lotta verr poi rinnovata coll'antica malvagit e adduce a proposito lo Schiller (in G. Tell.): Non pu il pi santo godersela in pace se ci al maligno vicino non place.
13

II Koide infatti un valoroso oratore nelle feste della lega evanglica!

realmente una seria battaglia, se si crede possibile sottrarsi dall'obbligo di scienziato con una voltata si comoda? Pero non mi sfuggir a si buon mercato, sig. professore. Quando ella poneva in iscritto queste cose, mio stimatissimo, ha proprio dimenticato del tutto ch'ella aveva gi dettato una replica contro quel mio libro che conterrebbe l'accusa di menzogna contro di lei, e che il mio opuscolo era solo una risposta a quella sua replica ? Ha ella dimenticato che in questa V. S. affatto senza condizione ci ha messo nell'aspettativa di una pi particolareggiata risposta scientifica ai miei attacchi? Io le domando, perch l non s' lasciato spaventare da quell'accusa di menzogna? Poich se allora la sua dichiarazione sarebbe stata suficiente, forse, a trarla dal suo impaccio e dispensarla dalla risposta, oggi, che gi disceso nell'arena, non pi di certo! Non dimentichi inoltre che, se anche ella per la mia presunta sgarbatezza si credesse sciolto da ogni relazione scientifica con me, ella debitore al pubblico, a lei stesso, alia sua riputazione di scienziato, di una risposta ai miei gravi appunti. Ma pi ancora ne in debito alla memoria di Lutero, di cui si vanta adoratore, dacch voluto scendere (se a suo pro o danno lascio decidere ad altri) sul terreno sdrucciolevole della difesa di questo grande uomo. E se ella vuole sbandire la mia persona, che c'entrano i fatti impersonali attestati nel mio opuscolo? /XXIX/ Del resto, stimatissimo sig. professore, ov' mai la .frase infame che lha tanto irritato? Vediamo a p. 46. Alla sua bolsa lgica, che introduce di contrabbando14la parola menzogna nella mia argomentazione, io rispondevo l stesso anzitutto in pura forma ipotetica, che una tale menzogna per uno che riguarda ancora Lutero quale riformatore non sarebbe propriamente alcun peccato. E ci verissimo: infatti che Lutero almeno non si pigliasse pena per una falsit, ella stesso non vorr negrmelo e che dopo la sua apostasia conceda la liceit delle bugie necessarie ella lo sa egualmente e ben presto ne sentir anche dei particolari pi specifici. E allora dacch mi si era ripresentata l'occasione di svelare la seriet d'una delle sue operazioni dialettiche, le domandavo nella mia replica se le avrei recato un si gran torto, nutrendo qualche dubbio sulla sua sincerit. Io almeno scorgo in ci piuttosto una mitigaiione che un inasprimento della supposta accusa fattale. E che era il caso di qualche dubbio lo dimostro sbito dopo da un falso giuoco della sua polmica. Per quanto io pure sia curioso di sapere ci che ella ha da produrre contro i miei appunti e la mia argomentazione e come ella tagli i nervi alla mia constatazione dell'opinione interamente storta ch'ella ha della Scolastica specie di S. Tommaso, purtroppo giusta il detto non mi trovo nel caso di poter ritirare cosa alcuna. Anche il Seeberg s' lasciato frattanto sentire. Ci accadde /XXX/ nel secondo supplemento della Kreuzseitung, n. 157, del 3 aprile, per introduzione a un articolo sopra le zampogne romane di pace
14

Del resto, stimatissimo sig. professore, ov' mai la .frase infame che P ha tanto irritato? Vediamo a p. 46. Alia sua bolsa lgica, che introduce di contrabbando 1 la parola menzogna nella ma argomentazione, io rispondevo l stesso anzitutto in pura forma ipotetica, che una tale menzogna per uno che riguarda ancora Lutero quale riforraatore non sarebbe propriamente alcun peccato. E ci verissimo: infatti che Lutero almeno non si pigliasse pena per una falsit, ella stesso non vorr negrmelo e che dopo la sua apostasia conceda la liceit delle bugie necessarie ella lo sa egualmente e ben presto ne sentir anche dei particolari pi specifici. E allora dacch mi si era ripresentata l'occasione di svelare la seriet d'una delle sue operazioni dialet- tiche, le domandavo nella mia replica se le avrei recato un si gran torto, nutrendo qualche dubbio sulla sua sincerit. Io almeno scorgo in ci piuttosto una miiigaiione che un inasprimento della supposta accusa fattale. E che era il caso di qualche dubbio lo dimostro sbito dopo da un falso giuoco della sua polmica. Per quanto io pur sia curioso di sapere ci che ella ha da produrre contro i miei appunti e la mia argomentazione e come ella tagli i nervi alia mia constatazione dell'opinione meramente storta ch'ella ha della Scolastica specie di S. Tom- maso, purtroppo giusta il detto non mi trovo nel caso di poter ritirare cosa alcuna. Anche il Seeberg s' lasciato frattanto sentire. Ci accadde Infatti io non uso punto a p. xxx della 1 ediz. la parola menzogna ; io domandavo: Se egli sapeva che l'espressione splendida vitia non si trova in S. Agostino, perch l'us egli come agostiniana? Questa frase interrogativa importa due eguali possibilit: O non lo sapeva il Harnack, ed egli non era onesto; o lo sapeva, ed egli non era metodico. - Per qual caso stavo io? Per nessuno: io non decido, domando soltanto. Per primo il Harnack stesso d lo scioglimento e proprio per la prima possibilit nella sua forma pi crassa di menzogna . Dunque la freccia ch'egli mi scaglia, rimbalza addosso a lui. - Come poi il direttore ministeriale Althoff, nella famosa seduta pomeridiana, abbia potuto fondarsi tanto solo sulla dichiarazione Harnackiana, da dire: Se avessi conosciuto il Denifle, dacch apparsa lopera sua e dacch non ha avuto ritilo di accusar di menzogna un uomo di cui la scienza superba, non vorrei pi pregare per la sua ulteriore conoscenza (Jenaische Ztg. a. 92, del 20aprile), per me un vero enimma. La Triersche Landeszeitung, 3. 93. del 23 ap., ha del resto caratterizzato in modo perfettamente giusto questo sfogo del direttore ministeriale, come quello relativo allo Spahn.

. Nessuna parola sopra la ma confutazione a fatti delle sue obbiezioni. Parla solo del mio noto sudicio scritto contro Lutero e il Luteranesimo e dice che io non posso apportare sufficienti immondizie da insudiciare il volto e 1' abito del Riformatore : essere ci un ruggito del leone e io un maeslro di diffamazione . Ecco come si schiaffeggia da s nella sua cieca rabbia l'uomo adirato! Per ci stesso che egli si strugge in un tono si furioso, ei si toglie ogni diritto di lagnarsi per la diffamazione. Ch se volesse oppormi ch'io pure l'ho schernito nella mia replica, ci sarebbe sempre una gran differenza: perch mentre egli copre di insulti me e lopera mia senza aver prima arrecate le dovute prove di fatto, e quindi il suo insultare del tutto immotvato, al contrario nel mio opuscolo il giudizio sfavorevole che d sull'opera e capacit di lavorare del Seeberg segue necessariamente, come credo, dalla precedenle dimostrazione. Che se insultare si dice il pubblicare veri e innegabili lati deboli d'un avversario, allora ho ben insullato anch'io, anzi penso di seguitare a insultare!15 Per anche dei critici di miglior pensare che non il Harnack e il Seeberg m'hanno frainteso molteplicemente. La ragione comune di ci a ricercarsi nel disconoscimento dello scopo dell'opera mia. Cos la smoderatezza di Lutero nel bere la tratto, come si poteva vedere anche nella prima edizione, solo di passaggio e non le ho dato mai una importanza speciale: assai volentieri concedo ch'essa sia, sotto certi aspetti, e specialmente in Germania, una debolezza di quello e in parte anche dei tempi precedenti; sopra la quale per Lutero, come fondatore di una confessione supposto inviato da Dio e predestinato strumento nelle mani di Dio avrebbe dovuto elevarsi. Ma contro tali epiteti, ben altri fatti parlano anzich /XXXI/ quello che egli era nel bere un figlio del suo tempo. Non sapessimo altro di Lutero, senonch teneva, come ho dimostrato da p. 778 a p. 804, un parlare si inauditamente osceno, e che fu l'ispiratore delle nove per lo pi altrettanto oscene caricature, e l'autore dei versi che le accompagnavano (su che tutti i critici hanno osservato uno scrupoloso silenzio, et pour cause!) anche solo per questo Lutero da ogni uomo ragionevole sarebbe da rifiutarsi come Riformatore, uomo di Dio ecc. Per prevenire altri malintesi sar utile indicare chiaramente e lealmente il processo delle mie ricerche e la formazione del mio giudizio su Lutero. Poich fui giunto al punto di cui parlo nell' introduzione a p. 28, la massima mia attenzione era rivolta ad aferrare ed esporre con la maggiore oggettivit possibile la vera e sana dottrina della Chiesa prima di Lutero nei suoi rapporti con ci che di essa n'ha fatto Lutero. E cos fin da principio ebbi a fare con la mendacit di Lutero, la quale, come m'accorsi nell'andare innanzi, occupa tanta parte nella esposizione che egli fa della dottrina cattolica ed una delle chiavi per comprender bene Lutero.16 E fu proprio lo scritto sui voti, che io Iessi per primo, quello che mi condusse a un tal pensiero, e che mi vi conferm sempre pi continuandone la lettura. Era questo un buon passo sotto molti rispetti. Ap- /XXXII/ punto dalla polmica contro lopera mia mi convinsi, pi forse che dal resto, che finora i teologi protestanti si trovano sempre al punto di vista del Lutero posteriore tutto pieno d'odio. Non si fa caso che i detti di questi contraddicano a quelli del Lutero anteriore: A priori si ammette che i detti di Lutero sono giusti. Perci nessun' idea della perfezione e dello stato di perfezione, dei voti, dell' ideale cattolico della vita. Tutti quanti ignorano assolutamente il punto
15

Solo durante la revisione mi giunta sott'occhio la replica del Seeberg (Die nmesten Offenbarungen des Pater Denifle) nella Kreuzzeitung, n. 203,205. Io veggo che il suo autore inconvincibile e incorreggibile, e che da essa non c' da imparare che il principio di Lutero (v. sotto p. 136): Io ben so cavarmi fuori, quando mi metto a scrivere . Ma con ci gli sforzi verso la verit e l'oggettivit vanno in fumo.
16

Sopra si parla della prassi propria di Lutero. Procedendo io vidi che gi nel suo Commentario sulla lettera ai Romani (1515-1516) egli s' servito della bugia necessaria a favore del suo modo di vedere, poich falsific passi di S. Agostino, come ho esposto nella prima edizione e spiegher di pi nella seconda parte di questa. In teora Lutero riteneva tuttora nell'anno 1517 illecita la bugia utile e necessaria e per un peccato veniale, come ha dimostrato ltimamente N. Paulus nell'articolo Luther und die Lge (Wissenschaft. Beilage alla Germania, 1904, n. 18). Ma dopo l'apostasia Lutero sostenne anche in teoria la liceit della bugia necessaria almeno a partire del 1524, come mette in chiaro il Paulus con prove tolte dalle opere di Lutero. Sappiamo parimente abbastanza che di gi nel 1520 egli riteneva tutto lecito contro la malizia e malvagit del papato a salute delle anime, pel bene della chiesa ma anche una buona grossa bugia (V. sotto p. 461).

essenziale dal quale, secondo gli antichi dottori e sentenze, devono esser giudicati l'entrata nello stato religioso, la professione dei voti, e il cosiddetto secondo battesimo vale a dire l'intera donazione di se a Dio. E come avrebbe potuto essere altrimenti se tale era pure il caso del loro Riformatore ? Se questi avesse avuto un concetto di ci e di fatto avesse posseduto la completa dnazione di s a Dio, non ci sarebbe ni un Lutero nel senso moderno, ni un luteranesimo. Invece sempre ci si deve sentir dire che l'abito ha fatto il monaco, a che altrimenti tanta diversit di abiti religiosi? proprio come se luniforme militare facesse i soldati per la semplice ragione che ci son tante specie di queste divise! Il colmo lo raggiunge qui uno dei miei del resto pi ragionevoli avversarii, il Khler (l. c. p. 208) quando alia mia osservazione che il punto capitale nella professione questa interna donazione completa, risponde: Proprio questa solo ? Allora perch c bisogno in genere d'un abito monstico, perch la deposizione volontaria di questo considerara come un gravissimo delitto ? La cosa va ben altrimenti; grazie alla forza espiatrice del monachismo, se n' fatto quasi un carattere sacramentale, e questo inerisce, come avviene in tutti i sacramenti cattolici, all'istituzjone come tale, indipendentemente da ogni donazione personale ! Sicch ex opere operatol E tutto questo assurdo insulto alla Chiesa cattolica lo fonda assai ingenuamente il professore universitario sul fatto che anche i laici eran sotterrati in cappuccio monacale!17 E vedremo poi nella /XXXIII/ seconda parte di questo volume in qual guisa il Khler si sforzi di attenuare e d'alterare i detti di Lutero per salvarlo. Ci posto, il detto scritto sui voti forma la migliore introduzione all'opera mia. Ne esposi la ragione a p. 382 ss. dove anche ho messo in evidenza la connessione con la seguente sezione, il che non si vedeva tanto ben chiaro nella prima edizione. Il collegamento fino entro il secondo volume si fonda generalmente sulla rampogna lanciata da Lutero circa la giustificazione per le opere e la schiavit delle opere; perch in fondo tutto proviene in Lutero da questa calunnia o, se si vuole, da questa falsa concezione. Nel mio lavoro quindi non c' una Vita di Lutero: io non son punto un suo bigrafo. Ci vorrei finalmente sapere accentuato anche pi fortemente contro tante rinnovate affermazioni fatte sul conto mio. Non sarebbe nemmeno possibile scrivere una tal vita. Fino ad oggi gli storici di Lutero ante lapsum si sono fondati assai sulle sue posteriori attestazioni. Ma queste dovrebbero prima esser esaminate criticamente, e non si pu ancora ben determinare quanta borra inservibile vi sia. Io ho gi rammentato ripetutamente nella prima edizione che la vita religiosa di Lutero, quale pi tardi egli la descrisse, le confessioni da lui fatte circa il suo voto, le sue penitenze, il suo punto di mossa ecc., appartengono in gran parte al regno delle favole. Ma la prova non semplice, /XXXIV/ e richiede l'esame delle attestazioni di Lutero e il loro confronto col tempo precedente, richiede insomma ben lunghi studi. E qui, pens, sar da riconoscere il forte dell'opera mia. Le erronee esposizioni e i falsi giudizi dei teologi e luterologi protestanti esigono anche ben ampie digressioni che interromperanno il filo della esposizione. Forse esse sembreranno al profano fuori di posto e inutile, ma non se ne pu fare a meno in un'opera scientifica. Assai poco, pochissimo anzi recano in proposito per es. le due storie dei dogmi del Harnack e del Seeberg per quanto sia lor solito sedere pro tribunali in tono di conoscitori su tutto. Certo a nulla pensavo meno che al proposito presuntuoso di trattar tutto ci che abbia una qualunque relazione con lo sviluppo del protestantesimo, e anche di produrre tutti i testimoni cattolici anteriori, e tutte le prove che ricavansi dalle opere di Lutero. Quanti mai volumi non dovrei
17

Questo solo caratterizza tutto l'uomo. Non ci meravigliamo pi se egli parla della inesorabilit dei voti monastici, della costrizione dei voti, se concepiva la prassi di individui quale effetto della teoria (come avveniva nel luteranesimo), se dal passo citato a p. 206 della Kirchenpostille del 1521, vuol far credere che Lutero anche dopo abbia di regola distinto fra perfezione e stato di perfezione, prescindendo dal fatto che gli sfuggi affatto 1'intelligenza della frase tendere alla perfezione. Ma basti qui. Gli articoli del Khler manifestano in proposito la stessa superficialit colla quale ha lavorato talora nell'opera sua, del resto pregevole: Luther und die Kirchengeschichte, I, come quando a p. 267 cerca vanamente nelle prediche di Taulero un passo citato da Lutero come tauleriano, trascurando invece di ricercare il libretto Theologia deutsch di 118 pagine, edito da Lutero come fosse di Taulero, nel quale il passo ricorre anzi due volte, nel testo (ed. Pfeiffer, 1855, p. 30) e nellindice (p- xxvm). la medesima superficialit colla quale egti a p. 247 parla del purgatorio e dellinferno, a p. 227 della parola tomista presso Lutero quasi voglia dire compilatore ecc.

allora scrivere ? Si detto ch' io sono soltanto uno scolastico, non uno storico. Rispondo a ci che a proposito del primo volumen debbo naturalmente pormi di fronte a Lutero come teologo e che lo storico deve qui entrare assai di meno. La prova che d della contraddizione di Lutero con la precedente dottrina ecclesiastica ha suscitato un vero stupore fra i teologi protestanti, ai quali si scopriva qui una vera terra incgnita.18 Quindi vengono a dire che il Denifle tratta solo una corrente anteriore, mentre ce n'erano anche delle altre. Ve ne erano certo altre, ed anzi per quanto entra in questione il contenuto di questa prima parte, tale era la prassi dei cattivi o scempii e ignoranti religiosi. Ma prescindendo da ci, il Lutero posteriore nella sua esposizione della dottrina eccle/XXXV/ siastica, non solo in contraddizione con questa, ma ben anche col suo proprio precedente concetto della medesima, la quale non s'era dovuta mutare nel volgere di soli pochi anni. anche di questo i luterologi non avevan fatto caso finora. S' anche detto che Lutero non esposto in quest'opera nel suo ambiente storico. Assolutamente lo nego. lo ho concepito Lutero come doveva essere concepito in questo volume nell'ambiente della teologia anteriore e contempornea, terreno delle istituzioni dell'ordine suo. Lo studio su altri e ulteriori problemi appartiene al secondo volume, dove si parler della formaxione del luteranesimo, ma non entra nel tema del primo volume, e tanto meno vi rientra per la stessa ragione il rilievo delle doti di Lutero, e di alcune sue buone qualit naturali che io pure ben conosco e so stimare. Quando per, come fa il professore Hausrath dell'unione protestante, nel suo bellicoso e infelice proemio alia biografa di Lutero a p. XIV, in un volume che ha per oggetto principale levoluzione psicolgica dell' animo di Lutero, s' esige che mi occupi delle persecuzioni fatte dall' Inquisizine contro gli eretici e mi si fa il biasimo di aver passato sotto silenzio la tendenza dei miei confratelli a metter gli uomini in ceppi, ad annegarli, arrostirli, strappar loro la lingua, bollarli a fuoco, farli inginocchiare sulle calde ceneri delle loro bibbie brucate si perde davvero ogni dirit'to di esser presi scientificamnte sul serio. Ma gi un' impresa che compensa tali pene animare cattolici e protestanti a lavorare ulteriormente nel senso che indico loro, e rivolgere la loro attenzione alle questioni aperte con zelo rinnovato e con occhi non offuscati da nebbia alcuna. Vi sarebbe ancora qui assai da fare. In quanto alla diversit di questa edizione dalla prima, sono ben rimaste ambedue sostanzialmente eguali: ma si trova qui a posto delle note critiche su 1' edizione Weimariana, delle quali ho parlato innanzi, un paragrafo sopra le idee di Lutero riguardo allo stato religioso, durante la sua vita mo- /XXXVI/ nastica; i brevi accenni della prima edizione sopra le precedenti penitenze di Lutero son qui cresciute in un pi lungo paragrafo. Inoltre ho in questa edizione unito meglio le cose affini, ho aumentato documenti e indicazioni, tolto cose superflue, ampliatene altre, migliorato alcuni punti, senza nessun danno del complesso: all' opposto Lutero appare in questa edizione ancor pi condannabile che nelle relative parti della prima. In fine ringrazio tutti i miei amici - e non son pochi - i quali m'hanno incoraggiato e aiutato con le loro preghiere, parole e contribuzioni. lo posso assicurarli che rester sempre al mi posto, finch Dio mi dar forza e salute. Roma, 30 aprile 1904. P. Enrico Denifle, O. P. Enrico Denifle. Lutero e luteranesimo nel loro primo sviluppo esposti secondo le fonti. Versione italiana del Sac. Dott. Prof. Angelo Mercati. Roma : Descle & C. Editori Pontifici. 19142

18

Lo si vede specialmente dalle repliche di Harnack, Seeberg, Khler e ltimamente dal Denifles Luther und Luthertum vom allgemein-wissenschaftlichen Standpunht aus del Baumann (Langensalza 1904). Come nella prima edizione, cos in questa del primo volume, chiuder con alcuni accenni alla cognizione tomistica del Harnack ed estender l'osserva- zione alle relative produzioni di Baumann, Seeberg e d'altri. Alla fine del volume sono riservate pure parecchie discussioni, che il lettore sperava forse di trovare in questa parte.

/XXXVII/
INDICE
IL TRADUTTORE............................................................... PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE....................................... SPPLEMENTI E CORREZIONI.................................................. Spiegazione DI ALCDNE ABBREVIAZIONI..................................

Pag.

III-VII VIII-XXXVI LI LII

IXTRODOZIONE..................................................................................

1-28

LIBRO PRIMO

LE BASI ED INSIEME ESAME CRITICO DEI LUTEROLGI E TEOLOGI PROTESTANTI


Enrico Denifle, O. P.

SEZIONE PRIMA insegnamento contrad di torio di lotero intorno ai voti monastici Discussione preliminare (pag. 51-381) Capitale importanza dell' opera De votis monasticis judi- cium, 31 Difetto di critica nell'edizione curatane da Kawerau-Mller, 31-32. I- Breve sguardo sulle idee di Lutero intorno allo stato religioso, durante la sua vita monastica 32-43 Testimonianze contemporanee di Lutero che differiscono moho dalle posteriori, 32 - Egli non mai contrario alla sostanza dello stato religioso, 33 - sta a favore dell'ammissione d'un novizio vegnente da un altro ordine di cui presuppone l'intenzione salutare nell'ingresso, 34 - manda ad Erfurt un confratello studente in Wittenberga (G. Zwilling) perch impari a meglio conoscere in quel convento gli usi dell'ordine giacch a Wittenberga non c'era disciplina regolare, 34 - Lutero stesso occupato quasi totalmente in doveri d'ufficio e studi cos che raramente gli rimane tutto il tempo necessario per recitare le ore canoniche e celebrare, 35 - tuttavia egli allora non era uno spregiatore della vita monastica ed ammetteva come evidente la liceit dei voti, presupposto che il voto avvenga nella maniera giusta (per amore di Dio e con libera volont), 36 - e non che /XXXVIII/ s'entri in convento per disperazione, giudicando che solo cos possa trovarsi la propria salute, 38 - II disprezzo versato da molti latI sullo stato religioso non dovrebbe scoraggiare alcuno dall'entrare in religione: giammai essere stato meglio che allora diventare religioso, 39 - Lutero invece se la piglia colle singolarit e caparbiet di parecchi religiosi siccome contrarie all'obbedienza, ma dichiara gravissimo sacrilegio la lesione del voto di castit, 40 - dice i consigli evangelici certi mezzi per adempire pi fcilmente i precetti, 41 - perci da un ammiratore (Corrado Pellicano) vien invocato come lavvocato pi adatto della vita religiosa, 42 - fu 1' odio contro la Chiesa, di cui i religiosi erano le pi forti truppe ausiliari, che lo mosse alla lotta contro ordini e voti, 43. 2 - Asserzione di Lutero che S. Bernardo avrebbe riprovato i voti e la vita monastica 435 3 Per dimostrare che i voti monastici contraddicono alla dottrina di Cristo falsa due sentenze di S. Bernardo, 43 - il quale una volta essendo malato a morte non avrebbe avuto altra confessione da questa in fuori: ho perduto il tempo avendo vissuto malamente ; con queste parole egli avrebbe condannato tutta la sua vita monastica ed appiccato la cappa a un chiodo, 44 - verifica del passo; esso non fa che esprimere l'umile confessione dell'anima contrita al cospetto di Dio, 45 - e ci cosa cattolica genuina: autorit in proposito, 48 - ulteriore confermazione, 49 - anche dopo quelle sentenze S. Bernardo ha encomiato lo stato monstico e fondato monasteri, 51. 3 - Asserzione -di Lutero che il superiore dell'ordine possa, giusta S. Bernardo, dispensare da tutto, e che egli stesso, come tutti gli altri religiosi, abbia fatto voto di tutta la regola5 361 S. Bernardo insegna precisamente il contrario, 53 - anche l'altra asserzione che si faccia voto di (tutta) la regola si fonda esclusivamente su alterazione e svisamento; si fa voto invece di vivere secondo la regola, 55 - se ne di la prova colla prassi de singoli ordini, 56 - Come per la regola, cos stanno le cose pegli statuti dei varii ordini, 59 - per cui Lutero mediante questa asserzione appare in luce molto equivoca, 60. 4 - Scopo dell'anno di prova secondo Lutero . . . 61-66

Sarebbe quello di esperimentare su s stesso se si possa vivere casto, 61 - Vi si oppone la dichiarazione di Innocenzo III, 62 - e tutta la prassi degli ordini, 63. /XXXIX/ 5 - Asserzione di Lutero che pei voti si verrebbe di- stolti da Cristo e che nell'ordine si pigli una guida diversa da Cristo 66-76 A questa sua asserzione contraddicono le sue stesse afferrmazioni anteriori, 66 cos pure la prassi del suo ordine, 67 - perci senza fondamento affatto la sua posteriore asserzione, 69 - per cui lo Staupitz, gi suo superiore a lui tanto proclive, giustamente lo biasima, 70 - Lutero stesso altrove rileva che per abusi particolari non va rigettata la cosa in tutta la sua interezza, 71 - e quanto fuor di proposito il suo rimprovero col suo ordine, altrettanto poco colpisce gli altri ordini, 72 - in ispecie il francescano, 73. 6 - Sofismi ed enormit di Lutero relativamente ai voti dei monaci, specialmente a quello di castit Malizia di Lutero e suo eccitamento alla bugia 76 A) Lutero inganna i lettori intorno al fine dello stato religioso e dei voti 76-145 Come secondo lui certo che i religiosi cercano la loro eterna salute nelle loro opere e voti e non nella fede, 76 - cos ci falso in realt per quanto i luterologi cerchino di sostenere il loro eroe, 78 essi non rilevarono il suo falso giuoco, 79 - Quantunque Lutero a sua detta fosse incerto con quale sentimento avesse emesso i voti, pure pretendeva sapere come facesse voto comunemente il grosso della gente, 81 - nel senso cio che il voto dovesse sostituire la fede giustificante, alla quale non si penserebbe neanche, 82 - e sostiene che in ogni voto ed in ogni ordine esclusa, come la fede, cos pure la carit, 84 - Critica di questa affermazione, 84. B) Contraddizioni e sofismi di Lutero a proposito dei consigli evangelici 85 Riguardano specialmente la castit, 85 - esposizione dei medesimi, 85 - Lutero non osserva che se, seguendo un consiglio, si fa voto di qualche cosa, s' poi obbligato a soddisfarlo, 89 - eppure doveva saperlo e lo seppe di fatto fin dalla sua entrata nell'ordine e specialmente dalla pro- fessione in poi, 91 - Sentenze relative di Bartolomeo von Usingen e dei santi Agostino e Bernardo, 92. C) Lutero istiga all'ipocrisia ed alia menzogna . 94 Consiglio sul celibato a coloro che dovevano venir ordinati suddiaconi, 94 - L'incitamento da lui dato al matri- /XL/ monio dei preti appare troppo malvagio agli stessi fratelli boemi, 96 - Suoi tentativi per accalappiare colla sua dottrina i religiosi come i preti secolari, 97. D) Voto di castit e castit matrimoniale di fronte all impossibilit 98 Secondo Lutero il voto non lega pi tosto che ne reso impossibile l'adempimento, 98 - Egli non fa in proposito differenza alcuna se 1' impossibilit sia puramente estrinseca, violenta o interiore, imputabile al soggetto, 99 - cerca di porre in quest' ultima condizione i monaci e le suore, 101 - e con ci egli non seppellisce soltanto il voto di castit, ma anche la castit matrimoniale, 101 - causa di ci non fu se non la sua massima d'esperienza: la concupiscenza affatto invincibile , 104. E) Via verso 1' impossibilit : noncuranza, trasandamento del commercio con Dio, intemperanza 106 Noncuranza e trasandamento del commercio con Dio, cosa che si verifica specialmente in Lutero, 106 - Smoderatezza nel bere in Lutero e nella parte di gran lunga maggiore dei suoi seguaci giuniori, 109. F) Lutero schernisce la preghiera nella tentazione pi violenta 113 Sarebbe un balordo colui il quale volesse pregar Dio per uscire dalla concupiscenza carnale, 113 Lutero mette allo stesso livello l'accontentamento delle brame carnali e l'eroismo degli apostoli e dei martiri, 1 1 4 - egli e coloro che a lui si diedero assomigliano quanto alla lotta contro la carne a soldati vili, 116 - Detto di S. Agostino sulla diversit che v' nel matrimonio qualora si sia liberi oppure si sia legati da voto contrario, 116 - Travisamento fatto da Lutero della sentenza dell'apostolo: melius est nubere quam icri , 117 - All'esortazione papistica di supplicare Dio perch conceda l'aiuto della sua grazia nella tentazione, Lutero oppone il dilemma: E che dunque, se Iddio non volesse venir pregato? oppure, se lo si prega ed Egli poi non voglia udire? , 118.
1 2 3

G) Maniera con cui Lutero cerca di persuadere le monache. Anche i cani e le troie potrebbero pregare e mortificarsi 121 Bisogna pensare a farle uscire dai loro conventi, ma prima persuaderle con scritti, 121 - bisogna ritenere che /XLI/ le monache siano caste e facciano senza dell'uomo solo contro volont, 122 - le donne andrebbero usate soltanto o pel matrimonio o per la fornicazione, 123 - le tentazioni quotidiane sarebbero un segno sicuro che Dio non ha dato n vuol dare il nobile dono della castit, 124 - la preghiera, il digiuno, la mortificazione, in cui i papisti riconoscevano la loro santit, sarebbero una santit che quasi tutta pu esercitare quotidianamente un cane ed una troia, 126. H) Contegno di Lutero in rapporto colla poligamia : consiglio di confessione, dispensa e menzogna: la concubina matrimoniale 127 Colla sua dottrina sull'impossibilit della continenza sia nello stato verginale sia nel coniugale egli prepara la strada alla concessione del duplice matrimonio, almeno pel langravio Filippo d'Assia, 127 Con Melantone e Bucero Lutero d un consiglio confessionale che mira l, 128 - pel rumore suscitato da questo doppio matrimonio si consiglia il langravio a negarlo, 129 - egli dovrebbe tenere presso di s segretamente la meretrice come concubina matrimoniale, 129 - in linea di principii Lutero ha espresso queste massime a partire dalla sua apostasia interna dalla Chiesa, 133 - con ci egli dimostra la sua inclinazione e capacit quanto alla menzogna, alla malizia, all'inganno, 134. I) Scurrilit di Lutero 138 biasimata da Melantone, 139 - ed dimostrata specialmente dall'alterazione e mala interpretazione di nomi e denominazioni, 140. 7 - Principii fondamentali della dottrina cattolica intorno alia perfezione cristiana ed all'ideale della vita 145-150 Contrariamente alia dottrina cattolica, Lutero dopo 1'apostasia regolarmente non distingue pi fra stato di perfezione e la perfezione stessa o spiega falsamente la differenza, 14; - Idee dei dottori cattolici fino a S. Tommaso d'Aquino. Il Crisostomo, il sinodo d'Aquisgrana, S. Pier Damiano, Cassiano, le regole di S. Agostino, di S. Benedetto, S. Bernardo, Brunone d'Asti, Riccardo da S. Vittore, Ruperto di Deutz sulla perfezione in generale, sull'ideale della vita in particolare, 146 - le sante Elisabetta ed Edvige, 150. /XLII/ 8 - Dottrina di S. Tommaso d'Aquino e di altri dottori fino a Lutero intorno all' ideale della vita ed ai consigli 150-19 A) Da S. Tommaso d'Aquino fino ai mistici tedeschi 150 Anche secondo S. Tommaso il nostro ideale della vita sta soltanto in ci che eziandio quaggi ci unisce a Dio, vale a dire nella carita, 151 - Il precetto dell'amor di Dio non circoscritto da alcun limite, si che una certa misura cada sotto il precetto, e quanto supera questa misura cada sotto il consiglo, 152 - i consigli aiutano ad adempire meglio e pi perfettamente il precetto, 153 - Essi pertanto sono semplici strumenti della perfezione e lo stato religioso stato di perfezione solo in quanto che obbliga a tendere alla medesima, 156 - Altrettanto insegnano Alberto Magno, S. Bonaventura, Davide d'Augusta, Goffredo di Fontaines, Enrico di Gand, Enrico di Friemar, 159. B) I mistici tedeschi chiamati a confronto con Lutero 164 Taulero, lo scrittore preferito di Lutero, non propone quanto alio stato religioso dottrina differente da S. Tommaso, 164 - condanna quei religiosi che hanno solo ap- parenza esteriore, 166 - ed esorta a non regolarsi secondo questo o quello, ma a conoscere anzitutto quale sia la propria vocazione, 170 la vita cristiana nel secolo si fonda su una chiamata di Dio tanto quanto la vita nel chiostro, 170parlano smilmente Enrico Susone, Ruus- Iprook ed il libro dellTmitazione di Cristo, 171. C) I dottori seguenti fino a Lutero 174 Gerardo Groote, Enrico di Coesfeld, Pietro d'Ailli, Giovanni Gersone, Matteo Grabow, Dionigi il Cartu- siano, S. Antonino, Pietro Du Mas, Guido Jouveneaux, Charles Fernand, Giovanni Raulin, Marco di Weida, Geiler Ton Kaisersberg, Gabriele Biel, Bartol. d'Usingen, Gaspare Schatzgeyer, Giovanni Dietenberger, Iodoco Clichtove, S. Ignazio di Loiola, tutti conoscono un solo ideale della vita, quello comune a tutti gli uomini, 174 - in particolare l'idea dell'ultimo espressa nei suoi eser-

cizi spirituali, 191 - egli non sapeva per nulla che mediante abito e chierica solo si diventasse beati, e perci non prescrisse ai suoi neppure un determinato abito religioso, 194 - risultato generale, 196. /XLIII/ 9 - Sofismi e travisamenti di Lutero relativamente alla perfezione cristiana ........ 198-213 Nell'affare pi importante della vita, quello della salute dell'anima, Lutero si comporta spesso come l'obiettante nelle dispute filosofiche e teologiche, 198 - cos particolarmente nelle seguenti proposizioni: A) I voti monastici sarebbero distribuiti in essenziali ed accidentali 198 B) Lo stato dei cristiani sarebbe diviso dai dottori in perfetto ed imperfetto 201 Nessun provato dottore della Chiesa cattolica l'ha fatto, 202 - Allo stato di perfezione (stato religioso) non pu opporsi come stato d'imperfezione il laicale, 203 - Si tratta . semplicemente di diversit di gradi, non di opposizioni. Ai rabbuffi di Lutero fa da fondamento 1'idea, che diventi senz'altro cattivo, mediante ci che riconosciuto ed ammesso come migliore, ci che gli viene contrapposto, 205 - Si d una sola perfezione della vita cristiana, alla quale tutti debbono tendere, 207. C) Nella Chiesa cattolica la somma perfezione si vedrebbe nella castit. Conseguenze. Il Lutero Della prima maniera contro il Lutero della seconda. . 208 Agostino fin dal suo tempo disse: meglio un umile matrimonio che una virginit superba , 208 cos pure si esprimono S. Tommaso e S. Bonaventura, 209 - a torto Lutero getta su lintero stato di vita il guasto di individui, 210 - egli stesso per l'addietro condann simile procedere, 2:1. 10 Melantone e l'Augustana intorno allo stato religioso. I teologi protestanti moderni 213-240 A) Melantone e l'Augustana 213 Quanto all'esposizione dei voti e dello stato religioso Melantone segue ciecamente il Lutero invasato d' odio, 213 - nei suoi loci communes va anzi pi avanti, 213 - ed ha insinuato fin nella famosa confessione del protestantesimo la sua ignoranza, 214 - Critica della confessione, specialmente del capitolo 27, 216. B) I teologi protestanti moderni 222 Concezione del monacato di Ritschl, 222 - L'ideale cristiano della vita secondo Seeberg, 223 - Idee in proposito di Harnack, 224 - e loro critica, 225. /XLIV/ C) Errori di Harnack circa l'ideale della vita nelle varie epoche monastiche 227 Ci specialmente in riguardo ai Cluniacensi ed al loro papa (Gregorio VII), 227 - poi relativamente a S. Francesco d'Assisi, 230 - alla mstica degli ordini mendicanti generante la certezza della salute, 235 - ai gesuiti, 236. 11 - Affermazioni di Lutero intorno al battesimo monstico : S. Tommaso d'Aquino preteso suo inventore 240-253 Secondo Lutero l'ingresso in convento sarebbe generalmente equiparato al battesimo, 240 - Critica di questa asserzione. Eftetto della completa dedizione a Dio, 241 - Lutero non ne parla: critica dell'appello che fa ad una dichiarazione epistolare d'una monaca scappata, 244 - e ad un passo in una predica d'un domenicano, 246 - Confutazione dell'affermazione che S. Tommaso abbia equiparato e pel primo l'ingresso in religione al battesimo,248. 12 - Il battesimo monstico cattolico secondo l'esposizione luterana sarebbe un'apostasia dal battesimo di Cristo. . 253-259 Lutero appioppa al battesimo monstico un senso pienamente erroneo per poi sollevare il rimprovero che per esso si sia apostatato dal battesimo di Cristo, 253 - Critica di questo rimprovero, 255 - e delle varie dichiarazioni di Lutero circa il sentimento col quale emise i suoi voti, 256. 13 - Menzogna di Lutero quando dice che lo stato coniugale sia condannato dal Papa come peccaminoso: sue massime deleterie circa il matrimonio . . . 259-326 A) Il matrimonio sarebbe proibito, ma non condannato dal Papa 260

B) Il matrimonio sarebbe condannato dal Papa come stato peccaminoso, impuro 262 Sofisma di Lutero che il religioso col voto di castit rinunzi al matrimonio come fosse la disonest, 262 - Critica di queste contraddizioni, 263 - riconoscere una cosa per superiore e migliore non vuol dire condannare le altre: contro Ziegler e Seeberg: rinvio a S. Agostino, S. Girolamo, S. Ambrogio, S. Tommaso, 265 - Fin dall'inizio, fondandosi sulle sentenze del Salvatore e dell'Apostolo, la verginit fu ritenuta pi nobile e pi atta /XLV/ al servizio di Dio, 266 - Sofisma di Lutero che la Chiesa cattolica abbia ritenuto impuro e peccato lo stato conjgale perch vieta ai preti le nozze, 268. C) Menzogne di Lutero intorno alie precedenti sue idee sul matrimonio 271 Egli si sarebbe altamente meravigliato dell' idea di S. Bonaventura non essere peccato se alcuno cerca mo- glie, 271 - da giovanetto aver lui creduto che non si possa pensare senza peccato alia vita dei coniugati, 272 - invece quand'era moaco e professore avanti la sua apostasia egli ha svolto sul matrimonio principii dottrinali veramente belli e buoni, 272 - allora egli colla Chiesa cattolica riconosceva il trplice bene del matrimonio, 276. D) La prassi e la tradizione ecclesiastica confutano le calunnie lanciate da Lutero sul matrimonio. . 277 II matrimonio istituito nel paradiso, 277 - Rito della messa nuziale, 277 - sentenze in proposito di predicatori, quali Bertoldo di Ratisbona, Pellegrino e molti altri, 281 - passi tolti da manuali pratici e da postille tedesche, 282 - Dichiarazioni di Po II e Niccol di Cusa, 285 - dei grandi monaci Bernardo e Basilio, 286. E) Precisamente secondo i principii di Lutero il matrimonio uno stato peccaminoso e illecito. . 287 Ci specialmente per le sue affermazioni intorno al debito coniugale, 287 - che sarebbe in s peccato tanto quanto la fornicazione, salvo che Iddio non lo imputi, 289. F) Concezione affatto materiale, sensuale, che Lutero ha del matrimonio: denigrazioni che Kolde fa della dottrina cattolica 293 Per necessit l'uomo deve attenersi alia donna, la donna all'uomo, 294 - Lutero spoglia il matrimonio del carattere sacramentale e lo degrada fino ad essere una cosa esteriore, corporale, 296 - Secondo Kolde ai riformatori mancano le prime cognizioni della vera natura morale del matrimonio e ci era un'eredit del cattolicismo , 298 - e sarebbe semplicemente un'eco del dispregio medioevale per la donna il fatto che i riformatori per togliere dall'angustia di coscienza la parte maschile, attribuiscono alla femminile la funzione di concubina. Confutazione, 301. /XLVI/ G) Dispregio della donna e depravazione della giovent femminile, conseguenze dei principii di Lutero 301 Esso comincia colla degradazione della Benedetta fra tutte le donne e colla parte attribuita alle femmine di istrumento per accontentare l'istinto sessuale irresistibile dell'uomo, 302 - cos andarono perduti il pudore femminile e gli onesti costumi, 304 - i riformatori stessi lamentano il dilagato guasto nei costumi, 304. H) La vita libidinosa ed adultera, il dispregio dello stato coniugale in quell'poca sono conseguenze del contegno e della dottrina di Lutero . 306 Vanamente egli allontana da s la colpa, 306 - Per aver egli calpestato il celibato, il giuramento fatto a Dio, ne deriv che anche i matrimonii divennero torture, e non fu rispettata per nulla la promessa di matrimonio, 307 - Si lumeggiano alcuni matrimoni di predicatori luterani di quel tempo: cambio delle mogli, 308 - leggerezza di Lutero, 309 - la vinolenza d'allora una delle cause delle molte fornicazioni ed adulterii, 312 - anche l'insegnamento di Lutero circa la fede contribu all'adulterio, 314 - parimenti l'odio suo contro la Chiesa lo spinse a fare precisamente il contrario di ci che le leggi ecclesiastiche prescrivevano relativamente al matrimonio ed al celibato, 317 - e cos doveva venire in dispregio non solo la continenza, ma anche la virt della castit, 319 - anzi ogni timor di Dio dovette uscire dal cuore degli sposi, 321 - Lutero rigetta gli impedimenti matrimoniali, 3 22. I) Come le cose si volsero in meglio. L'anima per natura cattolica, non luterana 323 Intervento delautorit secolare, 324 - avvicinamento incosciente dei teologi pi serii a principii e dottrine cattoliche circa il matrimonio, 325.

14 - Sguardo retrospettivo e risultato. Bassezza di Lutero nel giudicare e combatiere lo stato religioso ed i religiosi 326-381 Lutero svisa e rende spregevole la dottrina cattolica intorno ai consigli e voti, 326 - Popera sua sui voti monastici non che la verificazione della proposizione: ogni apostata un diffamatore del suo ordine, 328. /XLVII/ A) Licenza e volgarit di Lutero nel giudicare religiosi e preti Spiegazione che d delle parole monaco e suora , 329 - d'ora in avanti i preti vanno detti semplicemente portachieriche, 330 - solo per far arrabbiare il clero (superiore) essersi lui sposato ed avere in mente di irritarli ancor pi, 332. B) Contegno di Lutero per indurre all'apostasia i religiosi Vi riesce mediante falsificazioni e contraddizioni, malizie e sofismi, 334 - nel 1516 invece a sua stessa confessione lo stato religioso era tuttavia capace di dare vera soddisfazione e pace d'anima, 338. C) Tattica di Lutero per alienare il popolo dai religiosi Rappresenta i religiosi come mangioni, bevitori, disonesti e poltroni, 339 - in altre occasioni invece si scaglia contro la loro santit per le opere e la loro vita eccessivamente rgida, 343 - per cui essi non fanno che tirarsi addosso la condanna, 345. D) Calunnia di Lutero relativa alia formula dell'assoluzione monastica Perch si ritenesse che i monaci venissero assolti dai peccati soltanto sulla base delle loro opere, egli riporta una formla d' assoluzione che non tale mentre tace la vera: ne incolpa i zoccolanti, 350 Lutero stesso ha conservato la formla cattolica dell'assoluzione, 351. E) II furbo grande condanna il piccolo. Mezzi riprovevoli di Lutero Egli attacca la vita dei religiosi in quel punto, nel quale le cose peggio stavano presso di lui e del suo codazzo (specialmente di quello venuto dalla sua con- gregazone), 356 - la dottrina di Lutero circa l'impossibilit di resistere alia voglia carnale fu la principale forza d'attrazione, 362 - ma per distrarne l'attenzione del pubblico egli ne rivolge gli sguardi sugli errori del clero regolare e secolare, 365 Invettive sue e dei suoi usate al riguardo, 367 - libelli, 368 - figure (il papa-asino, il vitello-monaco), 372 /XLVIII/ F) Malizia di Lutero e suo odio mortale contro monasteri e religiosi Sua contraddizione perch mentre assale la loro vita malvagia ed amraette la loro retta dottrina, un'altra volta voleva chiudere un occhio sulla loro vita malvagia, solo che insegnassero rettamente, 373 - perch una volta incita contro il clero secolare e claustrale e poi esorta alla carit, 374 - dopo l'apostasia sua idea fondamentale che dovrebbero annientarsi tutti i monasteri e cattedrali, 375 tuttavia egli non avrebbe desiderato male alcuno ai papisti, 378 - il suo coraggio cresce pel contegno dei vescovi; trapasso dalla prima alla seconda sezione, 379.
1 2 3 4 5

SEZIONE SECONDA IL PONTO DI PARTENZA NELLA EVOLUZIONE DI LUTERO ED IL SUO NUOVO EVANGELO (pag. 382-461) Coesione colla prima sezione: in conseguenza della sua dottrina sulla giustificazione e remissione dei peccati per la sola fede Lutero dovette rigettare non solo tutta la vita cristiana in generale, ma in essa anzitutto la vita religiosa come giustizia e mrito per le opere, 382 - la giustizia per le opere e le opere proprie furono il cavallo di battaglia di Lutero, 383 - Come pervenuto egli alla sua dottrina? Soluzioni protestanti, 383. 1 - Studio preliminare su le smoderate macerazioni di Lutero prima del suo mutamento al fine di placare il giudice severo 385-437 Confessioni posteriori di Lutero sul suo eccessivo ascetismo nella vita monastica e sull'erroneo scopo che in esso avrebbe avuto, 385. A) Affermazioni di Lutero sulle sue macerazioni nel chiostro, saggiate sulla rigidit dell'ordine . . 386

Egli le avrebbe fatte ora per 20, ora per 15 anni, 386 - tutt'al pi potrebbero essere 10, 388 - pi esatta- mente solo 5, 388 - preteso patimento di freddo e gelo ed esercizio della veglia notturna, 389 rigoroso digiuno, 392 - mitigazioni relative nella costituzione dello Staupitz, 393. /XLIX/ B) Idee dei dottori cattolici fino a Lutero intorno alle penitenze ed alla discrezione 395 Nessuno di essi sa che vengano esercitate per placare il giudice severo, e tutti ne riconoscono lo scopo nella mortificazione della carne ed esigono anzitutto la discrezione. II sapiente maestro Cassiano, 395 - I Ss. Basilio, Girolamo e Benedetto, 396 - Pier Crisologo, Ugo da S. Vittore, Bernardo, 397 - L'ordine cartusiano, Guglielmo di St.-Thierry, 399 - Tommaso d'Aquino e la raccomandazione che fa della discrezione, 399 - Davide d'Augusta e S. Bonaventura, 401 - Esercizio nell'ordine agostiniano, 402 - i mistici tedeschi e la commendazione che fanno della discrezione, 403 - Gersone e LImitazione di Cristo, 405 - Gerardo di Ztphen, 406 - Raimondo Jardapis (Idiota) e S. Lorenzo Giustiniani, 407 - S. Ignazio di Loiola, Raulin e gli avvertimenti di predicatori medievali, 407 - Eco della poesa popolare del medioevo, 409 - Sentenze d'Ugo di S. Caro, 411 - La sana dottrina dell'Ambrosiaster s' trasfusa nelle glosse, anche in quelle di Pier Lombardo e di Niccol di Lira che fino a Lutero fece da autorit come di legge, 411. C) Lutero prima del 1530 intorno alie mortificazioni ed alla discrezione 412 S'accorda coi dottori circa lo scopo e la discrezione. Prova tolta da una predica sua anteriore al 1519, 412 - sua confessione nel marzo dell'anno seguente, 413 - entra in campo a favore della necessit relativa del digiuno e della mortificazione; importante osservazione, 413 - interessante suo detto di 45 anni dopo l'apostasia, 415 - egli raccomanda il digiuno, ma in esso bisogna attenersi non all'obbedienza ecclesiastica, bensi al proprio capriccio, 416. D) Il Lutero posteriore in contraddizione coll'anteriore, colla dottrina del suo ordine e della Chiesa 417 I luterologi hanno mancato di controllare le posteriori asserzioni relative di Lutero, 417 - istituzione dell'esame: i primi cinque anni, 419 - II suo maestro dei novizi non esigeva irragionevoli rigidit esagerate, 420 - Lutero stesso pensava di esercitare obbedienza esteriore anche se nell'interno fosse tormentato dall'amor proprio, 421 - oltraccio dal suo protettore Staupitz egli fu liberato da parecchi servizi bassi; impossibile che egli gli abbia imposto simili eccessive penitenze, 423 Lutero /L/ stesso nel 1509 scrive che si trova bene, 424 - perch tali espressioni compaiono presso di lui solo dopo il 1530?, 426. E) Soluzione della questione 427 A detta di Lutero nel 1533 gli esercizi esteriori e penitenze claustrali avrebbero lo scopo di ritrovare mediante esse Cristo e di arrivare al cielo, 427 - per diventare un santo monstico, egli, come s'esprime due anni dopo, si sarebbe data somma cura di esse, 428 - contro tale caricatura del santo monstico protest mille anni prima un dottore cristiano, 429 - se Lutero effigi s stesso di tal maniera, ci fu solo per furberia, 430 - e non altro che una seconda simile commedia anche la sua pretesa posteriore finale cognizione raggiunta che lad Rom. I, 17, sia da intendersi non della giustizia vendicativa di Dio, ra a della passiva, per la quale egli ci giustifica colla fede: raccordo colla precedente asser- zione, 431 - in questo senso egli tuttavia si era sempre espresso pe passato, 434 - le posteriori asserzioni di Lutero fanno parte del capitolo bugie necessarie, di cui difende la liceit, 436 - Conseguenze pei biografi di Lutero, 436. 2 - Indagine preliminare circa l'insegnamento della Chiesa nelle sue orazioni intorno al Dio misericordioso ed alia sua grazia in rapporto colla nostra impotenza 438-461 Documenti tolti per lo pi dal messale, breviario ed Ordinarium dell'ordine eremitano, dei quali si serv il Lutero anteriore: in essi quasi mai parlasi del giudice rigoroso, continuamente si rimanda alia misericordia di Dio, 438 - continuo ricorrere della propria impotenza, - Dio, Cristo, la croce salute e speranza del niondo, - il vero Dio dice: non voglio la morte del peccatore ecc. Il Lutero posteriore colpisce s stesso, 445 - Magnificenze della grazia di Dio, 446 - la Chiesa nostra gallina, noi suoi pulcini, 453 - I meriti di Ges Cristo nico fondamento della nostra salute in vita e in morte, 454 Lutero pronunzia il verdetto su s stesso, 460. /LI/

SUPPLEMENTI E CORREZIONI Pag. 50. La confessione di S. Bernardo nel momento in cui si credeva vicino a morire e la mia interpretazione di fronte al contorcimento di Lutero viene magnficamente illustrata dalla Admoniio morienti di Anselmo Cantuariense morto qualche anno prima che S. Bernardo tenesse la predica in questione. Al monaco moribondo va fatta la dimanda: Gaudes quod morieris in habitu monachico? ed egli deve rispondere: Gaudeo.Fateris te tam male vixisse, ut meritis tuis poena aeterna debeatur? Fateor. Poenitet te hoc? Hales voluntatem emendandi, si spatium haberes ? ... Credis, te non posse nisi per mortem Jesu Christi salvar i ? ... Age ergo, dum su- perest in te anima; in hac sola morte (Christi) totam fiduciam tuam constitue, in nulla alia re fiduciam habeas ecc. Migne, Patr. l.y t. 158,685. Cfr. A.Franz, Das Rituale von St. Florian aus dem 12. Jahrh. (1904), p. 199. 110 Se alcuno vorr contestare il passo: Ora io non sono ubbriaco , lo faccia pure, io non m'oppongo. Con ci egli non terger da Lutero questo lato debole. 128, n. 1. La data 1527 si riferisce, come nell'edizione di Weimar, all' edizione, non all'anno in cui fu composta (1523). V. Weim. XIV, 250 ss. Cos in altri casi. 128, 1, 15. Questi due ultimi deve riferirsi a Melantone ed Eberardo. 245. Cfr. H. Ermisch, Ursula v. Mnsterberg nel Neues Archiv fr sachs. Gesch., vol. 3 (1882), 290-333. 265 n. 2,1.3. Invece di da tutti leggi anzi tutto . 269. Ci furono in vero alcuni che applicarono il Mundamini etc. anche all'astensione dal matrimonio. 428. Circa la santit monastica in senso di pregare, digiunare, lavorare, macerarsi, dormire duro ecc. v. anche il detto di Lutero nel 1551 a p. 126. 429. Con quel dottore antico da confrontarsi il mistico nelle prediche di Taulero, ediz. di Francoforte, I, 90.

SPIEGAZIONE DI ALCUNE ABBREVIAZIONI Lettera ai Romani o commentario sulla Lettera ai Romani significa Commentarius D. M. Lutheri in epistulam Pauli ai Romanos ex autographo descriptus nel Cod. Palat. lat. 1826 della Vaticana. Quest'importante commentario del 1515-1516 e, come ripetutamente si annunziato, verr pubblicato nell'edizione weimariana dal professore di Strasburgo Ficker, che per primo ha richiamato l'attenzione su esso. Il Cod. Palat. lat. 1825 contiene il commentario di Lutero sulla lettera agli Ebrei del 1517, come pure sulla prima lettera di S. Giovanni ecc.: nel testo sempre indicato il contenuto. Weim. significa l'edizione di Weimar che vuol essere edizione critica completa delle opere di Lutero (1883-1903). Con interruzioni ar- riva fino al 1529. Finora uscirono i voll. 1-9, 11-16, 19, 20, 23-25, 27, 28. Erl. significa l'edizione di Erlangen delle opere tedesche, che abbracciano 67 volumi. Cito i voll. 1-15 nella 2 edizione. Qualora ci avvenga in via d'eccezione per altri volumi, lo noto sempre. Si computano in parte come pertinenti all'edizione di Erlangen anche 28 volumetti di Opera exegetica latina, il Commentarius in ep. ad Galalas ed. Irmischer (3 volumetti) e 7 volumetti di Opera varii argument. De Wette = D.r Martin Luthers Briefe, Sendschreibtn und Bedenken mit Supplement von Seidemann, 6 voll. (1825-1856). Enders = D.r Martin Luthers Brieftvechsel in der Erlangen-Frankfurt- Calwer Ausgabe (1884-1903), finora 10 voll., che arrivano sino al 17 luglio 1536, cos che pegli anni seguenti va usato il De Wette, che solo contiene anche le lettere in tedesco. I titoli delle altre opere sono sempre dati all'occasione che se ne presenta.

INTRODUZIONE Da anni insieme ai miei lavori sull' Universit di Parigi e la desolazione delle chiese e monasteri di Francia durante la guerra dei cent'anni fu una delle mie ulteriori occupazioni quella di seguire l'indagine del materiale documentario per uno studio intorno alLa decadenza del clero secolare e regolare nel secolo xv. Come in tutte le mie investigazioni fatte sinora, cos anche in questa, nulla pi di Lutero e del Luteranesimo era lungi dal mio pensiero: scevro di pregiudizi io mi interessavo esclusivamente dello studio delle due direzioni, che si appalesano, almeno in Francia e in Germania, dal secolo xiv in poi, quella della decadenza e ruina presso una gran parte del clero secolare e regolare e la corrente di rinnovamento e riscossa morale presso l'altra parte. La mia attenzione era rivolta di preferenza alia prima. Per tal guisa io non feci che riprendere le ricerche, poscia interrotte, da me dedicate un 25 anni fa alla riforma dell' Ordine domenicano nel secolo xv. Quanto pi procedevo seguendo nel suo corso la corrente della decadenza, tanto pi mi sentivo sorgere la domanda, dove propriamente stia il suo carattere ed in che dapprima essa si manifesti. La risposta non era difficile dopoch furono trovati gli elementi comuni ad ambedue le direzioni. L'una e l'altra corrente, della decadenza e del rinnovamento, procedono dalla nostra natura, cio dalla parte nostra inferiore e dalla superiore, di cui san Paolo nella lettera ai Romani descrisse gi la reciproca lotta, poich questa guerra infuria come in ogni individuo, cos in tutta l'umanit. La caratteristica della decadenza era: abbandonarsi ai propri capricci, lorrore per ogni sforzo e la confessione di io non posso resistere. La legge veniva sentita come /1/ peso e barriera, ma anzitutto sembr affatto ineseguibile il precetto non concupisces e si agiva in conformit. Questi principi pi che formulad come dottrina furono espressi nella pratica. Chi apparteneva a questa corrente secondava senza opporre resistenza la sua natura corrotta specialmente in proposito del precetto surricordato, non ostante i voti pronunciati, non ostante la fedelt giurata a Dio ed alla sua Chiesa. Ci per non interveniva come per parola d'ordine, non per sprezzo della dottrina di Cristo e della Chiesa o sulla base di una teora, come presso i liberi pensatori, ma per debolezza, in conseguenza del non aver scansato l'occasione, per mancanza di cristianesimo pratico, in forza di un' abitudine diventata seconda natura. Parecchi si rialzavano, ma bene spesso ricadevano. In questa corrente erano quasi senza significara le parole vittoria di s stesso, dominio e disciplina di s medesimo. Nel secolo xv, come di gi anche prima, si trovano qua e l ora maggiori ora minori corporazioni ecclesiastiche, la maggior parte di parecchie diocesi, inclusivi non di rado i loro pastori, che presentano i suindicati contrassegni.19 Impersonano l'altra direzione, che corrisponde alia parte superiore dell'uomo, quelle schiere del clero secolare e regolare le quali, soddisfacendo alla loro vocazione e vivendo nellimitazione di Cristo, sospiravano una riforma della cristianit, e mediante la parola, gli scritti e l'esempio cercavano, talora con tutta l'energia, di arrestare la ruina. E si ebbe anche buona riuscita qua e l, ma non in generale: la fiumana invece, alia quale essi opponevano resistenza, continu tranquilamente il suo corso, anzi s'allarg ancora pi, cos che pi di una volta io mi domandai: pu il male andare pi avanti ? Ove n' la fine ? Dovetti per convenire che nella forma con cui la decadenza si presentava ai miei occhi, non ne era ancora stato raggiunto lapice e che poteva scendersi anche pi basso. Solo quando s' fatto getto di tutto, /3/ quando rotta ogni diga ed ogni ritegno, e, dopo aver ridotta al silenzio la coscienza, il male non viene pi riconosciuto come tale, ma invece esaltato come fosse il bene, allora siamo al termine ultimo dellevoluzione, allora recisa ogni speranza di rinnovamento e riforma. Ma ci realmente non s'era ancora verificato, almeno nel secolo xv, poich nella loro malvagit il prete ed il religioso esteriormente rimanevano tuttora uniti alla loro autorit ecclesiastica, non trattandosi di una rottura con essa in linea di principi. Che se la Francia a varie riprese, ed anche nel secolo xvi, si sollev contro il papa romano, ci avvenne meno per liberarsi dalla suprema autorit
19

Se n'attenda una minuta esposizione al suo giusto posto nel II volume di quest'opera. Relativamente alle diocesi renane nella prima met del secolo xrv cfr. ora Sacjkrland, Urhunden un Regesten zur Gescbichte der Rheinlande aus dem Vat. Archiv (Bonn 1902), I, p. xvi-xix. V. anche Landmann, Das Predigtwesen in Westfalen in der letzten Zeit des Mittelalters (1900), p. 195 ss.

ecclesiastica, che per riuscire a rinvenirla. Del resto la mia investigazione non s'occupava della poltica dei vari Stati. Poteva il prete e religioso malvagio di quel periodo tralasciare la celebrazione della santa messa o celebrare spensieratamente o indegnamente, egli tuttavia non rigettava la messa, n ci gli veniva nemmanco in mente per quanto ne potesse abusare. Se non recitava il breviario, per lo pi aveva la coscienza di peccare gravemente contro uno stretto dovere. Teneva egli una o pi concubine, che insieme ai loro figli contemplava nei suoi testamenti o per altre vie; ma ben di spesso svegliavansi in lui dei rimorsi di coscienza sapendo egli che il voto giurato a Dio non un inganno diabolico, mentre invece un sacrilegio la violazione che se ne faccia. Di non pochi si legge che si riscossero e si sciolsero dai legami; ben pi spesso pero l'occasione prossima li f ricadere. Nel mio interno, scrive uno di questi preti infelici al fratello monaco, regna continua guerra. Spesso propongo ravvedermi, ma ritornando a casa e venendomi incontro la donna ed i figli, allora l'amore per essi avvampa pi forte che quello di Dio e mi riesce impossibile vincermi .20 Tuttavia un miglioramento non era assolutamente escluso, poich ove sono rimorsi di coscienza ivi c' sempre speranza. Se un tale uomo si confessava in simile stato, certamente la confessione non gli giovava qualora non si fosse seriamente deciso /4/ a fuggire l'occasione ed a sciogliere i legami peccaminosi: sapeva per che egli solo era il colpevole e non lanciava sassi sulla confessione stessa. Esso non considerava il suo stato siccome un modo di onorare Dio ma bens siccome una vita di peccato avanti a Dio ed agli uomini. Faceva poche opere buone od anche nessuna, ma non per principio o quasi fossero inutili per la salute eterna, bens per debolezza, abitudine e noncuranza: la vera e propria ragione era sempre la sua natura corrotta lasciata libera da ogni freno. Peggio ancora di tutto questo era il cattivo esempio, la caccia ai benefizi e la trascuratezza relativamente alla cura delle anime ed all'istruzione. Questa condizione, sebbene tutt'altro che edificante, non era del resto il colmo del male, poich non era morta ad ogni speranza. N manco allora fu creduta tale: a che infatti gridavano tutti alla riforma, coloro benanco che erano malvagi fra il clero secolare e regolare, se non avessero ritenuta possibile una riforma?21 Ed in realt le congregazioni religiose sorte di nuovo, come pure membri degli ordini antichi e qualche vescovo a partire dai primi decenni del secolo xv salvarono dalla corrente ruinosa e rimisero in buon ordine con Dio e colla loro coscienza parecchi di questi caduti, anzi delle intere comunit. Con ci per non s'era fermata la fiumana, poich, come gi si disse, ci che perdeva in un sito, essa lo guadagnava in un altro. Questa l'immagine che ne abbiamo alla fine del secolo xv ed all inizio del secolo xvi. Le satire degli umanisti italiani e tedeschi sul clero degenerato del loro tempo facevano piu male che bene, n contribuvano in minima parte alla riforma poich gli autori stessi, e per la maggior parte ancor pi degli altri, erano quanto alla condotta nella corrente della rovina morale. Diversamente invece si comportarono degli umanisti francesi come Guy Jouveneaux, Charles Fernand, Giovanni Raulin, che non meno dei precedenti lamentarono il decadimento e scrissero contro di esso, ma non di rado scelsero una nuova carriera, la vita religiosa, e rinnovando in essa s stessi, influirono sopra i loro confratelli e contemporanei. /5/ Nei due primi decenni del secolo xvi le cose erano ridotte a si mal partito in Germania che nel libro Onus ecclesiaecorrente sotto il nome di Bertoldo di Chiemsee si legge questo lamento: tutta la nostra inclinazione tende alla vanit: cosa malvagia venga in mente ad alcuno che questi ardisce commetterla impunemente .22 L'autore deplora che la chiesa sia deturpata nei suoi membri e che clero e popolo siano perversi in Germania temendone un castigo divino.23 Con ci egli senza dubbio non ha detto che tutti fossero cattivi. Altri osservatori dell' poca, come Geiler von Kaisersberg 24 e
20

Nel Cod. lat. mon. 3332, fol.I presso Riezler, Geschichte Bayerns, III. 844. Trovasi nel prologo del Lavacrum conscientiae che alle stampe. 21 Cfr. Joh. Nider, De reformatione religiosorum lber, Parisiis, Jean Petit, 1512, II, 9, fol. 53. 22 Onus ecclesiae, c. 40, n. 2: Tota nostra inclinatlo ai vanitatem tendit; quidquid mali unicuique in mentem venerit, hoc impune perpetrare audet. 23 Ibid. n. 1 e 3. 24 Cfr. L. Dacheux, Un rformateur catholique a la fin du xve sicle, 'Jean Geiler de Kaisersberg, 1876, p. 141 s.

Wimpfeling25 trovano in Germania, come gi Gersone in Francia al principio del secolo xv,26 insieme al molto male da essi coraggiosamente messo a nudo, non poche eccezioni in singole diocesi presso il clero ed il popolo.27 E proprio anche nel momento peggiore da testimoni oculari imparziali si accenn al bene di fatto esistente.28 Ma la corrente del male era forte e di essa si parla nel libro or ora citato. Quelli del clero che la seguivano non avevano pi per molti rispetti coscienza alcuna del loro stato, dei loro doveri, della loro missione, difettavano assolutamente di ascetica e di di-/6/ sciplina morale, per dirla in breve, dello spirito interiore e davano ragione di temere il peggio. Nei 1516, un anno e mezzo prima della controversia per le indulgenze, quindi in un'epoca in cui egli era totalmente alieno dal pensiero di staccarsi dalla Chiesa, Lutero, indubbiamente generalizzando ed esagerando in virt del suo pessimismo, scriveva a proposito dei preti e regolari di Germania: Se ad ognuno venisse tolto l'obbligo e si lasciasse in suo arbitrio di osservare i digiuni, di recitare le preghiere, di eseguire i doveri ecclesiastici ed il culto divino, se tutto ci fosse lasciato alla sua coscienza e soltanto l'amore di Dio dovesse essere il motivo di tutto il suo operare, io credo che entro un anno tutte le chiese ed altari sarebbero perfettamente vuoti. Se uscisse un decreto, per cui nessun prete, salvo chi vuole liberamente, debba essere senza donna e con tonsura ed in abito ecclesiastico, per cui nessuno sia obbligato alle ore canoniche, quanti credi tu che ne troveresti i quali sceglierebbero quel modo di vita in cui ora si trovano? Essi si trovano in ufficio forzati e cercano la loro liberta quando la desidera la loro carne. Temo che oggidi tutti andremo in malora .29 Solo quattro in cinque anni piu tardi questo detto si avver per una gran parte di questi preti. Infatti a partire dal principio del terzo decennio del secolo xvi la corrente della decadenza cominci, almeno in Germania, a dividersi in due rami: uno di essi porta tuttora intiero il carattere della societ decadente del secolo xv; l'altro molto pi forte, somiglia pi ad una cloaca, ad una palude che non a una fiumana, e presenta una fisonomia nuova, caratteristica tutta sua. Da quel momento incontriamo ad ogni passo schiere di monaci scappati, di preti apostati, i quali come dietro ad una parola d'ordine hanno fatto getto di quanto fino allora era sacro pel cristiano e per essi, hanno mancato alla fedelt giurata a Dio ed alia sua Chiesa, hanno abbandonato monasteri, chiese ed altari, i quali a gara mettono in dispregio santa madre Chiesa, la messa, il breviario, il confessionale, i digiuni, in breve qualunque istituzione ecclesiastica; con prediche, satire /7/ e libelli pongono in ridicolo i monaci e preti rimasti fedeli e li assalgono nella strada ed anche in chiesa, con discorsi e scritti svillaneggiano il Papa come anticristo, i vescovi ed i ministri della chiesa come servi del diavolo. Per essi i voti solennemente pronunciati avanti a Dio sono un rinnegamento di Cristo, un inganno diabolico, contrari al Vangelo e quindi da essi vengono diffamati come apostati anche i religiosi rimasti fedeli a Dio.30 Il concubinato dei preti e dei religiosi presso di loro non qualificato come concubinato, ma bensi lodato come matrimonio valido davanti a Dio poich la natura vuole che vivano assieme uomo e donna. Matrimonio dei preti, matrimonio dei monaci fu la parola magica usata per potere continuare il concubinato inviso a tutti, specialmente al popolo. Matrimonio suona meglio che concubinato e perci stava loro molto a cuore non apportasse mai scandalo o pericolo, bensi fosse encomiabile ed onorato agli occhi del mondo .31 Loro massima suprema era: non pu resistersi agli appetiti della natura, bisogna soddisfarli. Non pi soltanto praticamente si fa tutto ci che presso i
25

Diatriba Iacobi Wimphelingii Seletstatini, Hagenhaw 1514, c.11,fol. 9b; Riegger, Amoenitates litterariae,. Friburg., 1775, p. 280 s.; 364. 26 Opp. Gerson., Antwerpiae 1706, II, 632, 634. 27 Un quadro complessivo del bene e del male alla fine del medio evo dato da L. Pastor nella Geschichte des deutschen Volkes dello Jansen I, ed. 17a e 18a (1897), p. 674-754. 28 Cos, p. es., il grave agostiniano Bartolomeo d' Usingen in Erfurt contro le calunnie dei predicanti richiam l'attenzione sopra i molti buoni preti secolari e numerose persone regolari che allora ivi vivevano: Ecce quot sunt honesti viri sacerdotes per ambo huius oppidi collegia ecclesiastica, quot denique per parochias et coenobia, quos nebulones isti pessimi pessime diffamant, nugacissime conspurcant. Taceo virgines vestales, quas moniales vocamus, quae omnes virulentiae et petulantiae censuraeque linguarum istorum subjici cernuntur . Libellus F. Barthol. de Usingen, De mrito bonorum operum. Erphurdie 1525, fol. Jb. Cfr. Paulus, Der Augustiner Barthol. v. Usingen, p. 58. 29 Lettera ai Romani, fol. 276 b 30 Weim. VIII, 604. 31 Weim. XII, 242.

concubinari avveniva nel secolo precedente, o come nell' altro gruppo, ma viene esposto in prediche e convertito in massima. Scandalo di qua, scandalo di l , si dice ora, la necessit non ha legge e non fa scandalo .32 Mediante il voto della castit si rinnega di esser uomo , cos ognuno di essi viene esortato ad infrangere i sacri voti; su, coraggiosamente avanti, tenendo dinanzi agli occhi Dio nella fede retta e rivolgendo le spalle al mondo col suo chiasso, scalpitio e strepito, nulla udire n vedere se sprofondino dietro noi Sodoma e Gomorra o dove rimangano .33 Sodoma non sono essi, ma coloro che si scandalizzano della loro trasgressione di voto. Anzi in modo blasfemo sono applicate alla rottura del voto di castit le parole dell'apostolo:34 non ricevere in vano la grazia, poich sta scritto: io t' h o esaudito35 nel tempo /8/ accetto e t'ho aiutato nel giorno della salute. Ecco, ora il tempo accetto, il giorno di salute.36 Si tratta di brevissima ora di vergogna, verranno poi begli anni gloriosi. Cristo dia la sua grazia affinch queste parole pel suo Spirito diventino vive ed attive nel tuo cuore ,37 cio eccitino le persone in questione a rompere il voto. Sono questi stimoli e dottrine non gi di un concubinario dell'antica direzione (che, non ostante 1'operare suo malvagio, non giunse si avanti), ma esalano piuttosto lo spirito dei liberi pensatori, che tali preti e monaci profondamente depravati del terzo decennio del xvi secolo s'erano appropriato. Per tal gente il fatto compiuto valeva come dispensa da tutti i voti e da tutte le promesse avanti a Dio. Si trova pi di un parroco pio , cos sentesi dire di mezzo a tale societ,38 al quale non pu farsi alcun rimprovero fuorch gli fragile e s' disonorato con una donna. Pero questi due nel fondo del loro cuore nutrono la disposizione che volentieri vorrebbero rimanere sempre insieme in legittima fedelt matrimoniale se potessero farlo con buona coscienza, sebbene debbano portare pubblicamente il disonore. Questi due davanti a Dio sono certamente coniugati. Acquietata la loro coscienza, allora il parroco la pigli come donna legittima, la tenga presso di s e viva poi come uomo onorato, voglia il papa o no, sia ci contro la legge dell'autorit sia spirituale sia temporale. Tostoch uno ha iniziato lo stato matrimoniale contro la legge del papa, per la legge e bell' fatta e non vale pi: poich il comandamento di Dio che prescrive non potere alcuno separare l'uomo e la donna la prevale di molto sulla legge del papa. Cristo ci ha fatti liberi da tutte le leggi quando sono contrarie al precetto divino. Questa la filosofa della carne, che non bada a sofismi. Completa emancipazione della carne il motto di questo nuovo gruppo di uomini. Siamo arrivati all' pice della mal-/9/ vagit della parte decadente nel clero, malvagit la quale dal secolo xv si scaric come un fiume nel xvi con quella pienezza che rappresentata dal braccio di questo fiume diventato palude. Di fatto pu forse arrivarsi pi in l di quel frate mendicante, il quale all' inizio del terzo decennio del secolo xvi disse dal pulpito: quanto poco in mio potere che io non sia di sesso maschile, cos poco in mio potere che mi stia senza donna ?39 Il medesimo monaco aveva per l' addietro solennemente pronunciato il voto di continenza: ma, cos prosegue egli nella sua predica,40 nessun voto di monaco vale davanti a Dio: preti, monaci, monache invece sono obbligati a lasciare i loro voti quando sentono d'essere capaci di fecondare e moltiplicare le creature di Dio. Ed allora essi, egli dice ripetutamente, passano dallo stato dell'impudicizia a quello della castit. Quindi a dispetto del voto veniva considerato come cosa gradita a Dio l'accompagnamento dei preti e monaci con donna. Poteva darsi cosa pi scandalosa? Oh! con quale vantaggio si distingue da questi preti e regolari quel concubinario del secolo xv, cui noi qui sopra udimmo deplorare di preferire l'amore delle creature a
32 33

Weim. XI, 400. Weim. XII, 243 s. 34 2 Cor. 6, 1, 2. 35 Is. 49, 2. (?) 36 Weim. XII, 244. 37 De Wette, II, 640. Quel medesimo, che scrisse questa cosa, pochi anni prima diceva con disprezzo: Nebulones proverbio dicunt: es ist utrib eine bose sund tun (si tratta di una sola ora brutta!). Weim. VI, 120, 2, ad an. 1520. 38 Weim. VI, 442 s. 39 Erl. 20, 58. 40 Ibid. p. 59.

quello di Dio! Ora per accontentare gl' istinti sensuali si esalta come amore di Dio precisamente la lesione della fe-delt giurata a Dio! Noi vediamo una moltitudine di religiosi rigettare ogni freno ed ogni briglia, la loro parola d'ordine illimitata libert. Da nulla erano pi alieni che dalla mortificazione. Essi , scrive WERSTEMIO, incaricano le donne di raffrenare la loro carne e la febbre del peccato .41 Ad essi il voto di castit non solo sembrava insopportabile, ma anzi un inganno del diavolo. Chi giura castit fa come chi giurasse adulterio od altre cose proibite da Dio 42 si diceva. Il corpo /10/ reclama la donna e n'ha bisogno .43 La castit non in nostro potere. Tutti sono fatti pe matrimonio, Dio non per- mette che uno stia solo.44 Anzi nel loro catechismo pei fanciulli ed i semplici mettono: col sesto comandamento viene condannato il voto di castit extramatrimoniale e si d liberta, anzi si fa precetto a tutte le povere coscienze prigioniere, che furono ingannate dai loro voti claustrali, di entrare nella vita matrimoniale dallo stato di impudicizia (cos chiamavano la professione religiosa).453 Quindi coraggio, e si esca fuori dal vizioso ed anticristiano stato passando nel beato del matrimonio e Dio si far trovare benigno .46 Ma come arrivarono essi a cosi orribili dottrine? Ma non sempre avranno insegnato cos? Certo che no. Pero chi aveva gi appartenuto alla corrente pratica della decadenza - e da essa veniva il gruppo principale della nuova direzione ed intuizione del mondo - costui aveva dietro di s un buon noviziato: bastava un salto maggiore o minore per raggiungere la nuova ramificazione ed entrare nel totale impaludamento morale. Coloro che appartengono a questa masnada , scriveva nel 1524 il valoroso francescano Agostino di Alfeld, sono pieni sera e mattina e poco temperanti nelle ore intermedie e si rotolano come porci nell'impurit. Ouelli che sono stati della stessa risma anche fra noi, adesso, grazie a Dio, sono usciti quasi tutti dai capitoli e conventi.47 Il cisterciense Wolfango Mayer scriveva poco dopo: Dio ha mondato la sua aia e separato la loppa dal grano .48 Per lantico concubinario come pel nuovo la massima direttiva della vita la medesima: la concupiscenza invincibile, non pu resistersi alla natura e per ci lantico concubinario trovavasi bentosto come a casa sua nella nuova societ. Per far getto di tutto non doveva fare alcun sforzo poich non costava fatica labbandonarsi fin dove arriva il regno della natura corrotta. Ci aveva gi formato per parecchi lultimo desiderio, mentre parecchi ave-/11/ vano atteso soltanto una favorevole occasione, dei precursori e degli esempi, che ora avevano a iosa davanti agli occhi. Per in quel braccio impaludato dell'incallimento nel vizio e del cristianesimo degenerato si scoprirono tuttavia elementi - ecco il secondo gruppo - che per l'addietro erano stati messi in movimento colla corrente della riforma. Che ne di loro ? Come entrarono essi nella corrente contraria, precisamente nel braccio pi diametralmente opposto alla riforma ? Avvenne ci che suole avvenire: dapprima trascuratezza, specialmente in occasioni pericolose, poi finalmente caddero, ed insieme abbandonarono pian piano il cristianesimo pratico, trasandarono il commercio con Dio: la preghiera, sia l'ecclesiastica, sia la privata - di meditazione non era neanco il caso di parlare - come la confessione divent per essi una tortura e cos, mancando di ogni energia ed appoggio, sprofondarono, per usare una frase di Taulero, nella parte pi bassa, n pi ebbero alcun sostegno contro le altre tentazioni che allora impetuosamente vennero ad assalirli e contro i dubbi in fatto di fede, che s'affollavano in una condizione d'animo si desolata. Lutero stesso fin dal 1515 ammonendoli, lo aveva loro presagito colle seguenti parole: Se un giovane non ha divozione e fervore verso Dio, ma si abbandona liberamente, senza curarsi di Dio, a pena credo che sia casto.
41

Joannis Werstemii Dalemensis... De Purgatorio et aliis quibusdam axiomatis Disputatio longe elegantissima. Coloniae 1528, fol Diijb: Isti ut rectius expeditiusque serviant Evangelio, ut toti sint in spiritu, carnem suam domandam committunt mulierculis . 42 Weim. XII, 242. 43 De Wette II, 639. 44 De Wette II, 637 s. 45 Erl. 2t, 71 46 De Wette II, 675. 47 Lemmexs, Valer Augustin voti Alfeld. Freiburg 1899, p. 72. 48 Votorum monast. Tutor nel Cod. I. Mon. 2886, fol. 35 b.

Poich essendo necessario che viva o la carne o lo spirito, pure necessario che arda o la carne o lo spirito. E non si da vittoria pi sicura sulla carne della fuga ed avversione del cuore rivolgendosi devotamente a Dio. Giacch, se arde lo spirito, immediatamente si rattiepidisce e raffredda la carne e viceversa a.49 Regola aurea, degna d'un santo padre, voce questa che risuonava dalla opposta corrente del rinnovamento, ma che non fu pi intesa dai preti e monaci viziosi. Se si rammentava ad essi che avevano pur potuto contenersi per 10, per 15 anni ed anche pi a lungo, e che /12/ pertanto era loro colpa se al presente sentivano la castit come qualche cosa di impossibile50 e come dovessero ridarsi a quella forza immensa che la preghera, e supplicare la grazia da Dio, mettevansi a ridere dicendo: Pulchre! ma bello! E se Iddio non vuole essere pregato di queste cose? O se pregato non ascolta?51 Anzi si davano una grave aria morale sbrigandosi dell invito loro fatto alla preghiera col dire: ma questo scherzare in fatto di cose si serie! 52 Per, onde usare un detto di Lutero,53 vi si riconosce il birbante che non pu nascondere la sua ribalderia. Nessuna meraviglia quindi che loro desse tanto da fare l'ardore della concupiscenza causato dalla mancanza di rapporto con Dio. Io , cos chi parla per essi, io brucio della volutt carnale, mentre dovrei ardere nel mio spirito. Ardo della grande fiamma della mia indmita carne e me ne vivo ozioso ed infingardo, trascurando la preghiera .54 Naturalmente alcun tempo dopo udiamo da lui un'ancor pi turpe confessione, che non vogliamo riprodurre.55 Quelli fra i contemporanei che avevano vista acuta, compresero perfettamente lo stato delle cose d'allora: Quanti Vostra Dilezione ha trovato di monaci e monache usciti pi di convento , scrive un principe ad un altro, che non siano ordinariamente diventati donnacce pubbliche e bricconi?56 Tali arnesi consideravano lardore della concupiscenza proprio come un avviso di Dio, quasi che per esso Iddio li chiamasse al matrimonio57 mentre, dimentichi del solenne giuramento fatto /13/ a Dio, essi poi abusavano della sentenza di san Paolo: meglio ammogliarsi che ardere.58 Puranche nel marzo 1520 risuon al loro orecchio la voce di Lutero che dichiarava: la pi valida difesa la preghiera e la parola del Signore, che cio l'uomo, allorch si muove la rea volutt, ricorra alla preghiera, impetri la grazia e l'aiuto di Dio, legga e mediti il Vangelo, considerandovi la passione di Cristo .59 Relativamente a quest'ultimo punto nel 1519 cos scriveva: Se ti assale impurit e lussuria pensa quanto amaramente fu flagellata, trafitta e trapassata la delicata carne di Cristo .60 Ma quei preti e religiosi completamente degenerati erano di gi scesi troppo in basso perch potessero fare loro impressione tali consigli come nel secolo xv, per esempio, Giovanni Busch colle sue esortazioni alia preghiera assidua ed al raccoglimento interno aveva convertito non pochi concu49

Lettera ai Romani, fol. 93: Quaecumque persona iuvenis non habet devotionem et igniculum ad Deum, sed libere incedit, sine cura Dei, vix credo, quod sit casta. Quia cum sit necesse carnem aut spiritum vivere, necesse est etiam aut carnem aut spiritum ardere. Et nulla est potior victoria carnalis, quam fuga et aversio cordis per devotionem eorum. Quia fervescente spiritu mox tepescit et frigescit caro et econtra . 50 Cosi, per es., Bartol. d' Usingen al suo confratello apostata Giovanni Lang, insieme al quale aveva vissuto nel medesimo monastero : Sed quaero a te, si tibi possibilis fuit continentia carnis ad quindecim annos in monasterio, cur jam tibi impossibilis sit facta nisi tua culpa? Defalsis prophetis. .. Erphurdie 1525, fol. H. 51 Weim. VIII, 6-1. 52 Weim. VIII, 631: iste est modas ludendi in rebus tam seriis . 53 Erl. 43, 335. 54 Enders III, 189 55 Ibid. V, 222 56 Lettera del duca Giorgio di Sassonia al landgravio di Assia, Fi- lippo, dell'n marzo 1525 fra le leltere di Giorgio nella Zeitschr. f. hist. Theol., 1849, p. 175. 57 Der Briefwechsel des Justus Jomas, ed. Kawerau ; nel novembre 1521 questo prete e professore scrive a Giov. Lang I, 77: Dici nequit, quam me hic exagitet tentatio carnis. Nescio an Dominus vocet ad ducendam uxorem. Hactenus quid carnis ignes sint, nescivi, ut in aurem tibi dicam, nam serio cupio ut pro me ardentissime ores. . . Dominus servabit, spero, quod in me peccatore misrrimo plantavit... concerpe litteras et perde . Un paio di settimane pi tardi, dopo d'avere accennato che parecchi preti avevano preso moglie, scrive al medesimo: Quid mihi faciendum putas? - quod tamen mi frater celabis - diaboli casses et catenas, quibus nos in secretis cubiculis, nocturnis illusionibus, cogitationibus spurcissimis captivos et saucios duxit, perrumpere et tum in aliis tum forsan etiam in me ostendere, quam cupiam extinctam diabolicam hypocrisim? Tu ora Dominum, ut det sacerdotibus uxores christianas . I, 83.. 58 1 Cor. 7, 9. 59 Weim. VI, 209. 60 Weim. II, 141

binari. Ma tuttavia fu molto pi fecondo nel secolo xvi il movimento di riforma nell'altro ramo di preti cattivi che non era giunto fino al volontario indurimento poich fin non gi nellimpaludamento, ma nel rinnovamento dello spirito, che, iniziato dal concilio di Trento, continuato da nuove congregazioni, fu effettuato in innumerevoli soggetti. Certamente non in tutti, poich insieme ai buoni ci furono sempre nella Chiesa dei cattivi, anzi di frequente dei molto cattivi (come ce ne saranno fino alla fine) i quali in nulla la cedevano ai concubinari dello stampo antico e per vario rispetto anche ai nuovi.61 /14/ Ma ci avveniva non in conseguenza dell' insegnamento dei loro corifei, come era per questi ultimi, bensi in contrasto colla loro fede. Nella nuova societ, in una lettera ad un arcivescovo per indurlo al matrimonio, il pi tristo arriv persino a parole, sulle quali anche il pessimo uomo del secolo xv avrebbe crollato il capo: terribile cosa se un uomo dovesse venire trovato in morte senza moglie; almeno che sia seriamente intenzionato e disposto ad ammogliarsi. Di fatto che cosa risponder quando Dio gli chieder: io t'ho fatto uomo, che non deve essere solo, ma avere una donna, dov' la tua donna ?62 Ecco, come ti inganna e ti raggira il diavolo, che ti insegna tale cosa si insulsa! 63 gli avrebbe certamente risposto un concubinario. Del resto se pel passato s'era parlato soltanto di battesimo di desiderio, ora entra in scena anche il matrimonio di desiderio. E ci con piena lgica, giacch la sentenza della sacra Scrittura: il mio giusto vive di fede64 presso quella scuola aveva evidentemente in pratica il senso recondito: il mio giusto vive con una donna perch Dio vuole non la si abbia fuori del matrimonio . Ove Dio non faccia miracoli, per necessit l'uomo deve attaccarsi alla donna e la donna all'uomo.65 Andarono si avanti che quegli elementi della societ - formano essi il terzo gruppo - i quali, tratti in inganno dall'illusione che il loro capo effettuerebbe la riforma da si lungo tempo attesa e l'abolizione degli abusi, si lasciarono sulle prime trascinare dalla corrente, vennero poi a poco a poco nell'idea di trovarsi in una Sodoma e perci in gran parte voltarono le spalle al movimento o per ritrovare la madre Chiesa o per battere una loro strada particolare. Ma altri - ed la quarta categora - i razionalisti e liberi pensatori, laici per lo pi, non ostante le accennate brutte esperienze, /15/ perseverarono perch pur di essere staccati dalla Chiesa chiudevano pi o meno un occhio su tutto. Da essi anzi ebbe origine la professione di fede di questa societ. Ci nondimeno quei monaci scappati e preti apostati, che in s ed altri annientarono onest, pudore ed onoratezza, avevano il coraggio di mettersi fuori come predicatori di morale, anzi di dichiararsi per gli evangelici e di coprire la loro propria vergogna mediante maligna esagerazione delle tristi condizioni in cui versava la Chiesa. Parecchi anni prima Lutero stesso aveva detto: Gli eretici non ponno apparire belli se non foggiano la Chiesa come cattiva, falsa e bugiarda. Essi vogliono essere reputati i soli buoni, mentre la Chiesa deve comparire cattiva in tutto.66 Fin dal suo tempo diceva SantAgostino:67 chiudono gli occhi verso il bene ed esagerano soltanto il male che vi o vi pare . Ed insieme, come anche altre volte, presero un certo brutto tono "mai udito pel pasato, neppure nel periodo pi selvaggio dello scisma, e che forse era usuale soltanto nella feccia pi bassa del popolo. Anche della parola fecero una cloaca. Voglio risparmiarne degli esempi ai lettori dal momento che nel corso dell'opera si offre largamente l'occasione di parlarne. Aveva proprio ragione Lutero quando chiudeva colle seguenti parole il suo giudizio intorno ai preti e monaci malvagi del suo tempo: Temo che andremo tutti in malora . Sapeva egli dove miravano i loro desiderj, temeva a ragione che la corrente della decadenza o la maggior parte di essa dovesse
61

Richiamo di proposito l'attenzione sull'articolo di A. Kluckhohn, Urkundlicbe Beitrage zur Geschichte der kirchlichen Zustnde, insbesondere des sittlichen Lebens der katbolischen Geistlchen in der Diozese Konstanz whrend des 16. Jahrhunderts nella Zeitschrift f. Kirchengesch. XVI, 590 ss. Le conclusioni del Kluckhohn si fondano su pregiudizj. 62 De Wette II, 676. 63 Erl. 25, 371. 64 Rom. 1, 17. 65 Weim. XII, 113 s. 66 Dictata in Psalterium. Weim. III, 445. Cfr. inoltre IV, 363. 67 Enarr. in Ps. 99, n. 12. Parla di coloro che sono nello stato monastico: Qui vituperare volunt, tam invido animo et perverso vituperant, ut claudant oculos adversus bona et sola mala, quae ibi vel sunt vel putantur, exaggerent .

presto o tardi finire in una profonda cloaca ed ora non c'era pi salvezza essendoch giunto nel profondo peccato, l'empio sprezza.68 Che se poi un religioso che pecca per disprezzo, cos insegna san Tommaso, egli diventa allora pessimo e sommamente incorreggibile.69 /16/ Ma che avrebbe detto Lutero se fin dal 1516 avesse visto ci che successe soli pochi anni pi tardi, cio questi preti e religiosi caduti (non contenti di essere diventati essi stessi infedeli a Dio), coll'aiuto di laici, dopo di averle corrotte colle loro scritture furtivamente introdotte, strappare dai conventi le vergini consacrate a Dio e formalmente costringerle alla violazione del voto ed al matrimonio? Li avrebbe rimproverati come barbari pagani e lascivi, poich fino allora di tali cose avevasi notizia soltanto presso i barbari. bensi vero che talora nel secolo xv, come ci narra Nider, dei concubinari decantarono dal pulpito lo stato matrimoniale in confronto della verginit e che impedirono a parecchie giovanette l'ingresso nel monastero, e pi d'una volta era capitato che monache fossero state violate fra le mura claustrali, ma rubarle dai chiostri, talvolta a schiere, era riservato ai concubinari del terzo decennio del secolo xvi. Dai medesimi veniva glorificata come un'azione divina la rottura del voto nelle monache e l'uscita dal convento: di fra di loro che usci fuori lopera intitolata: Motivo per cui le vergini possono abbandonare divinamente i conventi e loro apologa.70 Anzi ammogliandosi volevano precisamente delle vergini intatte e tali essi credevano di trovarle nei chiostri quantunque publicamente ne dicessero tutto il male possibile. Compiuto il misfatto scendevano a cose inaudite, facevano come un mercato delle monache profanate e formalmente le offrivano in vendita. Ce ne sono pervenute nove , cosi scrive un prete apostata ad un altro, sono belle, leggiadre e tutte nobili; fra le quali non ne trovo alcuna cinquantenne. A te, caro fratello, ho destinata come legittima moglie la pi vecchia. Ma se vuoi averne una pi giovane, tu avrai la scelta fra le pi belle!71 Certamente qui siamo al punto culminante della corrente di decadenza e ruina. Si comprende bene che, se per amore del piacere carnale s'era proceduto in tale guisa a riguardo dei voti monastici e si presentava il sacrilegio come opera gradita a Dio, fosse poi tentato l'attacco all'indissolubilit del matrimonio, n ve-/17/nisse pi considerato come peccato o scandalo 1'adulterio. E cos avvenne. Furono talmente spalancate le porte agli adulteri che nel 1525 ci perviene all'orecchio il lamento diretto al corifeo di quella depravata societ: Quando mai s' veduto maggior numero di adulteri se non dacch tu hai scritto: " se una donna non pu esser resa feconda dal marito suo, essa deve andar da un altro e generare figli che dovrebbe nutrire il marito. Ed altrettanto fa alla sua volta luomo".72 Insino uno degli apostati dirigeva ad un suo simile il grido d'allarme: Pel Dio immortale! quale prostituzione ed adulteri ci tocca vedere!73 I nuovi dottrinari andarono fino all'estremo lmite e ci proprio in prediche. Sempre il corifeo in una di esse istruiva i suoi uditori colle seguenti parole: Si danno certamente donne ostinate ed incaponite che se anche dovesse il
68 69

Prov. 18, 3. 2, 2, qu. 186, a. 10, ad 3: Religiosus peccans ex contemptu fit pessimus et mxime incorrigibilis Cfr. S. Bernardus, De praecepto et dispens. c.8 70 Weim. XI, 394 ss. 71 Cos Amsdorf presso Kolde, Analecta Lulherana (1883), p. 442. 72 Lettera di Giorgio duca di Sassonia appo Enders, V, 289 ed in proposito la nota 13, ove citata la fonte della sentenza del corifeo. 73 Billicanus a Urbano Regius, presso Rss, Konvertitenbilder, I, 56. Perfino un Nicol Manuel dov confessare nel 1528 Vil gitigkeit und hurery Gross schand und laster, bebery, Fressen, sufen und gotteslesterung . Tribend jetzund alt und jung. . Ehebruch ist ietzund so gemein Niemants sins wibs gelebt allein. Molta cupidigia e fornicazione, grande scandalo e vizio, bricconeria, mangiare, bere ed empiet spingono al presente giovani e vecchi. ...................................................... L'adulterio ora comunissimo, nessuno gode solo la propria donna . Presso J. Baechtold, Niklaus Manuel (1878) p. 245 (v. 255-262).

marito cadere dieci volte in disonest, non se ne curano affatto. Allora tempo che luomo dica: se tu non vuoi, lo vuole un'altra, non vuole la moglie, venga la fanciulla. Se neppur allora la moglie vuole, allontanala da te e pigliati una Ester lasciando andar Vasti .74 Ci perfettamente logico, poich sotto certe circostanze il matrimonio non esige minore continenza dello stato monastico. Ma il principio epicreo di questa tendenza era che la continenza una pretesa impossibile, che non si pu resistere all'appetito di natura, anzi essere una specie di ribellione all'ordine fissato da Dio la resistenza. Quale meraviglia che colui per l'appunto, il quale ha lanciato nel mondo tutte queste dottrine, dopo pochi anni, allorch fece la rivista /18/ di tutta l sua societ, dovesse confessare: La lussuria non pu venire sanata per nulla, n manco dal matrimonio, poich la maggior parte dei coniugati vive in adulterio .75 Data simile condizione di cose non c'era che un passo alla poligamia. E di fatto alcuni di questi apostoli della carne scesero fino a questo grado permettendosi alle volte, in conformit coi loro principi, due, tre donne: anzi parecchi di questi preti e monaci apostati tennero nello stesso tempo parecchie donne. Il loro corifeo pi tardi doveva annoverare la poligamia fra le pi sublimi e perfette cose della libert cristiana: egli non proibisce che uno pigli pi d'una moglie, poich, dice, non contrario alla sacra Scrittura. Unicamente per evitare scandalo e per convenienza non lo si deve fare.76 Questi apostoli della carne, dopo d' essersi avvoltolati a saziet nel fango della sensualit, apparvero poi ai loro occhi stessi siccome i pi degni della remissione dei peccati, essendoch non ci devono essere gi dei peccati figurati o piccoli, bensi dei grossi. Ma come ottenere remissione? Nella confessione? Oib! Confessione, pentimento, proposito, penitenza dei cattolici non avevano pi significato pei sostenitori di queste idee, per i quali il confessarsi era un martirio ancor pi grave della preghiera. Avevano invece trovato un mezzo molto pi semplice per passare sopra tutto, la fiducia esclu-/19/ siva in Cristo. Non egli una buona novella , insegnava i! loro maestro, se uno pieno di peccati e viene il Vangelo e dice: confida soltanto e credi e tutti i tuoi peccati ti sono rimessi ? Toccato questo registro ed i peccati sono bell'e perdonati, n occorre pi attendere.77 I concubinari del secolo xv non avevano toccato questo registro, n s'era insinuata in essi la sentenza del medesimo uomo: Sii peccatore e pecca fortemente, ma confida ancor pi vigorosamente ed allietati in Cristo, che vincitore del peccato, della morte e del mondo. Non figurarti che questa vita sia labitazione della giustizia: bisogna invece peccare. Ti basti riconoscere l'agnello che porta i peccati del mondo ed allora il peccato non pu staccarti da Lui quando anche commettessi mille fornicazioni al giorno o perpetrassi altrettanti omicidi .78 Se i concubinari del secolo xv avessero udito questo discorso io credo che fin da allora la malvagit avrebbe raggiunto il culmine e non gi avrebbesi dovuto aspettare il secolo xvi. Poich se la religione viene ridotta alla mera fiducia e viene trascurato, anzi proibito il compito etico, le aspirazioni etiche degl' individui, allora non pu aversi altro risultato che la ruina completa di ogni moralit. Ed infatti qual cosa poteva incuorare a peccare fortemente, a perdurare senza scrupoli in concubinato, per sprofondare in fine nell'abisso, pi della dottrina: a che ti sforzi? Tu gi ti trovi fuori della capacit di compiere il precetto: non ccncupisces: Cristo lo ha soddisfatto con tutti gli altri in vece tua. Se hai fiducia in Lui, tutti i tuoi peccati passano in Lui, egli veramente l'agnello, che porta i
74 75

Erl. 20, 72. Il passo scandaloso e perci non lo riproduco tutto in versione. Trovasi nelle Opp. exeg. lat. I, 212, in Genes, c. 3, 7. Nel 1536 il riformatore insegnava: An non sentiemus tndem, quam foeda et horribilis res sit peccatum ? Si quidem sola libido nullo remedio polest curari, ne quidem coniugio, quod divinitus infirmae naturae pro remedio ordinatum est. Maior enim pars coniugatorum vivit in adulteriis et canit de coniuge notum versiculum: nec tecum possum vivere, nec sine te. Haec horribilis turpitudo oritur ex honestissima et praestantissima parte corporis nostri. Praestantissimam appello propter opus generationis, quod praestantissimum est, siquidem conservat speciem. Per peccatum itaque utilissima membra turpissima facta sunt . Oltracci cfr. in c. 5 ad Gal. III, 11, dell'anno 1535 (ed. Irmischer) : Quisqus hic (loquar iam cum piis coniugibus utriusque sexus) diligenter exploret seipsum, tum procul dubio inveniet sibi magis placere formam seu mores alterius uxoris quam suae (et econtra). Concessam mulierem fastidit, negatam amat. Quindi anche i pii ? 76 M. Lenz, Briefwecbsel Landgraf Philipp's des Grossmtigen von Hessen mil Bucer, I, 342 s., nota. V. pi sotto. 77 Erl. 18, 260. 78 Enders III, 208.

peccati del mondo e tu pi non li porti. Cristo diventato il coperchio che cuopre le vergogne di tutti noi.79 La partita gi vinta: Cristo, il vincitore, ha fatto tutto sicch noi nulla abbiamo da fare, n cancellare peccati, n battere il demonio, n superare la morte, perch tutto gi buttato a trra :80 essendoch chi crede, che Cristo ha tolto il peccato, quegli senza /20/ peccato come Cristo .81 La vera piet che vale al cospetto di Dio, consiste nelle opere di altri, non nelle nostre.82 E non questo una vera distruzione della religione e della pi elementare morale, per usare parole di Harnack;83 una religione, che, per servirmi di un'espressione di W. Herrmann, professore a Marburg,84 conduce al mascalzonismo morale, o non piuttosto il mascalzonismo morale in persona ? Chi si meraviglier ora se questi cosidetti dottori e predicatori evangelici facevano passare l'attivit in produrre buone opere siccome santit apparente ed a poco a poco anzi come impedimento all'eterna felicit? Se predicavano: dormire e nulla fare l'opera dei cristiani,85 se deridevano tutti i pii sacerdoti, religiosi e laici e li condannavano anzi solo perch facevano opere buone, questi maestri potevano dirsi ancora mezzi cristiani ?86 No, perch questo avrebbe tuttavia avuto ragione di lode, ed essi erano il rifiuto dell'umanit. Pi di cos non si poteva andare avanti. Ci per che forma la corona di tutto che questi uomini in conclusione si spacciavano per santi, degni di prendere in cielo il posto di san Pietro e di san Paolo. I concubinari del secolo xv ben alieni dal riconoscersi santi erano consci del loro peccato e colpa, cui non spettava davvero il cielo come ricompensa. Invece i loro compagni del secolo xvi, pi audaci, sebbene si professassero, per altri motivi pero, peccatori, insegnavano colla bocca del loro caposcuola:87 Noi siamo tutti santi, e maledetto sia colui, il quale non si dice e glorifica come santo. Questo gloriarsi non orgoglio, ma umilt e riconoscenza. Poich se tu credi a queste parole: salgo al Padre mio e Padre vostro, tu sei altrettanto santo quanto san Pietro e tutti gli altri santi. La ragione che Cristo non mentisce quando dice: ed al vostro padre e Dio ./21/ Ognuno di quei preti e monaci demoralizzati si sentiva incluso in quel vostro. Veramente non sfuggiva ad essi laudacia di questo modo di comprendere la cosa: io mi vi applico tuttora, cos continua la dichiarazione precitata, essendo difficile che un peccatore debba dire: ho un seggio in cielo vicino a san Pietro, ma la conclusione tuttavia questa: ci non ostante noi dobbiamo encomiare e glorificare questa santit. Questa poi l'aurea fraternit .88 In poche parole tutto il concubinato del secolo xv e la continuazione omogenea del medesimo nel secolo xvi con tutti i suoi orrori impallidisce di fronte alla pratica e dottrina dei preti e monaci apostati, i quali si staccarono dall'antica corrente nel terzo decennio del secolo xvi. ERASMO, che pure era tutt' altro che edificato delle condizioni precedenti, cosi scrive: Giace bens a trra il monachismo, ma oh! avessero i monaci colla cocolla smesso anche i vizi!... Mi pare sorga una nuova razza di monaci, molto pi viziosa dei precedenti per quanto questi fossero cattivi. pazzia cambiare il male col male, ma frenesia permutare il male col peggio .89 Ora questo appunto fanno in generale gli eretici a giudizio di LUTERO. Essi barattano il male che nella Chiesa con uno maggiore. Ben di spesso non vogliamo tollerare un piccolo malanno e diamo origine ad uno pi grave.90 Con molti altri anche PIRKHEIMER, che gi aveva preso parte al movimento, poco tempo prima della morte scrisse: Speravamo che la scellerataggine romana, come pure la cattiveria dei monaci e preti dovesse correggersi, ma a quanto si vede le cose sono andate talmente peggiorando che i bricconi
79 80

De Wette II, 639. Erl. 50, 151 s. 81 Erl. ii, 218. 82 Erl. 15, 6o. 83 Lehrbuch der Dogmengeschicbte, 3 a ed., III, p. 528, nota. 84 Romische und evangelische Sittlichkeit, 2a ed., 1901, p. 50. 85 Weim. IX, 407. 86 Halbschlchtige Christen : espressione favorita di Harnack, per esempio 1. c., p. 537, nota 2. Das Monchtum, seine Ideale und seine Geschichte, 5a ed., p. 16. 87 Erl. 17, 96 s. 88 Erl. 17, 96 s. 89 Lettera del 1529 in Opp. Erasmi. Lugd. Batav. 1706, t. X, 1579. 90 Heretici mutant mala ecclesie maioribus malis; sepe malum ferre nollumus et maius provocamus, sicut vitare charibdim etc. Thiele, Luther's Sprchwrtersammlung, p. 24, 410.

evangelici rendono pii quegli altri,91 cio in confronto coi moderni predicatori di libert senza freno gli altri figurano pii. Il padre stesso del nuovo movimento non aveva egli stesso confessato: i nostri sono ora sette volte pi scandalosi che /22/ nol fossero sinora. Noi rubiamo, diciamo bugie, inganniamo, mangiamo e beviamo, e ci diamo ad ogni vizio?92 Noi tedeschi siamo al presente il ludibrio e la vergogna di tutti i paesi, che ci ritengono porci obbrobriosi ed osceni .93 Quel medesimo, che cos si esprime, deplora di essere nato tedesco, di aver parlato e scritto in tedesco, e desidera di andarsene per non soggiacere al castigo divino che sta per cadere sulla Germania. 94 Finalmente la nuova corrente si differenzia dall' antica anche in quanto che i suoi elementi erano uniti fra di loro e formavano come una societ particolare e perci tanto pi pericolosa, i cui membri erano dominati dalle stesse idee. Ma allora questa societ doveva anche portare un nome - non c'erano a quei di societ anonime. E quindi come chiamavasi la congregazione di preti e religiosi apostati, in cui ando a finire la fiumana della decadenza e della ruina morale ? La si chiam dapprima setta luterana, i luterani,95 e poi luterismo e luteranismo. Setta luterana ? Luteranesimo ? Impossibile. Una setta luterana, un luteranesimo senza Lutero non concepibile - e questo grande monaco mendicante e dotto, che noi udimmo pronunciare nel 1515 e 1516 dei principi sgorganti dalla corrente opposta, da quella della riforma, la quale aveva accompagnato la cattiva entro il secolo xvi, poteva forse dar il suo nome a tal razza ? Eppure cosi. Fu egli che diedele 1' intonazione, alle sue parole essa si avviticchi tenacemente: egli propose quelle dottrine, che in apparenza ne staccarono i membri dalla corrente di decadenza, ma soltanto per condurli a disastro completo. Lutero, cosi scrive Schwenkfeld al duca di Liegnitz, ha sciolto una massa di uomini pazzi ed insensati stretti alla catena, pei quali, come pure pel bene pubblico sarebbe stato meglio che li avesse lasciati alla catena perch ora colla loro pazzia fanno moho peggio di quel che facessero o potessero /23/far prima.96 Lutero stesso dov confessare fino a proposito dei suoi primi confratelli scappati e commensali nel 1522: io veggo che molti dei nostri monaci hanno lasciato il convento per nessun altro motivo da quello in fuori pel quale vi entrarono, per amore del ventre e della liberta carnale, per cui Satana sollever grande puzzo contro il buon odore della nostra parola . 97 Pur tuttavia li prese come suoi primi apostoli. E veramente essi furono ispirati dagli insegnamenti di Lutero, vissero, agirono, predicarono conformemente ai medesimi. Da lu provengono i testi qui addietro raccolti intorno alla rottura dei voti, a favore del matrimonio dei preti e monaci; egli introdusse nel grande catechismo le parole relative alla proibizione del voto di castit; egli emise la sentenza che Dio ci impone cose impossibili, che non si pu resistere all' istinto naturale, che bisogna soddisfarlo. Fu egli che narr come ardesse di volutt carnale, quantunque alcuni anni prima l'avesse condannata e n'avesse scoperta la genesi nella mancanza di intimo rapporto con Dio: egli che confess che s'allontanava da lui il fervore per Dio e trascurava la preghiera. E come il suo insegnamento spopol i conventi, cosi egli diede anche occasione al ratto di vergini sacre, il cui autore egli disse ladro beato e lo confront a Cristo, che tolse il suo al principe del mondo.98 Prese per concubina e disse sua moglie quale testimone del Vangelo una delle vergini claustrali tolte al convento e messe in vendita. Infranse i legami del matrimonio e ne distrusse l'indissolubilit colla sua teora, che fu tradotta in pratica mediante le fornicazioni ed adulteri si amaramente deplorati: egli non proib si prendessero parecchie mogli e
91 92

Lettera di Vilibaldo Pirkheimer del 152; presso Heumann, Documenta literaria, Altdorfii 1758, p. 59 Erl. 36, 411. 93 Erl. 8, 295. 94 Erl. 20, 43. 95 Cos fin dal 1519 nello scritto: Arliculi per fratres Minores de observantia propositi rcverendissimo episcopo Brandeburgensi contra Lutheranos... Frater Bernhardus Dappen Ord. Min. II lavoro che di sei fogli data dal 1519. 96 Presso Weyermann, Neue hist. biograph.-artist Nachrichten von Gelehrten, Knstlern.. . aus der vormal. Reichstadt Clm. Ulm 1829, p. 519 s. 97 Enders III, 323, del 28 marzo 1522.
98

Weim. XI, 394 s. I1 rubamento e ratto delle monache avvenne la notte del sabato santo 1523 a mezzo del cittadino Koppe. Lutero fu si blasfemo da scrivere al ladro: Come Cristo voi avete tratto anche queste povere anime dalla prigionia, dalla tirannia umana, giusto nel tempo conveniente di Pasqua, poich Cristo ha tolto anche la prigionia dei suoi.

dichiar che la poligamia a vero /24/ dire non contraria alla parola di Dio.99 Come panacea contro tuttii peccati fu egli che prescrisse esclusiva fiducia nel perdono di Cristo, senza esigere l'amore: egli che condann dolore, confessione e penitenza della Chiesa cattolica, svillaneggi il papa come anticristo, rigett sacerdozio, messa, stato religioso ed ogni opera buona. Egli ha insegnato che le buone opere, anche fatte nel modo migliore, sono peccati, anzi che anche un uomo giusto pecca in tutte le sue buone opere. Come i peccati, cosi trasfer in Cristo l'adempimento dei precetti: e ci facendo si gloriava di essere un santo e credeva di ingiuriare Cristo se cos non avesse fatto. Tale insegnamento doveva, come nessun altro, portare all'apice della malvagit. Non deve far meraviglia che ci si manifestasse agli occhi di tutti pi che altrove in Wittenberga, residenza di Lutero. Fin dal 1524 un ex-studente di Wittenberga, il grammatico tedesco Valentino Ickelsamer di Rottenburg gli scriveva: ci che da tempo Roma ha dovuto sentire, lo diciamo di voi: quanto pi s'avvicina Wittenberga, tanto peggiori sono i cristiani .100 L' insegnamento di Lutero ha trascinato in basso la corrente della decadenza fino ad una condizione che egli pubblicamente riconobbe e confess molto peggiore di quella che si avesse sotto il papato. E poich i fatti parlavano troppo alto, egli non pot farne segreto quantunque per spiegazione e scusa riportasse tanto ridicole ragioni apparenti. Non una volta soltanto101 ma bene spesso egli dice che i suoi luterani sono sette volte peggiori di prima. Poich fu da noi cacciato un diavolo, ora ne sono venuti sette peggiori .102 /25/ Nel 1523 dovette confessare che egli ed i suoi erano diventati pi cattivi che nol fossero prima.103 E ci ripete anche tardi: il mondo in virt di questa dottrina quanto pi dura tanto pi diventa malvagio: opera e lavoro del diavolo tristo. Si vede come il popolo ora pi avaro, pi crudele, pi impdico, pi sfrontato e malvagio che non prima sotto il papato .104 Conobbe che la malvagit e la petulanza pigliano rpidamente piede ad esuberanza a e ci in tutte le condizioni sociali , che le genti diven tano veri diavoli : per scherzando riteneva egli che ci avvenisse: soltanto i dispetto dell' insegnamento !105 Avarizia, usura, disonest, crapula, bestemmia, bugia, inganno procedono a tutta forza 106 ben pi che sotto il papato: tale brutta condizione scredita il Vangelo ed i predicanti presso tutti cos che si dice: se questa dottrina fosse vera, le genti sarebbero pi pie .107 Perci ognuno oggigiorno deplora che il Vangelo rechi molta discordia, alterchi e disordini e che tutto ora vada peggio dacch esso venuto che non prima108 ecc. Non ostante l'assicurazione che la sua dottrina il puro Vangelo, deve pur sempre confessare : i popoli si comportano si scandalosamente verso di esso, che quanto pi lo si predica, diventano pi cattivi e tanto pi fiacca presso di noi la fede.109 Egli ed i suoi, cos egli,"non riescono col predicare a rendere pia una sola casa;110 invece se ora dovessersi battezzare gli adulti ed i vecchi, ritengo probabile che la decima parte non si battezzerebbe .111

99

Cosi gi all'inizio del 1524 (Enders IV, 283) e nel 1527: Non c' e la proibizione che un uomo non possa avere pi di una donna, io ancor oggi non potrei impedirlo, ma nol voglio consigliare (Weim. XXIV, 305). Cosi pur nel 1528, Opp. var. arg. IV, 368 e pi tardi. Finalmente lo ha anche consigliato. V. sotto, libro I, sezione 1, 6 (intorno al duplice matrimonio di Filippo d'Assia). Lutero ed i suoi in qaesto vivevano dello spirito del vecchio Testamento ; qualora per 1'antico Testamento avesse dato loro impaccio veniva dispregiato, Mos perfino lapidato, e di questo v. pi diffusamente in sguito. 100 Klag etlicher Briider an alle Christen. fol. A 4; e presso Jger, Andreas Bodenstein von Karlstadt (1856), p. 488. V. in proposito pi avanti. 101 V. sopra, p. 23 s. Cfr. la conclusione della prima sezione. 102 Erl. 36, 411. 103 Weim. XI, 190. 104 Erl. 1, 14. 105 Erl. 45, 198 s. V. in proposito in sguito. 106 Oppure, come dice in Erl. 3, 132 s.: ira, impazienza, avarizia, gola, concupiscenza, lussuria, odio ed altri vizi sono grandi orribili peccati mortali, che dappertutto corrono spadroneggiando pel mondo ecrescendo . 107 Erl. 1, 192. Inoltre Opp. exeg. Ut. V, 37. . 108 Erl. 43, 63 109 Erl. 17, 235 s. 110 Erl. 3, 141. 111 Erl. 23, 163 s., all'anno 1530, quindi al tempo in cui fu composta la professione di fede.

Prescindendo da Erasmo e Pirkheimer,112 questo giudizio /26/ fu espresso anche da altri, che in materia erano non meno spassionati di Lutero. Enrico di Kettenbach, francescano apostata ed uno dei fracassoni, nel 1525 predicava: Molti ora operano come se tutti i peccati ed iniquit fossero permessi, come se non vi fosse inferno, diavolo e Dio e son pi cattivi di prima e tuttavia pretendono di essere buoni evangelici .113 Un altro francescano apostata, Eberlin di Gnzburg, scriveva egli pure che gli evangelici, dacch sono liberati dal papa, non facendo che vegetare e crapulare diverrebbero peggiori il doppio dei papisti, anzi di Tiro, Sidone e Sodoma.114 Se la condizione morale del luteranesimo, a confessione dello stesso Lutero e dei suoi, molto pi brutta di quella sotto il papato, ne viene di conseguenza che con quanto pi nere tinte si colora l'epoca anteriore a Lutero, tanto pi nero deve apparire il luteranesimo. Realmente la condizione era tale che Lutero fin dal 1527 espresse il dubbio se avrebbe fatto nulla qualora avesse previsto tutti i grandi scandali e disordini.115 S, chi si sarebbe messo a predicare , diceva undici anni pi tardi, se avessimo saputo in precedenza che dovea seguirne tanto male, bricconeria, scandalo, maldicenza, ingratitudine e malvagit? ma dacch ci siamo, bisogna pagare il fio.116 I suoi lai si riferiscono alla Germania, la quale pero caduta in questo deplorevole stato in conseguenza del suo Vangelo. L'apostasia dalla Chiesa e dal papa ha condotto i tedeschi nicamente a moltiplicare i peccati ed alla libert della carne. Noi tedeschi , scrive Lutero nel 1532, pecchiamo e siamo schiavi del peccato ,viviamo nei piaceri carnali e bravamente ci affoghiamo nella libert. Vogliamo fare ci che vogliamo e ci che torna a servizio del diavolo e vogliamo essere liberi di fare ci soltanto che vogliamo. Sono in pochi a pensare alla grave difficolt del modo con cui liberarvi dai peccati. Sono contentissimi d'essersi staccati dal papa, dall'officiale ecclesiastico e da altre leggi, ma non pensano come dovreb-/27/ vero servire a Cristo e venir liberati dal peccato. E pero sandr anche a finire, che non rimarremo nella casa, come i servi non sempre vi rimangono, ma ne saremo cacciati e di nuovo perderemo il Vangelo e la libert.117 Nessuna meraviglia pertanto se il riformatore deplorava di essere nato tedesco e lamentava: se si volesse dipingere ora la Germania, dovrebbesi farla simile a una troia.118 Egli stesso ha sentito il male e se la troppo debole sua parte migliore avesse preso il sopravvento, egli avrebbe consigliato e dato mano perch il papato con tutti i suoi orrori ritornasse sopra di noi.119 Sulla sua stessa vita egli pot esperimentare quanto disse una volta: se i grandi e gli ottimi cominciano a cadere, diventano poi pessimi .120 In verit Lutero non fu sempre cos. Non solo egli fu fornito di buone qualit, sotto certi rispetti, di qualit molto eccelenti, ma ebbe un tempo a cuore anche il rinnovamento morale della Chiesa: fu nel partito della riforma se anche non come Gersone cento anni prima: segu la corrente opposta a quella, cui ora dava il suggello del compimento. Come molti suoi contemporanei visse da buon religioso: almeno di a vedere un tempo gravit morale. certo che lament il movimento che andava fuori di strada, che predic contro di esso, e per parlare col suo linguaggio, non si mise un foglio davanti la bocca .121 In quel periodo della sua vita Lutero fu l'ultimo, che, per usare ancora le sue frasi, si lasci crescere una ragnatela avanti la bocca.122 In quella direzione egli non risparmi alcuno fosse alto o basso. Ma come riusc alla corrente opposta ? Come si ridusse ad essere lispiratore formale e lo
112 113

V. sopra, p. 23. Presso N. Paulus, Raspar Schatzgeyer (1898) p. 56, nota 1. 114 B. Riggenbach, Joh. Eberlin v. Giinzburg (1876), p. 242. Altr. prove nel corso dell'opera. 115 Weim. XX, 674. 116 Erl. 50, 74. 117 Erl. 48,389. Altrettanto diceva fin dal 1529: Nessuno teme Iddio, .zo petulanza. .. ognuno vive a modo suo, tradisce e inganna gli , ecc. Erl. 36, 300. 118 Erl. 8, 294. 119 Erl. 20, 43. 120 Erl. 8, 293.
121 122

Erl. 43, 9 e di frequente. Erl. 42, 238.

spiritus rector del braccio peggiore di quella fiumana ? La soluzione di questo problema, che insieme spiegher, documenter e di luce ancor pi viva illuminer il fin qui detto, sar data nel corso di quest'opera. /28/ Come appare manifesto da quanto precede, io nelle mie ricerche non m' abbattei in Lutero anzitutto nella sua figura individale, nel suo essere per s, ma s invece nel luteranismo che piglia nome da Lutero, in perfetta corrispondenza col corso della mia investigazione, che, partendo dalla decadenza di una parte del clero secolare e regolare del secolo xv, intendeva tener dietro alla decadenza fino al suo termine. Ivi giunto, naturalmente la domanda: in qual punto sono venuti ad incontrarsi Lutero e la corrente che fa da oggetto alle mie ricerche? mi si affacci molto prima dell' altra riferentesi allo svolgimento individale di Lutero, alla quale da principio non avevo neppur pensato. Ma una volta trovato Lutero nella cerchia di quella societ del terzo decennio, io non potevo pi scansarlo e mi misi a studiarlo da quel punto risalendo addietro, fino a suoi primi studi, all'inizio della sua attivit dottrinale. Solo allora, a scopo di controllare i miei risultati, feci la strada inversa e lo seguii anno per anno nel suo corso di formazione. La mia considerazione era rivolta specialmente ad accertare quel punto, dal quale Lutero deve essere inteso, a trovare quell'incgnita, che pian piano lo spinse nella corrente della decadenza e finalmente lo fece creatore e corifeo di quella societ che rappresent il culmine della ruina. Cos possiamo essere certi ad ogni modo dell'approvazione di quella scuola moderna, che pone 1'individuo sullo sfondo delle circostanti tendenze sociali, di cui gli individui sono rappresentanti e sintomi. L' ambiente, in cui in conclusione venne a trovarsi, egli non da solo lo ha creato. invece esso ha avuto virt retroattiva anche su di lui. Per lo studio di Lutero furono mie fonti nicamente le opere di Lutero. In principio non mi servii d' alcuna delle illustrazioni della vita ed opere di Lutero, da me prese in mano soltanto allorch i miei risultati erano gi fissati. II piano dell' opera che parve oscuro a taluni lettori della prima edizione, si trova esposto pi chiaramente nella prefazione a questa seconda.

/382/ _ SEZIONE SECONDA _ IL PUNTO DI PARTENZA NELLA EVOLUZIONE DI LUTERO ED IL SUO NUOVO EVANGELO Ho intitolato la sezione precedente discussione preliminare . E in realt difcilmente alcun'altra cosa potrebbe introdurci meglio nella conoscenza del carattere di Lutero, della sua tattica e del suo mtodo di fronte alla Chiesa quanto lo studio sopra lo stato religioso nel concetto di Lutero. In pari tempo pero, la detta sezione costituisce il miglior passagio alla presente, e ci non solo perch gi il

primo paragrafo essa penetra profondamente entro la vita religiosa di Lutero ma principalmente pel fatto che in questa sezione noi impareremo a conoscere il motivo teoretico per cui Lutero dov rigettare lo stato religioso con tutti i suoi voti ed esercizi. L'Evangelo di Lutero col principio fondamentale giustificazione e remissione dei peccati per la sla fede portava s in teoria che in pratica alla conseguenza: dunque le opere buone e quanto noi medesimi ci imponiamo e facciamo, sono inutili alla felicit eterna: anzi quegli che considerasse le opere come fattori necessarii nella via della salute, le userebbe senza il sangue di Cristo , rinnegherebbe perci il Redentore e Salvatore, porrebbe al posto di Cristo le sue opere, e sarebbe sommerso nella schiavitu delle opere. In forza di ci non solo doveva Lutero condannare tutto il vivere cristiano in genere ma in esso, in modo speciale, il vivere monstico come giustificazione e santificazione per le opere: nessun modo di vivere infatti ha tante opere e pratiche quante lo stato religioso. E poich il religioso s'obbliga con voti a tal vita, ecco naturalmente questo stato divenuto agli occhi del Riformatore una dimora dellinfedelt, uno scannatoio, un vivere maledetto, perch coloro che vi sono vivono, com' ei dice non punto secondo la regola di Cristo, ma secondo statuti /383/ umani, e vogliono conseguir la giustificazione per virtu di questi. II sordido cappuccio monacale essi l'avrebbero esaltato e magnificato molto al disopra del santo battesimo: i religiosi per lui quindi sono i santi per le opere xax' e^o^v, i pretti idololatrae. Erano a' suoi occhi il prototipo della cattolica giustificazione per le opere, sicch egli portava come tipiche espressioni per essi: cappuccio e chierica . Dal suo falso punto di vista tutto ci era interamente logico. Pariendo da questo medesimo punto di considerazione, doveva Lutero egualmente rigettare Y ideale cattolico della vita, cio l'adempimento perfetto al possibile del precetto di amare Iddio e il prossimo, perch, secondo lui, l'adempimento dell'amor di Dio appartiene alie opere della legge, ed quindi in contrasto col suo Vangelo. Adempire quel precetto egli lo dichiarava impossibile per noi e toglieva con ci la loro radice e corona a tutte le opere buone, si esercitino esse nel chio- stro o fuori di esso: lo stato religioso specialmente divenne cos il suo diavolo nero. Pero, anche concesso da tutti, che le conseguenze indi- cate discendano necessariamente dalla concezione che Lutero si faceva del suo Vangelo che abbiamo or ora pienamente caratterizzato, pur noi siamo ancora in principio, perch ci si affaccia tosto la questione : come giunto Lutero a questa concezione del Vangelo ? In altre parole: qual' il punto di partenza nello svolgimento di Lutero ? Alio svolgimento di tale questione si collega da s lo studio sopra la origine del Vangelo di Lutero e su questo Vangelo medesimo, che dovr essere piu dappresso stabilito e discusso in tutte le sue parti. La questione or messa in campo interessa ugualmente i luterologi protestanti ed i cattolici: ma in essa gi fin dal principio gli uni vanno assai distanti dagli altri nelle loro discussioni e conclusioni. Si tratta appunto delle premesse o preambolo di Lutero alia sua mutazione . La leggenda protestante gi divenuta tpica, la ritrova negli orrori della vita clastrale, in altre parole, negli appoggi decantan a Lutero, i quali pero si sarebbero spezzati sotto le sue mani, sicch il terreno vacillava sotto i suoi piedi. Lutero sarebbe entrato nel chiostro da sincero cattolico , onde guadagnarsi con opere moltiplicate il favore del severo Giudice, /384/ placarlo, e incontrare un Dio benigno.123 Avrebbe egli pe: sperimentare tutti i mezzi tradizionali della piet pratica : ottenerne la salute, tutte le specie di ascetismo massic: tutte le maniere della contemplazione, tutti i dati dell'a mstica. Osservava la regola deirordine pi che metico"; mente, egli digiunava oltre misura, si macerava, si applic: a concentrazione senza fine, e durava nella narcosi dell'es: fino a che credesse d'essere tra i cori angelici. Nessu possibilitd d'opera deH'antica Chiesa per la giustificazione ne". perfezione rimase inattuata. Ma ci che Lutero propriamer. cercava, non lo trov. N lo spossarsi in macerare la carne, : lunione estatica tempornea con un vaporoso Dio panteista lo ingannarono riguardo al bisogno sempre piu potente -. 1anima sua di avere un rapportopermanente personale con Dio. Accadde il contrario; si esaurivano tutti i mezzi della Chk anche quelli dei sacramenti e in specie della confessione in c egli non veniva compreso, e sempre pi spaventosa diver.:- la solitudine e

123

Cos Harnack, Dogmengesch.3 p. 737 s.

l'abbandono da parte di Dio della sua pes zione; egli fu spinto nell'abisso della disperazione e del lirio, ecc..124 In queste frasi c e espressa la quintessenza di ci c. secondo i luterologi protestanti, ha condotto Lutero alia 5: mutazione e alia sua rottura colla Chiesa. Parecchi r. ricordano le sue estasi , ma nessuno dimentica le racc priccianti mortificazioni e supplizi ch'egli avrebbe praticato r placare il severo giudice, poich all' infuori di questa Lu:c non avrebbe avuto altra idea di Dio e di Cristo. Prima c: entriamo propriamente nell'argomento, vogliamo esamin:. in uno speciale paragrafo questa questione pregiudiziale or.. cavarne il vero. L'accorto lettore vi trovera anche meg l'anello di congiunzione con la sezione precedente. L'esar: critico di altri elementi inclusi nella suindicata leggenda terana protestante, risulter da s nel corso di queste nostre ricerche. /385/ 1. Studio preliminare su le smoderate penitenze di Lutero prima del suo mutamento per placare il severo Giudice. Lutero nei suoi scritti e nelle sue prediche parla assai spesso delle austere, quasi mortali penitenze, cui si sarebbe sottoposto nel chiostro, per operare la sua salute, per placare il severo Giudice, e guadagnare il cielo, ma nulla gli avrebbe giovato, restando egli ci nonostante sempre turbato, anzi cadendo alla fine nella disperazione, finch Iddio medesimo con la sua luce e il suo evangelo non lo liber da tutto. Possiamo addurre qui innanzi tratto come prova alcuni dei principali passi di Lutero su questo punto. Il mondo o non vuole affatto mortificare il corpo o lo vuol troppo. Noi pretendevamo e volevamo con lastinenza meritar tanto da pareggiar il sangue di Cristo. Cosi ho creduto Io povero pazzo. Poich io non sapevo ci che Dio voleva, dover io aver cura del mi corpo e non porre alcuna fiducia nella temperanza. Invece mi sarei ucciso con digiuni, veglie e geli: nel cuor dell' invern non portavo che una cappa sottile, e quasi ghiacciavo, tanto era pazzo e sciocco .125 Perch ho osservato nel chiostro tanta austerit? Perch ho tormentato il mi corpo con digiuni, veglie e freddo? Perch allora cercavo assicurarmi di acquistare la remissione dei peccati con tali opere .126 Io era a tal punto che per digiuni, astinenze, gravezza di lavoro e di abiti, m'ero quasi ridotto in fin di vita, si che ne portavo il corpo guastato dal pallore e dalla magrezza .127 Noi abbiamo prima di questo tempo sotto il papismo invocata ad alte grida leterna felicit, noi ci siamo strapazzati pel regno di Dio, anzi abbiamo quasi mortificati i nostri corpi non con spade o ferri dallesterno, ma con digiuni e macerazioni della carne: per questo cercammo e bussammo giorno e notte. Ed io stesso, qualora non fossi stato salvato mediante il conforto di Cristo per 1' Evangelo, non avrei potuto vivere due anni, tanto mi martirizzavo e fuggivo dall'ira di Dio, e non mancavano davvero lacrime e gemiti. /386/ Ma a nulla si riusciva . Quando eravamo monaci, abbiamo concluso con le nostre macerazioni: perch non volevamo riconoscere i nostri peccati e il nostro essere empio anzi non sapevamo nulla del peccato orignale, e non abbiamo mai capito che linfedelt era peccato.128 Io non mi sono potuto mai consolarmi del mi battesimo, ma sempre pensavo: O quando vorrai farti santo e soddisfare si che trovi un Dio benigno? E sono entrato per tali pensieri nel chiostro, e mi sono martirizzato e tormentato con digiuni, geli e vita austera: ma con tutto ci non sono approdato a laltro che a perdere il santo battesimo, anzi a rinnegarlo129 In simil guisa torna spesso Lutero a parlare delle sue austere macerazioni e mortificazioni nel chiostro, e noi coglieremo in frequenti occasioni parecchie altre simili asserzioni dalla sua bocca.130 Ma degno di nota che Lutero comincia a parlare su questo punto solo nel periodo dopo il 1530 prima d'allora parla si delle mortificazioni e digiuni dei papisti e dei frati, ricorda anche le proprie opere vane nel chiostro ma riguardo alle proprie mortificazioni piu che esprimersi con molta riserva,
124 125

Lamprecht, Deutsche Geschichte, V, 225. Erl. 19 (2a ed.), 419 s., del 2 dicembre 1537. 126 Opp. exeg. lat. V, 267 all'anno 1539. 127 Ibid., XI, 123 all'anno 1545. 128 Opp. exeg. lat., VII, 72 s. dopo il 1540.
129 130

Erl. 16, 90 allanno 1535. V. sotto, A ed E.

non vi accenna affatto. Per quale ragione? Prima di cercar la risposta esaminiamo le asserzioni di Luturo su le sue primitive macerazioni, mettendole a confronto col'austerit del suo ordine, colla dottrina ecclesiastica e colle stesse sue precedenti idee. A) Asserzioni di Lutero su le sue macerazioni nel chiostro saggiate sulla rigidit dell'ordine. Lutero scrive ripetutamente: Io stesso sono stato circa 20 anni131 monaco e mi sono martirizzato pregando, digiunando /387/ vegliando, agghiacciando dal gelo, si che solo pel freddo potrei esser morto e mi sono si strapazzato che non ne vorrei piu fare nche se lo potessi , anzi s che non avrei potuto vivere a lungo se avessi seguitato.132 Ma Lutero facile a transigere: altrove s'esprime cosi: Per quasi 15 anni, quand'era monaco, mi sono stancato con messe quotidiane, e indebolito con digiuni, nottate, razioni e altre estrenuamente pesanti fatiche.133 Anch'io sono stato 15 anni monaco e mi sono martirizzato e tormentato con digiuni, freddo, e vita austera .134 Qual fede meritano queste asserzioni? Lutero entr nel 1505 nell'ordine, il 1520 apostat dalla Chiesa. Che quindi per ben 20 anni, mentre che era monaco, si sia martirizzato con preghiere, digiuni, resta escluso a priori: al massimo pu aver fatto cosi per 15 anni. Ma anche ci [non pu stare: perch sebbene sia stato frate appunto 15 anni, almeno dal 1516 in poi a motivo delle sue troppe occupazioni non gli restava tempo neanche per la prece obbligatoria,135 tanto meno dunque per digiuni e mortificazioni di propria iniziativa. Del resto lo abbiamo gi sentito dire poco fa che in seguito alle /388/ sue penitenze non sarebbe vissuto piu di due anni, se non me fosse stato liberato dal Vangelo. Ora la luce nelle lettere ci S. Paolo, Lutero l'aveva trovata almeno gi sul finir del 1515 : dunque fin d'allora egli era liberato dalle penitenze. Al massimo restano quindi 10 anni durante i quali Lutero con digiuni, astinenze, durezza d'abiti e di lavoro, con veglie. geli ecc., si sarebbe martirizzato a morte, se avesse durare ancora.136 Ma qual fine aveva Lutero in vista con queste terribili macerazioni? Lo sappiamo gi: voleva divenire resta: certo della remissione dei peccati e placare il Giudice rigoroso.137 Io pensavo seriamente ad acquistare la giustificazione per le mi opere.138 Egli ed altri si sarebbero affaticati nel chiostro, si sarebbero travagliati e tormentad ed hanno (cor. ci) voluto ottenere, ci che Cristo , al fine di diventare felici. A che sono approdati? Lo hanno trovato ?139 Ora, di quando Lutero s' fissato che la remissione dei peccati con quel che v' annesso, non si pu affatto ottenere con le proprie opere, ma che vien concessa per pura grazia di Dio, senza mrito? L' Harnack stesso ci deve rispondere. Per quanto noi possiamo seguire le traccie del pensiero di Lutero, cioe fin dai primi anni della sua attivit accademica in Wittenberga ci risulta che per lui la gracia di Dio la remissione dei peccati data da Dio sine mrito .140 E lHarnack ha perfettamente ragione. Gi fin dal 1510, nelle note mar131

Erl. 49, 27 (anno 1539). Anche altrove Lutero parla della sua vita clastrale ventennale, mortificata; cosi in Erl. 48, 306 : I monaci, il papa e tutti gli altri ecclesiastici dicono: Cristo solo non basta. Essi non vogliono tollerare che Cristo da solo sia il nostro conforto e salvatore, ma che vi si aggiunga anche lopera nostra, si viva in stati di vita spirituale e si sia pi prfetti dell'altra gente; si buttano alle opere e vogliono essere santa gente e tuttavia se ne vanno al diavolo. Ma chi crederebbe che quanti culti di Dio sono tra i giudei, turchi. e papisti, praticati con grande, seriet nel mondo (come anche per me nel papato non stato scherzo e insulto) tutti debbano essere vani? Io ero pure un monaco serio, vivevo pdico e casto, non avrei preso un centesimo senza che il sapesse il mi priore, pregavo diligentemente giorno e notte. . . Orbene, chi crederebbe che tutto debba essere perduto e che io abbia da dir: i venti anni che sono stato in monastero sono bell' e perduti, io sono andato in convento per la salute e felicita dellanima e perla salute del corpo ed io pensavo di conoscere benissimo il Padre e che fosse volont di Dio che osservassi le regle ed obbedissi all'abbate; ci dovrebbe piacere a Dio e ci sarebbe conoscere il Padre e la volont del Padre? Ma il Signor Ges Cristo dice qui il contrario e sentenzia: se non mi conoscete, voi non conoscete neanche il Padre (agli anni 1530-1532). V. anche la nota seguente. 132 Erl. 49, 300 (1537): dopo d'essere stato pi monaco pi che ventanni, aver detto messa tutti i giorni, ed essermi indebolito con pregare e digiunare cosi che avrei dovuto non campare a lungo , ecc. 133 Opp. exeg. lat. XVIII, 226. Erl. 17, 139: anchio sono stato monaco 15 anni . 134 Erl. 16, 90. 135 V. sopra, p. 35. 136 Erl. 31, 273. 137 V. sopra, p. 385. 138 Le sopra ricordate. Opp. exeg. lat. XVIII, 226. 139 Erl. 48, 317. 140 Lehrbuch der Dogmengesch.3, III, 738, n. 1..

ginali alle Sentenze , risalenti al secondo suo soggiorno in Erfurt, e anche piu ne' suoi Dictata in Psalterium, scritti in Wittenberga nel 1513-1515, si trova questa sua idea. Dunque fin da quel tempo Lutero non pot avere usato la mortificazione per ottenere la remissione dei peccati. Di pi in tutti quegli anni egli non attribuisce mai alle mortificazioni questo scopo, ma il vero, quello che gli aveva insegnato la dottrina cattolica. Gli anni di penitenza diminuiscono dunque da 20, 15, 10 fino a cinque. Ma almeno questi primi cinque anni della vita /389/ religiosa di Lutero son sicuri? Vediamolo tirando in campo in primo luogo come termine di paragone il rigore dell'ordine. Una cosa probabilmente non lo ha troppo strapazzato nel suo ordine: labito. Egli parla bensi, come udimmo, della dureza degli abiti: ma, come possibile? L'abito eremitano era tutt'altro che rgido: le costituzioni stabilivano che dovesse esser di tenue costo e di poco valore,141 ma non prescrivevano affatto un abito duro: era detto cosi in confronto a quello dei secolari, e perch invece di lino si portavano stoffe di lana al contatto del corpo.142 Ma gli abiti di lana non erano certo tali da render difficile a Lutero la vita. II senso spiacevole che prova al principio chi non v' avvezzo, presto vinto: e chi ha portato una volta lane, come so per esperienza, non le scambierebbe piu col lino. Per me sarebbe proprio questo una mortificazione. E gli eremiti in ci si trpvavano piuttosto ad agio che non duramente. Quanto Lutero dice sulla durezza e asperit delle vesti, dunque semplicemente ridicolo, e ci tanto pi u perch, caso mai, proprio in questa materia non avrebbe potuto fare nessuna eccezione, e dovette portare il suo abito della stessa stoffa che gli altri suoi confratelli. Lo stesso del freddo e gelo, di cui, come udiremo, piu tardi si lagna ripetutmente. Donde mai ha potuto, almeno per sette mesi, cio nell'estate, nella fine di primavera e nel principio di autunno, procurarsi freddo e gelo? Nell' invern egli poteva, secondo gli statuti, vestir piu pesantemente, affine di non aver freddo:143 gli stessi statuti han provveduto egual/390/ mente bene contro il freddo notturno nel giaciglio;144 e non puo essere dubbio che pochi secolari di Erfurt erano provisti a questo riguardo come gli eremiti del luogo. LHausRATH scrive che Lutero dormiva senza cperte in una cella fredda .145 Ma dove lo dice Lutero? Nel passo che cita Hausrath meno che mai.146 E lavesse pur detto e fatto Lutero, che proverebbe questo? Nella migliore ipotesi, che questa mortificazione era c o l p a sua, non della Chiesa o della rigidezza dellordine: che a lui ha fatto difetto la discrezione. Nessuna meraviglia, che nelle costituzioni, la dove enumerano le austerit dellordine, non s'accenni affatto al freddo147 mentre non vi son punto trascurate le veglie notturne. Ma che s' intende per queste? Il coro di ntte. Ora, con qual diritto se ne pu lagnare Lutero, quando lo stesso non solo era in uso presso tutti gli ordini, ma perfino nei capitoli delle cattedrali, costum durato in parecchi capitoli fino al principio del secolo XVIII ? Forse il coro degli eremitani era particcolarmente rgido? Non piu che altrove: abbracciava Mattutino e Lodi, in certi tempi col breve mattutino e lodi dellOfficium Marianum. Allora saremmo stati ben peggio noi nel nostro convento di Graz, poich alla fine dellOficio si faceva seguire una mezz'ora di meditazione, s che le veglie notturne duravano in media dalle 12 all'una e mezzo, tanto d' inverno che d'estte, eccettuate soltanto le tre ultime notti della settimana santa. E n'era forse il mi corpo e quello degli altri strapazzato e martirizzato si che
141

Constit. Staupitz. 26: Fra.tres, exceptis femoralibus, iuxta carnem lineis non utantur, sed lanis tantum. Que tanto honestati nostre congruunt9 quanto fuerint viliores . Cosi pur le costituzioni generali, per es. nella stampa Venetiis 1508, fol. 25. 142 Per ci nelle Const. si dice al c. 15: asperitatem vestium . 143 Constit. Staupitz, c. 24: Sint preterea vestiarie in quolibet loco provise pelliceis et calcis nocturnalibus quantum cujuslibet conventus admiserit facultasne illis qui assidue divinis vacant desint necessaria, precipue hyemali tempore. Idcirco astringimus priores et procuratores ut illis tanto intendant diligentius, quo Ordinis honorem et divini cultus diligunt promotio- nem, eque enim fratres absque provisione corporis possunt perseverare in laudibus divinis . Questo statuto fu fatto appunto in Germania per ra- gione del!'invern piu rigido, ed aveva gi il suo fondamento nelle costituzioni generali (c. 24). Se Lutero fosse stato un francescano al tempodi S. Bonaventura, allora si che avrebbe potuto lamentarsi del freddo:. S. Bonaventura rammenta a giusto titolo 1' afflictio frigoris et caloris V. sopra p. 65, n. 4. 144 Ibid. 145 Neue -Heidelberg. Jahrbcher, VI, p. 181. Luthers Leben (190- , 1,34).
146
147

Erl. 49, 27, che io gi citai a p. 386.


V. sopra p. 63, n. 2.

quasi ne saremmo morti ? Tanto poco, che io e altri abbiamo sempre riguardato il cor notturno la piu bella delle osservanze religiose, e ci a motivo del cantar le lodi di Dio in un tempo in cui gli altri dormvano. Che si dovesse trattare di un martirio mortale, o /391/ d'ottenere la remissione dei peccati, non ci pass mai per la testa; eravamo troppo savi per ci. Quel supposto scopo l'imparai a conoscere la prima volta parecchi decenni dopo, da Lutero. Il vero, il precedente Lutero la pensava come noi. Spiegando il verso del 118o salmo io mi ricordava nella notte del tuo nome, o Signore scrive nel 1514: Chi vive in spirito, serve Iddio notte e giorno, perch l'uomo interno non dorme di notte piu che di giorno, anzi mena specialmente se veglia allora anche il corpo: lo spirito di notte piu pronto alle cose celesti che di giorno, come i Padri che vi hanno fatto lesperienza, ci hanno insegnato. Perci salutrmente anche la Chiesa si esercita di notte nelle lodi di Dio 148 e anzi nel costume della Chiesa levarsi proprio a mezzanotte .149 Lutero si schiera perfino in favore della meditazione mattutina, di cui non era parola nelle consuetudini dell'ordine suo, e desidera, perch sia resa fruttuosa, che la sera la mente non si svaghi, ma si faccia invece come preparazione una meditazione vespertina.150 E tutto questo perch? Per meritare forse la remissione dei peccati ? O no, ma per ricordarci sempre di Dio.151 La remissione dei peccati pura grazia di Dio. Dio, dice Lutero poche pagine prima con S. Agostino,152 non aspetta i nostri meriti, ma la sua bont per perdonarci le nostre colpe e prometterci la vita eterna. E Lutero stesso aggiunge: la fede che ci giustifica.153 Del resto allora come oggi, i deboli ed i sovraccarichi di lavoro (dei malati non da dir) erano dispensati dal coro notturno. Le veglie notturne di proprio capriccio invece erano proibite ab antico. Che se Lutero ha fatto troppo rispetto a ci, tutta colpa sua, ed ha mancato contro la virt della discrezione, di cui ben presto avr a parlare. /392/ Molto piu importante ci che il secondo Lutero racconta del rgido digiunare, che non si dimentica mai di recordare, poich avrebbe dovuto condurre il primo Lutero quasi alla morte. Ora i digiuni prescritti appo gli eremitani di S. Agostino d'allora, per quanto riguarda la Germania - particolarmente il vicariato d' Erfurt, dove Lutero passo i primi anni, erano molto piu leggieri che quelli ordinati frati dalle costituzioni generali gi assai mitgate dellordine. Le costituzioni eremitane erano, riguardo alie prescrizioni di digiuno, una mescolanza della regola francescana e degli statuti domenicani, il resto fu aggiunto di libero giudizio. La regola francescana di fondamento alla prescrizione che la comunit, dalla festa d'Ognissanti fino a Natale, osservi uno stretto digiuno, vale a dir non solo l'astinenza dalla carne, ma anche dalle uova, formaggio e latte: alla sera per la collatio era permesso un sorso con pane o frutta. Egualmente pel tempo dalla domenica di Quinquagesima fino a Pasqua Dal Natale a Quinquagesima si poteva dar la dispensa, sicch poteva cucinarsi di grasso (come nel resto dell'anno eccetto i venerdi e certi giorni di digiuno), farsi uso di uova, latte e formaggio anche fuori dell' nica refezione.154 Veramente la comunit degli eremiti di un convento (e la base di ci la davano gli statuti domenicani) doveva astenersi tutto l'anno dall'uso delle carni. Ma gi fin nelle vecchie costituzioni veniva data al
148 149

Dictata super PsaltWeim. IV, 334. Ibid, p. 335 al passo: Meda nocte surgebam ad confitendum tib: Nox... satis expresse ad literam hic notat surgendi morem in Ecclesia in media nocte. 150 Ibid., III, 362. Cfr. IV, 474. 151 Ibid., p. 361: ut ad minus memores simus Dei de ser o et mane, nt sic principium et finis nobis ipse sit. 152 Enarr. in Psalm. 60, n. 9. 153 III,351:quia fides iustificat nos
154

Constit., ed. Gabriel Venetus (Venetiis 1508), cap. 22 (e su per gi s'accordano i manoscritti): A festo Omnium Sanctorum usque ad Nativitatem Domini, nullo labore vel occasione (excepto infirmitatis articulo) fratres non nisi semel, in cibariis tantum quadragesimalibus, reficiantur A festo autem Nativitatis Domini usque ad Quinquagesimam possit prior, si quandoque sue discretioni videbitur, cm suis fratribus in ieiunio dispensare. Frater vero, qui ieiunium a festo Omnium Sanctorum usque ad Nativitatem Domini presumpserit violare (quia postpositis Dei reverentia et timore, tam honestum et religiosum mandatum ordinis infringere non veretur), pro qualibet die qua ieiunium fregit, tribus diebus continuis infra duas hebdmadas a fractione ipsius ieiunii in pane tantum et aqua ieiunet in medio refectorii super nudam terram sedens. Priores quidem et visitatores et provinciales faciant dictam penitentiam ab mnibus delinquentibus inviolabiter observari etc.

priore la facolt di dispensare alternativamente coi frati in un luogo fuori del refettorio, purch almeno la met della comunit restasse in refettorio /393/ e vi mangiasse cibi di digiuno. Solo, tale dispensa non doveva. darsi troppo spesso.155 Ma anche questa mitigazione sembr leggiera, sicch sotto il generale TOMMASO DI STRASBURGO il capitolo generale di Parigi (1345) lasci all' arbitrio del priore determinare quanti frati dovevano restare nel refettorio per adempire gli statuti: soltanto non doveva un frate mangiar carne fuori del refettorio piu di tre volte alia settimana, mentre al contrario i lettori e i sovroccupati dovevano mangiare tre volte in refettorio con la comunit. Il capitolo generale esortava quindi i superiori claustrali a far si da studiarsi d'introdurre nei conventi una tal maniera di vita che la potessero sopportare loro e gli altri fratelli, tanto i forti, che i deboli .156 Gi queste stesse regle claustrali erano tali da non poter cagionare al giovane Lutero alcuna afflizione; tanto meno poi quelle costituzioni, alle quali proprio egli era soggetto fin dalla sua entrata nel chiostro, in Erfurt, cio quelle dello STAUPITZ del 1504. In queste tutto e mitigato e semplificato. Infatti, vi leggiamo bensi che era prescritto il digiuno pei frati da Ognissanti a Natale, e da Quinquagesima a Pasqua, ma il jejunium non era comandato, come nelle costituzioni generali, in cibariis quadragesimalibus cio non era un digiuno stretto, ma semplice con nica refezione, s che poteva /394/ farsi uso di latte e uova: e questo s' applicava anche ai venerdi e agli altri digiuni ecclesiastici dell'anno, Fuori di questi tempi, la comunit mangiava carne, dalla quale essa doveva astenersi inoltre il solo mercoledi.157 Lo Staupitz chiude il brevissimo capitolo con 1'esortazione che i fratelli non dovessero dimenticare durante il mangiare la sentenza della regola: frenate la vostra carne con digiuni e astinenze da cibi e bevande, quanto ve lo permette la vostra sahite . Le costituzioni staupitziane erano fatte per le regin i settentrionali, e s'innestavano alle usanze claustrali quivi gi invalse come risulta dalla clausula riguardante il digiuno del venerdi santo.158 I digiuni di religione non potevano in alcuna maniera arrecar danno al giovine Lutero durante il suo noviziato e clericato in Erfurt, tanto meno poi gli avrebbero accorciata la vita. E nella conclusione del capitolo sul digiuno (che resto gli toccava udire leggendo la regola s non altro meno una volta alla settimana) aveva dovuto apprendere insieme che questo non era affatto diretto alla remissione dei peccati, bensi all' infrenamento della carne e non doveva essere usato allimpazzata, ma con discrezione, per quanto lo permette la salute. L'esposizione poi della rege riconosciuta come ufficiale in tutto 1'ordine eremitano, que. di Ugo da S. Vittore159 nota espressamente a questo passo che quivi era raccomandata la virt della discrezione: poich senza di essa si perde ogni bene. Chi affligge immoderatamente la sua carne, v'e scritto inoltre, uccide il suo concit-/395/ tadino;... in ogni astinenza si deve sempre badare che i difetti vengano estinti, non la carne.160
155

Ibid.: Fratres extra locum nullo modo vel causa aliqua carnes mandcente nisi tam gravi et evidenti sint infirmitate detenti et gravati, quod de consilio medicinae (sic) non possint sine periculo ab esu carnium abstinere. In loco vero ordinis prior in esu carnium dispensare possit cum debilibus, minutis et quotidianis laboribus occupatis; et si aliquando sue discretioni videatur cum aliqua parte fratrum sui conventus in esu carnium dispensandum, ita modeste et religise cum eis alternative dispenset, quod nulli ex eis ex dispensatione huiusmodi oriatur materia murmurandi. Refectorium namque saltem a medietate fratrum nulla hora rejiciendi modo aliquo deseratur. Talis tamen dispensatio non sit crebra. 156 Queste Additiones super Constitutionibus del capitolo parigino furono da Gabriel Veneto messe in appendice all'edizione delle costituzioni antiche (fol. 40-44): Nel fol. 41 si dice fra altro al capitolo 22: Exhortantes priores et procuratores locorum, ut ipsi studeant talem vitam facere in conventis, ut eam ipse aliique fratres, tam fortes quam debiles, valeant supportare . Questo avvertimento passato anche nel testo delle costituzioni posteriori, per es. in quella del 1547 (Romae 1551) con nuove mitigazioni importanti (fol. 14b, c. 23). 157 Constit, c. 22: Fratres nostros a festo Omnium Sanctorum usque ad Domini Natalem et a dominica Quinquagesime usque ad dominicaw Resurrectionis, singulis etiam sextis feriis anni, atque statutis ab ecclesia diebus adjuncta vigilia S. Augustini jejunio astringimus. Et ne in locis Ordinis (cio nelle case dell'Ordine) quartis feriis carnes vescant prohibemus. 158 In parasceve autem convenas consuetudinibus suis laudabiliter hactenus practicatis relinquimus . Nelle costituzioni generali si diceva semplicemente (come negli statuti domenicani): in pane et aqua tantum reficimur.
159

Appunto per questo nelle raccolte delle costituzioni (per es. Cod. di Verdun n. 41, edizioni del 1508 e 1551) l' Expositio Hugonis de S. Victore super Regulam b. Aug. segue immediatamente al testo delle regole prima delle costituzioni. 160 Fra altro ivi Ugo scrive: Ne caro possit praevalere, spirituales viri per virtutem spiritus eandem concupiscentium debent reprmere, quia quando caro domatur, spiritus roboratur. Sed cum adjungitur: quantum valetudo permittit",

Sicch, qualora a Lutero quand'era giovine religioso non fossero bastati i digiuni claustrali, tanto da moltiplicarli di proprio arbitrio senza moderazione, e da credere insieme che con essi si sarebbe meritata la remissione dei peccati e sarebbe stato giustificato, sarebbe stata tutta e sola sua colpa. O erano forse in questo punto le idee dell'ordine in contraddizione con la dottrina cattolica, s che secondo quest'ultima in generale le mortificazioni, e non soltanto i digiuni, per raggiungere lo scopo che si pretende inteso da Lutero, dovevano venire sate senza moderazione, anche a discapito della sanit e della vita? Anzi non possibile che i dottori cattolici fino a Lutero nulla abbian saputo della virtu della discrezione e del vero scopo delle mortificazioni? Sicch Lutero sarebbe stato indotto da loro a quelle sue pazze penitenze di cui piu tardi, come vediamo, parla continuamente ? La risposta al paragrafo seguente. B). Idee dei dottori cattolici fino a Lutero intorno alle penitenze ed alla discrezione. Tutta l'antichit cristiana fino a Lutero fa testimonianza. contro lidea che le opere di penitenza debbano farsi allo scopo di cancellare i peccati, per trovare Dio ed il Redentore, in una parola la propria salute, e per ci appunto vadano eseguite senza misura. Come in molti altri punti, cosi anche relativamente alle penitenze Cassiano fu un sapiente dottore pei posteri che avrebbero vissuto in monacato. Sappiamo gi che egli attribuisce soltanto una parte secondaria alle penitenze sulla via /396/ della perfezione, considerndole puramente come mezzi a servizio della medesima.161 Fin dalla prima delle sue famose Conlationes lette e citate in tutto il medioevo, egli insorge contro leccesso e la incongruit nel digiunare, vegliare e pregare come contro illusioni del nemico maligno,162 ma svolge a lungo la tesi specialmente nella seconda Conlatio ove tratta anche della virt della discrezione. Molti, cos Cassiano, sarebbero stati delusi da indiscreti esercizii di penitenza per es. digiuni e vigilie; essi avrebbero trascurata la virt della discrezione, detta nelEvangelo locchio e la luce del corpo e che insegna la degna strada del mezzo fra il troppo ec il poco.163 Cassiano abbraccia la parte pi del meno che del troppo perch produce maggior rovina l'immoderata astinenza che non troppo accurato nutrimento poich da questo mediante salutare contrizione dato sollevarsi alla regola del rigore, ma non da quella .164 Ognuno quanto alle mortificazioni deve tenere in vista la capacita delle sue forze sia del corpo, sia dellet.165 Prima di Cassiano il rigido S. BASILIO ha manifestato /397/ gli stessi principii raccomandando la fronesij (prudenza, discrezione) senza della quale anche ci che appare bene diventa vizio, vuoi per lincongruenza del tempo, vuoi perch non si osserva la misura.166 In questo senso il patriarca dei monaci d'Occidente S. BENEDETTO appella la discrezione la madre delle virt essa insegna a tenere la misura in tutto .167
virtus discretionis commendatur; pereunt enim ipsa bona, nisi cum discretione fiant. Tantum ergo debet quisquam carnem suam domare per abstinentiam, quantum valetudo permittit naturae. Qui carnem suam supra modum affligit, civem suum occidit... In omni abstinentia hoc semper attendendum est, ut vitia extinguantur, non caro (appo Migne, Patr. t. 176, p. 893). V. inoltre nel prossimo paragrafo p. 398 i passi corrispondenti di Gregorio M. e S. Bernardo. 161 V. sopra p. 148. Oltracci cfr. anche Cassiano, Conlatio I, 2. : Habet ergo ea nostra professio scopon proprium ac fnem suum, pro quo labores cnctos non solum infatigabiliter, verum etiam gratanter impedimus ab quem nos ieiuniorum inedia non fatigat, vigiliarum lassitudo delectat, lectio ac meditatio scripturarum continuata non satiat, labor etiam incessabilis nuditasque et omnium privatio, horror quoque huius vastissimae slitudinis non deterret etc. 162 Conlatio I, 20: diabolus cmn paracharaximis nos conatur illudere..., immoderatis inconpetentibusque jejuniis seu vigiliis nimiis vel orationibus inordinatis vel incongrua lectione decipiens ad noxium pertrahit finem . 163 Nella Conlatio II, 2 l'abbate Antonio dice: Saepenumero acerrmi jejuniis seu vigiliis incubantes ac mirifice in solitudine secedentes... ita vidimus repente deceptos, ut arreptum opus non potuerint congruo exitu terminare, summumque fervorem et conversationem laudabilem detestabili fine concluserint... Nec enim alia lapsus eorum causa deprehenditur, nisi quod minus a senioribus instituti nequaquam potuerunt rationem discretionis adipisci, quae praetermittens utramque nimietatem va regia monachum docet semper incedere, et nec dextra virtutum permittit extolli, i. e. fervoris excessu iustae continentiae modum inepta praesumptione transcendere nec oblectatum remissione deflectere ad vitia sinistra concedit... Haec namque est discretio, quae oeulus et lucerna corporis in Evangelio nuncupatur.
164 165

Ibid., C.17. Cfr. C.16 Ibid., C.22 166 Constit. Monast.v c. 14. Migne, Patrol. Gr t. 31, p. 1377. 167 Regula, c. 64 in Migne, Patr. L., t. 66, p. 882.

S. GIROLAMO che, com' noto, s' esercitato in tutte le mortificazioni, se la piglia contro 1'indiscreto digiuno: specialmente nell'et delicata io non approvo un digiuno troppo lungo ed esagerato per intere settimane, nel quale sono proibiti lolio nelle vivande e le frutta. Dallesperienza ho appreso che l'asinello, quand' stanco per istrada, cerca i viottoli laterali.168 Di gi con queste ultime parole egli esprime una massima generale che applica anche altrove per rendere manifesto il lato pericoloso dell'esagerazione in questa materia.169 Sarebbe contro la dignit della natura razionale, scrive Girolamo, danneggiare il senso con digiuno e vigilie od anche diventar matti o tristi per (indiscreto) cantare di salmi e d'officio.170 Quanto qui vien detto del canto salmodiale prescritto, espresso in brevi parole da S. PIER CRISOLOGO relativamente ai digiuni comandati quando predica: il digiunare si compia in modo regolare e corrisponda allo scopo per cui fu istituito di disciplinare cio il corpo e lanima. Almeno chi non pu digiunare non introduc un nuovo uso, ma confessi la sua infermit siccome ragione della mitigazione e cerchi supplire con elemosine i vuoti che si fanno mediante digiuni /398/ difettosi, poich il Signore non cotidanner ai sospiri co!u che per la propria salute mitiga i sospiri dei poveri.1711 Or questo stesso scopo dei digiuni prescritti lo hanno tutte opere di penitenza, quelle eziandio fatte di libera scelta come .imparammo qui addietro (sotto A.) da Ugo da S. Vittore, il quale insieme non fa che riportare tcitamente Tavvertimento di Gregorio Magno mediante l'astinenza vanno mortificati i vizii della carne, non gi la carne stessa.172 S. Bernardo, quel grande dottore della vita spirituale, che Ltero talora consider sopra tutti, ritorna semplicemente a S. Benedetto quando dice la discrezione madre e guida di tutte le virtu, senza la quale la virtu diventa vizio.173 Inoltre come non v'ha cosa pi funesta del mortificare la sua carne con digiuni e vigilie in vista degli altri, cosi errore il disciplinare troppo la propria carne senza discrezione (anche se si faccia per Iddio) talmente che ne perdiamo la salute. Dobbiamo, cosi egli, considerare il nostro corpo e la sua capacita affinche mentre cerchiamo di soggiogare il nemico, non ammazziamo il concittadino. Conserva il tuo corpo a servigio de Creatore.174 lo stesso pensiero che gi abbiamo riscontrato presso Ugo da S. Vittore. Il santo esce in vivaci parole centro l'imprudente zelo dei novellini, ai quali non bastavano come troppo leggieri i digiuni e discipline dell'ordine, la misura prescritta nella veglia, nei cibi e negli abiti, preferivano i loro proprii divisamenti a ci che generale e volvano fare di pi: teme che finiranno nella carne sebbene abbiano cominciato nello spirito.175 Ben diversamente stanno coloro /399/ che preferiscono il generale al particolare, al loro proprio: ad essi si riferisce la sentenza del santo spesse volte ripetuta nel tardo medio evo: tu puoi ritrovare quasi in tutti i conventi uomini appieno riconsolati, riboccanti di gioia, sempre giocondi ed ilari, ardenti di spirito, ai quali la disciplina appare cara, accetto il digiuno, breve la veglia notturna, divertente il lavoro manuale e finalmente solazzevole ogni rigore di questa santa radunanza .176

168 169

Ep. 107, ad Laetam, a. 10: ... Experimento didici, asellum in via, cum lassus fuerit, diversicula quaerere . Ep 125, ad Rusticum, c. 16: Sunt qui humore cellarum, immoderatissimisque ieiuniis, taedio solitudinis, ac nimia lectione, dum diebus ac noctibus auribus suis personant, vertuntur in melancholiam, et Hippocratis magis fomentis, quam nostris monitis indigent. Smilmente al c. 7, ove avverte che il digiuno va fatto con misura. 170 Nonne rationalis, homo dignitatem amittit, qui ieiunium vel vigilias praefert sensus integritati; ut propter Psalmorum atque officiornm decantationem amentiae vel tristitiae quis notam incurrat? Questo detto fu approvato anche da S. Tommaso, In Ep. ad Rom., c. 12, lect. 1. 171 Sermo 166 (Migne, Patr L. t. 52, p. 636), sul digiuno quadragesmale. 172 Moral. XX, c. 41, n. 78: Per abstinentiam quippe carnis vitia sunt extinguenda, non caro: lo ripete ibid, XXX, c. 18, n. 63; In Ezech. 1, homil. 7, n. 10 e altrove. 173 Sermo 5 in Circumcis. (Migne, Patr. L., t. 183, p. 142, n. 11): necesse est lumine discretionis, quae mater virtutum est, et consummatio perfectionis . In Cant. Serm. 49, n. 5: discretio omni virtuti ordinem ponit Est ergo discretio non tam virtus quam quaedam moderatio et auriga virtutum, ordinatrixque affectuum et morum doctrix. Tolle hanc et virtus vitium erit. 174 De diversis Sermo 40 (Migne, 1. c., p. 651, n. 7).
175 176

In Cant. Sermo 19, n. 7 (ibid., p. 866). Sermo 5 de ascensione Domini, n. 7 (ibid., p. 318).

Anche negli altri istituti claustrali, per esempio nel rgido ordine certosino, valeva come massima quella di accontentarsi delle mortificazioni e veglie generali e soltanto dietro approvazione del priore era permesso fare di pi.177 Non s'allontana d'un capello da S. Bernardo Guglielmo di St. Thierry allorch scrive: di quando in quando bisogna mortificare il corpo, ma non rovinarlo, giacch poco utile l'esercizio corporale, giova invece a tutto la piet (1 Tim. 4, 8) .178 S. Tommaso d'aquino interpretando questo passo scritturale insegna che l'esercizio corporale del digiuno e simili di loro natura non sono un bene, ma pena (poenalia), poich qualora l'uomo non avesse peccato, non ce ne sarebbe stato alcuno. Tali esercizi sono beni medicinali (bona medicinali). Come cio il rabarbaro buono in quanto libera dal fiele, cos anche quegli esercizi in quanto reprimono (comprimunt) gli appetiti .179 In ci starebbe parzialmente la ragione per cui Cristo non ha digiunato e fatto mortificazioni con tanta energia con quanta il Battista. Ges Cristo ci diede l'esempio della perfezione in tutto ci che per s appartiene alla salute: /400/ ma la mortificazione nel cibo e nel bere non appartiene alia salute giusta Rom. 14, 17 ove detto: il regno di Dio non cibo n bevanda.180 Cos comprendesi la necessit della discrezione e della misura nelle mortificazioni e macerazioni. Il bene dell'uomo e la sua giustizia , scrive il medesimo dottore,181 sta principalmente negli atti interni, nella fede, speranza e carita, non gi negli esterni. I primi sono come il fine, che inteso per s, gli altri invece, pei quali i corpi vengono offerti a Dio, sono come mezzi al fine. Quanto a ci che ricercato come fine non si usa misura; quanto pi tanto meglio. In ci invece che inteso per ragione del fine si usa misura in proporzione col fine. L'uomo non deve usare misura quanto alla fede, speranza e carit: ma negli atti esterni deve applicare la misura della discrezione in proporzione colla carit. Da ci derivano altre sentenze di S. Tommaso intorno alle mortificazioni. "La macerazione del corpo mediante veglie e digiuni non accetta a Dio se non in quanto opera di virt e tale la mortificazione corporale solo se avviene colla debita discrezione, di maniera cio che la concupiscenza /401/ venga frenata e la natura non sia soverchiamente oppressa .182 La sana ragione non permette che si sottragga tanto cibo da perirrne la natura.183 Riferendosi alle Conlat.
177

Statuta antiqua, 2a pars, c. 15, n. 25; Statuta Guigonis Carthus, c. 35: Abstinentias vero vel disciplinas vel vigilias seu quelibet alia religionis exercitia, que nostre institutionis non sunt, nulli nostrum nisi priore sciente et favente facere licet . 178 Ep. ad fratres de Monte Dei I, c. 11, n. 32 (Migne, t. 184,p-328) 179 In Ep. 1 ad Tim., c. 4, lect. 2. Tommaso vi fa questa giusta osservazione: Corporalis exercitatio ieiunii et huiusmodi ad modicum utilis est, quia tantum ad morbum peccati carnalis, non spiritualis, quia aliquando propter abstinentiam homo iracundiam, inanem gloriam et huiusmodi incurrit. 180 3 P. qu. 40, a. 2 ad 1. Smilmente Birgitta, Extravagantes 6,122. 181 In Ep. ad Rom., c. 12, lect. 1: Aliter se habet homo justus ad interiores actus, quibus Deo obsequitur, et ad exteriores; nam bonum hominis et iustitia eius principaliter in interioribus actibus consistit, quibus scil. homo credit, sperat et diligit unde dicitur Luc. 17, 21: " Regnum Dei intra vos est"; non autem principaliter consistit in exterioribus actibus. Rom 14 17: "Non est Regnum Dei esca et potus". Unde interiores actus se habent per modum fins, qui secundum se quaeritur; exteriores vero actus, ad quos Deo corpora exhibentur, se habent sicut ea quae sunt ad finem. In eo autem quod quaeritur tamquam finis, nulla mensura adhibetur, sed quanto maius fuerit, tanto melius se habet; in eo autem quod quaeritur propter finem, adhibetur mensura secundum proportionem ad finem, sicut medicus sanitatem facit quantum potest; medicinam autem non tantum dat quantum potest, sed quantum videt expedire ad sanitatem consequendam, et similiter homo in fide, spe et in caritate nullam mensuram debet adhibere sed quanto plus eredit, sperat et diligit, tanto melius est, propter quod Deut 6, 5: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo Sed in exterioribus actibus est adhibenda discretionis mensura per comparationem ad caritatem . Cita poi il passo di S. Girolamo riportato a p. 397, n. 5.
182

2. 2. qu. 88, a. 2 ad 3. dicendum quod maceratio proprii corporis puta per vigilias et jejunia non est Deo accepta, nisi inquantum est opus virtutis, quod quidem est, inquantum cum debita discretione fit, ut scil. concupiscentia refrenetur et natura non nimis gravetur. 183 Ibid., qu. 147, a. 1 ad 2: Non ratio recta tantum de cibo subtrahit, ut natura conservari non possit e cita in proposito S. Girolamo : De rapina holocaustum offert, qui vel ciborum nimia egestate, vel somni penuria corpus immoderate affligit. Il passo e tolto da De conscrat. V, Non mediocriter c. 24: del resto il canone relativo deriva nella maggior parte dalla Regula Monachorum in Migne, Patr. Lt. 30, p. 330 ss., ove al c. 13 (p. 363) si raccomanda pure il

Patrum di Cassiano insegna che non superiore quell'ordine che ha maggiore rigidit, si quello che con maggiore discrezione la mette nella giusta relazione col fine dell'ordine.184 Le rigidit negli ordini non sono che un'aggiunta ed hanno per iscopo di tenere lontani gli individui dai vizii e di facilitare ai medesirni il progresso nella vita virtuosa:185 esse hanno per iscopo di raffrenare s stessi (ad refrenandum seipsum)186 Nei passi precedenti S. Tommaso ha espresso la dottrina dell'antichit cristiana e dell'poca sua circa lo scopo e la discrezione nell'uso delle opere di penitenza, e per ci noi qui non troviamo fra lui ed altri dottori la mnima diferenza, cosa che, come noto, non pu affermarsi sopra molti altri punti: ci nullameno esaminiamo ancora alcuni dei dottori piu importanti sino a Lutero. Il contemporneo seniore di S. Tommaso, il francescano Davide d'Augusta, tanto messo a contribuzione nel medio evo, come gli altri dottori spirituali attribuisce alle macerazioni il loro giusto posto nella vita monastica. Egli contro quei religiosi i quali le considerano come l'apice nell'osservanza claustrale, ma insieme trascurano quello che realmente le /402/ proprio vale a dire il progresso spirituale nella virtu. Costoro sono sempre secchi ed amari, e comunemente severi nel iudicare gli altri.187 Come tutti i suoi predecessori, Davide mette in guardia i novizii contro l'indiscreta macerazione del corpo mediante la quale esso vien rovinato, le forze ed i sentimenti scemano, lo spirito illanguidisce e tutto il progresso spirituale vien distrutto.188 Riferendosi a Rom. 12, 1 (rationabile obsequium vestrum) egli vi riporta la glossa del Lombardo: i. e. cum discretione, ne quid nimis sit, sed cum temperantia vestra corpora castigetis, ut non naturae defectu cogantur dissolvi, sed vitiis mori189 e la sentenza qui sopra citata di Gregorio Magno.190 Siamo sempre a quella., S. Bonaventura batte le stesse orme quando scrive che nella disciplina monastica relativa al silenzio, al cibo, all' abito, al lavoro, alla veglia ecc. non consiste tal virt salutare quasi che senza di essa non vi sia salute.191 Per ci che spetta poi la macerazione del corpo essa non piace a Dio per s, ma solo in quanto c seco la pena del dolore spirituale. Indi pone come regola la massima espressa dall'antichit cristiana fino a lui, doversi osservare nella mortificazione del corpo la via di mezzo, non essere troppo indulgenti affinch non perdurino le cattive voglie della carne, n troppo rigorosi affinch non ne vada di mezzo la natura.192 L'ordine romitano di S. Agostino non fece che riattaccarsi all'antica tradizione come appare, oltrech dagli statuti gene-/403/rali di gi esaminati, principalmente in due opere moltissimo diffuse e lette nell' ordine, cio Augustini Sermones ad fratres in eremo e Lber qui dicitur vitas fratrum compositus per Fr. Jordanum de Saxonia. Come noto i primi hanno per autore un agostiniano quantunque Lutero quand'era giovane monaco abbia sostenuto contro Wimpfeling esserne autore S. Agostino:193 in essi si parla spesso del digiuno, ma sempre viene riportata la sentenza della regola: domate la vostra carne astenendovi da cibi e bevande, in quanto lo permetta lo stato di salute.194 Ma ben pi ancora era nell' ordine reputato come norma ed in uso il libro di Giordano per ragione
ne quid nimis a proposito del digiuno. 184 2. 2. qu, 188, a. 6 ad 5. V. sopra p. 194, n. 3. 185 Contra retrahentes a religionis ingressu, c. 6: Adduntur etiam in religionis statu multae observantiae, puta, vigiliarum, jejuniorum et sequestrationis a saecularium vita per quae homines magis a vitiis arcentur, et ad virtutis profectionem facilius prmoventur. 186 1. 2. qu. 108, a. 4 ad 3. 187 David de Augusta, De exterioris et interioris hominis compositione, (ed. Quaracchi 1899), p. 80: ... qui duram vitam in corporali exrcitatione servant, affligentes corpora sua ieiuniis, vigiliis et aliis laboribus corporalibus, et putant hoc summum in Religionis observantia esse, et interioris dulcedinis ignari, de veris virtutum studiis, quae in spiritu et mente sunt parum curant. Hi, quia in se sicci sunt et aliis in iudicando severi solent esse, bene amari et amaneantes dici possunt. 188 Ibid., p. 162. 189 V. Migne, Patr. L, t. 191, p. 1496. 190 Ibid. Raccomando al lettore di leggere lesposizione si razionale che continua a fare Davide. 191 De sex alis Seraphim, c. 2, n. 7 (Opp. ed. Quaracchi, VIII, 134) 192 In Sentent. IV, dist. 15, parte 2a, a. 2, qu. 2, ad 1 et 8. Cita alluopo il passo riportato di Guglielmo di St. Thierry. Nella sua Legenda S. Francisci, c. 5 (Opp. VIII, 518, n. 7), S. Bonaventura parla come S. Bernardo della discretio quale auriga virtutum. 193 Weim. IX, 12. 194 Sermones 23-25 in Opp. S. Augustini (Parisiis 1685), t. 6, p. 327 ss.

dell'utilit pratica. Ivi, richiamandosi la stessa sentenza della regola, si ricorda ai frati che gli uomini spirituali per la virt dello spirito debbono domare la loro concupiscenza della carne mediante digiuno ed astinenza.195 Colui al quale il rigore dell'ordine pare troppo mite (come di fatto), pu intraprendere speciali macerazioni, per quanto lo permetta lo stato di salute e presupposto che avvenga con misura (cum discretione), col permesso del superiore (de licentia superioris) e senza scandalo dei frati (sine fratrum scandalo).196 Se non vi sono queste tre cose, scrive egli poscia, la singolarit nel frate biasimevole (reprehensibilis)197 e s'appella al passo citato di S.Bernardo In Cant. sermo 19. Coi superiori poi Giordano insiste che non inducano a disperazione i frati per indiscreto rigore.198 Ma che cosa c'insegnano su questo soggetto i mistici tedeschi ed altri dottori loro affini ? Enrico Susone, che pure /404/ era molto rigoroso con s, confessa cionondimeno: il rigore corporale rende piacevoli le cose (spirituali), se per viene praticato con moderazione. vale a dire con discrezione.199 Tu devi ammettere in te tanta rigidit quanta tu puoi applicare col tuo debole corpo, affinch muoia in te il vizio e tu viva a lungo col corpo. Noi siamo di diversa costituzione: ci che per uno va bene, non conviene ad un altro.200 Mentre cos insegna il Susone si appoggia semplicemente a Cassiano ed a San Bernardo. Parlando in generale , dice, molto meglio esercitare rigore prudente che dissennato. Ma poich difficile trovare la via di mezzo cos da consigliarsi si stia piuttosto alquanto addietro anzicch ardire d'andare troppo avanti; giacch avviene spesso che se si toglie fuor d'ordine troppo alla natura, bisogna poi ridarle troppo fuori d'ordine.201 E che cosa insegna il telogo preferito di Lutero, Taulero? Sappiate che digiunare e vegliare un ben forte aiuto per la vita divina, per quanto l'uomo lo possa; ma poich un uomo ammalato di testa malata - in questo paese la gente ha proprio teste cattive - e l'uomo trova che qualora acciacchi la sua natura e la voglia rovinare, deve poi sopprimere i digiuni, anche se dovesse digiunare per precetto, pigiati licenza dal tuo confessore, e nel caso che per mancanza d'occasione non ottenessi la licenza, pigliala da Dio e mangia qualche cosa, ed il mattino dopo va dal confessore e digli: ero ammalato e mangiai e ricevine indi il permesso. La santa Chiesa non ha inteso ne pensato che alcuno debba rovinarsi".202 E quantunque egli per es. esorti le claustrali ad essere diligenti in tutte le leggi del santo ordine, pure trova cos naturale che una vecchia suora ammalata non debba digiunare o vegliare o fare opere esteriori oltre le forze . Chiesa ed ordine non vogliono rovinare alcuno: al contrario tutto/405/ ci che onestamente in via ordinaria vi occorre, siano abiti o pelliccia, in quanto n'avete bisogno, Dio e 1' Ordine vel concede certamente .203 Perfino Gersone, egli pure tanto stimato da Lutero,204 e che tuttavia si energicamente sostiene la vita rigorosa dei certosini riportandone il biasimo di Lutero, da relativamente alle penitenze, come pure per tutti gli altri esercizi, il consiglio: Ne quid nimis, doversi battere laurea via di mezzo205 e finalmente inculca a tutti la virt della discrezione nell'e- sercizio dell' astinenza: anche i padri fecero cosl insertando che l' astinenza indiscreta conduce a fine peggiore, cui piu difcilmente pu ripararsi,
195

Vitas fratrum (Romae 1587), 1. 4, c. 9, p. 70: Quia caro concupiscit adversus spiritum, spiritus vero adversus carnem, ne concupiscentia carnis possit praevalere, debent spirituales viri per virtutem spiritus carnis concupiscentiam reprimere. Quod quidem fit per ieiunium et abstinentiam . 196 Ibid. c. 10, p. 72 s. La cosa viene svolta a lungo nel c. 11, p. 76 s. Ivi scrive inoltre, fondandosi su Conlat. 2, 11, che i frati debbono sottomettersi al judicium seniorum . Anche la discussione sulla discrezione si fonda quasi esclusivamente sulle Conlationes Patrum. 197 Ibid. c. 12, p. 80. 198 Ibid. 1. 2, p. 70: Cavere debent praelati, ne sua indiscreta asperitate fratres in desperationem inducant. 199 Lber epistolarum nel Cod. theol. 67 della cvica biblioteca di Stuttgart, fol. 54b. Cfr. inoltre Denifle, Seuses Leben und Schriften, I.617: esercizio corporale aiuta un po', purch non sia troppo. 200 Denifle, 1. c., p. 157 s. 201 Ibid., p. 158
202

Prima predica nella 4a domenica dopo la Trinit, da una copia del cod. strasburghese bruciato. Cfr. l'ediz. di Francoforte II, 138s. con testo cattivo. 203 Ediz. di Francoforte I, 207 s. corretta su nel testo dietro il Cod. germ. Mon. 627, fol. 131. 204 Erl. 7, 44. V. sopra p. 346. 205 De non esu carnium apud Carthusienses, Opp. II, 723. Egli cita anche il verso d'Orazio (Sat. I, 1, 106): Est modas in rebus, sunt certi denique fines, Quos ultra citraque nequit consistere rectum).

che non la smoderata voracit. Questa discrezione meglio che altrove viene osservata nell'umilt ed obbedienza in quanto che si lascia da parte il proprio capriccio e si accetta docilmente il consiglio degli esperti. Ma questa obbedienza, madre della discrezione, ove mai trovasi pi a posto che presso i religiosi?206 L'eccesso nell'astinenza reca danno ai sensi ed al giudizio.207 Tutto questo noi qui addietro l'ab- biamo appreso da altri. L'aureo libretto dell'Imitaxione di Cristo non si distacca d'un ette da queste regole dei dottori di spirito. Negli esercizi corporali (vale a dire mortificazioni) bisogna osservare la misura e non debbono essere assunti e fatti da tutti nella stessa maniera .208 Alcuni incauti per amor della grazia della divozione distrussero s stessi volendo fare pi di quanto potevano, non badando alla misura della loro piccolezza, s /406/ invece seguendo piu 1'affetto del loro cuore che non il giudizio della ragione; e poich intrapresero piu di quello che piacesse a Dio, perci perdettero la grazia. I giovani e gl'inesperti sulla via di Dio vengono fcilmente ingannati e fiaccati se non si lasciano guidare dai consigli dei prudenti: se seguono piu il loro giudizio che gli esperti tanto piu pericolosa sar la loro riuscita.e fine.209 Ma come, per ragione di brevit, debbo lasciar da parte non pochi scritti di quell'epoca, per es. i minori di Tommaso da Kempis, sorvolerei altresi Gerardo di Ztphen della fine del seclo xv, quando Lutero non l'avesse fin dalle prime celebrato e pregiato come sano teologo (identificandolo a torto col celebre Gerardo Groote).210 Nell'opera De. spiritualibus ascensionibus, presa appunto in considerazione da Lutero. Gerardo enumera i mezzi contro la gula, e in generale contra la concupiscenza: essa va conculcata col digiuno, le vigilie, le letture e frequente contrizione di cuore. Se ponendo scopo delle penitenze nella domatura della carne e della concupiscenza si addimostra concorde colla tradizione ecclesiastica, altrettanto fa Gerardo quando propugna l'osservanza della misura: l'uomo spirituale deve arrivare a potersi contenere dal dilettevole e contentarsi del necessario sia nella qualit sia nella quantit: quanto alla prima non cercando cose delicate e singolari, quanto all'altra non eccedendo la misura. Che se a seconda della capacita degli uomini e varia la misura (quamvis varia est capacitas mensurae hominum) pure in tutti v' solo uno scopo dell'astinenza che cio nessuno venga tacciato d'intemperanza (ingluvie) giusta la misura della sua capacita. La sobrietas mira anzitutto a che sia osservato un digiuno moderato ed eguale (aequale moderatumque ieiunium observetur).211 Ma questo basti. /407/ Circa il tempo stesso che Gerardo di Ztphen in Germania, scriveva in Francia Raimondo Jordanis, noto sotto il nome d' Idiota. Egli indaga quale sia la va piu dritta che conduce a Dio quando scrive: colui il quale fa pellegrinaggi, imprende mortificazioni della carne, fa elemosine, costui viene spesso assalito (impetitur) dal vento della vanagloria, e mentre crede d'arrivare a penitenza, cade nell' inferno. Quindi, o signor Ges Cristo dispensatore della carita, non il digiuno, non la preghiera, non l'elempsina sono per nulla (omnino) la via dritta di venire a te, ma la carit e la tua carit la via piu retta senza deviazioni, ecc..212 Unicamente l'amore, scrive, protegge l'uomo da tutte le part, mentre ogni altra virt tiene in vista solo un lato, come, per es., l'astinenza protegge solamente contro la gula. Ed in generale, per nominare soltanto questi due, non avrebbero "alcun valore elemosine e digiuni se non fossero diretti e difesi dalla carit" .213
206

Ibid., p. 729: Nolo putet me aliquis per dicta quaecunque praecedentia secludere velle discretionis virtutem in abstinentia vel servanda vel assumenda. Seto itaque et sic Patres determinant, quod ad deteriorem exitum et cui minus est remedii, trahit abstinentia indiscreta, quam edacitas immoderata etc. 207 Ibid.: ... ne sensus efficiantur hebetes ac stolidi per excessivam in jejunio aut fletu abundantiam, et ut non ex consequenti rationis iudicium evertatur etc. Seguono altre discussioni relative. 208 Imit. I, 19. 209 Ibid., III, 7. 210 V. sopra p. 174, n. 5, la citazione dal Commentario di Lutero sulla lettera ai Romani (del 1516). Nei suoi Dictata sul Salterio (Weim III, 648) rettamente lo dice (nel 1514 c.) Gefardus Zutphanienss. Su di lui v. dell'altro pi sotto. 211 Nell'opera su citata, c. 56 (Bibl. max. Patrum, t. 26, p. 281). Al c. 57 Gerardo scrive inoltre circa lo scopo delle mortificazioni: cum per macerationem carnis et alia exercitia affectus mundatur et caro ita spiritui subiugatur, nt rarius tentetur et facili labore tentatio cedat etc. 212 Contemplationes de amore, divino, c. 17 (op. Sommalii, Venetiis 1718, p. 337). V. S, Tommaso sopra p. 399, n. 4. 213 Ibid., c. 15 (p. 334). V. sotto p. 411 n. 3.

semplicemente un'eco dell'epoca di Ugo da S. Vittore quanto udiamo dirsi in Italia all' inizio del secolo xv da S. Lorenzo Giustiniani : affatto necessario che ognuno osservi l'arte della sobriet, sicche uccida i vizi e non la carne, poich di frequente perseguitando come nostro nemico la carne, uccidiamo insieme il cittadino che amiamo, massima antica che il santo sviluppa ulteriormente.214 Questa dottrina vigeva universalmente nella Chiesa e la troviamo nel secondo decennio del secolo xvi in Ispagna quando S. Ignazio nella 10 aggiunta alla prima settimana degli esercizi permette la sottrazione del cibo e del sonno come altre mortificazioni solo in quanto la natura non ne soffra danno e non ne derivi notevole debolezza o malattia. /408/ Smilmente alcuni anni prima in Francia, Raulin teolog:o a noi gi noto e s rigoroso verso se stesso, ha rappresentato la discrezione nell'uso della penitenza siccome una virtu necessaria sia allo zelo privato dei singoli individui,215 sia per la missione officiale dei confessori, che debbono imporre la penitenza al penitente.216 certo che nessun dottore riconosciuto della Chiesa ha mai attribuito alle opere di penitenza un valore assoluto o uno scopo, pel quale Lutero abbia dovuto mortificarsi s fuori di misura nel chiostro: tutti condannavano l'eccesso negli esercizi di mortificazione e raccomandavano la discrezione. E tanto piu essi insistevano sull'interno perch pegli esercizi esterni si spesso era trascurato da gente di poco giudizio. Tali avvertimenti noi cogliamo anche dalla bocca di semplici predicatori che del resto non potevano elevare la pretesa di essere enumerati fra i grandi teologi e santi. Disgraziatamente capita in molti spirituali, predica uno di essi a N'orimberga nel sec. xiv, che essi ripongono la loro perfezione. esclusivamente in atti esteriori commendevoli, come cantare e pregare colla bocca, digiunare e stare in ginocchio, dormir poco e giacere duramente. Oueste cose bisogna esercitarle con sollecita moderazjone. Ma la maggior cura deve essere di preparare con esse interiormente il cuore al re di ogni felicita ecc. .217 Ivi il predicatore non fa che dare rilievo all'interno, del quale deve essere penetrata ogni azione esterna. Piu d'un secolo dopo Geiler von Kaisersberg predica a Strasburgo: se tu non entri in te stesso a domare te stesso /409/ e ad esercitare e possedere le virtu della carita, dell' umilt e pazienza e le altre, tu nulla fai di piu di quegli il quale stringe alle gambe i legacci senza la scarpa, - tutto ci un'irrisione, che tu lavori intilmente: le cose opprimono te, ma tu non domi te stesso. Doma il digiuno, doma la veglia, doma il dormir duro, doma il portar abiti rozzi, doma il silenzio, lo star racchiuso; tutto ci doma. - Ma tu non riesci a principiare,218 vale a dir a domare te stesso ed a raggiungere le predette virt: quindi tutti gli esercizi per quanto domino non riescono a nulla. Essi dunque, secondo la sentenza surriferita del predicatore di Norimberga, vanno fatti moderatamente, cio con discrezione, con misura e questo nel medioevo era cosa s nota ed evidente che la dottrina della moderazione cio larte di colpire in tutto la giusta misura, il giusto mezzo, era entrata in Germania anche nella coscienza popolare del medio evo.219 Ne testimone la poesia popolare tedesca. Ci troviamo in presenza d'un principio fondato sulla esperienza ed insieme d'un
214

De sobrietate, c. 3 (Opp. Basileae 1560, p. 90): Sic prorsus necesse est, ut artem sobrietatis quisque teneat, quatenus non carnem, sed vitia occidat. Saepe enim, dum in illa hostem insequimur, etiam civem, quem diligimus, trucidamus. La sobriet ragionevole ita corpus attenuat, ut mentem elevet et regat, ne res humilitatis gignat superbiam et vitia de virtute nascantur. Nam incassum per abstinentiam corpus atteritur, si inordinatis motibus dimissa mens vitiis dissipatur. Proinde per abstinentiam et sobrietatem vitia carnis extinguenda sunt, non caro. 215 Itinerarium Paradis. De penitentia, sermo 31 (ed. Lugdim. 1518). fol 71: Aliquando motns. vitiorum vult aliquis sine discretione excutere per penitentiam nimiam, adeo quod bona nature et gratie perdit. Sermo vom Closter-leben , che comincia Audi filia fol. : nel cod. citato a p. 358, n. 1. 216 Ibid. sermo 28, fol. 65 b: O portet ministrum (Dei) omnia disponere, super penitentem in numero, pondere et mensura. In eo enim debet esse discretio, que est omnium auriga virtutum in bello ex adverso omnium vitiorum. Ex quo necesse est, quod iudicium eius precedat discretio sicut auriga bigam; alioquin non esset Deo neque hominibus acceptus. E sermo 31, fol. 7: Sacerdos debet esse cautus et discretus in penitentiis iniungendis, ne se mensuret ad tongas ulnas, subditos ad breves... Discretio in sacerdote summopere querenda est, est enim non tantum virtus, sed auriga virtutum .
217 218

Sermo vom Closter-leben , che comincia Audi filia fol. 109b nel cod. citato a p. 358, n. 1. Der Has im Pfejfer (Strassburg, Knobloch, 1516) fol. Diij. 219 V. estratti della poesa popolare del medio evo sulla necessit della moderazione appo P. A. Weiss, Apologie des Christentumsl, I, confer. 15, p. 611 ss.; 613 ss.

compendioso riassunto di quanto fin qui abbiamo udito dai dottori cattolici anteriori a Lutero intorno alia necessit della discrezione, quando Tommasino di Zerclaere canta: Man sol die mze wohl ersehn Bisogna ben scegliere la misura An allen Dingen, daz ist. guot; in tutte le cose, ci bene: 220 n Mze nicht wohl behuot. senza misura niente ben difeso. Perfettamente nello spirito della S. Scrittura il poeta dice: Ein jeder weise Mann gesteht, Dass Bescheidenheit vor Strke geht.221 Ogni uomo saggio ritiene che la moderazione va preferita alla forza.

/410/ Come la sregolatezza madre di tutti i peccati,222 cosi la discrezione origine di tutte le virtu.223 Chi non conosceva il detto che segue di Freidank?: Ich bin genannt Bescheidenheit, Diu aller tugenden krone treit.224 Il mio nome discrezione che porta la corona di tutte le virt

Essa una virtu che sta fra due vizi,225 cio fra il soverchio e il troppo poco. Con tutti gli antichi dottori della vita spirituale e cristiana si riconosceva inoltre che mentre l'eccesso fratello dell'instabilit, fermezza e misura sono figlie della medesima virt.226 Qui poi troviamo pieno accordo fra la dottrina cristiana e la poesia popolare. Che meraviglia? La fede cristiana da quest'ultima fu anzi detta: Der orden vom rechten Masz. 227 L'ordine della giusta misura.

Ma finiamo la nostra discussione. Tutta l'antichit cristiana fino a Lutero ha insistito sulla virt della discrezione, sull'osservanza della misura in tutte le cose e ci specialmente in riguardo delle opere di penitenza, anzi essa piu ha riprovato l'eccesso nelle medesime che la deficienza, in cui pi che nell'altro caso si addimostra la mancanza di giudizio, col quale l'anima deve vigilare sul corpo siccome la parte piu debole egualmente premurosa e di non opprimerlo e di non lasciarsi opprimere da esso. Questo modo di concepire la cosa era voluto senz'altro dal vero e primo scopo che la dottrina ecclesastica fissava alle macerazioni, cio il raffrenamento della carne, del fomite del peccato, in maniera per che non n'avesse a morire la carne ed in conseguenza ne patisse danno la cosa principale, vale a dir l'esercizio dello spirito, la piet. Perche il fomite del peccato, la concupiscenza, ci rimasta come conseguenza del peccato, come pena, cosi l'ammorzamento /411/ della concupiscenza, del piacere carnale mediante il digiuno ed altre mortificazioni piglia anche la forma di soddisfazione penale per l'accennata conseguenza del peccato orignale, presupposto per che la penitenza sia accompagnata alla piet, poich giusta la sentenza d' Ugo da S. Caro lesercizio cor220

Der welsche Gast 613-615 (edizione di H. Rckert). Ibid. 85 13 s. 222 Ibid. 13802. 223 Rinkenberk 7 appo Hagen, Minnesinger I, 339. 224 Nella sua poesia Bescheidenheit 1, 1. 2. Sebastiano Brant procur nel 1508 una nuova edizione di essa, nella quale si riconosceva una vera miniera di sapienza popolare. 225 Tommasino 9993 s. 226 Idem 12338 ss.
221 227

Parzival 171, 13. Cfr- Weiss, 1. c. p. 615.

porale non che il guscio, mentre invece la piet, della quale fa parte anche la mortificazione delle passioni e delluomo interiore, il nocciolo.228 Come lucerna, nel formarsi questa concezione, serv per tutta lantichit cristiana la sentenza gi citata di S. Paolo nella prima lettera a Timoteo (4, 8): Lesercizio corporale utile a poco, la piet invece a tutto. Con queste parole l'apostolo non rigetta lesercizio esteriore, non lo dichiara senza valore e superfluo, ma pensa che in confronto colla disciplina interiore dello spirito e col sentimento interno della carit verso Dio ogni esercizio corporale ha unutilit limitata. Su ci formossi nella Chiesa fino a Lutero una tradizione unanime, specialmente a partire dall'ambrosiaster, il quale scrive: Digiuno ed astinenza da cibi giovano poco se non vi si aggiunge la piet. Questultima merita Iddio; gli esercizi del corpo non sono che freni della carne. Se uno non possiede che gli esercizi del corpo, soffrir poi le pene dell' inferno.229 In tutti i posteriori commentarii ci risuonano queste parole e mediante la glossa e la Collectanea di Pier Lombardo230 questa, /412/ concezione, ormai comune, fu rammentata continuamente ai teologi posteriori. Come abbiamo visto231 Tommaso d'Aquino non ha fatto che svolgerla scientificamente: tanto egli quanto gli altri dottori ed oltracci la glossa di Niccol di Lira232 hanno tramandato ai posteri fino a Lutero quella dottrina ed il Lutero anteriore al 1530 l'aveva accettata. C) Lutero prima del 1530 intorno alle mortificazioni ed alla discrezione. Riferendosi al raffrenamento del fomite del peccato, Lutero nel 1519 predica: A tal uopo sono istituite le veglie, i digiuni, le macerazioni corporali e simili, le quali tutte hanno per scopo, e tutta la sacra Scrittura l'inculca, di mitigare e sanare questa gravissima malattia.233 Lutero, quindi, come S. Tommaso, prima del 1530 compara il digiuno e le altre mortificazioni ad una medicina, per sanare il grave guasto della natura inferiore, il fomite del peccato; l'uno e l'altro conoscevano la preghiera della Chiesa, in cui espresso tale pensiero.234 In modo ancor pi chiaro ed insieme ricordando la discrezione si esprime Lutero giusta un'altra tradizione a noi giunta della predetta predica: ci che gli apostoli ardirono prescrivere e determinare con certe leggi, anche la Chiesa non l'ha trattato diversamente, se non per mortificare la carne, in modo per che i deboli ed ammalati non siano oppressi o posti in pericolo con questi gravami235 Eppure era egli allora di gi contrario al digiuno uniforme in determinati giorni. /413/ Nel marzo 1520, allorquando il suo umor nero contro la Chiesa era tanto progredito che, in procinto di darle addio, non s'atteneva piu ai suoi precetti come tali, confess nondimeno che digiuno, veglie,
228

Comment. in ep. 1 ad Timoth., c. 4 (ed. Venet. 1703, t. 7, fol. 215). Ma ben prima di Ugo, Cassiano aveva riposto la dottrina relativa a questo nelle sue Instit.V,c. 10 (ed. Petschenig, p. 88 s.): Ad integritatem ments et corporis conservandam abstinentia ciborum sola non sufficit, nisi fuerint quoque ceterae virtutes animae coniugatae etc.; c. 11: Impossibile est extingui ignita corporis incentiva, priusquam ceterorum quoque principalium vitiorum fomites radicitus excidantur. La mortificazione dei sensi non sarebbe che un mezzo secondario perla mortificazione dell'interno dell'uomo. Cfr. anche c. 12. 229 Comment. in ep. 1 ad Timoth. 4, 8 (Migne, Patr. I., t 17, p. 500). 230 In ep. cit. (Migne, 1. c., t. i92,p. 348): Corporalis exercitato - quasi dicat: ideo de pietate moneo, quia corporalis exercitatio, in qua te fatigas jejunando, vigilando, abstinendo, quae sunt frena carnis (cosi pur la Glossa interlinearis), ad modicum est utilis, nisi huic addatur pietas. Ad hoc enim tantum valet, ut quaedam faciat vitari vitia, quibus vitatis careat poena illis debita, sed non omni. Pietas autem, quae operatur bona fratribus, valet ad promerendum Deutn etc. 231 Sopra p. 399 s. 232 In ep. cit: A corporalis exercitatio: in ieiuniis et vigiliis huiusmodi; a) ad modicum utilis: scilicet ad repressionem concupiscentiae carnis; a) Pietas autem etc.: cum lene disponat hominem ad Deum et ad proximum.
233

Ad hoc institutae sunt vigiliae, ieiunia, corporum macerationes et id genus alia, quae omnia eo tendunt, immo universa scriptura hoc agit, ut expietur saneturque morbus hic gravissimus . Weim. IV, 626. 234 Feria V post dom. Passionis: Praesta quaesumus omnipotens Deus ut dignitas conditionis humanae per immoderantiam sauciata, medicinalis parsimoniae studio reformetur . 235 Weim. IX, 434: ... Quod enim Apostoli praescribere et certis legibus prefinire ausi sunt, nec Ecclesia aliter tentavit (tractavit?), quam ad mortificandam carnem et quatenus infirmi et imbecilles (ut pregnantes) etiam his oneribus non premantur, laborent ac periclitentur .

lavoro sono istituiti per ammorzare e uccidere le brame e piaceri carnali e quantunque dia ai singoli il consiglio di digiunare senza badare se sia contro il precetto della Chiesa o la legge del'ordine e degli stati di vita, secondo il proprio giudizio per quanto lo permette la salute e gli pare utile, pure aggiunge: poich nessun precetto della Chiesa, nessuna legge d'ordine pu apprezzare ed inculcare il digiuno, la veglia ed il lavoro piu di quel tanto ed in quanto che servono ad ammorzare e mortificare la carne e le sue brame. Ove venga valicato questo confine e si compiano digiuni, diversit di cibi, dormire e vegliare piu di quanto possa soffrire la carne ed necessario per mortificarsi e cosi si rovini la natura e si guasti la testa, nessuno creda di aver fatto opera buona, o di potersi scusare coi precetti della Chiesa e le leggi dell'ordine. Egli sar stimato come uno che si trascura, e, per quanto in lui, si fatto assassino di se stesso, poich il corpo non dato per uccidergli la sua vita od operazione na turale, ma solo per mortifcarne la baldanza.... perch al lascivo Adamo sia tolto il solletico.236 Qui noi abbiamo dalla bocca di Lutero quanto i dottori cristiani fino a lui hanno insegnato intorno allo scopo delle mortificazioni e che noi udimmo da essi qui addietro. Ma il Lutero della prima maniera non solo sviluppa in un colla Chiesa lo scopo giusto nelle mortificazioni ed insegna la discrezione, bens spezza insieme una lancia per la relativa necessit delle medesime ed a vero dire principalmente dopo quel tempo, in cui per lui dovevano essere quasi mortifere, a partire da quel tempo, in cui egli s'era liberato da esse come dannose. Tutto ci che danneggia il senso ed contrario all'uomo vecchio, come la mortificazione del medesimo e l'esercizio di buone opere, il bene visibile dell'uomo nuovo, e la sfrenatezza della carne, la negligenza dello spirito forma /414/ il suo male visibile.237 Il digiuno una delle armi piu potenti dei cristiani: la gola, alla sua volta, la macchina pi potente del diavolo ,238 scrive egli nello stesso anno 1516. Due anni piu tardi anzi cosi si esprime: la nostra ingiustizia va continuamente spenta con sospiri, veglie, lavoro, preghiere, umiliazioni ed altre porzioni della croce, e finalmente colla morte.239 Nel primo Commentario sulla lettera ai Galati del 1519, che gi molto spinto ed in cui specialmente spicca la sua dottrina circa la giustificazione, Lutero scrive che la carit non oziosa, ma che attivamente crocifigge la carne, e si diffonde per purificare tutto l'uomo.240 All'asino prepotente, predica egli in quel torno, bisogna levare la biada, perch non si rompa le gambe in un sito sdrucciolevole: va stancato col lavoro fino a che gli passi il bruciore ,241 pensiero questo che non proprio di Lutero. ma fu tolto in maniera libera da S. Agostino.242 La carne sbrigliata, cosi Lutero nella medesima predica, va domata con molto digiuno cio con minore nutrimento, con veglie, lavori, allontanamento degli occhi dall'oggetto gradito.243 Nell'anno seguente predica che noi dobbiamo mortificare e quietare con digiuni, veglie e lavori la materiale, cattiva brama della carne.244 Anche quando aveva gi dato di fatto /415/ addio all' obbedienza verso il papa e la Chiesa, egli tiene tanto a questo che nonostante le sue calorose esortazioni di non uccidere la carne, ma la sua baldanza, pure ne fa un'eccezione: e sarebbe qualora la baldanza fosse si potente e grande che non le si potesse resistere suficientemente senza rovina e danno della vita naturale.245 E
236 237

Weim. VI, 246, nel sermone delle buone opere. In ep. ad Rom., c. 12, fol. 256: Bonum visibile novi hominis est omne quod malum est sensualitati et contrarium veteri homini, ut sunt castigatio veteris hominis et bonorum operum exercitatio. Sicut e contra malum visibile est omne, quod bonum est veteri homini et amicum, ut sunt licentia carnis et negligentia spiritus . Del 1516. 238 In Ep. ad Rom., c. 13, fol. 271: Jejunium est unum de armis potentissimis christianorum; gula autem potentissima diaboli machina. 239 Weim. I, 498. 240 Weim. II, 536. 241 Weim. IV, 626. 242 Sermo de Cant. novo, n. 3: Habes viam, ambula, sollicitus tamen doma jumentum tuum, carnem tuam, ipsi enim insidet anima tua. Quomodo, si in hac via mortali jumento insideres, quod te gestiendo vellet praecipitare: nonne ut securus iter ageres, cibaria ferocienti subtraheres et fame dentares, quod freno non posses? Caro nostra jumentum est: iter agimus in Jerusalem, purumque nos rapit caro et de via conatur excludere: tale ergo jumentum cohibeamus jejuniis. 243 Weim. IX, 434. 244 Weim. VI, 245. 245 Weim. VI, p. 246.

sebbene insegni che ove cessi la baldanza della carne scompare pure la ragione delle macerazioni, tuttavia mette in avvertenza con piena ragione contro lo scaltro Adamo, il quale maliziosamente va cercando licenze per s e pretesta danno del corpo e della testa, come sostengono alcuni, e dicono non essere necessario n comandato di digiunare e di mortificarsi, vogliono mangiare questo e quello senza tema, quasi che si fossero per lungo tempo molto esercitati con digiuni, che essi non hanno neppure tentati.246 Trascuro qui ulteriori prove e ricordo soltanto che Lutero anche molti anni prima del suo matrimonio, quindi 4-5 anni dopo l'apostasia, scrive contro i profeti celesti: il terzo ora il giudizio, l'opera di mortificare l'uomo vecchio, dicesi nella lettera ai Romani 5, 6, 7, e vi concorrono le opere, i patimenti e martirii, ed anche che noi con volontaria violenza e digiuno, vigilie, fatiche ecc. o con altre ostilit e offese mortifichiamo la nostra carne .247 Cosi tardi quindi, anzi perfino dopo il 1530,248 Lutero fa testimonianza a favore della giustezza della dottrina cattolica circa la relativa necessit delle mortificazioni. Noi per dalla sua bocca udiamo ora a poco a poco anche la rampogna che gli esercizi di penitenza sotto il papato avrebbero avuto lo scopo di trovare Dio o Cristo, di placare il giudice severo, di ottenere la remissione dei peccati; tale concezione egli non la conosceva prima da parte della Chiesa e dei dottori di spirito e teologi. Ugo da S. Caro, a lui ben noto, parla a nome di tutti, anche di Lutero, quando esclama: pu forse Iddio venire placato per la mortificazione dell'uomo esteriore? /416/ No !.249 Allorquando Lutero entr nell'ordine ad Erfurt, quella sua dottrina era da piu d'un millennio tenuta da tutta la cristianit, ed egli si guard bene dall'accusare la Chiesa di un concetto contrario, invece, quanto piu andava avvicinandosi all'apostasia, sollev un altro titolo di biasimo, che cio essa abbia istituito determinati giorni di digiuno. Per questo egli esortava i fedeli di non attenersi all'obbedienza ecclesiastica, bens al loro proprio capriccio.250 Ci componevasi colla posizione da lu presa allora verso la Chiesa ed il papa: che per lui era ormai 1'anticristo. Per la dottrina circa lo scopo delle mortificazioni e circa la discrezione fu da ci s poco colpita come da1 suo zelo contro quei predicatori per colpa dei quali parecchie donne, che sono gestanti, tuttavia tengono fermo al digiuno con pregiudizio del frutto delle loro viscere,251 e cio se v'erano predicatori da strapazzo che ne fosero in colpa e mai annunciavano il giusto uso, misuri, effetto, ragione e scopo del digiuno,252 la colpa non era della Chiesa. Lutero lo sapeva e perci non ne la rese responsabile. Del resto - e di questo soltanto qui si tratta - Lutero meno che mai poteva sollevare lamenti sopra il suo ordine, cos facile in s, quasi che non si pigliasse alcuna pena dei malati e dei deboli o li trascurasse. Conosciamo gi in proposito alcuni principii generali nella regola, di cui Lutero rileva s spesso, come noto, la discrezione. Nel particolare poi difficilmente un altro ordine aveva prescrizioni si ragionevoli, umane o meglio espresse intorno al modo con cui debbono trattarsi gl' infermi che quell' ordine, nel quale Lutero era entrato ad Erfurt: in esso era fatto al priore un dovere della maggior premura e carit possibile verso dei medesimi: egli /417/ era obbligato a curare che si servisse loro come a Dio stesso e che nulla mancasse del necessario.253
246 247

Ibid., p. 247. Erl. 29, 140. 248 Per es. Erl. 1, 108 s.; 19 (2a ediz.), 420, Opp. exeg, XI, 124. 249 Numquid placari potest Dominus in millihus arietum i. e. macerando hominem exteriorem? Non, sed per istud quod sequitur: indicabo tibi o homo, quid sit bonum etc. In.ep. ad Rom., c. 3 (Opp. t. 7, fol. 26b) 250 Cosi per es. nel 1520 nel sermone delle opere buone, Weim. IV, 246: perci io voglio avvenga. che ognun scelga giorno, cibo e quantit per digiunare, come vuole, non nel senso che tralasci il digiuno, ma per questo che abbia occhio alla sua carne: quanto questa lasciva prepotente, tanto egli pratichi digiuni, veglie, lavori e niente pi, 1'avesse pure comandato papa, chiesa, vescovo, confessore e chiunque vogliasi!.
251 252

Ibid., p. 247. Ibid. 253 Gi la regola di S. Agostino ha alcuni consigli relativamente agli infermi. Nelle costituzioni, siano le antiche, siano quelle dello Staupitz, il lungo capitolo 1.3 tratta dei malati (quanta et qualis cura habeatur circa infirmos) e comincia: Circa fratres nostros infirmos tam novillos quam professos seu conversos caveat prior, ne sit negligens, quoniam cura de eis ante omnia et super omnia est habenda, eo quod soli Deo serviatur in illis. Seguono le prescrizioni. Gli allettati dovevano venire curati di e notte con ogni carit, il priore dovea curare che nulla mancasse, agli ammalati dovea darsi

Se noi ponderiamo ora il risultato al quale ci hanno condotto le indagini disseminate in questi tre capitoli, ci si affaccia naturalmente e con rimarcata insistenza la domanda: che valore hanno allora le dichiarazioni di Lutero citate all'inizio di questo pargrafo sulle sue penitenze esagerate e mortifere nell' ordine, che egli avrebbe compiute per trovare Dio e Cristo e placare il giudice rigoroso, per ottenere remissione dei peccati, fino a che dopo vane fatiche Dio per mezzo della consolazione di Cristo non lo liber mediante il nuovo vangelo, quindi del 1515, e lo indirizz per la retta via? D) Il Lutero posteriore in contraddizione coll' anteriore, colla dottrina dell'ordine e della chiesa. Non d' uopo dimostrare che tutti i luterologi protestanti influenzati dalle biografie di Lutero, adducono le posteriori asserzioni di Lutero sulle sue eccessive macerazioni nel chiostro, fatte per diventare partecipe della coscienza celeste, della vicinanza di Dio, della figliuolanza divina, siccome preludio trgico alla finale illuminazione da parte di Dio. Io invece, fin nella prima edizione di questo volume, p. 389, feci la domanda, ed a quanto so fui il primo a farla: Non sarebbe stato prima missione d' un indagatore scientifico, formato metdicamente, verificare, e in varia maniera, la giustezza delle asserzioni luterane? Quali mortificazioni prescrivevano le costituziooi dell' ordine in uso al tempo di Lutero? Il rigore dell'ordine corrisponde a quanto dice Lutero ? E poich i teologi protestanti avrebbero dovuto vedere che cos non , essi avrebbero potuto tirare provvisoriamente /418/ soltanto questa conseguenza: dunque Lutero s' assunto di proprio capriccio delle penitenze che 1'hanno condotto sull'orlo del sepolcro. Ma allora si sarebbero trovati davanti ad una nuova indagine da fare: avevano poi nella Chiesa le penitenze lo scopo loro attribuito da Lutero? annettevavi essa un valore assoluto? Mediante ricerca storica e metodica essi avrebbero trovato che la Chiesa, i suoi dottori e l'ordine di Lutero in particolare, raccomandano la penitenza allo scopo di mortificare, di reprimere la concupiscenza, non per uccidere la carne. Senza grande difficolt sarebbero riesciti a conoscere come, giusta l'unnime dottrina dei teologi e dottori della vita spirituale preluterani, alia mortificazione spetta il carattere di virt solo quando sia eserctata con discrezione e come quindi siano da evitarsi, anzi da condannarsi, mortificazioni fuor di misura, indiscrete. Essi tutti accennano al grave danno dell'indiscrezione e consigliano di fare in proposito piuttosto meno che di soverchio. Che ne consegue? Che qualora Lutero colle sue mortificazioni mirasse agli scopi da lui indicati, se le applicava fino all'eccesso, dovevane la colpa a se stesso, non alla Chiesa od al suo ordine. Che se poi avesse egli creduto di ottenere merc l'uso delle penitenze la certezza della salute, era semplicemente un balordo. Ed i teologi protestanti? Tutti, dai biografi e teologi, come Harnack, Seeberg ecc. fino ai piu ignoranti, accolgono i detti di Lutero senza critica alcuna, come si trovano. Annoverano le opere di penitenza claustrale di Lutero fra i sostegni che la Chiesa avrebbe vantato a lui e che invece gli si ruppero sotto le mani.254 Certamente l'Harnack credette d'aver pronunziato un'assennata sentenza quando riferendosi alle moltiplicate opere di Lutero, disse che costui vi aveva lavorato con maggior seriet dei suoi compagni.255 Ir. realt la una sentenza assai poco giudiziosa, che Lutero non ha fatto altro se non dimostrare la sua sconsigliatezza e concezione sbagliata - presupposto che siano vere le affermazioni di lui circa le sue penitenze. /419/ Ma e le sono poi vere? In qual tempo cadono esse ? Non sono forse in contraddizione fra di loro e coi fatti che hanno accompagnato la sua vita claustrale? Non favola, romanzo quanto egli disse sugli orrori della sua vita monstica? Naturalmente un teologo evanglico non si sarebbe nemmeno arrischiato a pur semplicemente pensare cos, ma io voglio nondimeno costringerli a pigliare la cosa seriamente e ad applicare la regola critica rispetto a Lutero. La nostra indagine si estende alle asserzioni di Lutero intorno l'eccesso delle sue penitenze, intorno allo scopo che egli aveva nel farle, ed all'poca di quelle asserzioni: dopo viene la soluzione.
quanto prescrivevano i medici e di cui avessero bisogno ecc.
254 255

Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschichte, III, 73 8. Ibid., p. 737, nota 2.

Per ci che spetta l'eccesso delle mortificazioni imprese da Lutero, anche al protestante pi limitato deve essere chiaro, che esso non gli era imposto n dal suo ordine ne dalla tradizione di esso, n dalla Chiesa: al contrario e l'ordine e la Chiesa pronunciavansi energicamente contro la sconsigliatezza negli esercizi di penitenza corporale, cos che sotto questo rispetto non vi attribuivano alcun pregio appunto pel difetto della discrezione: combinano pienamente in proposito anche le confessioni del Lutero anteriore. La prova di tutto questo sta nei tre capitoli precedenti, nel primo dei' quali anzi arrivammo alla conclusione, potersi in caso trattare soltanto dei primi cinque anni della vita monastica di Lutero. Cbi pertanto insegn a Lutero, chi gli permise di applicare tutti i mezzi d'una asctica massiccia , di gelare a morte, di estenuarsi col digiuno, colle veglie e la macerazione del corpo? Lutero stesso? E pare incredibile che l'uomo pi grande della Germania , il genio senza eguali che nasce tale e non si sviluppa gi a poco a poco, abbia agito si insensatamente, tanto piu che Lutero ha preso l'abito solo in et fatta, vale a dir a 23 anni. Oltracci egli era gi maestro di filosofa, che, a detta di Melantone aveva fin d' allora tirato su di s l'ammirazione dell' universit pel suo spirito luminoso.256 impossibile che quest'uomo celebre avesse dovuto lasciarsi confondere dal pagano Aristotele /420/ che pur sapeva come il bene ed in generale la virt non possibile senza la prdenza (fronesij) 257 Eppure meno che mai dopo l'ingresso nell'ordine e durante gli anni seguenti Lutero fu lasciato a se stesso. Dopo la vestizione egli, giusta la prescrizione delle costituzioni fu messo sotto la custodia del maestro dei novizi; dal quale dipendeva in tutto,258 tanto pi relativamente alle penitenze. S. Bernardo fin dal suo tempo riferendosi alla strada mediana da tenersi nel praticarle diceva: poich (tale strada) un uccello raro nei nostri paesi, cos, cari fratelli, la virtu dell' obbedienza supplisca in voi la discrezione in maniera che non facciate n piu, n meno, n cosa diversa dalle comandate .259 Noi abbiamo gi udito ripetere da Gersone questa massima, 260 che fu un principio fondamentale nelle corporazioni monastiche. Quindi anche Lutero durante il noviziato ebbe da ubbidir al maestro dei novizi o, come era pur detto, al precettore. Ebbe egli forse la disgrazia di incontrare un maestre piuttosto imprudente, giovane, esagerato, che tenesse molto in conto l'eccesso nelle penitenze od il servizio delle opere? Tutt'altro. In quel periodo della sua vita, nel quale Lutero ha trovato da ridire pressoch di tutti, egli dice del suo precettore: era un uomo eccellente, e senza. dubbio un vero cristiano sotto 1'abito dannato di monaco. 261 Secondo il Lutero di quell' poca, in cui fa questa confessione, il vero cristiano non fa calcolo alcuno del servizio delle opere, taccio poi dell'eccesso nel medesimo. Ora questo accorto vegliardo come lo appella un'altra volta,262 avrebbe forse osservato senza scomporsi che il novizio a lui affidato si esauriva a /421/ morte in mortificazioni? Eppure conosceva le doti di Lutero e quale utile egli potesse portare all'ordine: gli diede anzi da leggere durante il noviziato S. Atanasio )). 263 Inoltre, come racconta Lutero un'altra volta, non aveva egregiamemente saputo questo precettore consolarlo nelle sue tentazioni in maniera da metterlo quieto? 264 Sotto il precettore rimase il giovane fino a che stette chierico; quindi Lutero fu sotto la direzione di quest5 uomo vecchio, prudente, fino al 1507, vale a dir fino all'ordinazione sacerdotale. Da allora, cio nel terzo anno della sua dimora ad Erfurt, Lutero stette sotto l'autorit esclusiva del priore. Forsech Lutero vi si sottrasse e, senza che il priore ne sapesse, si mortific a morte? Ma Lutero dice:
256 257

V. Kstlin-Kawerau, I, 44. Eth. ad Nicom. V, 13; X, 8. 258 Trattano di ci il capitolo 17 delle costituzioni antiche e que"? dello Staupitz del 1504: vi richiama sopra l'attenzione anche lo stesso titolo: Qualis debeat esse magister noviciorum, et de quibus ipsi novicii instru > tur. II capitolo comincia: Prior preponat noviciis unum ex fratribus, doctum, honestum, virum probatum ac nostri Ordinis precipuum zelatorem. 259 In Circumcis. Dom., sermo 3, n. 11 (Migne, Patr. I., t. 183, p. 142 . 260 V. sopra p. 405. 261 Al 1532 presso De Wette, IV, 427: Vir sane optimus et absque dubio sub damnato cucullo verus christianus . 262 Cos lo nomina Lutero nel 1540 V. Lauterbach, Tagebuch auf das Jahr 1338, herausgegeb. v. Seidemann, p. 197, n. 263 Sono i Dialogi IIIdi Vigilio, vescovo di Tapso. Enders IX, 253, n. 1. 264 Opp. exeg. lat. XIX, 100 (1530).

io non avrei preso un centesimo senza che lo sapesse il mio priore.265 Io qui gli credo sulla parola, quantunque si sia posto una trappola. Per una serie d'anni noi lo vediamo nel chiostro esercitare esteriormente e nelle cose esteriori cieca obbedienza sebbene, a sua confessione, come vedremo nel prossimo paragrafo, nel suo interno fosse tormentato fortemente dal suo amor proprio. Per quanto noi possiamo seguire la traccia dei suoi scritti egli vi sostiene sempre la necessit della cieca obbedienza clastrale. Eccone alcune prove. Interpretando il versicolo 2 del salmo 1: nella legge del Signore la sua volont, Lutero dice: ancora oggidi v'ha di quelli, che col loro sentimento gonfiato ed opere perverse vogliono che la legge di Dio sia nella loro volont e non la loro volont nella legge di Dio. Ci che a loro piace, ci che essi determinano e propongono vogliono che piaccia a Dio. Di simil fatta sonvi ora specialmente molti religiosi, che si riservano il giudizio sopra il comando del loro superiore. Ora ci essere non sotto, ma sopra il superiore. Al religioso deve bastare un solo motivo di obbedire, quello cio che ha promesso obbedienza. Egli non deve chiedere col serpente del paradiso il perch. Dio non vuole sacrifici, ma obbedienza, ne guarda alle grandi nostre opere, potendone /422/ Egli fare di ben maggiori, ma vuole semplicemente obbedienza. Il suo pregio sta anche in un comando mnimo, spregevole mentre la disobbedienza puzza infinitamente anche in un opera grande, importante.266 L'anno seguente Lutero ripete la stessa cosa: qualunque opera facciamo senza relazione alla obbedienza, essa macchiata.267 I caparbii credono di essere i piu sapienti e di possedere lo spirito di tutta la Scrittura: gli obbedienti invece sono pazzi per Iddio e per ci stesso beati.268 Nulla accieca pi del proprio sentimento.269 Queste dichiarazioni di Lutero sono del tempo appunto in cui egli non sapeva abbastanza raccomandare all'SINGEN la vita monastica. Cos un fatto conferma l'altro. Le sentenze di Lutero di qel tempo vanno d'accordo, quelle del Lutero posteriore sul Lutero anteriore sono in contraddizione con quelle di quest'ultimo. Quand'anche i protestanti volessero ammettere che Lutero allora si sarebbe esaurito in mortificazioni per obbedienza, dovrebbero almeno confessare che si trovava beato, che vi rinvenne la pace. Per amor di Dio egli era diventato pazzo. Ma pu uno che abbia la ragione concedere che un superiore abbia imposto al bravo giovane delle mortificazioni che dovevano recargli pregiudizio per tutta la vita? Un tale superiore sarebbe stato immediatamente deposto.270 I superiori d'allora, tanto dell' ordine domenicano quanto dell'agostiniano, peccavano pi per lassezza che per esagerazione e l'occasione era data dal prologo delle loro costituzioni, ove detto che il priore ha nel suo convento la podest di dispensare i fratelli,271 disposizione questa stabilita principalmente in vista /423/ ed a favore dello studio, che non doveva venire ostacolato, ed a profitto dell'attivit spirituale a favore degli altri.272 Il priore quindi era autorizzato, qualora lo reputasse ben fatto, a dispensare dalla rigidit generale dell'ordine i singoli individui (come fu gi ricordato a proposito del digiuno) 273 e qui egli al giovane, anzi, come si dice pure, malaticcio e angustato Lutero avrebbe imposto un eccesso oltre i rigori generali monastici, perch pi presto morisse? E avrebbe egli anche solo permesso che l'estenuato
265 266

Erl. 48, 306, V. sopra p. 386, n. 4. Dictata in Psalterium, Weim. III, 18, aU'anno 1513. Ci che vi svolto alla lunga, io 1' ho compendiato qui sopra colle parole di Lutero. 267 Ibid., IV, 306: Igitur quodcumque opus facimus, sine relatione ad obedientiam est maculatum. 268 Ibid., p. 211: isti autem stulti sunt propter Deum (all'anno 15:4 o 1515) et in hoc ipso beati . 269 Ibid., p. 136: Nihil enim profundius excoecat quam proprius sensus .
270

Cfr. quanto qui addietro p. 403 riportai da Giordano di Sassonia. Tanto le antiche, quanto le Costituzioni dello Staupitz scrivono: In convena tamen suo prior dispensandi cum fratribus habeat potestai. , cum sibi aliquando videbitur expediref nisi in his casibus, in quibus dispensari expresse aliqua constitutio contradicit. Priores etiam utantur dispensationibus pro loco et tempore sicut alii fratres . Queste determinazioni sono tolte dal prologo delle Costituzioni dei Domenicani. V. Archiv f. Literatur- u. Kirchengesch. des Mittelalters, V, 534. 272 Perci l'aggiunta nel prologo delle costituzioni domenicane: In Vis praecipue, que studium vel predicationem vel animarum fructum videbuntur impedire. 273 V. sopra p. 392 s.
271

giovane frate dallo sguardo malinconico, che sempre gira atteggiato a tristezza,274 si segregasse dalla comunit per digiunare a morte, e spesso non gustare per tre giorni neppure un frusto di pane ?275 No! se v'ebbe eccesso, provenne da Lutero ed in segreto. Del resto lo udimmo da lui stesso che egli non faceva nulla senza il permesso del priore. A sentire i biografl di Lutero ed i luterologi, lo Staupitz sarebbe stato il consigliere di coscienza di Lutero fin dal primo tempo passato da questi ad Erfurt. Ora lo Staupitz promosse talmente gli studi del giovane Lutero da liberarlo, come narra Seckendorf, dai servizi umili.276 Ma quale cosa pi di impedimento allo studio del digiuno eccessivo, delle /424/ mortificazioni irragionevoli, del feroce inveire contro la carne? E colui il quale nelle costituzioni ha raddolcito od almeno approvato gli statuti anteriori intorno ai digiuni dell'ordine, e che nella disposizione relativa ricorda di suo proprio ai fratelli l'avvertimento della regola: domate la vostra carne coll'astinenza di cibo e bevanda per quanto il permette la vostra salute , quel medesimo, che avrebbe conosciuto la pretesa tendenza di Lutero alla melanconia e che si sarebbe dato ogni cura per libramelo, quel medesimo avrebbe permesso che il suo pupillo si esaurisse completamente in penitenze, venisse ad avere testa e senso debole, cadesse cor certezza in preda a maggiore melanconia e tetraggine,277 e cos riescisse non solo incapace allo studio, ma ad ogni serio lavoro? II vero Lutero primiero, contemporneo, nulla ha saputo di ci. E quando mai dovremmo noi imbatterci in lui frate estenuato che si martoria a morte s che non aveva da vivere pi a lungo ? Se mai, ci dovrebbe essere verso la fine dei primi cinque anni, come risulta dalle nostre precedenti indagini. Ma nel 1507 egli considerava nella vita monstica una condizione di vita egregiamente calma e divina:278 il 17 marzo 1509 egli gi studente a Wittenberga scriveva all'amico da lui tanto stimato Giovanni Braun, vicario ad Eisenach: se desideri sapere com'io mi trovi: grazie a Dio, mi sto bene .279 E si trovava s bene che egli, fino allora semplicemente lettore di filosofa, aveva il coraggio giovanile di scambiarla volentieri quanto prima colla teologa, che egli per aveva appena studiata e di sprofondarsi seriamente in questa nuova difficile materia, che studia il fondo ed il midollo delle cose.280 E cos dovrebbe parlare ed agire colui, i cui sensi ed intelletto erano stati indeboliti da eccessive mortificazioni, che doveva morirne fra breve e che giorno e notte. /425/ sopraffatto dai terrori claustrali null'altro poteva fare che urlare? 281 Ancor pi sospette diventano le posteriori asserzioni di Lutero sulle sue antecedenti eccessive mortificazioni nel chiostro, se consideriamo quale scopo si sarebbe prefisso, a sua detta, nell'applicarle; lo conosciamo di gi da quanto egli n' ha detto. Ma sappiamo anche che di questo scopo delle mortificazioni esteriori, cio di trovare Cristo, di placare Lui giusto giudice, e di ottenere la remissione dei peccati, n l'ordine di Lutero, n i dottori cristiani, n il Lutero della prima maniera hanno mai saputo nulla, che tutti invece ascrivono alie penitenze un valore soltanto relativo e precisamente al fine di domare e raffrenare la concupiscenza, le voglie della carne. Chi dunque, presupposto che le sue asserzioni in proposito siano vere, chi dunque ha insegnato a Lutero nei primi
274 275

Cos lo descrive Kolde, Martin Luthr I, 61, che naturalmente lo ha veduto. Mart. Lutheri Colloquia, ed. Bindseil, III, 183. 276 Commentarius hist. et apolog. de Lutheranismo, Francofurti 1692, I, 21. Kolde 1. c., p. 361, a p. 61 non lo ritiene vero perch dalla bocca stessa di Lutero sappiamo che egli pur essendo prete dov questuare (Tischr. ed. Frstemann, III, 146). Ma e non v'erano in convento bassi servizi: spazzare le celle, i corridoi e laltre stanze, servizi in chiesa, nel refettorio, in cucina, servire i padri pi anziani, specialmente i magistri ecc.? II questuare era considerato ben poco come basso servizio, tanto pi che i preti vi godevano maggior libert; i preti dovevano prestar mano nelle chiese ove capitavano e s'aspettavano ed avevano di fatto tavola migliore che a casa. 277 V. sopra p. 397, n. 4. 278 G.Oergel, Vom jungen Luther (1899), p. 92; Hausrath, l.c.,p.22, 29. 279 Enders, I, 6: Quod si statum meum nosse desideras, bene habeo Dei gratia . 280 Ibid.: violentum est studium, mxime philosophiae, quam ego ab initio libentissime mutarim theologia, ea inquam theologia, quae nucleum nucs et medullum tritici et medullam ossium scrutatur. 281 Si stia in guardia - lo noto di passaggio - dal mettere in relazione colla sua spossatezza e sparutezza corporale un'osservazione di Lutero del 1516, l dove scrive: Confteor tibi, quod vita mea in dies appropinquat inferno, quia quotidie peior fio et miserior (Enders, I, 16): ivi egli parla della sua condizione morale. Se alcuno volesse far forza al testo e cavarne fuori lo stato fsico deperito, non avrebbe per dimostrato nulla, perch della crescente emaciazione si danno anche altre cause oltre le eccessive mortificazioni.

cinque anni della sua vita monastica quello scopo della mortificazione fino a lui teorticamente affatto sconosciuto? Soltanto la sua inescusabile dissennatezza, anche nel caso che avesse imitato la prassi di alcuni confratelli: costoro in simile occorrenza sarebbero stati altrettanto dissennati che lui o meglio alquanto meno, giacch Lutero a sua confessione ha fatto pi degli altri. Chiesa ed ordine pertanto rimangono fuori di questione e non s'ha minor prova di senno mancante nei luterologi protestanti allorch vogliono far passare quella pretesa penitenza coll'indicato scopo siccome punti d'appoggio che dalla Chiesa sarebbero stati esaltati a Lutero quando venivasi formando monaco. Dicevamo, presupposto che le asserzioni di Lutero siano fondate sulla verit; ma sono veraci ? Per quanto noi possiamo seguire Lutero risalendo in addietro, egli mai ha attribuito alle penitenze lo scopo che loro fissa dopo, e sempre /426/ per quanto possiamo seguire le sue piste, le asserzioni di Lutero, come ci gi risultato, sulle precedenti sue inumane mortificazioni ci appaiono almeno come sommmente sospette. Difatti, quand' che egli ne parla per la prima volta? Solo a partir dal 1530!282 possibile? specialmente dal 1515 fino a quell'epoca egli s'appella di spesso alla sua dolorosa esperienza, ma a quale? forse a quella da lui fatta colle sue straordinarie macerazioni, col suo eccessivo digiunare e vegliare? Bisognerebbe pensarlo dacch anche nel 1532 riportandosi precisamente alla sua vita clastrale per 15 anni in digiuni, veglie, preghiere ed altre opere sommamente difficili, colle quali ha seriamente pensato di raggiungere la giustizia, esclama: io non credevo fosse possibile che io mi dimenticassi di simile vita.283 Eppure prima di quel periodo da lui non si sente la mnima parola in proposito mentre non dimenticasi di parlare a molte riprese delle sue esperienze circa l'amore di Dio sopra tutto, il dolore, l'insuperabile concupiscenza, la tendenza al male, l'amor proprio e l'inquietudine derivantene ecc. Soltanto su ci, che a sentirlo l'avrebbe condotto sull'orlo del sepolcro, sulle sue eccessive macerazioni, che avrebbero dovuto lasciargli profondissima impressione, egli tace - ed strano - anche in quel tempo, in cui spezza una lancia a favore dello scopo retto e della discrezione. casuale questo? Oltracci a lui si oftr frequente l'occasione di parlarne come per es. nel sermone delle opere buone, nel quale fra altro fa parola di coloro i quali tanto si mortificano, si sconsigliatamente digiunano e vegliano da rovinare per ci il loro corpo e da far impazzire la loro testa:3 appellarsi alla sua /427/ propria esperienza avrebbe aumentato di molto l'effetto delle sue parole. Quanto spesso non parla egli anche prima del 1530 della giustizia per virt propria sotto il papato, anzi delle sue proprie opere colle quali egli voleva essere giusto e suo proprio salvatore o che avesse trattato con Cristo come col giudice!284 Ma la cosa principalissima, che egli avrebbe dimenticata soltanto nel 1532 - se ha detto il vero - egli non la tira in campo e prima del 1530 egli non comprende ancora fra le sue opere giustificanti le sue mortificazioni, mentre pi tardi ne fu tanto il millantatore. Come si spiega la cosa? Dove sta la soluzione? E) Soluzione della questione. Nel 1533 Lutero scrive: Gli vero che sono stato un pio monaco e che ho osservato s rigorosamente il mio ordine da poter dire: se un monaco arrivato al cielo pel monacato voglio esservi pervenuto io pure, me lo attestavano tutti i miei confratelli che m'hanno conosciuto: poich se avessi durato pi a lungo, io mi sarei martoriato a morte con veglie, preghiere, letture ed altro

282

Io vi ho gi accennato nella prima edizione a p. 395, ma poich era pur sempre possibile che mi fosse sfuggito un passo o l'altro, cos chiesi al dott. N. Paulus di Monaco se fosse in caso di indicarmi asserzioni di Lutero anteriori al 1530 intorno alle grandi mortificazioni da lui fatte un tempo, ed egli pure non pot darmene alcuna di quel tempo, insieme facendomi notare che anche il P. Grisar, il quale avevi rivolto l'attenzione a simili passi, non ne sapeva nulla in proposito. Opp. exeg. latXVIII, 226: nec putabam possibile esse, ut unquam obliviscerer eius vitae. Lutero scrive poscia: At nunc Dei gratia oblitus sum. Memini quidem adhuc eius carnificinae etc. 283 Weim. VI, 245. V. sopra p. 413.
284

Cos per es. nel 1528 : Olim cum Christo agebam ut cum iudice, ego volebam meis operibus esse iustus et salvator. Weim. XXVII, 443. Sopra p. 49.

lavoro 285 Che mediante il monacato si volesse venire giustificati cosa gi spesse volte ripetuta da Lutero, come abbiamo visto nei primi paragrafi della sezione precedente. N meno udimmo le sue calunnie che la Chiesa abbia elevato il monacato sopra il battesimo, sopra i precetti, che mediante il monacato si defezioni da Cristo. Ma ora egli identifica il monacato cogli esercizi e penitenze claustrali esterne, che avrebbero avuto per scopo di arrivare a mezzo di esse in cielo, s che quanto pi uno le avrebbe coltivate seguendo l'idea della Chiesa, tanto pi pi monaco sarebbe stato e tanto pi sarebbe stato meritevole del cielo. E poich egli si sarebbe martoriato a morte qualora avesse durato pi a lungo, naturalmente secondo questa concezione egli fra i suoi soci di chiostro sarebbe stato /428/ il pi santo e pi di tutti avrebbe avuto da elevare pretese al cielo. Lutero adunque fals il concetto ecclesiastico del monacato, poich prima sapeva egli molto bene che cosa fosse la vita religiosa. Lutero fals lo scopo degli esercizi e penitenze claustrali ed esteriori poich gli era ben noto per qual motivo si dovessero fare. Lutero fals la misura nel farne uso poich ben sapeva che da tutti i dottori ecclesiastici, dal suo ordine e da lui stesso perfino l'eccesso era condannato. Che quindi non abbia Lutero falsamente esposto anche il suo proprio modo di vivere precedente e che falsamente non si sia attribuito quell'eccesso di mortificazione, di cui parla dal 1530 in poi ? Ma a qual fine avrebbe egli potuto far ci? Solo un paio d'anni pi tardi Lutero scrive: Se mai c' stato alcuno, fui io certamente, che prima del sorgere del vangelo abbia pensato pamente dei regolamenti del papa e dei padri e che abbia zelato seriamente per essi come santi e necessarii a salute. E mi son pure dato somma cura di osservare quei regolamenti, martirizando il mio corpo con digiuni, preghiere ed altri esercizi pi di tutti coloro che al presente sono i miei peggiori nemici e mi perseguitano perch ad essi (agli esercizi) tolgo l'onore che giustifichino. Giacch nel- l'osservanza dei medesimi ero si diligente e superstizioso da imporre al mio corpo un peso maggiore di quello ch'ei potesse sopportare senza pregiudizio.286 Sarebbe quindi egli perseguitato dai cattolici perch nega che gli esercizi e penitenze claustrali giustifichino, vale a dire perch insegna come la tradizione cattolica? Ma di che non capace un uomo, che si rende reo di simili snaturamenti voluti? N basta. Ancor prima di questo periodo Lutero ha identificato, per es. nel 1525, la santit cattolica colla monastica: essa starebbe nicamente nelle opere esteriori, in una rigorosa vita di penitenza, nell'idea di essere con ci santi, mentre s'avrebbe il cuore pieno d'odio, di timore e d' infedelt.287 Non /429/ gli dava alcun pensiero che l'antico monaco anche qui smentisse il Lutero posteriore.288 Dieci anni pi tardi egli si abbozza il seguente ritratto d' un santo. Quand'ero monaco bene spesso ardevo dal desiderio che mi fosse dato di vedere il contegno e la vita di un santo, ma pensavo che tale fosse uno il quale avesse la sua abitazione nel deserto, non mangiasse n bevesse, ma si nutrisse soltanto di radici e d'acqua fresca. Tale idea dei santi meravigliosi io l'ho attinta non solo dai libri dei teologi (sofisti), ma anche da quelli dei padri .289

285

Erl. 31, 273. La frase trovasi nel famigerato Kleine Antwort auf Herzog Georgs nhestes Buch da noi spesse volte citato. 286 In Gal. ed. Irmischer, I, 107. 287 Erl. 15, 413: finora la massima santit che potesse pensarsi stata che s' entrasse in convento, si indossasse una cocolla, si facesse farsi una chierica, si cingesse una corda, si digiunasse molto, si pregah molto, si portasse una camicia di pelo, s'andasse vestiti di abiti di lana, si conducesse una vita rgida, che insomma si assumesse una santita monastica, s che procedessimo con una apparenza di splendide opere, con questa e non altra convinzione d'essere cio santi affatto dalla testa ai piedi, mentre si badava solo alie opere ed al corpo e non al cuore, essendo noi pieni d'odio, pieni di timore, pieni di infedelt, di cattiva coscienza, e nulla abbiamo saputo di Dio. Perci il mondo ha detto: " quell un sant'uomo, quella una santa donna, che s' lasciata murare (cio s' chiusa in convento), di e notte sta ginocchioni ed ha recitato tanti rosarii. Qui s che c' santit, ivi abita Iddio, qui c' veramente lo Spirito Santo. Ci loda il mondo e ci tiene molto . 288 Cos per es. scrive il Lutero della prima maniera nei suoi Dictata super Psalt., Weim. III, 78: Notandum quod " sanctus" in scriptura significat quem theologi scolastici dicunt in gratia gratificante constitutum. Sic Esaie 54 (53)... " Misericordias David fideles quia (Deus) multos sanctificavit. Unde Apostolus (Rom. 1, 7) semper nominat christianos sanctos. Quanto il Lutero primiero qui denota come fondamento della santit, la gratia gratificans inerente al santo, la sanctificatio, dal Lutero posteriore viene pensatamente taciuto riguardo a questo punto. 289 In Gal. III, 33 s. Abbiamo or ora udito dai suoi Dictata super Psalterium precisamente il contrario.

Contro tale caricatura del santo monaco ha protestato un miliennio avanti Lutero un dottore cristiano: Non la solitudine (locus desertus), n un sacco per abito, n dei legumi per cibo, o digiunare, dormire sulla terra (chameuniae), fanno il monaco: sotto tali veli talvolta si cela un cuore molto secolare . Ci manifestarsi da varii difetti inerenti a simili fatiche. Quale ne il motivo? Perch essi esercitano pi il loro corpo che non il loro spirito, mentre pure l'apostolo dice: "che gli esercizi corporali servono a poco, e la piet invece utile a tutto Io non dico cosi quasi che siano da disapprovarsi coloro i quali in simile guisa mortificano il loro corpo e lo riducono in soggezione, ma perch Satana, maestro /430/ in mille arti, fa il suo giuoco cogli imprudenti trasformandosi in angiolo di luce ed in sguito a quelle macerazioni corporali li spinge ad una falsa persuasione di santit e mentre nel loro interno sono inzuppati (madeant) di vizi spirituali essi appaiono santi a s e ad altri.290 Quanto dice di tali santi farisaici questo antico dottore, noi lo abbiamo qui addietro udito dire da tutta l'antichit cristiana fino a Lutero insieme a proteste contro di essi. Lutero invece del santo ora descritto e rigettato dalla Chiesa e dai suoi dottori ne fa il santo monaco della Chiesa s che non se ne dia altri in alcun modo. Ora il Lutero posteriore fece di s nella prima poca un santo cattolico di tale fatta (in verit la caricatura del medesimo). A tanto mirava poi il suo detto ci sono stati pii monaci ecc., quanto l'altro che viene dopo. Lutero anzi si present al popolo ed ai suoi seguaci colle parole: io sono stato uno dei migliori .291 A tanto miravano altre sue affermazioni: Allorch ero monaco, io osservai castit, ubbidienza e povert: libero dalle cure della vita presente, ero tutto dedito a digiuni, veglie, preghiere, alla celebrazione della messa ecc. Pur nondimeno sotto questa santit e giustizia mia nutrivo continua diffidenza, dubbio, timore, odio e bestemmia contro Dio, e la mia giustizia non era se non un letamaio ove il diavolo si scapricciava, giacch il diavolo ha molto cari simili santi e li reputa il migliore passatempo: essi rovinano i loro corpi ed anima e si spogliano di tutte le benedizioni dei doni di Dio,292 quindi precisamente come i santi monastici che noi udimmo da lui descriverci. Egli si annovera fra i monaci pii, ben disposti, che presero la cosa sul serio, che pi di me s'eran affaticati e dati pena ed ansia ed hanno voluto raggiungere ci che Cristo, per diventare beati. E che hanno ottenuto con ci? 293 In quest' ultima interrogazione si nasconde, come suol dirsi, ci che sotto la maschera, e la scaltrezza di Lutero. Egli allora foggiava s stesso siccome il pi grande monaco /431/ santo del tempo per poter dire: vedete, io ho raggiunta la massima santit possibile nella Chiesa papista certo non meno dei miei confratelli. E che cosa ho io con ci ottenuto? I nostri inesperti avversarii, scrive egli, non credono che io e molti altri abbiamo esperimentato o sofferto ci, noi che colla massima diligenza abbiamo cercato la pace del cuore che per era impossibile trovare in tale tenebra".294 Mediante quelle macerazioni volevamo andare in cielo a trovar Cristo, e l'abbiamo trovato? Cristo dice: rimarrete e morrete nei vostri peccati. Questo noi abbiamo raggiunto!295 Tali santi sono prigionieri e schiavi di Satana, e perci sono costretti a pensare, a dire e fare ci che egli vuole per quanto esteriormente paia che superino altri in buone opere e rigidit e santit della vita. Tali fummo noi, in verit niente meno, sotto il papato, quando (un tempo) disonoravamo Paolo, Cristo ed il suo vangelo, specialmente io. Quanto pi eravamo santi, tanto piu ciechi eravamo e adoravamo il diavolo .296 Tutto questo perfettamente logico. II monaco e quindi il santo monaco creatura del diavolo: un proverbio inventato dai preti e penso che il diavolo stesso abbia voluto con esso ridersi di loro. Quando il nostro Signore Iddio fece un prete, il diavolo lo vide e volle imitarlo, ma gli fece la chierica troppo larga. Ne risult un monaco. Quindi essi sono creature del diavolo. Questo detto
290

Inter opp. S. Cypriani, ed. G. Hartel, pars a, p. 242, n. 31, 32. Erl. 17, 140. 292 In Gal. I, 109.
291 293 294

Erl. 48, 317. V. sopra p. 387. Gal. I, 107. 295 Erl. 48, 317. Nel testo c' essi invece di noi ma nel contesto egli si mette cogli altri. 296 Gal. 1, 109 s.

bens per ridere e scherzare, ma tuttavia la pura verit... I monaci sono ognora preti del diavolo perch insegnano vera dottrina diablica.297 Ora a questa commedia tenne dietro l'altra eseguita da Lutero a partir dai 1530. Lo udimmo gi esprimersi, nel 1540, cos: se io non fossi stato liberato da quelle macerazioni mediante la consolazione di Cristo pel suo vangelo, io non avrei potuto vivere due anni, tanto mi martoriavo e mi affannavo e fuggivo dall'ira di Dio. Ma nulla concludemmo .298 Ed a ci due pagine piu avanti riattacca per la prima volta una /432/ lunga narrazione del come finalmente sia giunto al vangelo e per mezzo di esso alla quiete ed alla pace. Nella scuola, cos, egli, aveva imparato che l'ira di Dio, la sua giustizia vindicativa, si rivelerebbe nel vangelo. Cos tutti i dottori fino a lui avrebbero interpretato il testo di S. Paolo, Rom. 1, 17. E quale ne fu la conseguenza ? Tutte le volte che leggevo il passo io desideravo che Iddio non avesse mai manifestar: il vangelo; poich chi potrebbe amare quel Dio che s' adira, giudica e condanna? Finalmente poi essere lui giunto per illuminazione dello Spirito Santo alla confortante idea, che in quella sentenza non si parli della giustizia vindicativa di Dio, ma della giustizia passiva, per la quale Dio misericordioso ci giustifica per la fede. Allora mi fu svelata tutta la Sacra Scrittura, anzi il cielo stesso .299 Cinque anni pi tardi scrisse: mi sentii pienamente rinato e d'essere entrato a porte aperte in paradiso ... Per tal guisa quel passo di S. Paolo per me divenne veramente la porta del paradiso.300 Chi mai dovrebbe ritenere possibile che dietro l'affermazione di Lutero si celi una gran bugia? Eppure cosi. Di fresco io ho richiamato l'attenzione sul fatto che di 60 dottori della Chiesa latina fino a Lutero, di cui io ho scorso i commentarii stampati o manoscritti sull'interpretazione, da Lutero apposta a tutti i dottori, e concezione loro del passo ad Rom. 1, 17 e affini (come ad Rom. 3, 21, 22 : 10, 3), nessuno di essi (dei quali pu dimostrarsi che Lutero ne ha conosciuto parecchi, e nessuno fuori di essi che non sia fra quei 60 ha inteso per giustizia vendicativa, per ira di Dio la frase giustizia di Dio, ma tutti per quella giustizia, per la quale veniamo giustificati, intesero la gratuita gracia giustificante di Dio, una giustificazione vera e reale dell'uomo partecipata per la fede (non pero la fede morta voluta da Lutero).301 Riconosce il lettore la connessione fra la or ora discussa /433/ affermazione di Lutero e la precedente relativa all'eccesso ed allo scopo delle sue mortificazioni corporali, che risalgono non solo al 1540, ma astrattamente benanco al 1532?302 L'una e I'altra asserzione hanno l'nico idntico scopo di decantare il suo evangelo, la giustificazione per la sola fede, siccome l'nica cosa necessaria, e di dimostrare invece che nella Chiesa si voleva venire giustificati senza Cristo nicamente mediante le proprie opere. La massima possibile santit papistica e monstica, che Lutero esercit nel convento e nell estenuare il suo proprio corpo, per venire giustificato e placare il severo giudice (egli non avrebbe concepito sotto altro aspetto Dio e Cristo) l'avrebbe condotto alla ruina del corpo e dell'anima, anzich a trovar Dio all'odio di Lui, invece che alla pace del cuore alla disperazione. Come a lui stesso, il medesimo sarebbe capitato ad altri, i quali pure si son dati pena per trovar Cristo e Dio. Questa la sostanza della prima asserzione. La seconda dice: soltanto dopoch sotto l'illustrazione dello spirito egli comprese che per giustizia di Dio in Rom. 1, 17 ed in generale, non va inteso il Dio e giudice vendicativo secondo l'interpretazione errnea, da lui gi succhiata, di tutti i dottori fino al suo tempo, ma la giustizia per la fede, gli si fece in lui la luce, fu liberato dalle
297 298

Erl. 43, 328, all'anno 1532. Opp. exeg. lat. VII, 72. Sopra p. 386. 299 Ibid., p. 74. 300 Opp. var. arg. I, 22. 301 V. il mi opuscolo: Luther in rationalistischer und christlicher Beleuchtung (Mainz 1904), p. 30 ss. Nel secondo volume seguir l'interessante dimostrazione che illustra molti punti e che darei volentieri qui se non dovessi rimandarla per riguardo ai possessori della prima edizione, perch occupa troppo posto. 302 Io ho gi dimostrato le cose relativamente alle affermazioni di Lutero sulle sue eccessive penitenze d'un tempo. Quanto alla falsa interpretazione della giustizia per giustizia vendicativa, fin dal 1532 cosi scrive egli: Porro hoc vocabulum u justitiae- " magno sudore mihi constitit. Sic enim fere exponebant, justitiam esse veritatem, qua Deus pro mrito damnat seu iudicat male mritos, et opponebant iustitiae misericor- diam, qua salvantur credentes. Haec expositio periculosissima est, praeterquam quod vana est; concitat enim occultum odium contra Deum et eius iustitiam. Quis enim eum potest amare, qui secundum iustitiam cum peccatoribus vult agere? Quare memineritis, iustitiam Dei esse, qua iustificamur seu donum remissionis peccatorum . Enarr. in Ps. 51 (Opp. exeg. lat. XIX, 130), a 50, 16.

sue macerazioni e dall'orrore del chiostro, si sent come rinato e gli furono aperte le porte del paradiso. Ora egli collega fra di loro le due asserzioni quando esclama, a vendo in mira il vangelo da lui scoperto: in questo tempo noi vediamo in modo perfettamente chiaro questa luce e possiamo largamente goderne. Ma poich ci non avveniva in misura sufficiente conforme al suo desiderio, egli /434/ rammenta ai suoi l'infelice sua vita sotto il papato prima che gli fosse spuntata questa luce: Vi deve muovere anzi tutto l'esempio mio e di altri, che abbiamo vissuto nella morte e nell' inferno e non abbiamo avuto si riccamente come come ora la benedizione .303 Vale a dire giusta il contesto, a noi nelle tenebre, quando eravamo santi monastici colle nostre sive macerazioni (delle quali ha parlato due pagine pr:ima) era impossibile ritrovare la pace del cuore, che voi ora godete in piena misura nella luce del vangelo. Quante bugie necessarie non dov dire Lutero per amor della sua Chiesa al fine di arrivare a questo risu ltato e potere parlare di esperienze nel senso che abbiamo scoperto nelle due affermazioni da noi poc'anzi discusse! E per ottenre fede sul punto che la Chiesa prima di lui conoscesse soltanto il giudice vendicativo, non gli bast di semplicemente affermarlo come aveva fatto anche prima del 1530, ma dov inoltre, contro la piena cognizione che lui e aveva, acconciarsi a mentire che tutti i dottori prima di lui null'altro avrebbero riconosciuto in Dio e Cristo, anche di quello che rivelato nel Vangelo, se non il giudice vendicatore. E coerentemente ha dovuto acconciarsi ad un' altra bugia, che cio egli stesso aveva abbracciata questa concezione fino a che per illuminazione dello Spirito Santo non gli spunt la luce sul passo ad Rom. 1, 17 e tutta la Sacra Scrittura, vale a dir fino a che riconobbe come per giustizia di Dio vada intesa non la giustizia vendicativa, ma la immeritata giustificazione, in altre parole fino al suo cambiamento, che come dimostreremo avvenne intorno al 1515. Ora invece Lutero, lungo tempo prima di quest'epoca, anzi per tutto tempo che ne possiamo seguire le tracce, nei luoghi corrispondenti ha riconosciuto ed ammesso sotto il nome di giustizn di Dio non la giustizia vendicativa, non il giudice punitore, ma la grazia giustificante di Dio e Cristo stesso come giustizia nel senso di grazia304 senza che mai neppure nel suo /435/ Commentario sulla lettera ai Romani 1, 17, come vedremo in questa stessa sezione, abbia consumato pur una parola o si sia pavoneggiato come di solito di aver raggiunto tale accertamento lui solo o lui per il primo in contraddizione coi dottori precedenti. Nella presente questione non produce differenza se egli prima del 1515 ha parlato della giustizia imputata (ne parleremo pi avanti), qui si tratta esclusivamente del concetto della giustizia di Dio, o nel senso di giustizia vendicativa, o in quello di giustificazione. Noi lo vediamo, Lutero dopo il 1530 ha agito qui come relativamente alle penitenze monastiche. Prima egli con tutta l'antichit cristiana e col suo ordine e con tutti i dottori attribu ad esse il vero loro scopo insistendo insieme sulla discrezione nell'esercizio delle medesime: indi a poco a poco parla d'un ambiente ecclesiastico nel quale le mortificazioni sarebbero state applicate per placare il giudice punitore, in breve per venire giustificati. A partire dal 1530 egli foggia se stesso come uno, che cos ha fatto in modo severissimo fino a danneggiare la sua salute per ottenere lo scopo predetto e quindi rappresenta se stesso come se nulla mai avesse udito della relativa contraria dottrina della Chiesa e del suo ordine; anzi la sfacciataggine e sfrontatezza con cui fa le sue affermazioni, dovevano suscitare nel lettore o nell'uditore l'idea che Lutero sarebbe stato un tempo formalmente persuaso d'aver /436/ agito colla sua sconsideratezza perfettamente secondo lo spirito della Chiesa.
303 304

Opp. exeg. lat. VII, 74. La prova intiera nel secondo volume; nondimeno io qui ricordo che Lutero gi cinque anni prima del suo cambiamento intende c 1 justitia Dei, cio nelle note marginali alie Sentenze, 1, dist. 17, ove il Lom bardo, fondandosi su S. Agostino, scrive: Deus dicitur justitia Dei, qua nos instificat, et Domini salus, qua nos salvat et fides Christi, qua nos fideles facit Lutero nello stesso senso dice che Dio non solo la carit, ma anche la carit creata, alla stessa guisa che Cristo nostra fede, nostra giustizia, nostra grazia e nostra santificazione (Weim. IX, 42 s. ; v. anche p. 90). Cfr. 1 Cor. 1, 30. Nei Dictata super Psalt. spiega quasi sempre justitia Dei nel senso surriferito, cosi gi nel 1513 sul primo salmo (Weim. III, 31) e cosi infinite volte proseguendo (per es. cfr. III, 152, 166, 179: iustitiam, seu iustitiam fidei, qua iustificatur anima; 202, 226, 365, 462, 463, ove anzi lad Rom. 1, 17, viene spiegato: iustitia tropologice est fides Christi . Rom. 1: a" iustitia Dei revelatur in eo " ; cosi IV, 247: iustitia fidei, que est ex fide. Rom. 1; ci per ora basti). La cosa s chiara che anche Kstlin, Martin Luther p. 105, deve accordarlo, ma non sapeva che Lutero anche qui era in pieno accordo cogli interpreti anteriori, dei quali io voglio accennare solo i pi tardi, Ugo da S. Caro, S. Tommaso d'Aquino, Turrecremata, Dionigi Cartusiano, Perez de Valenta, Pelbarto.

Circa lo stesso tempo, dal 1530 in poi, fece altrettanto per ci che spetta la sua mendace dichiarazione circa l'empia persuasione nella quale un tempo egli avrebbe dovuto professare i voti religiosi, mentre prima, cio nel 1521, almeno faceva capire di non sapere con quale sentimento avesse fatto i voti.305 COS fece dopo il 1530 anche colle sue bugie sulla "formla d'assoluzione monastica ,306 e che l papa abbia condannato come disonesto lo stato matrimoniale,307 e su parecchi altri punti, che noi discuteremo nel secondo volume insieme alia questione perch ci avvenga appunto a partire dal 1530. Raccogliendo tutto questo risulta quasi fino alla certezza che le tarde asserzioni di Lutero sulle sue eccessive mortificazioni nel tempo passato e lo scopo per cui le avrebbe eseguite, sono fra le volontarie bugie necessarie che egli, non eccettuatene delle grosse, ritiene lecite e difende pel bene della sua Chiesa e delle sue dottrine. Ci s'accorda col risultato gi prima ottenuto che cio lo storico imbarazzato circa il tempo in cui debba porre quelle eccessive macerazioni, non convenendo esse n alla dimora di Lutero in Erfurt, n, anzi molto meno, a quella in Norimberga.. Che se qualcuno non vuole accogliere il mi risultato, pure, prescindendo da tutto il resto, egli obbligato a ritenere il pi grande fra i tedeschi, il genio senza eguali per un ignorante e dissennato incredibilmente grande, come gi ho osservato, senza che con questa dichiarazione abbia per nulla spiegato la perpetua contradizione fra le asserzioni posteriori affatto erronee di Lutero sullo scopo delle penitenze della Chiesa e le giuste che aveva prima. Ad ogni modo da ogni leggenda di Lutero van tolte per sempre, si accetti o no il risultato cui sono pervenuto, le asserzioni finora correnti : 1) che le eccessive penitenze che si pretendono fatte dal monaco Lutero fossero secondo lo spirito della Chiesa e dell'ordine; 2) che quelle penitenze fossero dalla Chiesa e dall'or-/437/ dine proposte a Lutero come mezzo e puntello per riconciliare il giudice severo, ottenere Dio benigno, cancellare i peccati, trovare Dio e il cielo. Invece i biografi di Lutero sono obbligati o a confutare la mia esposizione o ad ammettere che i dubbii sulla sincerit di Lutero riguardo alle sue tarde asserzioni circa le sue antiche eccessive macerazioni hanno ottimo fondamento. Ma almeno vero che Lutero in quel tempo, prima che gli fosse spuntata la luce del Vangelo, ha conosciuto - e per colpa della Chiesa - Dio o Cristo solo come giudice rigoroso e vendicatore, non come Dio e padre misericordioso si che solo per mezzo di Lutero si sia giunti a conoscere e ritenere con fiducia che Dio l'essere cui possiamo abbandonarci, che in Cristo esclama all'anima tapina: Salus tua ego sum, (io sono la tua salute)?308 vero inoltre che la Chiesa fonda la riconciliazione con Dio e la nostra giustificazione soltanto sull'opera dell'uomo, in operazioni umane, qualunque esse siano, e non sull'opera di Dio o di Cristo, s che nella conversione tutto si riduca alla giustizia propria, come finora con Lutero sostengono tutti i teologi e luterologi protestanti ? Prima di esporre il punto di partenza per Lutero nella sua evoluzione, dobbiamo fare ancora un'indagine sulle questioni or ora proposte, indagine per la quale pero io tiro in campo soltanto quei libri, nei quali si appalesa successivamente la vita e il pensiero della Chiesa durante il corso dell'anno intiero, nei quali giorno per giorno essa parla ai suoi fedeli, specialmente a quelli dello stato ecclesiastico, cio il messale e breviario, in particolare quelli dell'ordineeremitano,309 cui apparteneva Lutero. Essi bastano appieno per smentire il posteriore Lutero e per metterlo ancora una volta in contraddizione col Lutero anteriore. Il risultato che se n'ottiene conferma insieme quanto riuscimmo a raccogliere nei paragrafi qui addietro./438/

305 306

V. sopra p. 256. Sopra p. 350 ss. 307 Sopra p. 262 ss.


308 309

Harnack, Lehrbuch der Dogmengesch. III3, p. 729. Wesen ds Christentums 4, p. 169. Cito il Messale agostiniano sulla rara edizione Venetiis 1501: il Breviario giusta il Cod. Vat. lat. n. 3515 della fine del sec. xv. L' Ordinarium nell'edizione delle Constitutiones (del 1508) viene dopo queste. Altre indicazioni, che per amor di brevit do raramente, sono segnate volta per volta in particolare.

2. Indagine preliminare circa l'insegnamento della Chiesa nelle sue preghiere intorno al Dio misericordioso ed alla sua grazia in rapporto colla nostra impotenza. Chi scorra il messale e breviario, siano quelli dell'ordine romitano al tempo di Lutero, che si riducono poi a quelli della Chiesa romana, siano quelli di altri ordini, trover che la Chiesa dalla prima domenica dell'Avvento fino all'ultima dopo Pentecoste richiama il fedele quasi senza eccezione al Dio misericordioso e benigno, nel quale ci incoraggia ad ogni pagina a riporre la nostra fiducia e confidenza. Con meraviglia scoprir che quasi mai si parla del giudice irato e che ove si rammenti la giustizia vendicativa di Dio, non manca mai l'accenno alla misericordia che previene la giustizia.1310 Eppure a sentire Lutero, specialmente dopo l'apostasia, bisognerebbe credere che in tutti i luoghi e momenti ci si affacci il giudice sullarcobaleno e che mai si parli di un Dio benigno e misericordioso, al quale possiamo rivolgerci con fiducia e confidenza. Avviene invece il contrario. Quante invero non sono le preghiere della Chiesa colla invocazione: Omnipotens et misericors Deus, Exaud nos Deus salutaris noster, Exaud nos misericors Deus, Exaud nos omnipotens et misericors Deus, e nelle quali stia misericors o propitiusl! Fu il rappresentarsi un Dio benigno e misericordioso, della cui benevolenza ed esaudimento si sicuri, e non quella di un giudice severo, vendicativo che ispir le invocazioni di preghiere ecclesiastiche senza numero: Da nobis Domine, da nobis /439/ quaesumus Domine, Da quaesumus, Praesta Domine o Praesta quaesumus, Exaud Domine preces nostras ecc.; Respice Domine o Respice Domine propitius, Respice propitius Domine; le numerse orazioni della Chiesa cogli incipit: Adesto Domine, Annue Domine o Annue misericors Deus, Concede, Exaud Domine, Propitiare Domine, Protector o Protector noster, Protege, Protegat, Suscipe Domine? Tribue, Tuere Domine: l'inizio della dossologia recitata varie volte al giorno da Lutero: Praesta Pater piissime (Da, o padre misericordiosissimo!). In altri casi, ove manchi all'inizio, l'allusione alla misericordia di Dio ricorre nella chiusa dell'invocazione od al principio della seconda parte della orazione ecclesiastica, per es.: Pateant aures misericordiae tuae; Subiectum populum... propitiatio coelestis amplificet; Populum tuum... propitius respice; Deus..., miserere supplicibus tuis. E quanto spesso per tutto l'anno, specialmente nel breviario, non veniva elevata a Dio od a Ges Cristo, sia nelle orazioni, sia nei versicoli o comunque siasi l'invocazione miserere!Ma con ci, come anche il Lutero primiero interpreta, si fa testimonianza che in Cristo a noi largita la misericordia di Dio. 311 Di gi le preghiere a Dio considrate per se sole fanno fede di Dio misericordioso, come s bene esprime la Chiesa stessa in una delle sue orazioni: Onnipotente eterno Iddio, al quale mai si rivolge supplice senca speranza di misericordia .312 Scendiamo ora da queste osservazioni di indole generale ai particolari esponendo insieme che la Chiesa non confida nelle opere umane colle quali, come calunnia il Lutero posteriore, si sarebbe dovuto placare il giudice irato, vendicatore, ma sulla misericordia, la grazia di Dio, alla quale si rivolge con piena fiducia. Nel suo messale e breviario Lutero trovava l'oremus tanto spesso ricorrente durante l'anno: accogli, o Signore, le nostre suppliche che ti offriamo nella solennit dei tuoi santi af- /440/ finch noi che non abbiamo fiducia nella nostra giustizia ecc.313 Per tutto il corso dell' anno egli leggeva che siamo
310

Offre un bell'esempio la messa nellultima domenica dopo Pentecoste, cio nellultima dell'anno ecclesiastico. L'Evangelo ci mette avanti gli orrori del giudizio finale (Matth. 24, 15-33), ma la Chiesa fin dal principio della Messa intende prevenire che si comprende errneamente essere di gi Cristo il severo giudice, poich 1'Introito comincia: dice il Signore: io ho pensieri di pace e non d' ira; se voi mi invcate v'esaudir e ritrarr da tutti i luoghi la vostra cattivit . Ierem. 29, 11 ss. serv da modello (Messale degli eremiti agostiniani, fol.153). La Chiesa prende 1'epistola da Col. 1, 9-14, in cui siamo esortati a confidare in Cristo, ringraziando Dio padre che ci ha salvati dalla podest delle tenebre e ci ha collocati nel regno del figlio del suo amore, nel quale noi abbiamo redenzione pe suo sangue, cio remissione dei peccati Altrettanto della messa nella prima domenica d'Avvento.
311

Dictata super Psalterium, Weim. IV, 407: Donec misereatur. nostri, misericordiam, Christum filium mittendo. Miserere nostri, mitte Christum, qui est misericordia, domine, Deus pater, miserere nostri; in Christo enim misericordia Dei data est nobis, que hic petitur. 312 Omnipotens sempiterne Deus, cui nunquam sine spe misericordiae supplicatur: propitiare etc. Missa pro defunctis, Messale, fol 231b. 313 Questa orazione ( ... ut qui propriae iustitiae fiduciam non habemus ) si trova gi nel Sacramentarium Leonianum (p. 7, 25) e si tro-vava anche (come oggi pure) non solo nel Breviario e Messale romano, ma s pure in quelli dell'ordine eremitano) Messale, fol. 189; Breviario, fol. 409) nel Commune Confessoris, in una Secreta plurimorum martyrum, in diverse feste delFanno. Base dell'orazione il passo ad Rom. io, 3, secondo il quale v' ha gente che

destituiti di qualsiasi forza,314 che perci non confidiamo su nessuna nostra operazione315 e che ci puntelliamo soltanto sulla speranza della grazia divina,316 poich senza di lui, che la fortezza di coloro che sperano in lui, nulla pu la debolezza dei mortali,317 alla quale soccombiamo,318 della quale siamo per-/441/ suasi e confidiamo pertanto nella sua fortezza.319 Anche nel 1520320 Lutero si richiama alla orazione della Chiesa: Signore, non giudicarmi secondo le mie azioni: nulla feci di degno al cospetto tuo ed al frammento: affinch noi, i quali non possiamo piacerti per le opere nostre, ecc.321 E la Chiesa a Pentecoste cantava: ove non risiede la tua divinit, niente di bene v'ha nell'uomo, niente in lui puro da peccati .322 Nel suo breviario e nel suo messale leggeva Lutero per tutto il corso dell'anno la novella annunziata a tutta la cristianit che Dio non solamente l'essere a cui possiamo abbandonarci, ma che anzi non si da altra speranza, altra salute fuorch Dio, fuorch il redentore. Quante volte Lutero nel tempo di passione cantava la strofa o santa croce, salve - tu se'i l'unica speranza nostra,323 egli coi confratelli buttavasi in ginocchio a fine di riconoscerla come tale. Per tutto il tempo quadragesimale egli cantava: /442/ Spes qui es unica mundi.324 Nel venerdi santo allo scoprimento della croce cantava: ecco il legno della croce dal quale pendi la salute del mondo. Venite, adoriamo.325 II sabato santo sentiva pregare dopo la profezia 12a; Onnipotente eterno Iddio nica
farebbe pompa della propria giustizia e non vorrebbe star soggetta alia giustizia di Dio. 314 Seconda domenica di Quaresima: Deus qi conspicis, omni nos virtute destitu. Messale dell'ordine eremitano, fol. 31. Molte delle orazioni che citer ricorrono anche nel Breviario, ma osservo che la mag- gior parte degli oremus si trovano eziandio negli altri Messali e Breviarii. 315 Sessagesima: Deus qui conspicis, quid ex pulla nostra actione con- fidimus . Messale, fol. 19. 316 Domenica quinta dopo 1'Epifana: Familiam tuam . . . continua pietate custodi, ut quae in sola spe gratiae coelestis innititur (Breviario, fol. 7913). Altrettanto nelF Oratio super populum del sabato dopo la seconda domenica di Q.uaresima. Messale, fol. 37b. Che Dio riceva benignamente, cos in una orazione, il neo-defunto non habentem fiduciam nisi in misericordia tua. Breviario, fol. 425. 317 La prima domenica dopo Pentecoste: Deus in te sperantium fortitudo, adesto propitius invocationibus nostris, et quia sine te nihil potest mortalis infirmitas, praesta auxilium gratiae tuae. Messale, fol. 133. II francescano Stefano Brulefer, fine del sec. xv, riporta questa orazione per provare che il peccatore non pu prepararsi suficientemente alla grazia santificante: Sine aliqua gratia gratis data non potest homo se sufficienter disponere ad gratiam gratum facientem, ut patet in ista collecta: Deus in te sperantium ... et quia sine te nihil potest humana infirmitas " . In II Sen. tdist. 28, qu.4, fol. 258 (ed. Basilee 1507). Del resto simili orazioni si ripetono, come per es. nel sabato 14o dopo Pentecoste: quia sine te labitur humana mortalitas (Messale, fol. 143) ; nel 150:Ecclesian tuam, Domine, miseratio continuata mundet et muniat, et quia sine te non potest salva consistere etc. (ibid., fol. 143b). L'una e laltra anche nel Breviario, fol. 175. 318 La festa di S. Callisto (14 ottobre): Deus qui nos conspicis ex nostra infirmitate deficere . Breviario, fol. 38ib. Nella festa di S. Martino (11 novembre): Deus qui conspicis, quia ex nulla nostra virtute subsistimus . Breviario, 1. c. 319 Oratio super populum il venerdi dopo la quarta domenica di Quaresima: Da nobis quaesumus... ut, qui infirmitatis nostrae conscii de tua virtute confidimus . Messale, fol. 51. Le orazioni super populum trovansi anche nel Breviario ai Vespri. 320 Weim. V, 400. 321 Ufficio dei morti, responsorio 8o. Breviario, fol. 431b. (V. sopra, p. 49 s.): oremus a nona nell'Officium parvum B. M. V. Breviario, fol. 409. 322 Sequenza nel giorno della Pentecoste, Messale, fol 217: Sine tuo numine Nihil est in homine, Nihil est innoxium. Anche Taulero si appell a questi versi non nell'edizione di Basilea (1521) o in quella di Francoforte (1864), II, 32 ss., ma nell'antico cdice di Strasburgo. 323 O crux! ave, spes nica , penltima strofa dellinno al vespro della domenica di Passione: Vexilla regis, che era recitato o cantato fino al venerdi santo. Breviario degli eremiti agostioiani, fol. 273. Nell'Ordinarium degli stessi eremiti al c. 6 si legge: Flectant genua in ferialibus diebus, quando dicitur ver sus hymni: O crux ave, spes nica. EdizioneVenetiis 1508, fol. Giijb. S. Tommaso (5, qu. 25, a. 4) cita il verso come autorit per stabilire in cruce Christi ponimus spem salutis. Per ci Lutero anche nella festa dell'invenzione della Croce la salutava colla sequenza (Messale, fol. 256b): O crux lignum triumphale, mundi vera salus, vale e nella festa delP esaltazione della Croce: Ave salus totius seculi arbor salutfera , fol. 261. 324 Inno Summi largitor praemii al mattutino di quaresima, Breviario, fol. 272.

speranza del mondo326 dopoch immediatamente prima aveva sentito nello splendido cntico dell'Exultet le parole consolanti: veramente degno e giusto celebrare Ges Cristo, che per noi ha pagato all'eterno Padre il debito d'Adam e col suo pio sangue ha terso la corruzione dell'antico peccato.327 La domenica di Pasqua egli leggeva le parole iniziali della sequenza : Mane prima sabbati Surgens Dei filius Nostra spes et gloria.328 Ma fin dall'inizio dell'anno ecclesiastico, specialmente nella festa di Natale, Lutero aveva sentito: tu perenne speranza di tutti venisti salute del mondo,329 dopo d'avere udito nel capitolo la parola dell'apostolo (Tit. 3, 4, 5): apparve la bont e la umanit di Dio nostro salva-/443/tore; non per le opere di giustizia che facemmo noi, ma secondo la sua misericordia egli ci ha salvati.330 E gi nella prima domenica dell'anno, al principio della prima parte del messale egli aveva letto nell'introito: a te sollevo 1'anima mia, in te confido, non avr da patire vergogna .331 La Chiesa sa che Dio piuttosto disposto ad avere misericordia per coloro che in lui confidano, anzich ad adirarsi.332 Quanto di frequente durante lanno rivolse a Dio Lutero le parole : o Dio, vita dei viventi, speranza dei morenti, salute di tutti quelli che in te sperano! Tu sei la salute eterna di tutti coloro che in te credono! 333 Quante volte gli risuon all'orecchio la sentenza che Cristo il Salvatore del mondo (Salvator mundi)!334 Anche nell'introito della domenica 19a dopo Pentecoste egli leggeva: io sono la salute del popolo, cos dice il Signore; da qualsiasi necessit chiamino a me, io li esaudir, voglio essere in eterno il loro Signore; e nella 22a: Se tu, o Signore, ti ricordassi dei peccati, chi sussisterebbe pi? Ma appo te riconciliazione e sbito dopo udiva la orazione: o Dio, nostro rifugio e fortezza.335 Da un'altra orazione egli apprendeva che Dio stesso fa s che abbiamo la confidenza nella misericordia /444/ sua propria che da sperarsi.336 Le anime dei fedeli riposano nel seno della misericordia di Dio,337 e che questa fosse senza misura e limiti Lutero
325

Ecce lignum crucis, in quo salus mundi pependit. Venite adoremus. Messale, fol. 79. Cfr. anche la Praefatio de S. Cruce; Messale, fol. 104. 326 Omnipotens sempiterne Deus, spes nica mundi: Messale, fol. 93. 327 Messale, fol. 83. II Praeconium paschale attribuito a S. Agostino si trova in ogni messale. Come noto in esso ricorre lo spendido passo (Messale, fol. 84b): O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem !, che si trova completamente rifuso nella molto diffusa sequenza natalizia Eia, recolamus di Notkero Balbulo: O culpa nimium beata, qua redempta est natura (J. Kehrein, Lat. Sequenzen des M. A.: p. 28). Pertanto inesatta l'osservazione di Mathesius, Historien v. Luther (1566), fol. 5 b, che Lutero avrebbe un tempo cantato il verso: O beata culpa, quae talem meruisti redemptorem della sequenza natalicia, ed altrettanto quella di A. Berger. Martin Luther, I, 98, poich le predette parole non corrispondono alia sequenza, ma all'Exultet. Del rest nel messale eremitano (fol. 254 s.) non trovasi notata la sequenza di Notkero n per Natale, n per la Circoncisione ed Epifania, n altrove. 328 Messale, fol. 255 b. 329 Inno appo gli agostiniani in ambo i vespri ed a mattutino: Tu spes perennis omnium ... Mundi salus adveneris. Breviario, fol. 271. 330 Ibid., fol. 43. 331 Introito ala Ia dom. di Avvento: Ad te levavi animam meam, in te confido, non erubescam. Messale, fol. 1. 332 Sabato avanti la domenica di Passione: Deus qui sperantibus misereri potius eligs, quam irasci. Messale, fol. 51 b. 333 Orazione finale nella Missa pro defunctis: ... salus omnium m te sperantium . Messale, fol. 232, e nella Translat. S. Monicae, fol. 237. Missa pro infirmis, Messale, fol. 222: ... salus aeterna credentium. Dopo che era morto un confratello pregavasi cosi: Suavissime Domine Jesu Christe, beatorum requies et omnium in te sperantium salus iucundissima . Seconda antifona nella benedizione delle palme: Hic est salus nostra... salve rex. .. qui venisti redimere nos. Messale, fol. 60b. 334 Del resto non soltanto nelle orazioni ereditate dall'poca precedente, ma anche in inni nuovi, composti anzi per feste di santi. Cos per es. cominciava la sequenza nella festa di S. Nicola da Tolentino. (Messale, fol. 240): Tibi Christe redemptori, nostro vero salvatori, sit laus.et gloria. Tibi nostro pio duci, et totius mundi luci, plaudat omnis spiritus. 335 Amendue nel messale degli eremiti. L'orazione: Deus refugium nostrum et virtus stava anche nella messa In quacunque necesitate . 336 Mercoled della settimana di Passione, Super populum: Quibus fiduciam sperandae pietatis indulges, consuetae misericordiae tribue benignus effectum . Messale, fol. 55. Altrettanto il luned dopo la 2a dom. di cuaresima, ibid., fol. 37b; nella festa di S. Agostino, fol. 185b 253. 337 Deus in cuius miseratione animae fidelium requiescunt . Pro in cimiterio sepultis. Speciale etc., fol 136. Nel Messale, fol. 231, senza l'in . Nell'ordine eremitano giusta lOrdinarium, c. 27, questa orazione dovrebbe recitarsi

lo leggeva nella segreta della messa pei confratelli defunti.338 Si riesce allo stesso punto quando in una orazione la misericordia di Dio celebrata altrettanto immensa quanto la sua maest:339 Dio poi manifesta nel miglior modo la sua onnipotenza col perdonare ed avere misericordia.340 Per questo la Chiesa nelle sue invocazioni mette tanto di frequente insieme l'onnipotenza di Dio colla sua misericordia (Omnipotens et misericors Deus): per questo essa chiamava e chiama Dio il signore della misericordia341 e lo riconosce per Dio di misericordia, Dio di piet, Dio d'indulgenza .342 E quanto spesso allora invocava Lutero colla Chiesa questa misericordia di Dio! Anche nelle litanie dei santi recitate con tanta frequenza egli pregava: abbi misericordia: perdonaci /445/ o Signore! abbi misericordia: esaudiscici, o Signore. Lutero che pi tardi non vuole conoscere fuorch il Dio benigno ed inventa per la Chiesa il giudice irato, conserv queste parole della Chiesa.343 Nelle stesse litanie egli prima ha ripetuto eziandio la preghiera : che tu ci perdoni, che tu sii indulgente con noi, te ne preghiamo, ascoltaci ecc.. In quell'epoca, che ci preoccup nel paragrafo precedente, nella quale cio udimmo Lutero esprimersi in contraddizione colle sue precedenti vedute e colla dottrina ecclesiastica intorno alle sue terribili penitenze d'un tempo e vani tentativi di placare il rigido giudice, noi l'udiamo insieme sbraitare contro la falsa teologia (la papistica), giusta la quale Dio s'adira coi peccatori che confessano i loro peccati, poich un tale Dio non n in cielo, n altrove, ma un idolo del cuore malvagio. Il vero Dio invece dice: "non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva" (Ezech. 35, 11).344 Ora da chi impar a conoscere Lutero questo vero Dio? Non forse dalla Chiesa, nel cui breviario egli durante la Quaresima lesse a partire dal suo ingresso nel chiostro lo splendido responsorio: mi troverei in angustia e desolazione se non conoscessi la tua misericordia, Signore. Tu hai detto : "non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva" adducendone poi come prova la cananea ed il pubblicano ?345 Ed egli ud inoltre il vero Dio parlare cos anche in un
tutte le volte che si passa per il cimitero. E nel medesimo Ordinarium dell'ordine di Lutero troviamo inoltre, c. 24, lo statuto: in fine omnium horarum dicatur : "Fidelium animae per misericordiam Di requiescant in pace" . Era ed questo anche altrove uso generale. 338 Messale, fol. 231: Deus, cuius misericordiae non est numerus . Ricorre anche nella Missa pro commendatis nello Speciale missarum sec. chorum Herbipolen. (1509), fol 135b. 339 Deus infinitae misericordiae et maiestatis immensae etc. Cfr. A. Franz, Das Rituale voti St. Florian aus dem 12. Jahrhundert (1904), p. 115. Perci la misericordia di Dio ineffabile: ineffabilem nobis ... misecordiam tuam clementer ostende. Breviario, fol. 434. 340 La domenica 10a dopo Pentecoste: Deus qui omnipotentiam hum parcendo maxime et miserando manifestas, multiplica super nos misericordia tuam etc. Messale, fol. 140. Tanto Ugo di S. Caro (in Psalmos, ed. Venetiis 1703, fol. 289b), quanto altres S. Tommaso (I. 2. qu. 113, a.9) e Niccol de Niise (Opus super sent., Rothomagi 1506, tr.5, parte2, portio 3, qu. 1), si appellano a questa orazione. 341 Deus, indulgentiarum Domine , orazione In anniversario defunctorum. Messale, fol. 231b. 342 Pro se sacerdoti (Secreta) : Deus misericordiae, Deus pietatis, De indulgentiae, indulge quaeso et miserere mei. Messale, fol. 222b.
343

Eri. 56, 360. Responsorio del mattutino, presso gli eremiti agostiniani al tempo di Lutero, nella ia settimana di quaresima: Tribularer, si nescirem mi- sericordias tuas Domine : tu dixisti : nolo mortevi p eccatoris, sed ut magis convertatur et vivai, qui Cananaeam et publicanum vocasti ad poenitentiam . Ci consola il cuore e perci viene subito dopo il versicolo : Secundum multitudinem dolorum meorum in corde meo consolationes tue letificaverunt animam meam . Breviario, fol. 96. Gi Ugo di S. Caro fa appello a questo responsorio ricorrente in tutti i breviarii di quel tempo, quando sul salmo 84, 8 (Ostende nobis Domine misericordiam titani), scrive: i. e. fac nos perfecte cognoscere magnam misericordiam tuam, ut non pr peccatis desperemus, sed in misericordia speremus .. . Unde- cantat Ecclesia in Quadragesima: " Tribularer, si nescirem" e te. . In Psalmos, Venetiis 1703, fol. 222b. 344 Enarr. in Psalm. 51 (Opp. exeg. lat., XIX, 35). 345 Responsorio del mattutino, presso gli eremiti agostiniani al tempo di Lutero, nella 1a settimana di quaresima: Tribularer, si nescirem misericordias tuas Domine : tu dixisti : nolo mortem p eccatoris, sed ut magis convertatur et vivat, qui Cananaeam et publicanum vocasti ad poenitentiam . Ci consola il cuore e perci viene subito dopo il versicolo : Secundum multitudinem dolorum meorum in corde meo consolationes tue letificaverunt animam meam . Breviario, fol. 96. Gi Ugo di S. Caro fa appello a questo responsorio ricorrente in tutti i breviarii di quel tempo, quando sul salmo 84, 8 (Ostende nobis Domine misericordiam titani), scrive: i. e. fac nos perfecte cognoscere magnam misericordiam tuam, ut non pro peccatis desperemus, sed in misericordia speremus .. . Unde cantat Ecclesia in Quadragesima: " Tribularer, si nescirem" etc. . In Psalmos, Venetiis 1703, fol. 222b.

altro responsorio della prima domenica di Quaresima ed in una antifona di terza in tutti i giorni feriali del tempo quadrage-/446/simale. E dopo che fu prete trov le predette parole del vero Dio anche come inizio delle preci ecclesiastiche nelle messe Pro amico peccatore, cos pure Pro quacunque tribulatione, Pro mortalitate et peste, nella benedizione delle ceneri il mercoled relativo, nella quale egli come prete facea l'orazione: Onnipotente, eterno Iddio, risparmia i penitenti, sii benigno ai supplicanti, mentre come chierico egli gi cantava il verso esaudisci, o Signore, perch benigna la tua misericordia: secondo la pienezza della tua indulgenza rimiraci, o Signore .346 Divenuto prete Lutero ripeteva in modo ancor pi significativo tutti i giorni l'ultima frase nella segreta dopo il canone: A noi pure peccatori, tuoi servi, che speriamo nella moltitudine delle tue misericordie (de multitudine miserationum tuarum sperantibus) dgnati di largire la partecipazione e comunione coi tuoi santi apostoli e martiri. Non gli qui la vera teologia, secondo la quale il peccatore, che per tale si riconosce, non invoca gi il Dio irato, ma quel vero Dio di cui propriet avere sempre misericordia e perdonare ,347 il quale comanda di essere pregato dai peccatori ,348 che da s non rigetta alcuno, i peccatori inclusi,349 giacch come largitore del perdono ed amante dell'umana salute ,350 in breve come Dio misericordioso ama piuttosto che perdere emendare ogni anima che a lui confessa i suoi peccati ? 351 Giovane monaco Lutero apprese inoltre dal breviario che la Chiesa attende la remissione dei peccati non dalle nostre opere, ma unicamente dalla misericordia e grazia. In Quaresima orava egli cos: Chi, se Iddio si rifiutasse di purgarci dai peccati, potrebbe farlo? La Chiesa vuol dire: nessuno: ed appunto perch nessuno lo pu, essa poi s'innalza a Dio /447/ colla preghiera : perdona, perch sei potente.352 Perci Lutero, quando seppellivasi un suo confratello, pregava colla Chiesa: non entrare, o Dio, in giudizio col tuo servo, ch nessun uomo verr giustificato al tuo cospetto, ove da te non gli venga concessa la remissione di tutti i peccati 353 Dio che giustifica il peccatore.354 Dio mostra agli erranti la luce della verit affinch possano ritornare nella via della giustizia ,355 Ed anche le opere preparatorie delle quali Lutero parla, eziandio nel commentario sulla lettera ai Romani, cio tutte quelle opere buone che precedono la giustificazione, non possono aver luogo senza la grazia di Cristo, che senza di questa nulla possiamo fare per la nostra salute. O Dio , prega la Chiesa, che sei protettore di tutti quei che sperano in te, senza del quale nulla vale, nulla santo, moltiplica sopra di noi la tua misericordia, affinch sotto la tua guida e direzione passiamo fra i beni terreni in maniera che non perdiamo gli eterni .356 Questa orazione della Chiesa piaceva tanto a Lutero che, gi apostatato da essa, ne tradusse la prima parte fino ad affinch e l' uni a formare una sola orazione colla seconda parte d'un'altra orazione ecclesiastica, da lui monaco recitata almeno sette volte l'anno
346 347

Messale, fol. 20b s. Deus cui proprium est misereri semper et parcere . Messale, fol. 230 e 232, Breviario, fol. 434. 348 Deus, qui te precipis a peccatoribus exorari . Secreta nella Missa pro seipso sacerdote. Messale, fol. 222b. 349 Missa pro remiss, peccatorum: Deus qui nulum respuis tc. Messale, fol. 224. 350 Deus veniae largitor et humanae salutis amator . Messale, fol. 231. 351 Postcommunio nella Missa pr confitente peccata sua: Omnipotens et misericors Deus, qui omnem animam penitentem et confitentem tibi magis vis emendare quam perdere . Messale, fol. 228b. . 352 Nell'inno del mattutino in quaresima (Breviario, fol. 272): Nostra te conscientia Grave offendisse monstrat Quam emundes, supplicamus Ab omnibus piaculis. Si renuis, quis tribuet? Indulge, quia potens es etc. 353 Non intres in iudicio cum servo tuo, Deus, quia nullus apud te iustificabitur homo, nisi per te omnium peccatorum ei tribuatur remissio . Breviario, fol. 427 b. 354 Nel messale eremitano alla Missa Pro amico peccatore, fol. 224b: Deus qui iustificas impium, et non vis mortem peccatoris . 355 Orazione nella 3a domenica dopo Pasqua: Deus, qui errantibus, ut in viam, possint redire iustitiae, veritatis tuae lumen ostendis . Messale e breviario. Si trova anche nel Sacrament. Leonianum, p. 9. 356 Nel messale eremitano, come ovunque, la 3 domenica dopo Pentecoste: Protector in te sperantium Deus, sine quo nihil est validum, nihil sanctum: multiplica super nos misericordiam tuam, ut te rectore, te duce sic transeamus , etc. Breviario, fol. 158 b.

nel suo /448/ messale e breviario.357 La orazione dalla quale desunse la seconda parte (che per tua ispirazione) suona: o Dio, dal quale procede ogni bene, concedi alle nostre suppliche che per tua ispirazione pensiamo ci che giusto e lo facciamo eziandio per tua direzione. Per Ges Cristo , ecc.358 Quanto spesso lesse Lutero simili pensieri nel suo messale e breviario! Mi piace sviluppare ancora questa teologia ecclesiastica e cos fare un lavoro preparatorio pei paragrafi successivi. Anche conoscere il bene, cosi veniva addottrinato Lutero, effetto della grazia, ma tanto pi quindi amarlo o compierlo.359 Anche solo domandare tal grazia, avviene per grazia di Dio.360 Non pu ricorrersi ad alcuna interpretazione poich Lutero stesso, dopo d'aver gi emessi molti dei suoi errori fondamentali e cominciato la lotta contro gli scolastici, su questo punto si appella alla Chiesa.361 Perch, cos apostrofa co-/449/ loro che credevano di esercitare da s buoni pensieri, perch prega l'apostolo: il Signore diriga i vostri cuori ed i vostri corpi?. L'apostolo non dice questa frase precisamente cos,362 bens la Chiesa, ma quella maniera era usuale a Lutero per mezzo dell'assoluzione a Prima,363 e prosegue: perch prega la Chiesa: per fare la tua giustizia procedano sempre le nostre parole, siano guidati i nostri pensieri ed opere?. Lutero recitava questa preghiera a Prima.364 Con non minor ragione egli avrebbe potuto appellarsi alla preghiera che diceva quotidianamente al Pretiosa di Prima.365 Egli stesso poi, gi eresiarca, tradusse la preghiera quasi quotidiana nella Chiesa: Deus a quo sancta desideria, recta Consilia et justa sunt opera cos:366 Signore Iddio, padre celeste, che crei il santo sentimento, santo consiglio e rette opere, d ai tuoi servi la pace che il mondo non pu dare, affinch i nostri cuori siano attaccati ai tuoi comandamenti

357

In questa forma presso Lutero suona cos (Eri. 56, 347): Onnipotente Iddio, tu che sei protettore di tutti gli speranti in te, senza la cui grazia nessuno pu cosa alcuna, e nulla vale appo te, facci esperimentare largamente la tua misericordia affinch per la tua santa ispirazione pensiamo ci che giusto e lo effettuiamo per opera tua per amore di Cristo tuo figlio nostro Signore. 358 a 5 dom. dopo Pasqua: Deus, a quo bona cuncta procedunt, largire supplicibus tuis, ut cogitemus te inspirante, quae recta sunt, et te gubernante eadem faciamus, Per doni, nostrum Jesum Christum etc. Tanto nel Messale, fol. 122b, che nel Breviario romitano, fol. 145b. Riesce alla stessa cosa l'orazione del Sacramentarium Leonianumy p. 130: Deus qui bona cuncta et inchoas et perficis, da nobis, sicut de jnitiis tuae gratiae gloriamur, ita de perfectione gaudere. 359 Marted dopo la 2a domenica di quaresima: ... ut quae te alidore facienda cognovimus, te operante impleamus . Breviario, fol. 100. Mercoled dopo la 1a domenica di quaresima, Super populum: Mentes nostras.. . lumine tuae claritatis illustra, ut videre possimus quae agenda sunt, et quae recta sunt agere valeamus . Messale, fol. 28. La domenica 13 dopo Pentecoste: ut mereamur assequi quod promittis, fac nos amare quod praecipis . Ibid., fol. 142. 360 Marted dopo la 4a domenica di quaresima, Super populum: quibus supplicandi praestas affectum, tribue defensionis auxilium . Messale fol. 46b. Sabbato delle tempora di settembre: ... ut salutis aeternae rimedia, quae te inspirante requirimus, te largiente consequamur . Messale, fol. 147 b.
361

0 Deus, quanto ludibrio sumus hostibus nostris. Non ita facilis est bona intentio, nec in tua (bone Deus) o homo potestate constituta, sicut no centissime vel docet vel discitur Scotus. Ea enim praesumptio est hodie perniciosissima, quod ex nobis jormamus bonas intetitiones, quasi sufficientes simus cogitare aliquid ex nobis, contra expressam sententiam Apostoli. Inde securi stertimus, freti (cod. fretri) libero arbitrio, quod ad manum habentes, quando volumus, possumus pie intendere. Ut quid ergo Apostolus orat: " Do minus autem dirigat corda et corpora vestra" ? Et Ecclesia: "Sed semper ad tuam institiam faciendam, nostra procedant eloquia, dirigantur cogitationes et opera"? Hae sunt insidiae iniquorum, de quibus ps. 5: Interiora eorum insidiae; et proverb. 11: In insidiis suis capientur iniqui. Non sic impii, non sic. Sed opus est, ut prostratus in cubiculo tuo totis viribus Deum ores, ut etiam intentionem quam praesumpsisti, ipse tibi det, non in securitate a te et in te concepta vadas, sed a misericordia eius petita et expectata. Lettera ai Romani, c. 14, fol. 277. 362 Nella 2 Thessal. 3, 5, l'Apostolo dice soltanto: Dominus dirigat corda vestra in caritate Dei et patientia Cbristi. La Chiesa intercal: et corpora. V. la nota seguente. 363 Breviario, fol. 73 b: Dominus autem dirigat corda et corpora vestra in caritate Dei et patientia Christi . 364 Ibid., fol. 72 b: ... tua nos hodie salva virtute, ut in hac die ad nullum declinemus peccatum, sed ad tuam iustitiam faciendam nostra procedant eloquia, dirigantur cogitationes et opera. 365 Ibid., fol. 73: Dirigere et sanctificare, regere et gubernare dipare domine Deus, rex celi et terre, hodie corda et corpora nostra, sensus, sermones et actus nostros in lege tua et in operibus mandatorum tuorum ut hic et in eternum te auxiliante salvi et liberi esse mereamur, salvator mundi, qui vivis et regnas in secula seculorum . 366 Ibid., fol; 434.

pella tua prote-/450/zione e passiamo quieta e sicura dai nemici la nostra vita per Ges,367 ecc. La Chiesa sa che i nostri cuori sono vacillanti ed abbisognano dell'aiuto e guida divina.368 Certo che il nostro amor proprio potrebbe ognora prevenirci e vedremo anche come Lutero, a sua stessa confessione, ne soffrisse e richiamasse l'attenzione degli altri sui suoi pericoli : lo fa realmente anche nel commentario sulla lettera ai Romani. Non invano egli udiva la Chiesa del suo tempo pregare: Ti preghiamo, o Signore, che la efficacia del celeste dono prenda in possesso le nostre anime e corpi affinch in noi non sia prima il nostro senso ma il suo effetto".369 Per questo essa prega una settimana dopo: sempre. o Signore, ci prevenga ed accompagni la tua grazia e ci faccia zelanti nelle buone opere .370 Ogni giorno, talvolta ripetutamente, Lutero pregava : ti preghiamo, Signore, a volere colla tua eccitante grazia prevenire le nostre azioni ed accompagnarle col tuo aiuto acciocch ogni nostra preghiera e lavoro cominci da te e per te venga al fine quello che fu cominciato.371 La Chiesa quindi d'idea che Iddio debba prevenire la nostra volont! 372 La volont anzi quella che ricalcitra alla legge di Die. come reiteratamente s'esprime Lutero nella sua dichiarazione dei salmi ed ancor pi nella lettera ai Romani. Perci la /451/ Chiesa prega, colla tua grazia spingi a te le nostre volont sebbene ribelli,373 quasi che Dio debba fare uno sforzo per trarre a s la nostra volont. Sorgi, Cristo ed aiutaci ,374 cio come supplica la Chiesa fin dal principio dell'anno ecclesiastico, dalla prima domenica d'avvento: eccita i nostri cuori a preparare la via al tuo Unigenito , scuoti, o Signore, la tua potenza e vieni ed affrettati a venirci in aiuto colla tua grande virt.375 Come pure nell'ultima domenica dell'anno ecclesiastico non trovasi preghiera meglio conveniente della seguente : sveglia, o Signore, la volont dei tuoi fedeli,376 poich Dio solo pu concedere di volere ci, che Dio ci ha comandato, e di farlo.377 E questa storta volont, anche se ha cominciato sotto l'influsso della grazia preveniente, ha bisogno lo stesso di grazia concomitante non slo per continuare l'opera, ma anche perch nella medesima non trascorra a compiacersi di s stessa.378 Non una volta sola all'anno, ma,/452/ tutti i giorni Lutero doveva recitare al mattino Y orazione: dirigi le nostre azioni nel beneplacito tuo, ecc.379
367 368

Erl. 56, 345. Secreta della 5a dom. dopo l'Epifania e del mercoled dopo li ia domenica di quaresima: nutantia corda tu dirigas . Messale, fol.18 e 28. 369 Ultima orazione nella domenica 15a dopo Pentecoste. Messala fol. 144: ut non noster sensus in nobis, sed jugiter eius (doni coelestis operatio) preveniat effectus. 370 La domenica 16a dopo Pentecoste. Messale, fol. 144. Cos pure nella Secreta della Missa pro serenitate : Praeveniat nos, quaesumus Domine, gratia tua semper et subsequatur . Ibid., fol. 225 b. Cos fin nel secolo IX nellAuctarium Solesmense, Series liturgica, I, p. 156. 371 Breviario, fol. 434b. 372 Di fatto Marsilio di Inghen per es. cita la preghiera cos: Et supplicat ecclesia: " Voluntates nostras, quesumus Domine, aspirando preveni, quia sine speciali Dei preventione nihil possumus boni . In II Sent., cu. a. 4 (Argentine 1501, fol. 296). L'orazione della Chiesa comincia con actiones anzich con voluntates. Secreta della 5a dom. dopo l'Epifania e del mercoled dopo li ia domenica di quaresima: nutantia corda tu dirigas . Messale, fol.18 e 28. 373 Secreta del sabato nella 4a settimana di quaresima e nella 4a domenica dopo Pentecoste: ad te nostras etiam rebelles compelle propitius voluntates . Messale,; fol. 51b e 137. 374 Cos pregava Lutero tutti i giorni a prima: Exurge, Christe, adiuva nos, libera nos propter nomen tuum. Breviario, fol. 25; 72 b. 375 La 2a domenica di avvento : Excita, Domine, corda nostra ad praeparandas Unigeniti tui vias. Messale, fol. 1b. La a 1 domenica d'avvento: Excita, quaesumus Domine, potentiam tuam et veni , e la Chiesa aggiunge nella 4a domenica: et magna nobis virtute succurre, ut per auxilium gratiae tuae, quod nostra peccata praepediunt, indulgenti a tuae propi- tiationis acceleret, fol. 6b. Il mercoled dopo la 3a domenica di avvento: Festina, ne tardaveris, et auxilium nobis supernae virtutis impende. Messale, fol. 3 b. Lutero dopo la sua apostasia tradusse quasi alla lettera la prima orazione. Erl. 56, 326. 376 Excita, quaesumus Domine, tuorum fidelium voluntates. Messale, ' fol. 152b. 377 Orazione dopo la 10a profezia nel sabato santo: Da nobis et velle et posse quae praecipis . Messale, fol. 91b. Altrettanto in una preghiera nella processione che si tiene nei vespri la domenica di Pasqua. 378 a 1 domenica dopo Pentecoste: praesta auxilium gratiae tuae, ut in exequendis mandatis tuis et voluntate tibi et actione placeamus. Messale, fol. 133. La domenica 18a dopo Pentecoste: Dirigat corda nostra, quaesumus Domine, tue miserationis operatio, quia tibi sine te piacere non possumus . Ibid., fol. 149. Nella domenica 12a dopo Pentecoste: ... de cuius munere venit, ut tibi a fidelibus tuis digne et laudabiliter serviatur . Breviario, fol. 174; Messale, fol. 141b.

Secondo la dottrina della Chiesa pertanto la conversione si fonda non su opera d'uomo, ma su opera di Dio : perfino l' essenziale nella confessione dei peccati, cio il cuore contrito, opera di Dio, poich a qual fine prega la Chiesa: "Et poenitens cor tribue?.380 In tutti i giorni feriali Lutero leggeva il capitolo a terza: salva l'anima mia poich ho peccato".381 E Lutero ogni giorno nell'introito della messa diceva: "o Signore, se tu ti rivolgi a noi, vivificaci e noi saremo lieti ed ilari in te .382 Dio che deve dare l'allontanamento del peccato ed il rivolgimento a Dio. Perci la Chiesa all'inizio della compieta chiede tutti i giorni: convertici, o Die, nostra saIute383 e ripete varie volte tale invocazione 384 Per questa e per altre ragioni essa supplica sette volte al di : o Dio bada ad aiutarmi, afirttati a soccorrermi,385 il qual primo versicolo del salmo 69 Lutero stesso, nel 1514, interpreta nel senso che /453/ la Chiesa senta fiducia nelle proprie forze invoca la mano di Dio in suo soccorso.386 Appunto per ragione di questo verso iniziale del salmo 69, che i preti tanto spesso hanno in bocca notte e giorno , Lutero raccomanda a tutti i medesimi questo salmo: essi non dovrebbero mormorarlo s freddamente e superficialmente, ma bens con tutta attenzione sostenere la Chiesa di Dio in questa preghiera, poich se la Chiesa viene aiutata, allora anche noi saremo salvati; essendoch essa la nostra gallina e noi i suoi pulcini. Non invano lo Spirito Santo ha stabilito questo primo versicolo del salmo come principio d'ogn ora ecclesiastica. E qui Lutero enumera i frutti ed effetti di questo versicolo o meglio preghiera contro i tiranni, eretici, scandalosi, in poche parole contro i nemici della Chiesa: contro i vizi e peccati passati affinch essi non inducano qualcuno in disperazione: contro l'impeto della concupiscenza della carne e le sue opere : contro le lusinghe del mondo e le suggestioni del diavolo perch non ottengano il sopravvento su te, ma tu perseveri nella speranza, fede, grazia e unione con Cristo. Dio Signore Dio, pensa al mio aiuto", poich questa preghiera uno scudo, un dardo, una folgore ed un mezzo di protezione contro ogni assalto del timore, dell' orgoglio, della tiepidezza, della sicurezza ecc., che oggi specialmente dominano .387 Chi penserebbe mai che queste auree parole scrive a difesa della Chiesa quel medesimo, il quale pi tardi incessantemente e quanto pi a lungo tanto pi rinfaccia alla Chiesa che essa nulla ha saputo di Dio, nulla di Cristo, che l' ha conosciuto soltanto come giudice rigoroso ed irato, il quale da placarsi unicamente colle nostre opere e mortificazioni? E pure gli quel medesimo: ei divent un altro, uno che non rifugg da mezzo alcuno per calunniare la Chiesa e renderla odiata allo scopo di tenere in alto la sua dottrina!/454/
379

La domenica fra l'ottava di Natale: dirige actus nostros in beneplacito tuo. Breviario, fol. 55. Dall'Ordinarium, c. 36 fol. Hiiij, risulta che questa bella colletta si recitava ogni giorno dopo la messa. 380 Verso nell'inno: Jam Christe sol iustitiae, alle lodi in quaresima. Breviario, fol. 272 b. Anche nel 1518 Lutero vi si appella quando Weim. I, 321, 25, scrive: Fac (Deus) poenitentem, quem jubes poenitere. Et sic cum b. Angustino ores: "Da quod jubes, et jube quod vis" et cum Ecclesia: " et cor poenitens tribue" . 381 Breviario, fol. 76. 382 Deus, tu conversus vivificabis nos ; et plebs tua laetabitur in te . Messale, fol. 111. Nella sua spiegazione dei salmi, Weim. IV, 8, Lutero interpreta bellamente il versicolo cos: Ergo, mortui sumus ante conversionem tuam, et mors nostra est aversio tua, sed conversio tua fiat vita nostra. Quomodo enim anima potest vivere, a qua Deus aversus est, quia est vita animae, sicut anima corporis?. 383 Converte nos Deus salutaris noster . Breviario, fol. 69b. 384 Per es. il luned dopo la 1a domenica di quaresima. Messale, fol. 25b. L'ultima domenica dopo Pentecoste, Secreta : Omnium nostrum ad te corda converte. Ibid., fol. 153.
385

Deus in adjutrium menni intende : Domine ad adjuvandum me festina . Nel breviario ricorre prima di ogni parte della preghiera ecclesiastica, prima di ogni ora ed oltracci altre tre volte insieme nella Pretiosa a Prima. Nei molti giorni, in cui recitavasi eziandio l'Officinm Marianum, vi s'aggiungevano altre otto simili invocazioni s che Lutero in quei giorni doveva dire tale versicolo non meno di 19 volte. 386 Weim. III, 444. 387 Weim. III, 446 s. Voglio citare soltanto l'inizio del testo latino: Unde omnibus sacerdotibus commendandus est psalmus iste, cuius principium tam frequenter die nocteque volvunt, ut non tam frigide et perfunctorie ipsum demurmurent, sed tota intentione Ecclesiam Dei in ista oratione iuvent. Ouoniam si Ecclesia adiuta fiterit, nos quoque salvi, erimus, cum ipsa sit gallina nostra, nos pulii eius. Non enim frustra Spiritus. S. sic ordinavit in omni hora pro principio hoc principium huius psami.

In quanto ha preceduto espressa la persuasione che i nostri nemici sono bens forti, ma che Iddio ancor pi forte e che da lui appunto la Chiesa aspetta la liberazione.388 Quindi alla fine dei salmi penitenziali che al tmpo di Lutero erano tanto di frequente recitati assieme alle litanie dei santi, essa supplica a Dio: Ci sia tu, o Signore, una torre forte contro i nostri nemici,389 dei quali, come confessa pi sopra Lutero non oscuramente, i peggiori sono nell'interno dell' uomo stesso. Anche relativamente ad essi la Chiesa si rivolge al Dio misericordioso quando nell' inno del vespro feriale del venerd prega che egli cacci dal nostro petto tutto ci che di immondezza si mescola nei nostri costumi ed azioni:390 che egli, come essa prega nell'inno del vespro feriale del marted, colla rugiada della sua grazia, mondi le ferite dello spirito guasto, affinch questo mediante il pianto, cio la penitenza, aggiusti i trascorsi e domi gli istinti malvagi.391 La Chiesa ha la fiducia che Dio aiuter appunto perche ha mandato al mondo il Figliuolo suo per la nostra salute allo scopo di abbassarsi fino a noi e di richiamare noi a Dio.392 La Chiesa spera tutto da Dio e ci pei meriti di GesCristo, in virt della sua passione. Perci la Chiesa nel messale o breviario non indirizza nessuna, nessunissima orazione a un santo, e neanche alla Madre di Dio, cosa riconosciuta da Lutero eziandio nel 15 18393 :"la Chiesa spera di ottenere tutto in virt dei meriti di Cristo e gli per questo che chiude le sue orazioni cos: "per Ges Cristo nostro Signore cosa che /455/ Lutero doveva conoscere fin dallo statuto dell'ordine suo.394 Mai dalla Chiesa sono messi la Madre di Dio od i santi in posto di Dio, che quei che d, od invece di Cristo, pel quale e pei suoi meriti si ottiene, s invece in nostro luogo, allato a noi affinch siano aiuto alla nostra prece e la rendano pi efficace avanti a Dio. Con tutto questo la Chiesa riesce ad esprimere la sua fede che n le nostre opere, n i santi, ma Ges Cristo soltanto nostro redentore, e che noi unicamente in virt dei suoi meriti acquistati da lui per noi nella sua vita, passione e morte, possiamo fare del bene, venire esauditi e salvati. Per questo essa prega affinch nel nome del diletto f iglio meritiamo di abbondare in opere buone .395 Perci essa nelle litanie dei santi solite a recitarsi dal Lutero d'un tempo solleva verso Dio ed alle persone della divinit ed a Ges Cristo la preghiera : abbi misericordia di noi, o esaudiscici, ai santi invece : pregate per noi. Perci che essa non prega Dio che ci liberi fondato sulle nostre opere, sulle nostre penitenze o per la vita monastica ecc. (come rinfaccia alla Chiesa il Lutero posteriore) ma in virt del mistero della tua santa incarnazione, liberaci, o Signore ! In virt della tua venuta, nascita, battesimo e del santo tuo digiuno, liberaci, o Signore ! In virt della tua croce e passione, liberaci o Signore ! In virt della tua morte e sepoltura, liberaci,0 Signore!396 ecc. Anche il Lutero posteriore sapeva tuttavia la cosa poich ha conservato queste invocazioni.397 /456/
388

Orazione nel luned dopo la 3 domenica di quaresima: 5: subveniat nobis Domine misericordia tua, ut.. . te mereamur protegente eripi, ; liberante salvare. Breviario, fol. 105. Cfr. anche l'orazione nella 1 domenica di avvento. Messale, fol. 1. 389 Esto nobis Domine, turris fortitudinis. Breviario, fol. 435b 390 Repelle a servis tuis - Quidquid per inmunditiam - Aut moribus se suggerti - Aut actibus se interserit . Breviario, fol. 267b. 391 Mentis perustae vulnera - Munda virore gratiae - Ut facta fletu diluat - Metusque pravos atterat . Breviario, fol. 263. 392 Preghiera nella benedizione delle palme: Deus, qui filium tuum .... pr salute nostra in hunc mundum misisti, ut se humiliaret ad nos, et nos revocaret ad te .... . Messale, fol. 60. 393 Weim. I, 420: In omnium Sanctorum festis Ecclesia orationes dirigit non ad sanctos, sed ad Deum cum nominibus sanctorum, eorum merita ex deo venisse protestata, deinde per eadem preces suas deo commendans. 394 LOrdinarium dell'ordine di Lutero (Venetiis 1508) ha il capitolo 31 : Qualiter orationes debeant terminari : e vi si dice: in tutte le preghiere Ges Cristo deve essere nominato per primo nella conclusione, di regola cos: per dominum nostrum Jesum Christum etc. Solo le (poche) orationes quae ad ipsam trinitatem diriguntur, sic concluduntur : Qui vivis et regnas deus per omnia secula seculorum : Ges Cristo v' compreso, ma altrove Egli compare sempre espressamente, naturalmente in modo diverso a seconda dell'invocazione. 395 Breviario, fol. 55; Ordinarium, c. 36: ut in nomine dilecti filii tui mereamur bonis operibus abundare . E nella sequenza O crux lignum della festa dell'invenzione di S. Croce Lutero pregava (Messale, fol. 256b): Medicina Christiana - Sanos salva, egros sana, - Quod non valet vis humana, - Fit in tuo nomine . 396 Per mysterium sanctae Incarnationis tuae, Libera nos Domine... Per crucem et passionem tuam, Libera etc. Per mortem et sepulturam tuam, Libera etc. Per sanctam Resurrectionem tuam, Libera etc. . 397 Erl. 56, 360, 362.

Noi abbiamo di gi veduto che il Lutero della prima maniera unitamente alla Chiesa appellava la croce l'unica speranza e Cristo sulla stessa la salute del mondo: in conformit con ci egli pregava eziandio insieme alla Chiesa che Iddio salvasse i suoi pel mistero della croce,398 dicendo pertanto che non non siamo i nostri salvatori, come il Lutero posteriore fa dire alla Chiesa. Per smascherare esaurientemente simili asserzioni come bugie dovrei ricopiare pi della met dei libri liturgici. Qua e l Lutero si appalesa per quel tale che io ho sempre dipinto: qui per io rammento una cosa soltanto, cio che appunto nella confessione che fa la Chiesa, sulla croce essersi a noi partecipata la redenzione, la riconciliazione con Dio e la remissione dei peccati,399 sta la ragione per cui la Chiesa fece rappresentare ai fedeli ovunque la croce, in chiesa e fuori, nei libri e sui muri, nelle case e nei campi, sulle piazze, sui tetti, sulle torri. La figura del Crocifisso con Maria e Giovanni sotto la croce prima del canone della Messa non mancava in alcun messale, neanche nei pi piccoli, per es. in quelli per coloro che viaggiavano, come Lutero potea vedere in quello del suo stesso ordine,400 passando sotto silenzio i grandi. Il prete, chiunque fosse, doveva pure ricordarsi che nella Santa Messa si ripeteva incruentemente la stessa cosa che cruentemente era avvenuta sulla croce, alla quale legata ora e in futuro tutta la sua speranza. /457/ Per questo la Chiesa richiama l'attenzione dei preti nella loro ordinazione sacerdotale all'effetto della redenzione di Cristo sulla croce e del medesimo sacrificio nella Messa, perch sentano quell'effetto sia nei ministeri della grazia sia nei costumi401 oppure, come prega un'altra volta, perch mantengano nella loro vita quel sacramento che ricevettero colla fede.402 Essa vede le ferite anche nel Redentore risorto, quelle ferite che Egli ricevette per la nostra redenzione, e pei cui meriti oggi pure vengono rimessi i nostri peccati.403 Colle ferite sul suo corpo essa lo saluta nel tempo di passione come il re clementissimo, e lo prega a prendere possesso dei nostri cuori:404 lo appella anzi nostra redenzione, amore e desiderio .405 E per arrivare alla conclusione, la Chiesa conseguentemente fa dipendere non dalle nostre opere e meriti ma dalla misericordia del Redentore il conseguimento dell'eterna felicit, come il Lutero della prima maniera sapeva da tante preghiere ecclesiastiche in proposito e pregava tutti i giorni nella segreta dopo la consacrazione 406 e, per ricordare soltanto questa /458/ orazione, udiva nella benedizione delle palme: O Dio, amare il quale giustizia, aumenta in noi i doni colla tua grazia
398

Conclusione dell'inno Vexilla regis nel tempo di passione, Breviario, fol. 273 : Quos per crucis mysterium - Salvas (cod. salva), rege per saecula . 399 Pi tardi, ma molto tempo per prima di Lutero, si recitavano Messe proprie De passione Domini, De quinque vulneribus, De lancea Domini ecc. In quella De passione Domini questa orazione era del seguente tenore: Domine Jesu Christe fili Dei vivi, qui de celo ad terram descendisti de sinu Patris, et in ligno crucis quinque vulnera et plagas susti- nuisti, et sanguinem tuum pretiosum in remissionem peccatorum nostrorum fudisti.. . . Missale specialium missarum pro itinerantibus sec. rubricam Patavien, ecclesie, Vienna 1513, fol. 24. Speciale Missarum sec. chorum Hertipolen. (Basilee 1509), fol. 150b. Cfr. su ci A. Franz, Die Messe im deutschen Mittelalter (1902), p. 155 ss. 400 Cio nel Missale itinerantium seu misse peculiares valde devote, stampato in Germania nel 1504, 8 picc. di soli 40 fogli per l'ordine eremitano. Cos anche nel Sacrificale itinerantium (Oppenheim, Jac. Koebel, 1521) : inoltre nel Messale or ora citato della diocesi di Passavia, ecc. 401 Postcommunio : .. . ut tuae redemptionis effectum et mysteriis capiamus et moribus (Pontif. Rom.). 402 Ut sacramentum vivendo teneant, quod fide perceperunt . Orazione del marted di Pasqua. Messale, fol. 116 e Breviario, fol, 133. 403 Ci bene espresso nella Missa de quinque vulneribus (Speciale Missarum sec. chorum Herbipolen. fol. 152): Deus qui hodierna die sacratissimorum vulnerum tuorum solemnia celebramus (?), concede propitius ut a peccatorum nostrorum vulneribus eorumdem pretiosorum stigmatum tuorum intervenientibus meritis expiati perpetue beatitudinis premia consequamur . Cfr. Franz, 1. c., p. 157 s. 404 Nell' inno alle laudi del tempo pasquale : Sermone blando angelus, che era recitato in molte diocesi ed ordini (cfr U. Chevalier, Repertorium hymnol., II, n. 18831), nell'ordine eremitano con 5 strofe precedenti (incipit: Aurora lucis). L'ultima strofa dopo ricordare le vulnera in carne Christi fulgida comincia (Breviario, fol. 274): Rex Christe clementissime, - Tu corda nostra posside . 405 Inno sommamente diffuso pei vespri e mattutino dell'Ascensione (Breviario, fol. 274b) che comincia: Jesu nostra redemptio, - Amor et desiderium . Era in uso ancor pi dell'or ora ricordato (v. Chevalier, I, 9582); J. Kehrein, Kirchenlieder, p. 67 ne indica una versione tedesca che del sec. XII, mentre nell'altra opera Kathol. Kirchenlieder, Hymnen, Psalmen, I, 524, trovasi un'altra versione tedesca antica. 406 Intra quorum (apostolorum et martyrum) nos consortium non aestimator meriti, sed veniae largitor admitte. Messale, fol. 112.

ineffabile, e tu che hai fatto che noi in virt della, morte del tuo figlio speriamo quanto crediamo, fa eziandio che in virt della sua risurrezione arriviamo l ove aspiriamo.407 E questa non la era una dottrina segreta. ma fin dal tempo antico408 ai preti invece si fece dovere di raccogliere dai moribondi la confessione che essi arriverebbero alla beatitudine non pei loro propri meriti, ma in virt della passione di Cristo e pel merito di lui: che Ges Cristo morto per la nostra salute, e che nessuno pu salvarsi pei meriti proprii ed in qualunque altra maniera fuorch pel merito d Ges Cristo. Se il morente ha questa fede ringrazi Iddo di tutto cuore e si raccomandi alla sua passione, e pensi spesso alla medesima,409 desumendo egli la ferma speranza da ci che Dio fedelissimo promettitore dei beni eterni e sicurissimo pagatore410/459/ La Chiesa pertanto nelle sue preci e cantici liturgici i tempi di Lutero ci presenta Dio Signore sempre siccome il Dio misericordioso, benigno, non come il severo giudice : per tutto l'anno ecclesiastico ci fa vedere che la venuta di Ges Cristo realmente la venuta delle grazie e della misericordia e che Egli stesso la gioia del mondo, la piet immensa, che ci ha liberati dalla morte col suo sangue.411 Come vedremo procedendo, i dottori ecclesiastici fino a Lutero non insegnarono cosa differente, e Lutero stesso, il quale pi tardi non potea rimproverare abbastanza alla Chiesa ed ai suoi teologi che avessero condotto gli uomini e lui stesso alla disperazione, avendo conosciuto ed insegnato Dio soltanto come giudice severo ed irato, nei primi tempi, quando non aveva ancora bisogno di simili menzogne, non ardi formulare tale asserzione : su questo punto insegnava in accordo colla Chiesa.412 Fino ad oggi i teologi protestanti non hanno fatto attenzione alla fonte di cui mi sono servito in questo paragrafo. Altrimenti come mai avrebbe potuto Harnack vergare la sua frase citata a p. 437 sulla lieta novella, che Lutero avrebbe portato alla cristianit? Eppure quanto poco ho io tratto da questa fonte! Ma Lutero la conosceva, ha attinto ad essa, qua e l anzi ha intessuto da essa dei passi, come faceva talora pei passi scritturali.413 In tali frasi liturgiche egli /460/ riconosce parole della Chiesa che non
407 408

Messale, fol. 6o: Deus quem diligere et amare iustitia est etc. V. cose relative dall'epoca immediatamente precedente a Lutero sopra p. 49 s. La fonte pi prossima lAdmonitio morienti di S. Anselmo di Cantorbery (Migne, fair. t. 158, 686 s.), della quale, come pure di reminiscenze anteriori e posteriori amplificazioni tratta la bell'opera del Franz, Das Rituale von St. Florian, p. 196 ss. Come per altri punti, cos anche per la prassi superiormente esposta ebbe influenza nel medio evo declinante lOpus tripartitum di Gersone, 3 pars: De scientia mortis (Opp. I, 447, ed. Antwerpiae 1706), donde Geiler von Kaisersberg tradusse il passo relativo in questa forma: In te, dolcissimo Ges, la mia unica speranza... Signore, bramo il tuo paradiso, non pel valore del mio merito, ma in virt della tua santissima passione, pella quale tu hai voluto liberare me miserabile e comprarmi il paradiso a prezzo del tuo sangue prezioso ( Wie man sich halten sol bei einem sterbenden Menschen. Herausgegeb. von Dacheux 1878). 409 Sacerdotale ad consuetudinem S. Romanae ecclesiae, Venetiis 1537 (prima stampa), fol. 117 (Venetiis 1554, fol. 113b): Credis, non propriis meriti sed passionis dom. nostri Jesu Christi virtute et merito ad gloriam pervenire? Credis quod dominus nosterJesus Christus pro nostra salute mortuus sit, et quod ex propriis meritis vel alio modo nullus possit salvari, nisi in merito passionis eius? Redde ei gratias toto corde, quantum potes, et de ipsius passione recommenda, et ipsam corde cogita, et ore quantum potes nomina . Altrettanto troviamo nei numerosi manuali tedeschi pei moribondi di quel tempo. Cfr. Falk, Die deutschen Sterbebchlein von der altesten Zeit des Buchdruckes bis zum J. 1520(1890). 410 Sacerdotale; 1537, fol. 211; (1554), fol. 207b: Deus eternorum bonorum fidelissime promissor et certissime persolutor etc. 411 Lutero lo leggeva le domeniche di quaresima nell'inno Aures ad nostras (Breviario, fol. 272 b) a vespro: Christe lux vera, bonitas et vita, - Gaudium mundi, pietas immensa, - Qui nos a morte roseo salvasti - Sanguine tuo. 412 Cosi scrive nei suoi Dictata del 1513-1514: Lex vetus primum adventum Christi prophetavit, in quo Christus in iudicio benigno et salutari regnat, quia adventus gratie et benignitatis est... Nova autem lex de futuro iudicio et iustitia prophetat, quia secundum Christi adventum prophetat, qui erit in iudicio severitatis et vindicta eterna, ut patet in multis autoritatibus Job 5 : " potestatem dedit ei iudicium tuum facere " ; 2 Tim. 4: "Qui iudicaturus est vivos et mortuos"; Rom. 2: "in revelatione iusti iudicii Dei" Weim. III, 462. 413 Cos per es. scrive su Rom. 8, 14, nel commentario sulla lettera ai Romani, fol. 200b: Spiritu Dei agi, i. e. libere, prompte, hilariter carnem, i. e. veterem hominem mortificare, i. e. omniia contemnere et abnegare, quae Deus non est, etiam seipsos, ac sic nec mortem, nec amica mortis genera poenarum saeva pavescere . Le parole sottolineate sono prese dall'inno per la festa unius virginis et martyris. (Breviario, fol. 411b). In Rom. 10, fol. 234, Lutero scrive: ...soli Deo vivit, cui omnia vivunt etiarn mortua . Il passo sottolineato non tolto da Luc. 20, 38, ma dall'invitatorio della commemorazione dei defunti (Breviario, fol. 385b: Regem, cui omnia vivunt etc. ) o dall' Oratio in sepultura: Deus cui omnia vivunt, et cui non pereunt moriendo corpora nostra, sed mutantur in melius (ibid., fol. 429). E cos molte altre volte, ma basta il fin qui detto.

vanno affatto considerate come vane.414 Anzi quando era gi sull'orlo dell'apostasia egli si appella ancora (n solo nei passi surriportati questa fonte pensando di non allontanarsene prescindendo dal fatto che anche da eresiarca egli non solo, come noto, loda gli antichi inni della Chiesa, ma tradusse anche in tedesco e conserv in latino415 parecchie orazioni ecclesiastiche, delle quali qualcuna io ho qui addietro comunicata. Come tanto di frequente altrove, cos qui pure Lutero pronuncia il verdetto sulle sue posteriori calunnie quasi che la Chiesa prima di lui ed egli con essa avessero conosciuto Dio soltanto come giudice rigoroso, che debba venire placato colle opere proprie. Oltracci Lutero fin quasi alla sua apostasia, quando gi aveva trovato da lungo tempo il suo vangelo, cita parecchie di queste orazioni liturgiche contro il merito delle opere, contro il modo di vedere che fossimo noi o le nostre opere quali che fossero la causa della nostra /461/ salute. Se egli allora su questo punto combatte contro scolastici o la pratica di certuni, lascia tuttavia fuori di questione la dottrina della Chiesa espressa nella liturgia, la riconosce giusta. Non si sentiva neanche indotto a sostenere che in frasi come Cristo l'unica speranza, l'unica salute, non noi, la Chiesa abbia lasciato il solo dopo noi416 e che essa insegni di fatto come anche noi, anche le nostre opere operino la salute. Ci disse il Lutero posteriore, quando egli, nella lotta ed odio colla Chiesa, senza scrupolo si fece reo di incredibili svisamenti della dottrina cattolica e delle pi gravi calunnie contro l'antichit cristiana: ci egli fece quando contro la malizia e malvagit del papato a salute delle anime riteneva lecito tutto417 anche le bugie necessarie, che egli, specialmente sotto questo punto, permette e difende.

414

Weim. I, 558: nec vana esse verba ecclesiae credo . Nel 1514 attribuiva allo Spirito Santo l'ordinamento della liturgia. V. sopra p. 453. 415 Lutero riporta l'orazione della Missa pro tribulatis: Deus qui contritorum non despicis gemitum due volte, una in tedesco (Erl. 56, 352), l'altra in latino (p. 365): naturalmente in ecclesia tua sancta tradotto da lui con nella tua comunit. L'Oratio nella 4 domenica dopo l'Epifania: Deus qui nos in tantis periculis co nstitutos sta ivi pure p. 353 in tedesco, a p. 366 in latino. La bella Oratio : Deus qui delinquentes perire non pateris , che trovasi gi nel Sacramentarium Leonianum, p. 109, ivi a p. 365, cambiatavi per la conclusione. La preghiera di Lutero sulla passione di Cristo (ibid. p. 332) messa assieme dalla Oratio del mercoled della settimana santa ( Deus qui pro nobis filium tuum crucis patibulum subire voluisti ) e dall' Oratio nel marted della stessa settimane (Da nobis ita dominicae passionis etc.). Parimente le preghiere di Lutero al Sacramento dell'altare (p. 318), per la Pasqua ed Ascensione (p. 320), per la Trinit (p. 335), hanno per base le relative orazioni cattoliche ecc. per non parlar degli inni.
416

Cos W. Khler, Denifles Luther nel periodico Die christliche Welt, 1904, n. 9, p. 208. V. su ci pi avanti nel corso di questo volume. 417 V. sopra p. 137.

Você também pode gostar