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Limmagine dellaltro

tra stereotipi e pregiudizi


Spunti di riflessione

22 giugno - 26 novembre 2012

Limmagine dellaltro tra stereotipi e pregiudizi. Spunti di riflessione


Trento, Museo Diocesano Tridentino 22 giugno 26 novembre 2012 Mostra e guida alla mostra a cura di Domizio Cattoi, Lorenza Liandru, Domenica Primerano Coordinamento, progetto espositivo e apparati didattici Domenica Primerano Testo e schede della guida alla mostra Lorenza Liandru con la collaborazione di Domizio Cattoi Realizzazione dellallestimento Gianni Dalpr, Arturo Kuer Assicurazioni Societ Cattolica Assicurazioni, Recla Assicurazioni Trento Progetto grafico e impaginazione Lisa Esposito - Tipografia Editrice Temi, Trento Stampa Tipografia Editrice Temi, Trento Referenze fotografiche Archivio fotografico Museo Diocesano Tridentino Archivio fotografico Inventario Arcidiocesi di Trento Archivio fotografico Castello del Buonconsiglio Monumenti e collezioni provinciali Alcune delle immagini a corredo del testo introduttivo sono riproduzioni da libro. LEditore resta a disposizione di eventuali aventi diritto Prestatori Bocenago, chiesa di Santa Maria Maggiore Dermulo (Taio), chiesa dei Santi Filippo e Giacomo Trento, Biblioteca Comunale Trento, Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali Trento, Convento dei Cappuccini Vattaro, chiesa di San Martino Si ringraziano i prestatori e quanti hanno collaborato alliniziativa Con il patrocinio di Con il sostegno di Con il contributo di

PRoVInCIA AuTonoMA DI TREnTo

Limmagine dellaltro
tra stereotipi e pregiudizi
Spunti di riflessione

Guida alla mostra

Presentazione
Gli stereotipi hanno da sempre modellato la nostra immagine e quella degli altri, dandoci la rassicurante illusione di poter afferrare la complessit del mondo e superare cos la paura dellignoto e del diverso. nella societ contemporanea, destinata a diventare sempre pi multiculturale, multietnica e multireligiosa, vivono in silenzio molti stereotipi che affondano le proprie radici nel passato: pregiudizi, generalizzazioni e luoghi comuni fanno ormai parte di un background collettivo veicolato e spesso alimentato anche dalle immagini prodotte nei secoli. Attraverso uno sguardo intento ad indagare la raffigurazione dellaltro nelle testimonianze iconografiche del passato, si pu capire come radicati pregiudizi e antichi stereotipi visivi abbiano attraversato i secoli e siano giunti fino a noi, alimentando lincapacit di incontrare davvero laltro. Lo attestano parecchie opere esposte in museo nelle quali lartista, per raffigurare il diverso, ricorso a schemi iconografici ben consolidati. Accanto a queste testimonianze, in mostra sono state riunite altre immagini, provenienti dalle chiese della diocesi di Trento e dalle collezioni museali, con lintento di stimolare nel visitatore la riflessione sugli stereotipi visivi che loccidente cristiano utilizz per raffigurare lalterit religiosa e gli oppositori della fede: ebrei, musulmani, eretici. Lesposizione non si propone di affrontare in modo esaustivo la complessa tematica relativa allimmagine dellaltro; intende piuttosto introdurla, fornendo al visitatore adeguate chiavi di lettura per riconoscere i meccanismi sottesi alla produzione di vecchi e nuovi stereotipi visivi. Pur trattandosi di una mostra sul passato, riteniamo che essa possa parlare al presente di tutti.

Liniziativa si colloca nellambito del progetto Io per te sono laltro, elaborato dal Museo Diocesano Tridentino in sinergia con il Centro diocesano per lecumenismo e il dialogo interreligioso dellArcidiocesi di Trento. La proposta rivolta anzitutto alle scuole, che quotidianamente si confrontano con la presenza sempre pi rilevante di cittadini in formazione, appartenenti a diverse culture, ma ambisce a coinvolgere anche altre tipologie di destinatari. Il progetto pone al centro il patrimonio culturale inteso come insieme di beni da condividere e ricostruire nei significati: in questa accezione, infatti, esso pu diventare uno strumento straordinario per stimolare il dialogo costruttivo e il confronto tra individui e comunit portatrici di istanze culturali diverse.

Domizio Cattoi Lorenza Liandru Domenica Primerano

immagini dinfedelt: ebrei, musulmani ed eretici nellarte cristiana. note introduttive


Lorenza Liandru Alcuni dei meccanismi correlati alla rappresentazione dellalterit e molti codici visivi adottati per rappresentarla affondano le loro radici nellantichit greco-romana. Secondo il pensiero antico, il clima del luogo di nascita e la posizione degli astri plasmavano le qualit delle persone, determinandone il carattere e la moralit. Sulla base di queste teorie climatiche, esposte anche da Aristotele, gli abitanti del nord del mondo erano descritti come alti, vigorosi, coraggiosi, di buon appetito, sicuri di s, combattivi. Di contro gli abitanti del sud erano piccoli, flebili, inappetenti, intelligenti e pigri. nel mezzo, dove il clima era temperato, vivevano coloro che per spiccate capacit intellettuali e predisposizione potevano governare sia s stessi, sia le altre culture. Gli antichi, inoltre, elaborarono la pseudo-scienza nota con il nome di fisiognomica. La teoria fisiognomica si basa sullaccettazione di due fondamentali principi: il primo di questi afferma che il carattere di una persona dipende dal suo aspetto fisico e il secondo che nel corpo si manifestano le malattie dellanima. Sulla base di questi principi era quindi possibile interpretare in chiave morale tutte le caratteristiche fisiche di un individuo: il colore della pelle, lespressione del viso, il naso, la corporatura, la barba etc. Come molti altri aspetti del pensiero antico, anche queste teorie furono assorbite dal mondo cristiano e costantemente adottate per descrivere s stessi e gli altri. In molte testimonianze iconografiche, soprattutto di epoca medievale, la rappresentazione dellalterit risolta nella configurazione di una differenza che contrapposizione simmetrica: il diverso non soltanto diverso da me, ma il contrario di me. Secondo questo meccanismo, le caratteristiche che appartengono alla propria cultura sono presentate come opposte a quelle della cultura altra e la differenza rappresentata dallaltro descritta solo in termini negativi. Pi che precisare la fisionomia dellaltro di per s, le raffigurazioni descrivono la societ che ha elaborato le immagini e riflettono le idee e i pregiudizi del corpo sociale che pensa, delimita ed esprime la sua identit. La rappresentazione dellaltro, tuttavia, non si esaurisce nella dimensione della diversit negativa: da sempre laltro, soprattutto se lontano, ha affascinato luomo e suscitato la sua curiosit.

Michael Wolgemut e Wilhelm Pleydenwurff, Razze mostruose, part., in Liber Chronicarum, 1493, Trento, Biblioteca Comunale

ebrei
nelle opere darte delloccidente cristiano, laltro, il diverso per antonomasia lebreo. Ad esclusione di pochi segni di identificazione privi di connotazioni negative, alla rappresentazione degli ebrei fu generalmente applicato lo specchio deformante del pregiudizio: stereotipi visivi, simboli e personificazioni contribuirono a delineare unimmagine negativa e pericolosa dellebreo, che fu percepito come diverso non solo dal punto di vista religioso, ma anche sul piano fisico. La storia degli ebrei in Europa quella di una minoranza che sub nel corso dei secoli un processo di progressiva marginalizzazione ed esclusione. nella penisola italiana, in base alla tradizione della legge romana, gli ebrei godevano dello status di cittadini e quindi di uomini liberi. nelle terre a nord delle Alpi e in Inghilterra, dove il diritto romano aveva lasciato posto, tra IX e X secolo, ad altre forme giuridiche, la presenza ebraica si fondava invece su di uno ius singolare caratterizzato dalla diretta dipendenza degli ebrei dal potere statale. Il diritto canonico, inoltre, affermava la legittimit del culto ebraico, che non fu mai considerato alla stregua di uneresia. In realt, soprattutto a partire dal XIII secolo, la maggioranza cristiana adott nei confronti degli ebrei misure discriminatorie che li privarono di molte libert giuridiche e sociali, provvedimenti che in alcuni casi portarono alla persecuzione e allespulsione di intere comunit ebraiche. Gli ultimi secoli del Medioevo, ed in particolar modo il Quattrocento, videro un generale deterioramento dei rapporti fra ebrei e cristiani e il tradizionale atteggiamento di accettazione della presenza ebraica nel mondo cristiano fu ulteriormente ridimensionato. Gli ebrei nella societ occidentale vennero sempre pi marginalizzati, fino al decisivo confino allinterno dei cosiddetti ghetti, il primo dei quali fu istituito a Venezia nel 1516. Sulla testa dellebreo nellarte medievale, cos come nella realt storica, la forma e il colore di un copricapo fungevano da elemento caratterizzante e segno di appartenenza a un gruppo sociale, religioso, politico o nazionale. Il copricapo pi noto sulla testa degli ebrei nelliconografia medievale il cappello a punta (o Judenhut), che gli ebrei abitanti nelle attuali terre di Germa-

Adamo dArogno (attr.), Martirio di Santo Stefano, post 1212, Trento, cattedrale di San Vigilio

Duccio di Buoninsegna, Cristo accusato dai Farisei, part. di uno dei pannelli della Maest di Siena, 1308-1311, Siena, Museo dellopera del Duomo

nia, Austria e Boemia adottarono liberamente nel XII secolo, prima che fosse imposto loro dalle autorit come segno di riconoscimento a met del secolo successivo. nella sua forma pi semplice lo Judenhut, detto anche pileus cornutus, un cappello conico di origine persiana, derivato verosimilmente da un copricapo indossato dai non credenti nei paesi musulmani. La sua foggia varia notevolmente in base alla provenienza geografica e cronologica della fonte iconografica ma, nonostante la variet delle soluzioni adottate, il cappello a punta diviene nel Medioevo, insieme con un altro elemento dellabbigliamento persiano, il caftano con cintura, elemento caratterizzante dellebreo. una delle pi antiche raffigurazioni di ebrei con il cappello a punta si trova a Verona, sulle formelle delle porte bronzee di San Zeno, realizzate tra i primi decenni e la fine del XII secolo da artisti di provenienza sassone. Simili copricapo si trovano anche nei bassorilievi della prima met del XIII secolo nellabside meridionale del Duomo di Trento, a corredo delle figure di due dei lapidatori di Santo Stefano. nelle raffigurazioni della penisola italiana, gli ebrei sono sovente caratterizzati da un particolare scialle da preghiera, il tallith, elemento tipico dellabbigliamento rituale che, a partire dal XIII secolo, viene adottato per rappresentare il sacerdote ebreo. Il tallith, uno scialle riservato agli uomini, pu essere di lana o seta e decorato ai quattro angoli da frange (tsitsith). Il tallith avvolge il capo degli ebrei negli episodi della storia sacra e identifica i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani descritti dai Vangeli, soprattutto nelle scene della Passione: indossano scialli decorati gli ebrei scolpiti da nicola Pisano per il pulpito della cattedrale di Siena (1265-

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1268 circa) e i farisei che accusano Cristo nella tavola dipinta da Duccio di Buoninsegna sul retro della Maest di Siena (1308-1311). I segni di distinzione nella prima met del XIII secolo agli ebrei fu imposto lobbligo di indossare un segno di distinzione. Il provvedimento, formalizzato da papa Innocenzo III con il Canone 68 del IV Concilio Lateranense (1215) e da papa onorio III nel 1227, mirava a rendere immediatamente riconoscibili gli ebrei per evitare il pi possibile contatti e commistioni con i cristiani. In Italia il segno pi diffuso fu un circolo di panno giallo dalla forma simile ad un anello, da applicare ben in vista sugli abiti, mentre nelle terre dellImpero si usarono soprattutto copricapo a punta. nella societ medievale, la coercizione al segno era un dato generalizzato ed altre categorie di marginali erano obbligate a farsi riconoscere per mezzo di un elemento distintivo: musulmani, eretici, lebbrosi e prostitute, per i quali furono

Documento con il simbolo ad anello per gli ebrei, 1551, Innsbruck, Tiroler Landesarchiv, Pestarchiv

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elaborate specifiche norme. Bench accettato dalla collettivit, il segno divenne presto agli occhi di cristiani ed ebrei un simbolo dinferiorit discriminante, uno stigma dinfamia che additava la minoranza rendendola pi vulnerabile, pi esposta a maltrattamenti. Il volto e lanima Insieme al copricapo, agli abiti e al contrassegno, vi sono altri elementi atti a connotare gli ebrei, come la barba e i caratteri fisionomici. nelliconografia cristiana, la consuetudine di caratterizzare lebreo grazie al particolare della lunga e folta barba assai antico e diventa un elemento di identificazione costante a partire dallXI secolo. Tale segno di riconoscimento trovava riscontro nella realt, poich gli ebrei osservavano in taluni casi prescrizioni religiose che potevano differenziarli esteriormente, come la barba e i riccioli lunghi alle tempie (in ebraico, peoth). nelle immagini sono caratterizzate da una fluente barba soprattutto le figure del passato, gli ebrei dellAntico Testamento, i sacerdoti, Giuseppe sposo di Maria, gli uomini che disputano con Ges dodicenne nel Tempio, i sommi sacerdoti, gli scribi, gli anziani ai piedi della croce. Se la barba, elemento di per s neutro, aveva un riscontro reale, i tratti

Ignoto, Madonna degli ebrei, part., 1498, Mantova, chiesa di SantAndrea Giacomo Jaquerio, Salita al Calvario, part., secondo decennio XV secolo, SantAntonio di Ranverso, abbazia Luca Signorelli, Predicazione dellAnticristo, part., 1499-1502, orvieto, duomo, cappella di San Brizio

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somatici loro attribuiti a partire dalla met del XIII secolo non hanno alcun riscontro oggettivo e appartengono ad un codice visivo atto a sottolineare la loro pericolosa diversit. Le caratteristiche si concentrano nel volto: naso grosso e adunco, mento aguzzo, occhi sporgenti, labbra carnose, guance scavate. nellarte nordeuropea si aggiungono deformit e difetti della pelle, mancanza di capelli o capelli di colore rosso e una vaga espressione di grottesca perfidia. Il ritratto stereotipato dellebreo include anche lattributo della pelle scura e dei capelli spesso ricci e bruni, simbolo di vicinanza alla malvagit oscura e diabolica attribuita al nero e alle popolazioni di colore. Sebbene non si possa affermare che ad un colore fosse attribuita una simbologia univoca, al nero erano assegnati una serie di significati apertamente negativi, correlati alla coppia antinomica oscurit-luce, unoscurit che nel caso del colore della pelle si riferiva anche alla tenebra spirituale. Il tratto pi caratteristico di questo vocabolario infamante applicato agli ebrei sicuramente il naso: grosso, aquilino e sporgente, si ritrova in numerose raffigurazioni dal Medioevo al Rinascimento, per giungere pressoch uguale fino alla satira antisemita del XIX secolo. Spesso nelle rappresentazioni lebreo viene dipinto di profilo, accorgimento che permette di sottolineare la sagoma del naso, accentuandone la forma. Lesasperazione e limbruttimento dei tratti fisionomici sono pi frequenti in area tedesca e fiamminga, soprattutto nel XIV e nel XV secolo, mentre larte della penisola italiana adotta toni pi misurati, riservando alla sola figura di Giuda la deformazione del dato fisico. Tratti diabolici stato notato da pi studiosi come la figura dellebreo abbia subito, a partire dal XIII secolo, una progressiva demonizzazione: tale tendenza si riscontra sia nelle fonti letterarie soprattutto nelle sacre rappresentazioni e nelle prediche dei frati itineranti sia nelle arti visive. Anche per quanto riguarda la demonizzazione, questa tendenza, insieme allespressivit, una peculiarit dellarte dellEuropa settentrionale; nella penisola italiana, dove la negativit di un personaggio raramente espressa tramite la caricatura di tono patetico e tragico, se ne trovano comunque alcuni esempi, soprattutto nellarco alpino e nelle scene pi intrise di religiosit popolare. Pi in generale tutti i nemici di Cristo vennero rappresentati fisicamente, e dunque moralmente, simili al diavolo: percepiti come parte di un variega-

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Figure sataniche identificate come ebrei dal contrassegno a rotella, da unincisione caricaturale del 1571 dal titolo Der Juden Erbarkeit

to esercito del male pronto a compiere azioni delittuose contro il popolo di Dio, essi dovevano necessariamente somigliargli e portare nellaspetto lo stigma di questa parentela. Come i demoni, ebrei e aguzzini dei santi sono generalmente sgraziati, pi o meno deformi, di carnagione scura e con grossi nasi ricurvi. Se da una parte ebrei ed altri infedeli vengono demonizzati, dallaltra le figure di Cristo, degli apostoli e dei protomartiri subiscono un processo di de-ebraicizzazione iconografica, iniziato, secondo alcuni studiosi, subito dopo la prima Crociata, momento a partire dal quale gli artisti differenziano accuratamente gli apostoli e i primi cristiani dagli ebrei. Tali accorgimenti, pur rappresentando una consuetudine figurativa atta a rendere immediatamente riconoscibili i personaggi della narrazione sacra, esprimono anche le scelte del progressivo allontanamento della Chiesa dalle proprie origini ebraiche; la stessa figura di Ges-ebreo stata deebraicizzata su pi fronti, non ultimo quello iconografico. Le figure sacre della storia evangelica e i santi vengono solitamente tratteggiate con gli attributi fisionomici caratteristici del tipo virtuoso:

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carnagione chiara, espressione serena e gesti misurati, tutte metafore visive del loro spirito. Il contrasto particolarmente evidente nelle rappresentazioni degli episodi della Passione, dove sono raffigurati secondo gli stereotipi visuali riservati alla figura dellebreo tutti i personaggi ostili a Cristo, mentre ne sono privi Ges, gli apostoli e discepoli, nonostante fossero ebrei come Giuda e i sacerdoti. Lo scorpione In molte occorrenze figurative lillustrazione della pericolosa diversit dellebreo non affidata unicamente alla descrizione fisionomica dei personaggi: sono infatti numerosi gli elementi simbolici che evocano gli ebrei, arricchendo il discorso visivo di ulteriori significati. uno di questi lo scorpione, animale che si pu trovare con una certa frequenza sullo sfondo, spesso di colore giallo, di scudi, stendardi, corazze, mantelli e insegne nelle scene relative al ciclo della Passione di Cristo. La tradizione letteraria riguardante lo scorpione precede di gran lunga quella iconografica ed presente in diverse culture. nel Vecchio e nuovo Testamento lo scorpione raffigura il nemico, il dolore, il demonio: nel libro di Ezechiele vengono indicati con il nome di questo animale i nemici ostinati del profeta e della parola divina; nel libro del Siracide e nellApocalisse di Giovanni gli scorpioni sono simboli dei tormenti fisici, mentre nel Vangelo di Luca serpenti e scorpioni sono i demoni sottomessi al potere degli apostoli. In base alle Sacre Scritture e alla tradizione del mondo classico, i Padri della Chiesa si servirono dello scorpione come simbolo della pericolosit delle eresie ed anche i bestiari se neioccuparono, sottolineando sempre la minaccia rappresentata dallanimale. non si discosta molto da questo ritratto la descrizione che fa Dante del mostro Gerione nel XVII canto dellInferno: la creatura multiforme fiera con la coda aguzza e sozza imagine di froda, simile ad un uomo nel volto, serpente nelle rimanenti parti del corpo e con coda appuntita come quella duno scorpione. Lo scorpione assume quindi significati non troppo dissimili tra loro, legati allidea di pericolosit, morte e dolore. inoltre incarnazione della potenza malefica ribelle ed oscura che attacca luomo in modo inatteso e diabolico, cio indiretto e a tradimento. In quanto simbolo del Male e di falsit, lo scorpione venne associato in ambito pittorico ai nemici della fede cristiana, in particolare agli ebrei e agli eretici; ci avvenne a partire

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Paolo uccello, Predella dellaltare del Corpus Domini, part., 1465-1469, urbino, Galleria nazionale delle Marche

Giacomo Borlone, Crocifissione, part., 1471, Clusone, oratorio dei Disciplini

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Giacomo Jaquerio, Salita al Calvario, part., secondo decennio XV secolo, SantAntonio di Ranverso, abbazia

dal XIV secolo in area toscana, con una progressiva diffusione nella penisola e in Europa centrale nel corso del XV secolo. Allo scorpione attribuito un particolare rilievo soprattutto nelliconografia della Passione, dove la sua presenza caratterizza come atto giudaico la crocifissione di Cristo, insieme ai vessilli con la scritta S.P.Q.R, che invece ricordano il ruolo assunto dai soldati romani. Gli esempi in proposito sono numerosi: sventolano vessilli con lo scorpione nellaffresco di anonimo pittore altoatesino nella chiesa di San Volfango a Moena (quarto-sesto decennio del XV secolo). La borsa. Realt e mito dellusura Tra i principali attributi iconografici dellebreo va sicuramente annoverata la borsa: un borsello al collo o legato alla cintura spesso il segno distintivo di Giuda. Visto che ogni ebreo era considerato un novello Giuda e per di pi usuraio, ne vengono dotati anche gli ebrei moderni.

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Luca Signorelli, Predicazione dellAnticristo, part., 1499-1502, orvieto, duomo, cappella di San Brizio

nellimmaginario cristiano relativo agli ebrei occupava un posto rilevante lo stereotipo dellebreo prestatore, figura nata da un processo di elaborazione religiosa e superstiziosa di unattivit effettivamente esercitata dagli ebrei. In seguito a circostanze storiche e trasformazioni economiche di vasta portata, il prestito a interesse divenne infatti la principale attivit lavorativa degli ebrei tra XII e XVI secolo, soprattutto nei territori dellItalia centro-settentrionale. Tale specializzazione professionale fu tuttavia una scelta quasi del tutto obbligata, imposta dalle numerose restrizioni che gravavano sulla minoranza ebraica, alla quale fu proibito esercitare alcuni mestieri e possedere schiavi cristiani, fatto che precluse agli ebrei la possibilit di coltivare terre di vasta estensione. Di contro, ai cristiani era rigorosamente proibito prestare denaro a interesse, anche se il divieto, motivato da ragioni di carattere religioso, veniva comunemente aggirato. Lo stereotipo dellebreo usuraio presenta connotati essenzialmente religiosi, lontani dalla realt storica del fenomeno del prestito, che divenne di primaria necessit in uneconomia bisognosa di liquidi e di piccoli

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crediti atti a mitigare la piaga della povert. Lusura fu interpretata, soprattutto dai predicatori francescani, come un atto di guerra degli ebrei contro la cristianit, un mezzo per dissanguare i cristiani allo stesso modo in cui, secondo linfamante accusa di omicidio rituale, essi succhiavano il sangue dei loro bambini. Il cane Generalmente associato ad unimmagine positiva, perlopi legata al concetto di fedelt, il cane ha assunto in ambito artistico significati discordanti. Per quanto concerne liconografia religiosa, se il cane accompagna un personaggio dalle connotazioni apertamente negative diviene simbolo di ferocia e pericolosit. Le valenze negative del cane sono gi presenti nella Bibbia, dove lanimale associato a meretrici, maghi, idolatri e disonesti. Rabano Mauro (784-856 circa), autore del celebre De Universo, instaura un esplicito collegamento tra il cane e gli ebrei e scrive: Il cane possiede diversi significati. Pu indicare il diavolo, gli ebrei o i gentili (Canis autem diversas significationes habet. Nam aut diabolum vel Judaeum, sive gentile populum significat).

urs Graf, Il pagamento a Giuda, part., 1507, Trento, Museo Diocesano Tridentino

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una lunga tradizione associa quindi gli ebrei ai cani, ma soprattutto la predicazione francescana del XV secolo ad adottare in maniera ossessiva questimmagine diffamatoria: rabbiosi et setibundi cani, voracissimi cani dalle fauci fameliche e insaziabili sono solo alcune delle aggressive definizioni utilizzate dai predicatori nella lotta contro il prestito ebraico. non quindi un elemento accessorio il piccolo cane presente nel rilievo ligneo proveniente dalla chiesa di San Pietro a Trento raffigurante il Presunto martirio di Simone Unferdorben (Simonino da Trento). Lettere dellalfabeto ebraico In ambito artistico luso di lettere ebraiche (o di segni che ne evocavano liberamente la forma) contribuisce con altri particolari a denotare un luogo, un oggetto, una persona o un evento come ebraico; tali let-

Vittore Carpaccio, Meditazione sulla Passione, part., 1500-1510, new York, Metropolitan Museum

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tere possono avere varie connotazioni, talvolta neutrali, altre ambigue o negative. nei confronti dellalfabeto ebraico ci fu lo stesso atteggiamento ambivalente mantenuto per lAntico Testamento: parte integrante del patrimonio teologico della Chiesa, ma anche metafora della Legge antica superata dalla venuta del Figlio di Dio. In questo senso la presenza di lettere ebraiche e tavole della Legge in determinati contesti pu illustrare il concetto di una religione che, pur avendo preparato la strada alla venuta del Messia, non lha riconosciuto peccando quindi di cecit: Ges e il nuovo Testamento sono compimento e termine dellAntica Legge.

ePisodi e Personaggi

Stereotipi fisici, fogge degli abiti, cappelli e contrassegni erano anche strumenti di stilizzazione formale che consentivano una sicura e agevole riconoscibilit dellebreo nelle immagini artistiche. La standardizzazione tipologica era quindi funzionale al lavoro dellartista, che poteva disporre di un repertorio di codici figurativi noto al pubblico di riferimento. La riproposizione di rigidi prototipi iconografici concorreva nondimeno ad alimentare lidea che tutti gli ebrei appartenessero ad un gruppo uniformemente negativo, chiuso e separato dal pi vasto contesto sociale in cui viveva. Liconografia degli ebrei nellarte cristiana non pu tuttavia essere appiattita ad un discorso unicamente antiebraico. Vi sono soggetti ormai standardizzati che possono talvolta assumere connotati antiebraici: il caso degli episodi appartenenti al ciclo della Passione di Cristo, dove gli ebrei compaiono necessariamente come co-protagonisti della storia, ma non sempre con manifesti intenti diffamatori. Esistono poi immagini che diffondono intenzionalmente idee e pregiudizi antiebraici, come le scene di omicidio rituale, create con lesplicito intento di promuovere un prototipo negativo e pericoloso dellebreo.

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Ebrei dellAntico Testamento I profeti e i patriarchi sono generalmente privi di caratteristiche negative: essi vennero infatti riassorbiti nella tradizione della Chiesa in quanto autori delle profezie realizzate da Cristo. Accanto a personaggi rappresentati in termini positivi, emergono alcuni modelli negativi, come la figura di Caino, visto come antenato e prototipo dellebreo traditore e deicida. nellarte nordeuropea Caino indossa talvolta il cappello a punta o altri copricapo caratteristici degli ebrei, mentre il fratello Abele ne privo. un altro episodio dellAntico Testamento che occasionalmente assume intenzionali connotazioni negative ladorazione del vitello doro da parte degli Israeliti, come raccontato nel Libro dellEsodo. Giuda nellottica cristiana Giuda era lebreo traditore per eccellenza, che condivideva con i moderni ebrei lamore per il denaro, simboleggiato dalla borsa. nella figura di Giuda, inoltre, sono sintetizzati molti degli stereotipi

Pittore tedesco, Ultima cena, prima met XVI secolo, Baselga di Bresimo, chiesa di Santa Maria Assunta

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Pittore veneto, Ultima cena e due donatori, 1436-1438, Castello Tesino, chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano

visivi abitualmente applicati alla rappresentazione degli ebrei: lapostolo traditore spesso raffigurato di profilo, con carnagione scura, capelli rossi o ricci, naso aquilino, sopracciglia folte, viso allungato. Sopra la testa di Giuda posto in molti casi un nimbo scuro e non di rado la sua figura ammantata in una veste di colore giallo. nella simbologia cromatica del Medioevo il giallo era il colore della marginalit: gialli erano i contrassegni di riconoscimento imposti agli ebrei, i marchi per le prostitute, le croci che identificavano gli ex-eretici. nel linguaggio artistico il giallo sporco, tendente al verde, caratterizza lo sfondo dei vessilli, degli scudi e delle insegne che recano lo scorpione e spesso di colore giallo sono gli abiti della personificazione della Sinagoga. Il giallo-oro invece riservato alla divinit e ai nimbi dei santi. Condensa tutti gli stereotipi finora indicati laffresco dellUltima cena realizzato da anonimi pittori veneti nella chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano a Castello Tesino risalenti al 1437-1438. Giuda, vestito di giallo e dipinto di profilo, colto nel momento in cui Satana, sotto forma di piccolo diavolo, entra nella bocca dellapostolo, efficace traduzione visiva delle

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parole dellevangelista Giovanni: E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, satana entr in lui (Gv 13,27). Agli attributi gi analizzati, si aggiunge in questo caso un pesce che Giuda stringe nella mano destra: il simbolo potrebbe riferirsi a Cristo, data lantica corrispondenza tra il noto acronimo della parola greca I (pesce) e il figlio di Dio. La Passione di Cristo Il racconto delle ultime ore di Ges e della morte in croce sono un momento canonico per lespressione dei sentimenti antigiudaici poich il contesto generale presenta negativamente gli ebrei e numerosi episodi possono assumere connotazioni antiebraiche pi o meno esplicite. nella pittura di area tedesca e fiamminga nel XV secolo si nota ad esempio unesasperazione dei tratti fisionomici che sfocia in alcuni casi in vere e proprie caricature diaboliche. In altri casi si osserva la tendenza a sminuire il ruolo dei romani nel processo di condanna e nella crocifissione e

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Pittore tedesco, Crocifissione di Ges Cristo, prima met XVI secolo, Baselga di Bresimo, chiesa di Santa Maria Assunta

quindi a far ricadere sugli ebrei anche responsabilit non loro, come quella dellesecuzione materiale del supplizio, per la quale i giudei dovevano comunque ricorrere al governatore. Funerali della Vergine Il tema iconografico dei Funerali della Vergine, episodio non trattato nei Vangeli canonici, trae ispirazione dalle numerose leggende collegate allassunzione di Maria, narrate nei vangeli apocrifi a partire dal IV secolo; si contano almeno una trentina di opere dedicate a questo soggetto, ciascuna delle quali giunta fino a noi in pi di un manoscritto e con numerose varianti. Il racconto della Dormizione della Santa Madre di Dio o Transito della Beata Vergine Maria presenta tuttavia un medesimo canovaccio narrativo: dopo la morte della Vergine, gli apostoli ne trasportano il corpo accompagnati da nubi luminose e canti angelici. un gruppo di ebrei, vedendo passare il lucente corteo funebre, riconosce la Madre di Dio e decide di rovesciare per spregio il suo feretro. Latto sacrilego viene punito mediante modalit diverse: in alcune versioni le mani degli ebrei si attaccano al letto, si seccano allistante o si staccano allaltezza del

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gomito, in altre vengono tagliate da un angelo del Signore. Il racconto prosegue in alcuni casi con un dialogo tra Pietro e un ebreo, che porta alla conversione e alla guarigione di questultimo, di cui a volte viene anche fatto il nome: Jefonia o Ruben. Anche la Legenda Aurea, monumentale raccolta medievale che costitu per secoli il normale repertorio narrativo di riferimento per pittori, scultori e uomini di teatro, riporta lepisodio del trasporto e dellassunzione di Maria senza discostarsi molto dal racconto degli apocrifi. Diversamente dai testi, a livello figurativo le rappresentazioni del transito della Vergine non presentano sempre loltraggio, ma si limitano a mostrare gli apostoli attorno al feretro. nelle zone dellItalia meridionale il tema viene invece trattato secondo la tradizione orientale, che prevedeva anche laccenno alla violenza ostile degli ebrei nei confronti della madre di Cristo. Linfamante accusa di omicidio rituale In Europa tra Medioevo ed et moderna gli ebrei furono spesso accusati di omicidio rituale, una pratica magico-rituale che consisteva, secondo radicati pregiudizi antiebraici, nellomicidio di fanciulli cristiani e nellutilizzo del loro sangue per celebrare riti espiatori. Il fatto che tali accuse si levassero soprattutto in occasione della Pasqua cristiana che ricade nello stesso periodo della ricorrenza pasquale degli ebrei condusse in breve tempo alla convinzione che i sacrifici umani fossero perpetrati con la precisa intenzione di irridere la Passione di Cristo. I primi casi di accusa di omicidio rituale riportati dalle cronache risalgono al XII secolo e rappresentano lapice di un fenomeno di lungo periodo che conobbe grande notoriet soprattutto nel Quattrocento nei paesi di lingua tedesca dellEuropa Centrale, con propaggini in Tirolo e nel nord Italia. Quasi tutti i casi di presunto omicidio rituale seguono un copione ben codificato: durante la Settimana Santa un fanciullo cristiano veniva rapito, torturato e infine ucciso secondo modalit che si ricollegavano in modo pi o meno esplicito alla Passione di Cristo; il sangue della vittima era poi utilizzato per scopi di natura medicale e rituale e per impastare gli azzimi, evidente ribaltamento negativo delleucarestia. nellaccusa di omicidio rituale chiaro il riferimento ad una reiterazione delloriginario deicidio da parte del popolo di Mos, un deicidio che veniva rinnovato sui pi deboli fra i membri della comunit cristiana. Laccusa di omicidio rituale ebbe una vasta utilizzazione politica e venne strategicamente riproposta in mo-

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Michael Wolgemut e Wilhelm Pleydenwurff, Presunto martirio di Simone Unferdorben, part., in Liber Chronicarum, 1493, Trento, Biblioteca Comunale

menti di particolare tensione nei rapporti tra cristiani ed ebrei, precedendo spesso le espulsioni delle comunit ebraiche. Di fronte a tali episodi la Chiesa assunse posizioni teoriche che rifiutavano laccusa, mentre le autorit ecclesiastiche periferiche sostennero la realt dellomicidio rituale, radicando cos il mito nel sistema di credenze e superstizioni popolari. In seguito ai lavori del Concilio Vaticano II (1962-1965), la Chiesa promosse infine labolizione dei culti riconducibili a episodi di accuse di omicidio rituale. Il pi noto e studiato caso di presunto omicidio rituale sicuramente quello di Simone unferdorben, conosciuto a livello popolare con il diminutivo di Simonino da Trento: nella primavera del 1475, allepoca delle-

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piscopato del principe vescovo Johannes Hinderbach (1466-1486), il corpo del bambino fu rinvenuto in una roggia della citt; la morte fu attribuita ai membri della locale comunit ebraica, che furono successivamente processati e giustiziati. Leco dei fatti tridentini raggiunse velocemente le zone limitrofe, diffondendo uno stereotipo accusatorio che diede il via a numerosi casi di presunti omicidi rituali: tra i pi noti si possono ricordare Sebastiano novello, morto a Portobuffol nel 1480, Giovannino di Volpedo (1482) e Lorenzino Sossio da Valrovina (Marostica), il cui presunto assassinio risale al 1485. Le immagini che illustrano scene di omicidio rituale sono terribilmente violente e traducono in termini visivi, facilitandone la comprensione, numerosi pregiudizi antisemiti. Limmediatezza comunicativa di molte di queste immagini, nelle quali si affollano stereotipi di ogni tipo, mirava inoltre a suscitare la piet religiosa del pubblico, dal quale nascevano spontaneamente pratiche devozionali spesso sostenute e incoraggiate dalle autorit locali, sia secolari, sia ecclesiastiche.

Marcello Fogolino, Presunto omicidio rituale di Lorenzino da Marostica, terzo-quarto decennio XVI secolo, Trento, Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali

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molti nomi, un solo nemico


nel Medioevo e per buona parte dellet moderna, loccidente cristiano utilizz molti termini per indicare lIslam e i musulmani: pagani, infedeli, mori, idolatri, turchi, saraceni, etiopi sono solo alcune delle parole dietro cui si cela una civilt che gioc un ruolo fondamentale nella storia della cristianit latina dal punto di vista culturale, scientifico, economico e commerciale. I rapporti della civilt cristiana occidentale con il vasto mondo musulmano conobbero unalternanza di periodi positivi e situazioni di forte attrito. Solo in alcune zone dEuropa si aveva una conoscenza diretta dei musulmani (Spagna, Sicilia e Venezia, per esempio); per la maggior parte delle popolazioni, dunque, lIslam e i suoi seguaci erano unentit lontana, astratta, dai contorni confusamente pericolosi ed ostili, il cui

Gentile Bellini, Turco, fine XV secolo, Parigi, Louvre Gentile Bellini, Giannizzero turco, fine XV secolo, Londra, British Museum

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ritratto veniva espresso in termini oppositivi rispetto ai valori e alla cultura in cui loccidente cristiano si riconosceva. Tale indeterminatezza si rispecchia anche nelle arti figurative, dove il mondo arabo-musulmano descritto in modo spesso immaginario, stereotipato, senza distinzione tra ottomani (turchi), mamelucchi (siriani e egiziani), persiani, ecc. Anche gli artisti infatti possedevano una conoscenza nebulosa e indiretta dellaltro, solo in alcuni casi compensata da unesperienza personale, come nel caso di Gentile Bellini (1429-1507) e Costanzo da Ferrara (1450 - post 1524), pittori che nei loro viaggi verso oriente avevano potuto osservare in maniera diretta queste popolazioni, riportando fedelmente nei loro disegni costumi e usi del luogo. Meno generiche sono anche le rappresentazioni degli artisti che avevano un pi facile accesso a qualche esempio diretto, come i pittori veneziani, che inevitabilmente incontravano nella loro stessa citt mercanti e dignitari provenienti da paesi musulmani. nelle arti figurative, infine, le occasioni per ritrarre i seguaci dellIslam sono numericamente molto ridotte rispetto a quelle in cui compaiono gli ebrei. Le ragioni di questa disparit sono piuttosto intuitive: i musulmani, che non fanno parte della storia sacra narrata nella Bibbia, compaiono con minor frequenza nellarte europea, pervasa da temi e soggetti sacri. La migrazione degli stereotipi nelle arti figurative, cos come nellambito del linguaggio, limmagine dei musulmani fu spesso modellata secondo gli stessi stereotipi negativi e demonizzanti applicati agli ebrei. Questa comune retorica visiva dellalterit tendeva ad avvicinare e talvolta a sovrapporre i due gruppi religiosi, entrambi percepiti come lontani da Dio e quindi nemici della cristianit. Pi in generale, tratti fisiognomici considerati infamanti, caratteri demoniaci, contrassegni e simboli del male furono utilizzati per raffigurare una vasta categoria di personaggi non cristiani e indesiderabili per i quali non esistevano convenzioni rappresentative codificate: generici infedeli, eretici, pagani, assassini, persecutori di martiri. nelle rappresentazioni musulmani ed ebrei condividono stereotipi quali la barba, i baffi e il colore della pelle, che pu variare da toni decisamente scuri a incarnati olivastri. Questultimo topos figurativo condiviso anche dalle rappresentazioni di generici personaggi negativi e sottolinea la vicinanza fisica, oltre che

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Ignoto incisore, Maometto II, 1475, Monaco, Staatliche Graphische Kunstsammlungen

morale, tra le due alterit e tra queste e le diaboliche forze oscure del male. invece un attributo peculiare di saraceni e turchi la scimitarra, una corta sciabola con lama ricurva usata dai persiani e presente in mano o al fianco di personaggi denotati come musulmani. Il turbante nelle arti figurative il turbante un copricapo molto versatile, che compare sul capo di figure presentate come lontane sotto vari punti di vista: religioso, geografico e cronologico. Sebbene esistessero diversi tipi di turbante, la maggior parte degli artisti utilizz indifferentemente luna o laltra tipologia semplicemente per indicare una generica provenienza islamica o orientale, se non addirittura per evocare un indefinito mondo esotico e infedele. La stessa cosa si pu dire degli abiti, poich la maggior parte della popolazione, e quindi anche i pittori, non era in grado di distinguere chia-

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Filippino Lippi, Miracolo di San Filippo, part., 1487-1502, Firenze, chiesa di Santa Maria novella, cappella Strozzi

ramente le differenze tra i vari costumi dei tanti popoli musulmani. Labbigliamento pi noto e riprodotto il caftano, una veste maschile lunga, di stoffa colorata, che scende quasi ai piedi. un turbante o un abbigliamento di tipo orientale pi o meno fedelmente e consapevolmente raffigurato possono quindi avere diverse motivazioni e significati. Il turbante pu identificare personaggi provenienti genericamente dalloriente, come i re Magi: in questi casi si riscontra di rado una particolare fedelt storica o geografica e talvolta lorientale soltanto caratterizzato come ricco ed esotico. Il turbante serve a denotare personaggi sapienti (forse nella convinzione che dalloriente venissero saggezza e conoscenza) e figure appartenenti allantichit. Questi copricapo connotano limmagine dellinfedele e contribuiscono ad evocare un mondo esotico, lontano, ignoto, favoloso e ricchissimo. A partire dalla seconda met del XV secolo, anche labbigliamento e i copricapo degli ebrei subiscono nelle arti visive un generale processo di orientalizzazione.

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La soluzione allorientale con abiti dalla foggia esotica ed elaborati turbanti sar largamente impiegata per risolvere il problema della raffigurazione degli ebrei dellAntico e del nuovo Testamento. Testa di moro e mezzaluna La figura dei musulmani talvolta accompagnata o semplicemente evocata da due elementi simbolici: la testa di moro e la mezzaluna. La testa di moro il profilo di un uomo di colore dal naso camuso e dalle labbra carnose che si staglia su stendardi e scudi di sfondo chiaro, sia nelle scene della Passione sia in altri contesti ove un gruppo di generici infedeli tormenta un santo. ne un esempio il ciclo affrescato con Storie di Santa Lucia dellomonima chiesetta di Fondo, in Val di non, databile al 1380 circa. nella scena in cui la santa viene ferita alla gola da un carnefice, compare sullo sfondo, sorretto da un gruppo di soldati, un vessillo recante una piccola testa di moro. Sebbene nella Legenda Aurea, fonte testuale del ciclo narrativo, non vi sia alcun riferimento allIslam, il simbolo pu essere letto come un richiamo agli infedeli musulmani, eredi in un certo senso degli antichi pagani ai quali comunemente attribuito il martirio di Santa Lucia. oltre alla testa di moro, un simbolo meno usato, ma pi riconoscibile per indicare lIslam, la mezzaluna. In uno dei rilievi policromi dellaltare a portelle della chiesa parrocchiale dei Santi Giorgio e Lazzaro a Peio, la mezzaluna campeggia sullo scudo dellidolo pagano distrutto da San Giorgio. Come nel caso degli affreschi di Fondo, al posto della generica figura del pagano stato qui inserito un riferimento ai nuovi infedeli. Questa rilettura della vicenda di San Giorgio piuttosto frequente, anche perch le leggende connesse al santo si prestavano ad essere interpretate come una metafora del trionfo del bene sul male e come allegoria dellaspirazione della cristianit alla riunificazione. Il drago, inoltre, nella cultura occidentale, sinonimo di peccato e simbolo di Satana e con questaccezione spesso impiegato per indicare gli eretici e pi in generale gli infedeli.

Maestro della Madonna Castelbarco, Storie di Santa Lucia, 1380 circa, Fondo, chiesa di Santa Lucia

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Il re Magio moro Fra i pochissimi neri buoni presenti nellarte occidentale va sicuramente annoverato il Re Magio moro. La sua presenza nellepisodio dellAdorazione dei magi non riportata nei Vangeli canonici risale allidea che i Magi rappresentassero le tre fondamentali razze umane discendenti dai figli di no, insediatesi in tre diversi continenti; fu Giovanni di Hildesheim nella sua Historia trium regum (La storia dei tre re), composta fra il 1338 e il 1375, a diffondere questa leggenda gi apparsa nel XIII secolo. Le Adorazioni dei Magi sono inoltre loccasione per ritrarre scene ricche di elementi esotici e fiabeschi, con personaggi vestiti allorientale e ampio uso di turbanti. A partire dalla fine del XV secolo, una conoscenza meno stereotipata ed in alcuni casi diretta del mondo musulmano doner un sapore vagamente etnografico alla rappresentazione degli abiti e dei turbanti. uno dei centri propulsori di questa nuova tendenza la citt di Venezia, naturale punto dincontro tra occidente e oriente alla cui lunga tradizione figurativa diede nuovo impulso il repertorio orientale dei disegni di Gentile Bellini. Con linoltrarsi nel secolo XVI, lesotico e il nuovo fino ad allora rappresentati dalloriente saranno affiancati dalle stranezze meravigliose provenienti delle nuove terre scoperte oltreoceano, come si vede nel dipinto di Stephan Kessler esposto in mostra, dove compare, a fianco del Re Magio moro, un curioso personaggio dal copricapo piumato.

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Maestro di Riva di Sotto, Adorazione dei Magi, ante 1514, Trento, Museo Diocesano Tridentino, gi Quetta, chiesa di SantEgidio Abate

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bibliografia essenziale
B. Blumenkranz, Le juif mdival au miroir de lart chrtien, Paris 1966, trad. it. Il cappello a punta. Lebreo medievale nello specchio dellarte cristiana, a cura di S. Marinetti, con prefazione di C. Frugoni, Bari 2003 G. Ferri Piccaluga, Ebrei nelliconografia del Quattrocento, in La rassegna mensile di Israel, 52, 1986, pp. 357-395 A. Foa, Ebrei in Europa. Dalla peste nera allemancipazione, Roma-Bari 1999 C. Frugoni, La voce delle immagini. Pillole iconografiche dal Medioevo, Torino 2010 A. Gentili, Le storie di Carpaccio: Venezia, i Turchi, gli Ebrei, Venezia 1996 D. Higss, Saracens, demons and Jews: making monsters in Medieval Art, Cambridge 1996 The image of the Black in Western art, a cura di L. Bugner, Cambridge 1976-1979, 5 voll. R. Mellinkoff, Outcasts: signs of otherness in Northern European Art of the Late Middle Ages, Berkeley 1993

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opere in mostra

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1. Hartmann Schedel (norimberga, 1440-1514) Liber Chronicarum 1493 edizione a stampa, 46 x 32,5 cm Trento, Biblioteca Comunale Il Liber Chronicarum un testo a stampa pubblicato a norimberga nel 1493 dal pi celebre editore tedesco dellepoca, Anton Koberger. Autore dellopera, che usc contemporaneamente in due edizioni, una latina e una tedesca, il medico Hartmann Schedel, appassionato collezionista e bibliofilo che studi a Lipsia e a Padova. Il testo ripercorre la storia del mondo dalla Creazione al 1493 ed corredato da un ricco apparato illustrativo elaborato da Michael Wolgemut, maestro di Albrecht Drer, e Wilhelm Pleydenwurff. Con le sue 1809 xilografie incise su 645 tavole, il Liber Chronicarum una delle pi ricche opere illustrate del primo periodo di diffusione della stampa. La mappa del mondo rappresenta la terra dopo il Diluvio universale. negli angoli della mappa sono posti i tre figli di no Sem, Cam e Jafet: secondo la tradizione biblica, ciascuno di loro diede vita ad una stirpe che popol i tre continenti allora conosciuti, rispettivamente i Semiti (Mediorientali), i Camiti (Africani) e gli Iafetiti o

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Giapetiti (Europei). Seppur appartenenti a differenti popolazioni, gli abitanti della terra costituivano nellimmaginario comune lumanit, il mondo civilizzato. Come si pu vedere nel margine sinistro della pagina, al di fuori dei confini di questo mondo erano collocate favolose creature dai tratti semi-umani. Queste razze mostruose, ereditate dallantichit classica e successivamente interpretate in ottica cristiana, erano rappresentate come diverse sotto molti punti di vista: nel fisico, negli usi, nei costumi, nellorganizzazione sociale. La loro diversit inoltre era spesso risolta in termini oppositivi: le razze mostruose non erano solo diverse dallumanit che abitava la terra, erano il contrario. un contrario non necessariamente negativo, ma frutto di un etnocentrismo che rendeva la cultura, la lingua e laspetto fisico dellosservatore la norma in base alla quale tutti gli altri popoli erano valutati. Tra le razze mostruose presenti nel Liber Chronicarum vi sono popolazioni diverse per difetto: gli Acefali, privi di testa; gli Astomori, che al posto della bocca hanno un piccolo foro e si nutrono solo attraverso una cannuccia o gli Astomi, che sono pure privi di bocca, ma vivono di odori; gli Sciapodi, dallunico piede; gli Arimaspi, con un occhio solo al centro della fronte. Popolazioni mostruose per eccesso: uomini con sei braccia o con sei dita. Altri si caratterizzano per una ipertrofia di certi organi, come i Panotii, che hanno le orecchie enormi e gli Amyctyrae, che hanno il labbro inferiore sproporzionato. Vi sono poi i Cinocefali con la testa di cane e il corpo umano, gli uomini con il collo di gru e il becco duccello, i giganti e i pigmei, questi ultimi raffigurati nellatto di combattere contro le gru. Gli uomini con i piedi rivolti allindietro sono gli Antipodi, coloro che abitano nellemisfero australe, dalla parte opposta del mondo, laddove tutto si svolge alla rovescia. Sono forse pi noti i Satiri (esseri umani barbuti con corna, coda e zampe di capra), i Centauri (met uomo e met cavallo) e gli Ermafroditi (met uomo met donna).

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2. Joachim von Sandrart (Francoforte 1630 - norimberga 1708) da Leonardo da Vinci (Vinci 1452 - Amboise 1519) Caricature fine XVII secolo acquaforte, 182 x 134 mm (foglio) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 9621-9630 Il gruppo di incisioni fu eseguito in dieci tavole da Joachim Sandrart per una serie riunita sotto il titolo Vari figur Monstruos [...] Excellentissimo Pictore Leonardo Davinci quondam delineat nunc vere re Jncis et Excus Jacobo Sandrart Sculptore. I soggetti sono derivati dai celeberrimi disegni divulgati come opere di Leonardo da Vinci, con varie caricature maschili e femminili in fogli oggi dispersi in varie sedi e note allepoca tramite le prime pubblicazioni a stampa realizzate in differenti paesi. I sedici disegni ritenuti oggi gli originali di Leonardo si trovano a Chatsworth, nella collezione del Duca di Devonshire, mentre numerose copie e caricature nel genere sono oggi ritenute opera di anonimi coevi o di Francesco Melzi. probabile che le incisioni di Sandrart, peraltro poco note, siano state in realt derivate dal famoso Album Mariette al Louvre che copia i disegni Chatsworth poi incisi dal conte di Calylus allacquaforte. Le teste grottesche di Leonardo note anche con il termine di teste di carattere testimoniano linteresse dellartista per lo studio della figura umana e della fisiognomica.

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3. Joseph Sebastian Klauber (Augsburg 1700 circa - Augsburg 1768) Johann Baptist Klauber (Augsburg 1712 - Augsburg 1787 circa) SantAgostino 1793 acquaforte e bulino, 867 x 820 mm (foglio) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 10257 Lincisione una tavola per tesi composta da due matrici accostate luna allaltra: nella parte superiore compare pi volte la figura di SantAgostino in conversazione con figure maschili o nellatto di predicare e di scrivere. La parte inferiore della stampa, incisa su di un foglio separato con cartiglio e iscrizione, ricorda la laurea in Filosofia universale discussa il 17 e 18 giugno 1793 da Michele Sebastiano de Rizzoli nel Liceo Vescovile di Trento. La figura di SantAgostino, illustre filosofo e dottore della Chiesa, ricordata nel cartiglio con lepiteto di malleus hereticorum, ovvero martello degli eretici, soprannome che si guadagn per limponente produzione di testi volti a rigettare lerrore delle eresie che percorrevano la Chiesa nel IV e V secolo. I titoli di alcune delle sue opere sono rammentati sui numerosi libri aperti presenti nella stampa, mentre lattivit di instancabile persecutore delle eresie celebrata al centro della composizione, dove Agostino colto nellatto di discutere con alcune figure maschili che labbigliamento e lespressione denotano come eretici.

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4. Ambito italiano LAlbero Apostolico primo quarto XIX secolo acquaforte, 493 x 359 mm (matrice) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 9262 La stampa presenta una rivisitazione ottocentesca del tema iconografico medievale del Cristo Albero della vita. La chiave di lettura dellarticolata immagine la frase evangelica posta nel margine inferiore: Io sono la VITE / Voi siete i Rami: quello che abita in me raccoglie molto frutto / Se alcuno non abiter in me sar reciso come ramo infruttuoso, e gettato nel fuoco S. Giov. XV 5.6. La metafora visiva del Cristo-Vite accompagnata e chiarita da numerose didascalie: nel tronco sono elencati I papi pi celebri di ogni et, seguono nazioni e Popoli convertiti alla fede e Famosi Santi Dottori e pie persone. I rami recisi e privi di frutti sono gli eretici e gli scismatici con i quali la Chiesa si confrontata nei secoli: tra di essi figura anche Maometto, considerato insieme al genero e cugino Ali un seminatore di discordia e di scisma, un ostacolo allunit degli uomini nella fede cristiana.

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5. Bottega sveva Predicazione di Sisinio Cattura di Sisinio Sisinio e Martirio trascinati al rogo Sisinio, Martirio e Alessandro arsi sul rogo 1515 circa legno intagliato, policromo, dorato, h. 115 cm ciascuno Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 3061, 3062, 3063, 3064 I rilievi erano applicati ai battenti del monumentale altare maggiore un tempo conservato nella basilica di Sanzeno, la chiesa sorta sul luogo ove sarebbe avvenuto il martirio dei tre missionari inviati nel IV secolo da San Vigilio ad evangelizzare la Val di non: Sisinio, Martirio e Alessandro. nei quattro pannelli, che narrano succintamente le vicende che portarono i santi al martirio, lo scultore ha accuratamente differenziato i tre missionari dAnaunia dal gruppo di pagani che li condurr a morte. La differenza presente soprattutto nella resa fisiognomica dei volti: serena e compassata quella dei santi, demoniaca e deforme quella dei carnefici, conformemente al teorema di derivazione classica secondo cui ci che bello necessariamente buono. Va infine notato lelmo alato del guerriero del primo pannello: nelliconografia sacra tra Medioevo e Rinascimento le ali alla testa o sullelmetto sono un attributo che compare solo in contesti negativi, ove il personaggio rappresentato deve assumere dichiaratamente connotati demoniaci.

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6. San Giovanni da Capestrano XVIII secolo acquaforte e bulino, 360 x 250 mm (foglio) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 11347 Si tratta di unimmagine popolare sacra stampata presso la Tipografia Remondini (Bassano del Grappa, met sec. XVI-met sec. XIX) nella serie delle Francesine. La stampa rappresenta San Giovanni da Capestrano (1386-1456), monaco dellordine dei Frati Minori osservanti. La sua figura nota per le infuocate predicazioni volte al rinnovamento dei costumi cristiani ed a combattere leresia e lusura esercitata dagli ebrei. Estremamente zelante nei suoi tentativi di convertire gli scismatici ortodossi in Transilvania, negli ultimi anni di vita concentr tutte le sue risorse, materiali e spirituali, per predicare la crociata contro i turchi, la cui presenza nei territori cristiani dellEuropa orientale andava sempre pi espandendosi. Il fervore del santo nella lotta agli infedeli ricordato anche in questa stampa, dove Giovanni da Capestrano compare trionfante nellatto di schiacciare il nemico. Questultimo, seppure privo di abiti ed altri segni di riconoscimento, stringe nella mano destra una piccola mezza luna, simbolo della fede islamica.

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7. Ambito tedesco La caduta del falso profeta 1564 xilografia, 120 x 154 mm (foglio) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 5431 Lincisione appartiene a un gruppo di xilografie poste a corredo delledizione della Biblia, das ist: Die ganze Heylige Schrifft. D. Mart. Luther. Frankf. am Mayn. 1565, Durch Georg Raben, Sigismund Feyerabend and Weygand Hanen Erben, la celebre edizione della Bibbia tradotta in tedesco da Martin Lutero. La stampa illustra sinteticamente alcuni enigmatici versetti dellApocalisse riguardanti la fine dei tempi, quando Satana sar sciolto dalla sua prigione e uscir per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, Gog e Magog, per radunarle per la guerra [...] Esse si muoveranno su tutta la superficie della terra e circonderanno il campo dei santi e la diletta citt. Ma dal cielo scender fuoco, mandato da Dio, e le divorer. Allora il diavolo, che le ha sedotte, sar gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono la bestia e il falso profeta (20, 7-10). Gog e Magog citati nel testo sono leggendarie popolazioni dellAsia centrale, nominate nella tradizione biblica e poi in quella coranica quali genti selvagge e sanguinarie, fonte di incombente e terribile minaccia. Il falso profeta invece una figura che simboleggia il male che viene vinto dalle forze del bene; secondo uninterpretazione di origine medievale, il falso profeta qui identificato con la figura di Maometto, riconoscibile per gli abiti orientali e la mezzaluna del vessillo che gli posto accanto.

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8. Ambito tedesco Confronto tra ebraismo e cristianesimo inizio XVI secolo xilografia, 339 x 530 mm (matrice) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 7883 Lincisione, composta da due fogli uniti al centro, si presenta in uno stato non finito, come indicano i cartigli privi di iscrizioni. Questa suddivisione funzionale alla trattazione dellinsolito soggetto esposto nella stampa: un confronto tra ebraismo, illustrato a sinistra, e cristianesimo, presentato a destra. Il linguaggio adottato per sviluppare il discorso estremamente chiaro e didascalico e laccostamento tra le due fedi costruito secondo il meccanismo della contrapposizione simmetrica: ad ogni elemento presente nella porzione sinistra ne corrisponde uno uguale e contrario nella met destra. Le coppie antinomiche concorrono a descrivere lebraismo come opposto al cristianesimo; ne un chiaro esempio lalbero posto al centro della scena, secco e nodoso nei rami che si protendono a sinistra, vivo e rigoglioso nella porzione destra. Ai piedi di questalbero, un ebreo e un santo si contendono la fede di un uomo indeciso, seduto a met strada tra Vecchio e nuovo Testamento. Lebreo tratteggiato secondo i classici stereotipi visivi associati alla sua figura cappello a punta, naso adunco, folta barba e sguardo torvo mentre il cristiano, contraddistinto dallaureola, indica Cristo crocifisso e la via del cielo.

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9. Bottega del Tirolo meridionale Ultima cena 1520 circa tempera su tavola, 87 x 66 cm Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 1624 Lopera costituiva originariamente uno dei due sportelli che chiudevano lo scrigno della predella del perduto altare maggiore della chiesa di San Martino di Livo. un lato della tavola reca limmagine di San Martino che resuscita un catecumeno, laltro presenta unUltima cena. In questultima scena, nellangolo inferiore sinistro, siede un po in disparte lapostolo Giuda, tratteggiato secondo i classici attributi associati al suo personaggio e avvolto in unampia veste gialla, colore che indica la marginalit. Lapostolo colto nel momento in cui Satana, sotto forma di piccolo diavolo, entra nella sua bocca, efficace traduzione visiva delle parole dellevangelista Giovanni: E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, Satana entr in lui (Gv 13,27).

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10. Urs Graf (Solothurn 1485 circa - Ble 1527/28) La maledizione dellalbero di fico La contestazione degli ebrei nel tempio Cristo nellorto degli ulivi e cattura di Cristo Il pagamento a Giuda Cristo condotto davanti a Erode Cristo condotto davanti a Pilato Pilato pone la scelta fra Cristo e Barabba Ecce homo Crocifissione di Ges Cristo 1507 xilografia, 218 x 161 mm (foglio) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 9339-9340-9342-9346-9348-9351/9354 Le xilografie, che recano il monogramma VG, sono opera dellincisore svizzero urs Graf e fanno parte di una serie di venticinque tavole dillustrazione con scene della Passione di Cristo poste a corredo del volume Passio domini nostri Jesu Christi [...] ex evangelistarum textu [...], edito da n. Ringmann, Argentorati, J. Knoblach, nel 1507. nelle incisioni esposte in mostra la narrazione degli episodi della Passione assume violente connotazioni antiebraiche: sono infatti presenti tutti gli stereotipi fisionomici e simbolici tradizionalmente attribuiti agli ebrei con intento infamante. Rivestono inoltre un particolare interesse alcuni dettagli che attualizzano le scene evangeliche, creando cos un diretto collegamento tra gli ebrei del nuovo Testamento e lepoca in cui opera lartista. In particolare il contrassegno di forma circolare imposto agli ebrei come segno di riconoscimento, che compare nella Contestazione degli ebrei nel tempio sul personaggio ritratto di spalle a sinistra. negli episodi che illustrano Cristo condotto davanti a Erode e nellEcce Homo compare il simbolo della mezzaluna e una stella sulle bandiere sventolate dal popolo dei giudei: si tratta di una chiara allusione al mondo dellIslam, percepito come nemico della cristianit e quindi come alleato di coloro che misero in croce Cristo.

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11. Maestro dellEpitaffio di Udalrico di Lichtenstein Crocifissione di Ges Cristo, Epitaffio Lichtenstein 1504 olio su tavola, 170 x 235 cm (tavola centrale) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 4005 nella Crocifissione della tavola epitaffio del vescovo Lichtenstein, proveniente dalla cattedrale di San Vigilio, il tema della morte di Cristo trattato secondo uno schema narrativo che non si discosta dalla tradizione. La scena tuttavia dominata da uno spirito drammatico nordico che enfatizza alcuni dettagli fino a renderli grotteschi. Questa caratteristica particolarmente evidente nel personaggio che sorregge la canna con la spugna imbevuta daceto: privo della gamba destra e con la sinistra visibilmente fasciata e storpia, raffigurato con tratti somatici molto marcati, quasi caricaturali. Per un osservatore del XVI secolo, la menomazione fisica e la malattia erano evidenti simboli di animo cattivo e demoniaco, caratteristiche assegnabili a chi non seppe riconoscere il figlio di Dio e lo mise in croce. Altri due simboli concorrono a caratterizzare come personaggio estremamente negativo questa figura maschile: il cane e la scimitarra. Il cane un animale simbolico che allude alla ferocia ed spesso associato agli ebrei, mentre larma che qui presenta una curiosa elsa a testa demonica uno dei principali attributi iconografici degli infedeli musulmani.

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12 Ambito lombardo Ges Cristo deposto nel sepolcro 1490-1500 circa tempera su tela, 192 x 148,5 cm Bocenago, chiesa di Santa Margherita Il dipinto, attualmente conservato nella chiesa di Santa Margherita di Bocenago, proviene con molta probabilit dallaltare di una chiesa conventuale dellordine carmelitano: lo testimonia la presenza dei due monaci ritratti di profilo sul lato destro, forse nella veste di committenti dellopera. Il primo piano del dipinto occupato da un intenso Compianto su Cristo morto, al quale assiste anche San Giovanni Battista. Secondo la consueta iconografia dellepisodio evangelico, Ges circondato dalla Madonna, San Giovanni Evangelista, Maria Maddalena, Maria di Cleofa, Maria Salom, nicodemo e Giuseppe dArimatea. Questi ultimi sono raffigurati secondo la classica tipologia dellebreo allorientale, con folte barbe e turbanti. In questo caso labbigliamento di nicodemo e Giuseppe dArimatea non assume connotazioni negative, ma riflette una consuetudine iconografica funzionale al riconoscimento dei due personaggi. invece utilizzato con unevidente finalit antiebraica il simbolo dello scorpione che compare sulle torri della citt di Gerusalemme: lanimale infatti, tradizionalmente considerato emblema del male e di tradimento, spesso utilizzato nellarte cristiana per rappresentare gli ebrei e pi in generale i nemici di Cristo.

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13 Orafo renano Reliquiario a cofanetto terzo quarto XII secolo rame dorato e smaltato, ferro battuto, 32 x 44 x 15,5 cm Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 21 Il reliquiario a cassetta, proveniente dalla cattedrale di Trento, composto da sei lamine di rame dorato applicate su supporto ligneo. Gli smalti illustrano episodi della vita di Ges e della Vergine: sui lati brevi, entro uninquadratura architettonica, compaiono lAnnunciazione e Ges davanti a Erode; lungo le fasce orizzontali sono raffigurati la Crocifissione, la Deposizione e Le Marie al Sepolcro, dallaltro Infermit, morte e funerali della Vergine. La scelta dei soggetti istituisce un parallelismo tra le due storie, un richiamo incentrato sul ciclo di sofferenza, morte e resurrezione al quale partecipano, seppur nel ruolo di antagonisti, alcuni ebrei, connotati da cappelli conici terminanti a punta. Queste figure compaiono sia nella scena di Ges davanti a Erode, sia nellepisodio dei Funerali della Vergine, sinteticamente raffigurato nellultima scena a destra: sotto il feretro sorretto dagli apostoli spuntano, piccoli e deformi, due giudei puniti per aver cercato di rovesciare il catafalco della Vergine.

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14 Bottega di Daniel Mauch (?) (ulma 1477 Liegi 1531) Presunto martirio di Simone Unferdorben (Simonino da Trento) 1500-1510 circa legno intagliato, policromo, 79 x 109 cm Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 3016 Il rilievo era inserito nella predella dellaltare maggiore della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, gravemente danneggiato da un incendio divampato in chiesa nel 1624. Rappresenta il presunto martirio di Simone da Trento, scomparso di casa il 23 marzo 1475, Gioved Santo, allet di due anni, il cui corpo senza vita fu rinvenuto nella roggia della citt alcuni giorni dopo e la cui morte fu pretestuosamente attribuita ai membri della locale comunit ebraica. Accusati di omicidio rituale, gli esponenti maschili incriminati furono processati e giustiziati, nonostante la commissione istituita da papa Sisto IV col compito di verificare i fatti ne avesse decretato linnocenza. Abile regista dellintera macchinazione fu il principe vescovo Giovanni Hinderbach, il quale promosse la nascita della devozione verso il piccolo martire, dando impulso alla riedificazione della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, ove le spoglie del bambino erano state tumulate. Il culto del Simonino, al quale venivano attribuiti poteri taumaturgici, perdur con alterne vicende per quasi cinque secoli e fu abolito soltanto nel 1965.

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15 Marcello Fogolino (?) (San Vito al Tagliamento o Vicenza, 1483/1488 Trento, 1550/1558) Presunto omicidio rituale di Lorenzino da Marostica terzo-quarto decennio XVI secolo olio su tavola, 21 x 119 cm Trento, Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali Le tre scene illustrate nella predella ripercorrono le tappe fondamentali della leggenda sorta attorno al presunto omicidio rituale di Lorenzo Sossio di Valrovina (Marostica): il Venerd Santo del 1485, Lorenzo Sossio, bambino di 5 anni, viene rapito da un gruppo di ebrei che si aggirano nelle campagne poco fuori dalla citt. Dopo averlo spogliato, gli ebrei lo crocifiggono ad una quercia, poi lo circoncidono e gli tagliano la carne per farne sgorgare il sangue. Compiuto il delitto, il gruppo occulta il corpo del bambino con dei sassi ma, miracolosamente, il cadavere non risulta mai del tutto coperto e gli ebrei sono costretti alla fuga. Analogamente ad altri casi, Lorenzo Sossio fu subito venerato come martire e laccusa infondata di omicidio rituale port allespulsione degli ebrei da Vicenza e da tutto il territorio vicentino. Seppur privi di esasperazioni caricaturali pi comuni nella tradizione figurativa nordica gli ebrei raffigurati nella predella erano chiaramente riconoscibili agli occhi del pubblico cristiano per il loro comportamento; la ritualit di gruppo sottolineata e presentata come un rito collettivo ben codificato.

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16. Giuseppe Bramati (incisore) (Vaprio 1795 - Milano 1871) Franciscus Vischer (disegnatore) (attivo nella prima met del sec. XIX) da Alexandre Colin (Mecheln 1527/29 - Innsbruck 1612) Vittoria dellimpero austro-ungarico sui turchi in Croazia e Slavonia 1832 acquaforte, 490 x 652 mm (matrice) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 9207 Si tratta della prima tavola relativa alla serie incisa dal lombardo Giuseppe Bramati, derivata dalle scene scolpite in bassorilievo dal fiammingo Alexandre Colin, attivo in Austria presso la corte degli Asburgo, per il monumento funebre dellimperatore Massimiliano I (1459-1519), cenotafio realizzato in marmo e bronzo tra il 1562 e il 1583 presso la Hofkirche di Innsbruck. Come ricorda liscrizione in latino posta in calce alla stampa, la scena raffigura con dovizia di particolari la guerra condotta da Massimiliano nel 1493 contro i turchi in Croazia: lesercito Imperiale, che avanza da destra, reca sulla bandiera laquila imperiale, mentre i soldati turchi, sconfitti e riversi a terra, muovono in ritirata mostrando vessilli con la mezzaluna. Dal XVI secolo in poi, quasi tutti i membri della famiglia dAsburgo si ritrovarono a combattere i turchi, che nel 1529, guidati dal sultano Solimano il Magnifico, raggiunsero le porte di Vienna.

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17 Aegidius II Sadeler (Anversa 1568 ca. - Praga 1629) Ritratto allegorico dellarciduca Mattia, imperatore di Germania e re dUngheria 1614 acquaforte e bulino, 672 x 415 mm (foglio) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 8155 Lincisione raffigura lImperatore Mattia dAsburgo (1557-1619) circondato da una complessa serie di figure allegoriche. Reggente del Sacro Romano Impero dal 1593 e Imperatore dal 1612 alla sua morte, Mattia pose fine con la Pace di Zsitvatorok (11 novembre 1606) al conflitto degli Asburgo con gli ottomani, iniziato tredici anni prima tra limperatore Rodolfo II ed il sultano Murad III. Il trattato, che garant frontiere stabili e pacifiche tra lAustria e lImpero turco per circa mezzo secolo, arrest lavanzata ottomana in Europa e pose fine ai tributi periodici che gli Asburgo dovevano al sultano. nella stampa che celebra le imprese dellImperatore, lepisodio della lotta ai turchi ricordato in basso a destra, dove, secondo il classico schema del vinto assoggettato al vincitore, un gruppo di uomini con il turbante si china ossequiosa dinanzi alla figura del regnante. Ai piedi di questo gruppo sono riversi a terra scudi, scimitarre, lance e turbanti, tutti elementi che simboleggiano la sconfitta del nemico turco.

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18 Andrea Zucchi (Venezia 1679 - Dresda 1740) da Jacopo Negretti, detto Palma il Giovane (Venezia 1544 - Venezia 1628) Uccisione di Paolo Erizzo 1720 acquaforte e bulino, 279 x 469 mm (foglio) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 8685 La stampa, pubblicata nel volume di Domenico Lovisa intitolato Gran Teatro di Venezia (1720), riproduce la composizione dipinta da Palma il Giovane in uno degli scomparti del soffitto della sala del Gran Consiglio in Palazzo Ducale a Venezia (1583 ca.). Raffigura lUccisione di Paolo Erizzo (1411-1470), il governatore veneziano di negroponte assassinato dai turchi durante la conquista dellisola nel 1470. Limpatto emotivo, e la paura, suscitate a Venezia dalla caduta di negroponte, stimolarono la fantasia popolare e sulla fine dellErizzo fiorirono diversi racconti, tutti concordi nel sottolineare da un lato il valore del governatore e dallaltro la crudelt degli ottomani. nellopera di Palma il Giovane, il pittore dimostra una conoscenza non approssimativa dei costumi ottomani e rappresenta i due personaggi che stanno segando Paolo Erizzo con il tipico copricapo dei giannizzeri turchi, una milizia istituita dal sultano ottomano orkhn allinizio del XIV secolo.

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19 Bottega del Tirolo meridionale Altare a portelle primo quarto XVI secolo tempera su tavola, 170 x 200 cm Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 1492 Lopera, che costituisce uno dei rari esempi di altari a portelle privi di rilievi e totalmente dipinti, proviene dalla chiesa di SantAnna di Sopramonte. Presenta sullanta destra la figura di Santa Barbara. Accanto al consueto attributo iconografico della torre, la santa qui raffigurata nellatto di calpestare un uomo in turbante giallo caratterizzato da barba, baffi, carnagione scura e accentuato naso aquilino, tutti stereotipi visivi che concorrono a connotare in chiave negativa il personaggio. Sulla base della storia narrata nella Legenda Aurea, luomo con il turbante pu essere identificato con il padre della santa, un re pagano di nicomedia che uccise la figlia per essersi convertita alla fede cristiana. Come in altri esempi, la posizione assoggettata delluomo allude al trionfo della fede sul paganesimo.

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20 Ambito trentino San Bartolomeo orante in adorazione del Crocifisso met XVI secolo olio su tavola, 107 x 109,5 cm Dermulo (Taio), chiesa dei Santi Filippo e Giacomo Il dipinto, proveniente da un altare dellantica chiesa parrocchiale, presenta in primo piano limmagine di San Bartolomeo in adorazione del Crocifisso. Sullo sfondo il pittore ha inserito la scena del martirio del santo che, secondo la leggenda, fu scorticato vivo in India, dove si era recato per predicare il Vangelo. Il gruppo di carnefici che tortura lapostolo caratterizzato da un abbigliamento vagamente orientale, fatto di turbanti, piume, vesti sovrapposte. Secondo una consuetudine iconografica molto diffusa, il pittore ricorre alla tipologia dellinfedele musulmano per risolvere il problema della raffigurazione di personaggi genericamente indicati nei testi come pagani.

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21 Maestro di Vigolo Vattaro (attivo in Trentino met XVII secolo) Ges nel tempio tra i dottori met XVII secolo olio su tela, 90 x 70 cm Vattaro, chiesa di San Martino Il dipinto fa parte di un ciclo di dieci tele raffiguranti i Misteri del rosario. nellepisodio della Disputa di Ges con i dottori del Tempio, il pittore presenta Cristo dodicenne come un sacerdote che ammonisce luditorio dal pulpito. Pi che ascoltare o interrogare i dottori, come riporta la fonte evangelica (Lc 2, 41-52), egli sembra tenere un discorso a un pubblico che interviene solo con obiezioni e domande. I dottori ebrei, inoltre, sono qui raffigurati con abiti a tunica variamente colorati, turbanti, lunghe e folte barbe, carnagione scura e baffi, come se i sacerdoti del tempio di Gerusalemme fossero stati sostituiti da un gruppo di infedeli musulmani. La consuetudine iconografica di raffigurare i sacerdoti ebrei come orientali in realt molto diffusa e rappresenta lesito di un generale processo di orientalizzazione degli ebrei nellarte che tendeva a sovrapporre le figure di giudei e musulmani.

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22 Stephan Kessler e bottega (Donauwrth, 1622 Bressanone, 1700) Convito di Erode ultimo quarto XVII secolo olio su tela, 83 x 144 cm Trento, Convento dei Cappuccini La tela e il suo pendant (scheda numero 24) provengono dal refettorio del convento dei Cappuccini di Arco. Si ipotizza che entrambe le opere siano state acquistate nel corso del XIX secolo, dopo la riapertura del convento che era stato soppresso nel 1810 e spogliato di quasi tutti gli arredi sacri. Le tele sono state attribuite alla bottega di Stephan Kessler, il pittore pi prolifico del secondo Seicento a Bressanone. Agevolato dalla scarsa concorrenza locale e da una grande facilit di mestiere, lartista organizz una fiorente bottega in grado di svolgere unattivit estesa anche oltre i confini della diocesi tirolese. La scena riassume in un unico momento vari episodi della vicenda del re Erode, al quale Salom porta su di un piatto dargento la testa di Giovanni Battista. Erode, che siede a capo tavola, qui presentato come un sultano ammantato in ricchi abiti doro e con un turbante sul capo. Anche gli altri commensali vestono allorientale; per attribuire loro una connotazione negativa, il pittore ha dipinto molti personaggi con lineamenti sgradevoli ed espressioni caricate.

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23 Peter van Aelst (Waterloes, 1450 circa - ? 1531/1533) Salita al Calvario 1511-1528 lana, seta e oro, 243 x 276 cm Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 5 Larazzo parte di un ciclo definito dalla critica straordinario e forse unico in Italia: la Passione di Cristo realizzata a Bruxelles presso latelier di Peter van Edinghen, detto van Aelst, il pi importante imprenditore e produttore di arazzi del tempo. Gli arazzi furono acquistati ad Anversa nel 1531 dal principe vescovo Bernardo Cles, che li utilizz per decorare la Camera del Torrione di Sopra, nella residenza di Castello del Buonconsiglio. nellarazzo raffigurante la Salita al Calvario, tra i personaggi posti in testa al corteo che conduce Cristo in croce, compare la figura di un uomo di colore: nella mano sinistra stringe unalabarda, mentre sul bordo della sua veste appena visibile la scritta MoRI. Tale parola labbreviazione del termine moriaen, la denominazione tipica dei neri, degli etiopi e dei turchi nella letteratura neerlandese e, pi genericamente, nella letteratura dellEuropa occidentale. Lappellativo utilizzato per indicare il personaggio non certo privo di connotazioni negative, cos come il colore della pelle: sebbene non si possa affermare che ad un colore fosse attribuita una simbologia univoca, al nero erano comunemente assegnati una serie di significati negativi, correlati alla coppia antinomica oscurit-luce, unoscurit che nel caso del colore della pelle era anche tenebra spirituale. Il colore scuro della pelle, inoltre, un topos figurativo abitualmente usato per denotare le persone di fede islamica: levidente anacronismo suggerisce una lettura attualizzata della scena della Crocifissione, dove lassociazione tra ebrei e musulmani allude ad una comune alleanza delle due fedi contro i cristiani.

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24 Stephan Kessler e bottega (Donauwrth, 1622 Bressanone, 1700) Adorazione dei Magi ultimo quarto XVII secolo olio su tela, 83 x 149 cm Trento, Convento dei Cappuccini La tela e il suo pendant (scheda numero 22) provengono dal refettorio del convento dei Cappuccini di Arco. Si ipotizza che entrambe le opere siano state acquistate nel corso del XIX secolo, dopo la riapertura del convento che era stato soppresso nel 1810 e spogliato di quasi tutti gli arredi sacri. Fra i pochissimi neri buoni presenti nellarte occidentale va sicuramente annoverato il Re Magio moro. La sua presenza nellepisodio dellAdorazione dei magi non riportata nei Vangeli canonici risale allidea che i Magi rappresentassero le tre fondamentali razze umane discendenti dai figli di no, insediatesi in tre diversi continenti. Le Adorazioni dei Magi sono inoltre loccasione per ritrarre scene ricche di elementi esotici e fiabeschi, con personaggi vestiti allorientale e ampio uso di turbanti. A partire dalla fine del XV secolo, una conoscenza meno stereotipata ed in alcuni casi diretta del mondo musulmano, doner un sapore vagamente etnografico alla rappresentazione degli abiti e dei turbanti. uno dei centri propulsori di questa nuova tendenza la citt di Venezia, naturale punto dincontro tra occidente e oriente. Con linoltrarsi nel secolo XVI, lesotico e il nuovo fino ad allora rappresentati dalloriente saranno affiancati dalle stranezze meravigliose provenienti delle nuove terre scoperte oltreoceano.

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25 Jakob Wangner (Augsburg 1703 - 1781) da Pieter Paul Rubens (Siegen 1577 - Anversa 1640) Adorazione dei Magi 1750-1781 acquaforte, 551 x 724 mm (matrice) Trento, Museo Diocesano Tridentino, inv. 9094 Jakob Wangner, calcografo e incisore, deve la sua formazione a Daniel Herz il Vecchio. Lavor per alcuni editori augustani, realizzando incisioni di traduzione da opere di vari artisti, tra cui Sebastiano Conca e Pieter Paul Rubens. La stampa riprende appunto, in controparte, una Adorazione dei Magi di Rubens, oggi al Museo delle Belle Arti di Lione: il dipinto fu venduto nel 1698 da Gaspard van Ceulen allelettore Massimiliano Emanuele di Baviera. Anche in questo caso la raffigurazione del ricco corteo dei Magi, uno dei quali moro, loccasione per richiamare elementi esotici e fogge orientali.

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