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MANUALE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO Che cos' la filosofia del diritto Questioni metodologiche Quando parliamo di filosofia del

diritto, non dobbiamo pensare al filosofo giurista, ma al giurista filosofo. In Italia vi stata una forte influenza da parte delle filosofie neoidealistiche, basta a Croce e Gentile. Ma ricordiamo anche altri filosofi che non erano legati a tali filosofie, tipo Scarpelli, Treves, Bobbio, e Kelsen. Hans Kelsen fu il pi grande filosofo del 20 secolo. Nel ventennio fascista furono pubblicate diverse sue opere fra cui "Dottrina pura del diritto". Dapprima Kelsen seguiva un disegno filosofico ben preciso, ma nel secondo dopoguerra inizi ad allontanarsi da esso per porre pi attenzione al fenomeno giuridico. Si inizio a parlare quindi di un giurista filosofo e non pi di un filosofo giurista. Per il Kelsen, il diritto viene inteso come lo strumento per realizzare un grande valore, la pace. Quando parliamo di filosofia del diritto si presentano 3 problemi: uno ontologico, l'altro fenomenologico e l'altro deontologico. Teoria generale del diritto e sociologia del diritto Il problema ontologico riguarda le stesse strutture del diritto, ossia risponde alla domanda "Che cosa il diritto?", e non quali valori realizza e quale fine ha. Tale problema viene affrontato dalla teoria generale del diritto che studia quindi l'origine logica del diritto e che si contraddistingue dalla filosofia del diritto, che si occupa dei valori e quindi della giustizia. Il problema fenomenologico viene, invece, affrontato dalla sociologia del diritto che si chiede quale sia il comportamento dei consociati in relazione al sistema dato. Il problema deontologico, invece, vede impegnato il filosofo del diritto ad elaborare una teoria per individuare i valori imprescindibili. Quindi, oggetto della teoria generale del diritto la validit (ontologia); oggetto della sociologia del diritto l'effettivit (fenomenologia); oggetto della filosofia del diritto la giustizia (deontologia).

Ontologia, fenomenologia, deontologia. Anche se stata fatta tale tripartizione, in realt la filosofia del diritto deve essere intesa come una disciplina generale che si occupa di tutte e tre le tematiche: validit, effettivit e giustizia. Diritto naturale e diritto positivo Pluralit di significati della dicotomia d. naturale - d. positivo Quando parliamo di norma, ordinamento, validit, efficacia, ci riferiamo sempre al diritto positivo, infatti qualsiasi operatore del diritto, sia giudice, avvocato, parlamentare, ecc., fa riferimento, quando parla di diritto, ad un ordinamento giuridico vigente in un determinato momento storico in una determinata comunit. Per meglio capire il processo di positivizzazione del diritto, bisogna tornare indietro sino alla formazione degli Stati moderni in Europa (XVII sec.) dove si formo la filosofia politica sullo Stato ad opera di Thomas Hobbes. Si avverte contrasto tra diritto naturale e diritto positivo, quando chi viene chiamato ad applicare una legge in contrasto con il diritto naturale, deve decidere se applicare tale legge ritenuta ingiusta, oppure, (ragionando giurisnaturalmente) se disapplicarla. In questo secolo si assistito ad un ritorno del diritto naturale. Il diritto pu avere qualsiasi contenuto? Secondo il kelsen, il diritto non un fine, ma un mezzo, quindi pu avere qualsiasi contenuto. Ma se valori e principi del diritto naturale vengono violati dalla norma positiva, si pu sempre parlare di ordinamento giuridico, o no? Sul giusnaturalismo Avvertenze metodologiche sul tema La trattazione del tema affrontata dal profilo didattico. Il compito del filosofo del diritto quello di spiegare termini come "norma, ordinamento giuridico, diritto positivo, diritto naturale, principi dell'ordinamento giuridico, fonti del diritto". La spiegazione deve avvenire con un indagine logico filosofica che porta alla problematizzazione di questi termini.

La problematizzazione nasce dall'ambiguit della terminologia giuridica. L'idea ricorrente del limite al diritto valido. Sistemi statici e sistemi dinamici La teoria del giusnaturalismo caratterizzata dal tentativo di sviluppare un limite alla validit del diritto positivo. Il nocciolo di questa teoria afferma che sopra il diritto positivo (ossia il diritto posto dagli uomini), esista un diritto naturale. L'idea pura del diritto naturale consiste nella superiorit di questo sul diritto positivo. Infatti quest'ultimo imperfetto perch opera degli uomini che sono imperfetti. Nel giusnaturalismo agostiniano invece, si perviene all'esaltazione della volont di Dio. Nelle opere di San Tommaso d'Aquino, troviamo importanti ammissioni come "la validit delle leggi ingiuste". Ma se il diritto naturale quello non posto dagli uomini, come possibile individuarlo? Secondo i testi giusnaturalisti, il diritto naturale si ricava dalla "natura, o da Dio o dalla ragione". La caratteristica pi importante che diritto naturale non si parla n di coercizione, n di autorit come nel diritto positivo. Secondo il Kelsen esistono sistemi statici e sistemi dinamici. Nei sistemi statici, le norme di un ordinamento possono derivare direttamente o indirettamente dalla sua norma fondamentale mediante una semplice operazione intellettuale. Es. della norma fondamentale della verit si produce la norma "non ingannare", e pi nel dettaglio la norma "che stabilisce che il commerciante non deve nascondere i difetti merce, ecc.". Quindi non si ha bisogno di uno speciale produttore di norme. Nei sistemi dinamici invece, la norma fondamentale autorizza una data volont umana alla produzione di norme. Es. "obbedisci ai tuoi genitori". Un ordinamento giuridico, prima di fissare determinati contenuti, fissa taluni principi generalissimi, tipo il principio della delegazione. Il diritto positivo caratterizzato dalla volontariet in quanto, per passare da una norma all'altra, vi un atto dell'uomo che,

attraverso l'interpretazione si tramuta in un'azione o in un comportamento o in una decisione. Parlando di volontariet, si parla anche di responsabilit. Nel diritto naturale la caratteristica principale l'autoevidenza dei principi e l'operazione intellettuale per ricavare specifici contenuti da una norma fondamentale. Pu succedere per che vi siano comportamenti contrari alle norme di diritto naturale. Cosa succede allora, se nel diritto naturale vi la mancanza di coercizione? Diritto naturale e ordinamento giuridico in vigore: la legge ingiusta All'interno di un ordinamento giuridico in vigore, ci pu essere una legge ingiusta. Le dichiarazioni della legge ingiusta da parte del giusnaturalista deve chiudersi con la dichiarazione sulla sua non applicazione e quindi non obbedienza e quindi ancora non validit. Infatti quando parliamo di validit giuridica si parla di vincolabilit e obbligatoriet del diritto. Il giusnaturalista vuole arrivare alla disobbedienza della legge, attraverso il restringimento del significato del diritto. Sul positivismo giuridico Vari significati del positivismo giuridico Il positivismo giuridico accompagna il processo storico che va dalla nascita dello Stato moderno alla crisi dello stesso, cio dal XVII sec., sino al nostro. Per positivismo giuridico s'intende quel complesso di teorie intorno al diritto positivo, diritto naturale, fonti, Stato, ordinamento giuridico, rapporto diritto - legge, ecc. Secondo Bobbio esistono tre significati del positivismo: il positivismo come "approach" (cio un significato legato al modo in cui si accosta al fenomeno), come teoria, come ideologia. Secondo Herbert Hart, esistono cinque significati del positivismo; il positivismo pu significare: Le leggi sono comandi di esseri umani; Non vi connessione necessaria tra diritto e morale, cio tra com' e diritto come deve essere;

Lo studio del significato dei concetti giuridici distinto dalle ricerche di ordine storico, di ordine sociologico e delle critiche del diritto in termini di esigenze sociali o morali; L'ordinamento giuridico un sistema logico chiuso, in quanto dalle norme giuridiche si possono dedurre per mezzo della logica, corrette decisioni giudiziarie; I giudizi morali non possono essere definiti facendo ricorso ad argomenti o dimostrazioni. I padri del diritto moderno sono Bentham e Austin. Il positivismo giuridico come "approach" In questa significazione come dice Bobbio, il positivismo giuridico caratterizzato dalla netta distinzione tra diritto reale e diritto ideale, ossia tra diritto come fatto e diritto come valore, ossia ancora tra diritto qual e diritto quale deve essere. Secondo ci, il giurista deve occuparsi del diritto reale e non di quello ideale. Il fenomeno giuridico pu essere guardato da un punto di vista esterno (giurista teorico) e sia da un punto di vista interno (giurista pratico). Nel positivismo come "approach", importante l'avalutativit, per il giurista pratico, ossia un giudice, legislatore, avvocato, ecc., nella sua attivit di distinzione tra diritto reale e diritto ideale, c' sempre qualcosa di creativo. Il positivismo statualistico Il positivismo statualistico il positivismo come teoria. Si parla di statualit, perch il fenomeno giuridico collegato alla formazione di un potere sovrano capace di esercitare la coazione, ossia lo Stato. Quindi il positivismo giuridico si identifica come la teoria statalistica del diritto. Il positivismo statualistico accompagna un fenomeno storico cio la formazione dello Stato moderno. Importanti sono le seguenti concezioni: Riguardo alla definizione del diritto, la teoria della coattivit: il diritto un complesso di norme che vengono fatte valere con la forza giuridica. Oggi una caratteristica che connota il fenomeno. Riguardo alle definizione di norma giuridica, la teoria imperativistica: le norme giuridiche sono comandi che

hanno diverse suddistinzioni (es. comandi personali impersonali; generali - individuali). Oggi in realt per non tutte le norme sono comandi perch il diritto oltre che a comandare, prescrive, deroga, autorizza, ecc. Riguardo alle fonti del diritto, la supremazia della legge sulle altre fonti e la riduzione del diritto consuetudinario, scientifico, ecc. Con la crisi dello stato moderno si inizia a parlare di pluralismo. Riguardo all'ordinamento giuridico, l'attribuzione del carattere della completezza o mancanza di lacune e della coerenza o mancanza di antinomie nel sistema all'unit in senso logico. Oggi si pone per pi attenzione, cio la possibilit di concepire unitariamente l'insieme disarticolato delle norme stesse. Riguardo al metodo della scienza giuridica e dell'interpretazione, la considerazione che l'attivit del giurista e del giudice, attivit essenzialmente logica. Il positivismo statualistico, dove sostiene che solo lo stato il soggetto autorizzato a produrre diritto, oppure dove riduce le fonti del diritto alla sola fonte statuale, se una teoria sbagliata. La rivolta contro il positivismo statualistico, avvenne quando entr in crisi il concetto di Stato moderno (fine XIX sec. e inizio XX sec.), quando l'industrializzazione delle societ occidentali fa nascere organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Infatti il sindacalismo, in Francia e in Italia, si presentato all'inizio con carattere sovversivo, e lo Stato moderno borghese e liberale entrato in crisi perch non riuscito a giudicare le nuove richieste della societ. Quindi al positivismo statualistico si contrapposta la teoria istituzionalistica e pluralistica come sostiene Santi Romano. Questo filosofo infatti elabora un modello di diritto con l'intento di giudicare la nuova realt sociale. Positivismo giuridico come ideologia e l'ideologia del positivismo giuridico Il positivismo giuridico come ideologia si pu intendere in due modi.

Nel primo modo, lo Stato manopolizza sia la produzione giuridica e sia le idee di giustizia. Quindi se secondo lo Stato, la norma valida , essa anche giusta e si parla di obbligatoriet da parte dei consociati. Si parla sia di concezione legalistica della giustizia, perch il criterio per distinguere ci che giusto da ci che non giusto dato dalla legge statale; si parla anche di formalismo etico, perch vi l'obbligo morale dell'obbedienza, ma non in virt dell'esame dei contenuti della legge, ma in virt del fatto che lo Stato ha emanato la legge e quindi essa giusta. Hans Kelsen non ha mai sostenuto una concezione logistica della giustizia. Parlando dell'ideologia del positivismo, ossia nel secondo modo, diremo che i valori a cui si ispirato il positivismo, sono quelli legati alla formazione dello Stato moderno: il valore della certezza del diritto; i caratteri dell'astrattezza e della generalit della legge, ecc., ossia i valori del liberalismo. Il diritto Definizioni del diritto Quando parliamo di diritto, ci riferiamo a quelle regole giuridiche in vigore, ossia positivizzate, in un determinato momento storico presso una determinata comunit. Nel corso della storia, il diritto stato definito norma, o decisione, o sistema, ordinamento, o ancora istituzione, organizzazione, rapporto. Queste definizioni appaiono non soddisfacenti perch ingigantiscono un aspetto del fenomeno sino a renderlo esclusivo. Secondo Norberto Bobbio, il diritto un insieme di norme a efficacia rafforzata. Qui, per efficacia si intende o il comportamento di tutti i consociati nei confronti di un sistema di regole date (efficacia o effettivit generale), o il comportamento di certi consociati, i giudici, che hanno il compito di intervenire con quelle decisioni, ossia le sentenze, quando il comportamento di alcuni consociati stato deviante rispetto a una qualche norma (efficacia o effettivit giudiziaria).

Nel caso di Bobbio, l'efficacia rinforzata rappresentata dall'efficacia generale. Questo perch: il fatto che i consociati osservino le norme, costituisce il fenomeno dell'efficacia; questa viene definita rafforzata perch i tribunali sono predisposti per l'irrogazione della sanzione nell'ipotesi che il consociato abbia avuto un comportamento deviante rispetto alla norma. Quindi proprio la sanzione che indica il rafforzamento, inteso in un duplice senso: o come un motivo in pi per rispettare la norma, o come l'attivit dei tribunali che intervengono quando si verificano deviazioni. Comunque sia, la definizione bobbiana presenta delle perplessit. Infatti, il diritto, cos presentato da Bobbio, appare essere un mondo di norme dal significato chiaro e inequivocabile; mentre nella realt, i documenti legislativi, decisioni e attivit delle corti, sono piuttosto ambigui. L'altra perplessit che appare il primato della legge sulle sentenze, ma in realt in certi settori dell'ordinamento, o in certi periodi storici, il rapporto legge - sentenza non del tipo di quello suggerito dalla definizione. Hans Kelsen, considera addirittura la sentenza come una norma. Concludendo diremo: il diritto il complesso sistematico, ordinamento (di atti, fatti, documenti, leggi, norme, decisioni) che esprime da un lato quella capacit orientativa (perch i tribunali nella loro attivit devono essere orientati da un qualche modello normativo) e dall'altro una capacit coercitiva (ossia la forza espressa con il termine di sanzione negativa. Il diritto come tecnica della convivenza sociale Come stato detto dal kelsen, il diritto non un fine ma un mezzo; stato definito, una tecnica basata su sanzioni per il controllo del comportamento dell'uomo; quindi una tecnica della convivenza sociale. Efficacia. Aspetti interni e aspetti esterni Il diritto non un dato, n un fatto, anche se ha fortissime connessioni con il mondo dei fatti che racchiudono il comportamento sociale.

Quindi si esclude una accostamento di tipo strettamente sociologico al diritto. Il comportamento si divide in attivo e passivo. Il primo proprio dei giudici, funzionari che in qualche misura agiscono da organi del diritto. Il secondo proprio dei privati cittadini e viene definito obbedienza al diritto stesso. Il diritto come ordinamento Tale espressione pu avere vari significati. In una prima significazione l'ordinamento giuridico sembra essere il risultato di una serie di norme che hanno svolto una funzione di una vera e propria creazione di effetti che sembrano avere uno status di stabilit e di permanenza. Ma tali caratteri possono essere prodotti solo dalla regolare applicazione delle norme o dal comportamento dei consociati. In una seconda significazione, l'ordinamento giuridico si delinea come l'elaborazione concettuale proposta dall'attivit interpretativa della cosiddetta norma fondamentale. Essa ha carattere speciale rispetto a tutte le altre norme del sistema: non una norma posta, ma presupposto. Per le altre norme si predica o si nega la validit, mentre per la norma fondamentale la validit presupposta. Essa mette in ordine tra gli eventi, e l'interpreta dando a essi il senso della normativit. Serve anche per dare unit dell'ordinamento. Validit ed efficacia La validit esprime il dover essere, l'efficacia esprime l'essere, la realt sociale. Il modello nomostatico Il modello nomostatico viene colo dal Kelsen con la dottrina della proposizione giuridica. Il diritto consiste in un ordinamento di tipo coercitivo, quindi inteso come tecnica sociale necessaria per raggiungere certi determinati fini. Il carattere coercitivo sta nel fatto che si indirizza il comportamento umano in un senso che non sia contrario a quello necessario per la realizzazione dei fini. Norme primarie. Il Kelsen riduzionista e monista. Nelle sue opere parla di norme primarie - secondarie o norme autonome - non autonome, ecc. Le seconde sono le classiche norme di condotta. Si parla invece di vere norme giuridiche, ossia

primarie, quando alla condotta contraria da quella prevista, segue un atto coattivo come conseguenza. Cio, la dottrina della proposizione giuridica sancisce che al verificarsi di un certo determinato fatto, il legislatore imputa una conseguenza, la cosiddetta sanzione. Quel determinato fatto viene definito "illecito", in quanto viene dichiarato tale dal legislatore attraverso la predisposizione della sanzione. Il nesso che intercorre tra il fatto e la sanzione, viene definito dal Kelsen "nesso di imputazione" e non di causalit. Il principio di casualit intercorre, infatti, tra due eventi della natura, quando cio una conseguenza dovr necessariamente accadere al verificarsi di un determinato fatto (es. se metto a bollire l'acqua, essa deve bollire a 100). Al contrario, parlando del principio di imputabilit, diciamo che la sanzione una conseguenza imputata e non una conseguenza che dovr necessariamente accadere (per esempio, se un uomo uccide un altro uomo, deve essere punito in quanto il legislatore imputa al verificarsi di quel fatto, la conseguenza della reclusione, per potrebbe anche non essere punibile perch minore o incapace, o altro). Quindi solo i fatti dichiarati dal legislatore sono illeciti, e la dichiarazione avviene attraverso la sanzione. Norme secondarie, non sono solo quelle che prescrivono una data condotta, ma anche quelle che contengono un'autorizzazione. Per meglio capire tale concetto, spieghiamo prima il concetto di obbligo giuridico. Per il Kelsen l'obbligo che applica la sanzione e non il comportamento prescritto. Il modello nomodinamico Il modello nomodinamico viene colto con la teoria dell'ordinamento rappresentato attraverso la costruzione a gradi. In una concezione statica dell'ordinamento importante conoscere che cosa sia la norma giuridica e la differenza tra essa e la norma morale, religiosa etc. Nella concezione dinamica importante scoprire in quali relazioni si trovano le norme giuridiche appartenenti ad un determinato ordinamento giuridico. Rappresentare l'ordinamento per gradi, significa tentare di risolvere il problema della validit - esistenza della norma.

Alla base possiamo collocare le sentenze dei giudici, poi salendo verso il vertice, collochiamo decreti e regolamenti, poi le leggi approvate dal Parlamento e poi per ultimo la legislazione costituzionale. Se consideriamo la sentenza di un giudice, diremo che questa valida formalmente se stata posta in essere dal giudice competente la cui competenza fissata in norme che si collocano ad un gradino superiore rispetto alla sentenza considerata. La cosa importante che la ricerca del fondamento, non mai un giudizio di valore sui contenuti dell'atto in questione. Ogni norma considerata si presenta sempre come norma contemporaneamente superiore e inferiore. Es. una legge superiore e quindi fondamento della validit di un atto amministrativo o di una sentenza, ma anche inferiore rispetto alle norme costituzionali che costituiscono il fondamento della validit della legislazione ordinaria. Norma fondamentale. Al vertice c' la Costituzione. Ma perch essa valida? Perch ad un'altra Costituzione pi antica, fino a che, secondo kelsen, si fa ricorso alla cosiddetta norma fondamentale che norma presupposta essa non strutturata come le altre norme intorno al concetto di volont, ma intorno al concetto di conoscenza. La norma fondamentale fonda l'unit del sistema ed presupposto per la validit delle sue norme. La norma fondamentale non condiziona il contenuto delle norme del sistema. La validit In relazione alla singola norma, il giudizio di validit si risolve esclusivamente nell'ambito delle norme, il giudizio di efficacia nell'ambito dei fatti, in quanto per efficacia s'intende il comportamento effettivo degli uomini. Cos, perch possa dirsi che le norme di un ordinamento giuridico sono valide, necessario che l'ordinamento giuridico sia nel suo complesso efficace (cio che le prescrizioni normative coincidano, fino ad un certo grado, con il reale comportamento degli uomini ai quali quelle prescrizioni ineriscano; Kelsen per dice "fino ad un certo grado", perch non necessario ai fini della validit che tutte le prescrizioni siano realmente obbedite o applicate). Quindi se un ordinamento efficace nel suo

complesso, le singole norme sono valide anche se disapplicate (proprio perch si richiede l'efficacia nel suo complesso). Questo riportato nella prima edizione della "Dottrina pura" 1960. Nella seconda edizione Kelsen richiede per la validit della singola norma, anche il verificarsi della condizione dell'efficacia specifica della singola norma, oltre naturalmente l'efficacia dell'ordinamento nel suo complesso. Kelsen ha mutato opinione in relazione al rapporto validit - efficacia inerente la singola norma, proprio per la sua vissuta esperienza americana. Infatti nel sistema giuridico angloamericano non si pu concepire la validit di una norma, se essa per desuetudine non viene pi osservata e applicata dai tribunali, visto la centralit della figura del giudice. Quindi una situazione di desuetudine o inefficacia, determina l'abrogazione della validit della norma. Ma in Italia, vale la soluzione prevista dalla prima edizione della "Dottrina pura". Infatti per l'ordinamento giuridico italiano, in virt dell'art. 15 delle disposizioni preliminari al cod. civ., le leggi vengono abrogate da leggi posteriori per dichiarazione espressa dal legislatore o per incompatibilit tra le nuove disposizioni e le precedenti, o perch la nuova legge regola l'intera materia gi regolata dalla legge anteriore. Quindi, qui, la desuetudine non pu determinare l'abrogazione della legge. Parlando della costruzione a gradi dell'ordinamento giuridico si profila una nuova distinzione delle norme giuridiche: norma superiore e norma inferiore. La prima rappresenta il fondamento di validit della seconda. Il giudizio di validit sta in ci, nello stabilire se la norma inferiore stata posta in essere secondo la forma ed entro i limiti del contenuto, fissati dalla norma superiore. La norma che regola a sua volta regolata da un'altra norma, e cos via, fino alla norma fondamentale. Ma cosa succede se una norma giuridica, nonostante sia stata prodotta in essere in modo difforme dalla forma prescritta dalla norma superiore, in vigore ugualmente? Per il Kelsen il problema non si pone perch se la norma non stata posta validamente, essa semplicemente inesistente in quanto la validit, a differenza dell'efficacia, una qualit

della norma, per cui dire "norma giuridica", significa esprimere il concetto che la norma stata posta in essere validamente sul piano giuridico. Ma allora come qualificare una norma di grado inferiore che non conforme alla norma superiore che la determina? In verit secondo il Kelsen, questo conflitto tra norme di gradi diversi solo apparente. La norma superiore prevede la possibilit che la norma inferiore venga posta in essere in modo difforme dalla sua prescrizione; ma invece di sancire essa stessa l'inesistenza di una simile norma, collega al verificarsi di questa eventualit altre conseguenze, per esempio che si inizi un procedimento che porter all'annullamento della norma viziata. La forza Da un passo kelsesiano emerge che possiamo sostituire la coppia validit - efficacia con un'altra: diritto - forza. La conclusione che il diritto non pu esistere senza forza. La forza nel diritto nel senso che quest'ultimo altro non che un determinato ordinamento della forza. Il diritto nasce proprio come organizzazione della forza. Ci pu dedursi anche dalla concezione kelsesiana della norma giuridica primaria, intesa come norma che predispone la sanzione. La sanzione, che coazione, ossia forza, nella norma. Insomma il fatto che Kelsen individui nella sanzione la qualit peculiare del diritto, discende proprio dalla sua concezione del diritto come organizzazione della forza. Secondo Karl Olivecrona, impossibile sostenere che il diritto garantito e protetto dalla forza. Ci anche secondo il Kelsen. La teoria del Kelsen, come quella di Olivecrona vista come un tentativo di individuare il contenuto delle regole giuridiche e di definirle in base non pi alla forza o al fine, ma in base alla materia regolata ossia la coazione o l'esercizio della forza. , che costituiscono la materia specifica delle norme giuridiche. Comunque la forza il contenuto dell'ordinamento giuridico nel suo complesso e non delle singole norme. Per le norme singole sufficiente mostrare che esse appartengono al sistema mediante il cosiddetto criterio di validit. Norme primarie e norme secondarie in Kelsen

Norma primaria quella che stabilisce la sanzione. Norma secondaria quella che prescrive il comportamento da tenersi dai consociati se vogliono evitare le sanzioni. Secondo Herbert Hart, secondaria anche la norma che contiene un'autorizzazione, ossia quella norma che conferisce un potere. Kelsen, non reputa necessaria questo tipo di norma perch, secondo lui, le norme autorizzanti sono tipiche dell'ordinamento capitalistico, in quanto questo protegge l'interesse individuale e mette a disposizione del singolo un potere (diritto soggettivo) affinch possano essere realizzati certi interessi. Comunque sia, non si ha un'autonoma posizione del diritto soggettivo, in quanto esso altro non che un aspetto del diritto oggettivo: il diritto oggettivo nel momento in cui questa si mette a disposizione dei singoli. Si elimina allora il dualismo, diritto soggettivo - diritto oggettivo. Ma, anche se Kelsen afferma ci, se guardiamo all'ordinamento giuridico nella sua struttura dinamica, noteremo che la norma superiore, quella regolante, una norma che delega, quindi norma autorizzante. Es. la norma fondamentale, in una delle sue formulazioni recita: "La coazione deve essere posta nelle condizioni e nel modo che stato determinato dal primo costituente o dagli organi delegati". Anche se si parla di norme secondarie, dimostriamo ora che nel mondo kelsesiano, non svolgono poi un ruolo cos secondario. Che cos' l'efficacia per il Kelsen? Allora, una norma giuridica isolata pu essere valida ma non efficace perch di fatto non stata obbedita, ci riferiamo ad una norma secondaria perch vogliamo esprimere il concetto che ci che ha prescritto la norma realizzato ad opera dei consociati. Perci, quando si parla di obbedienza alla norma, si instaura un rapporto immediato e diritto tra uomini e diritto. Non si ha allora un ruolo tanto secondario. Se diciamo invece che la norma deve essere applicata, significa che un organo apposito deve applicare la sanzione in quanto l'illecito si verificato. Quindi viene in considerazione la norma primaria. Il rapporto diretto non pi tra l'uomo e il diritto, ma tra il diritto e l'organo che deve applicare la sanzione.

Schematicamente: Efficacia della norma primaria: applicazione da parte dell'organo. Efficacia della norma secondaria: obbedienza da parte dei consociati. Solo in un caso l'efficacia intesa come primaria e quella intesa come secondaria, tendono a coincidere. Ci si verifica quando la norma secondaria non stata osservata e la norma primaria non stata applicata come avrebbe dovuto. Entrambe le norme risultano essere inefficaci. Naturalmente per, l'efficacia della norma primaria fonda sull'inefficacia della norma secondaria in quanto l'organo applica la sanzione (norma primaria) quando si verifica l'illecito cio il comportamento contrario alla norma secondaria. Il tentativo di rendere superflue le norme secondarie fallito, infatti Kelsen afferma che "l'unico significato attribuito al termine efficacia del diritto che il comportamento effettivo degli uomini si conforma alle norme giuridiche". Da ci capiamo che la teoria dell'efficacia in Kelsen, porta diverse ambiguit che discendono dalla distinzione norme primarie norme secondarie. Pensando ora all'efficacia dell'ordinamento giuridico nel suo complesso (e non di efficacia della norma singola), perch possa essere applicato il diritto, necessario presupporre che ci che prescrivono le norme secondarie sia in generale obbedito; necessario quindi presupporre l'efficacia in generale delle norme secondarie, ossia pensare al comportamento effettivo. L'effettivit Nella dottrina kelseniana, la validit tenuta distinta dall'efficacia. Della prima se ne occupa la giurisprudenza normativa; della seconda, la giurisprudenza sociologica. Ma fino a che punto devono essere tenute distinte? Kelsen afferma che validit ed efficacia sono due aspetti diversi del diritto, ma entrambi si trovano in un determinato rapporto reciproco, basta pensare che non si pu parlare di ordinamento valido se non sul presupposto che lo stesso ordinamento sia nel suo complesso efficace.

Secondo Meneghelli, in questo modo Kelsen fa coincidere i due concetti di efficacia e validit. In Kelsen vi un duplice concetto di efficacia: concetto di efficacia della singola norma (lo intende come un comportamento difforme dal suo contenuto che per non pregiudica in alcun modo la sua normale validit) e concetto di efficacia complessiva dell'ordinamento (lo intende come una serie di comportamenti che costituiscono una condizione della validit della norma fondamentale). Secondo Meneghelli, perch si abbia un ordinamento non basta dire che il sistema di norme di cui composto, nel suo complesso osservato. Bisogna infatti chiedersi, perch osservato. Se osservato perch l'osservanza, anche quando non si condividono i fini fondamentali cui esso ispirato, d un significato alla propria esistenza nel senso che le garantisce la sicurezza dei rapporti economici, la certezza dei rapporti familiari, le libert dell'azione, diremo che l'ordinamento giuridico affettivo ed ha possibilit di durata. Se invece osservato solo per paura, o per l'assoluta incapacit di reagire ad esso, non si pu parlare di pace, non si pu dire che l'ordinamento, oltre che esistere anche capace di durare. Proprio per questo motivo, Meneghelli distingue l'efficacia dall'effettivit. Per efficacia dell'ordinamento si intende il fatto empiricamente verificabile che esso stato osservato e applicato. Per effettivit dell'ordinamento giuridico si intende la capacit che esso ha di durare, di garantire un assetto stabile e duraturo di rapporti politici e sociali. L'effettivit e da considerarsi una qualit del sistema normativo. Per il Kelsen il significato dato all'effettivit pare una forzatura del suo pensiero. Il problema dell'effettivit investe anche il comportamento del giudice. Egli deve accertare se esistano i valori fondanti dell'ordinamento e anche esprimere un giudizio sulla capacit di durata dell'ordinamento. Un problema quello di un ordinamento esistente, ma non effettivo. Qui il giudice chiamato ad applicare un ordinamento che egli ritiene ingiusto.

Secondo Piovani, esistono alcune condizioni dell'effettivit: Esistenza di un raggruppamento di persone conviventi. Esistenza di un governo che le diriga. Il governo si obbedito senza discontinuit. Il governo si obbedito in maniera palese, non clandestina. L'effettivit: le motivazioni del comportamento Secondo il Bobbio, effettivit dovrebbe essere attributo di "potere"; efficacia, attributo di "norma". Potere effettivo quello che riesce a ottenere il risultato preposto; norma efficace la norma osservata e seguita; i due termini per sono sinonimi perch l'efficacia di norme dipende dall'effettivit del potere e questo dipende dal fatto che le norme sono efficaci. L'effettivit la condizione fondamentale della validit dell'ordinamento giuridico. Ma quali sono le condizioni dell'effettivit? Dice Meneghelli che, secondo il Kelsen, condizione dell'ordinamento effettivo non solo la realizzazione dell'ordine, ma quella della pace che diverso dall'ordine perch mentre questo pu essere il frutto esclusivo della forza di condizionamento del potere, la pace invece porta con s le idee di un certo compromesso, stabilit di rapporti, ossia un ordine conforme ad un certo criterio di giustizia. Il giudizio sul fatto - efficacia della norma singola ci indica se le norme siano realmente osservate. Il giudizio sul fatto - effettivit dell'ordinamento, ci indica perch l'ordinamento osservato. Il pensiero di Meneghelli si articola sui seguenti punti: Presenza dei concetti "ordine e pace" nel pensiero di Hans Kelsen, come condizione dell'effettivit. Distinzione tra l'esistenza dell'ordinamento e l'effettivit dello stesso. L'esistenza dell'ordinamento determinata dal giudizio di efficacia, che accerta se le norme sono osservate. L'effettivit dell'ordinamento determinata dal giudizio di effettivit, che accerta perch le norme sono osservate.

La validit dell'ordinamento determinata dall'effettivit e non dalla mera esistenza dell'ordinamento. Critiche al Meneghelli. Riguardo al primo punto, in realt il Kelsen, sancisce che indispensabile per l'ordinamento l'ordine, ma qualunque esso sia e comunque sia ottenuto, anche con la forza, perci condizione dell'effettivit la realizzazione dell'ordine, ma non la realizzazione della pace. Una soluzione simile al problema data anche da Ross. Egli dice infatti che impossibile distinguere un ordinamento giuridico da un regime di violenza perch ci dipende dal modo in cui esso sentito da un individuo: il medesimo ordinamento di una persona, pu essere un "ordinamento giuridico" e per un'altra "un regime di violenza". Vi sono poi altre critiche sul pensiero di Meneghelli. Per esso esistono due tipi di ordinamenti: l'ordinamento di fatto e quello di diritto. Quello di fatto si ha quando, l'ordinamento regge sulla violenza, quindi sar non valido e privo di carattere giuridico. Sar di "diritto" quando la validit dell'ordinamento discende dall'effettivit, che si ha quando si riesce ad accertare che i consociati osservano il diritto, non per paura, n per coercizione, ma perch direttamente o indirettamente, aderiscono ai suoi fini fondamentali e generali. Quello che non si riesce a capire perch il Meneghelli afferma che i fini della sicurezza dei rapporti economici, la libert dell'azione ,ecc., debbano realizzarsi attraverso il criterio di effettivit. Il realismo giuridico XX sec. Parliamo di realismo giuridico quando ci troviamo dinanzi a teorie che tendono ad esaltare, all'interno, del fenomeno giuridico, il ruolo di consociati. Queste teorie sono dette realistiche perch si passa dalla norma astratta, ad un qualcosa di concreto, ossia un comportamento indifferenziato di tutti i consociati, o di certi determinati consociati (giuridici), oppure in un comportamento pi particolare. Il realismo giuridico un fenomeno culturale molto importante nel mondo angloamericano, tanto vero che si parla di realismo giuridico americano o comportamentismo. I rappresentanti di questo fenomeno sono il giudice Holmes, Frank, Gray, ecc. Il realismo giuridico americano quel movimento che identifica in generale la validit con

l'effettivit. Ma si badi bene che l'effettivit si deve cogliere solo nei comportamenti dei giudici. Quindi il diritto solo ed esclusivamente il diritto che si applica nei tribunali. Il comportamento rappresentato dall'azione e dalla decisione del giudice, tanto vero che il movimento viene definito anche "decisione giudiziaria". Infatti, all'interno del realismo americano, vi uno svuotamento del concetto di legge: non esiste nessuna legge in materia fino a che una Corte non abbia emesso la sua decisione su certi fatti. Secondo Frank, ogniqualvolta un giudice decide un caso, egli fa il diritto. In questo tipo di movimento, il valore della certezza viene attenuato. Esso consiste nel fatto che il cittadino deve in anticipo conoscere quali sono le conseguenze giuridiche della propria azione, del proprio comportamento. Nella nostra cultura, definita codicistica, tale principio fondamentalissimo, infatti, nel settore penalistico stato positivizzato il principio dell'irretroattivit della legge penale, che significa che nessuno pu essere punito per un fatto che al momento della commissione non era considerato, da una legge precedente, reato. Quindi nel sistema americano viene costruita una figura di giudice molto differente da quella delineata nelle Costituzioni europee. Questo comunque non significa che il giudice all'interno del sistema codicistico, sia un automa (cio che agisce senza volont propria); vi sempre una certa discrezionalit. Il realismo americano viene definito anche realismo acritico, perch identificando in generale il comportamento sociale con il comportamento dei giudici, oltre a svuotare di significato il concetto di legge, non si pone il problema del rapporto tra la decisione del giudice e il retroterra di natura psicologistica che giustifica la decisione stessa. Ecco allora che si contrappone, nella condizione di Alf Ross, un realismo critico, in quanto pur continuando a considerare i soli comportamenti giudiziari, cerca di spiegare le motivazioni dei comportamenti dei giudici stessi. La teoria di Alf Ross sul concetto di validit - effettivit legata alla filosofia empiristica. Per l'autore, validit ed effettivit vengono a coincidere. La validit, se intesa come distinta dall'effettivit, si identifica con il concetto di valore -

giustizia. Questo il caso della "concezione tradizionale", che presenta l'idealismo giuridico di Ross in una versione materiale in cui l'idea specifica l'idea di giustizia. Al contrario, Kelsen parla di idealismo formale, ma secondo Ross: in questa versione dell'idealismo, la validit ridotta ad un semplice aspetto formale senza alcuna pretesa riguardo al contenuto materiale. Esiste la norma fondamentale che conformata in modo da reggere l'ordinamento. Quindi Kelsen privilegerebbe la validit formale, Ross la validit sostanziale. Validit per Ross. Per la sua teoria della validit fondamentale il concetto di "sentimento dell'obbligatoriet". Per Ross la validit dl diritto riposa su ipotesi concernenti la vita interiore del giudice. Il mutamento nel comportamento del giudice pu essere compreso solo attraverso un'interpretazione ideologica, cio formulando ipotesi su una certa ideologia che muoverebbe il giudice e motiverebbe le sue azioni. Ross intende la norma come "direttiva", vale a dire un enunciato senza significato rappresentativo, ma con l'intento di esercitare un'influenza. Effettivit per Ross. Per Ross il diritto costituito da un solo tipo di norma, cio le norme di condotta, i cui destinatari sono le Corti. Quindi il diritto fornisce norme per il comportamento delle Corti, non per quello dei privati: nella concezione rossiana, l'effettivit riguarda esclusivamente i comportamenti giudiziari. Un sistema valido di norme quell'insieme di norme effettivamente operanti nella mente del giudice, poich egli le sente come socialmente vincolanti e perci le osserva. Lo Stato moderno: profili storici I regni feudali Nell'Europa occidentale, gi alla fine del XII sec., si cominciano a rilevare strutture di dominio politico che tendono ad esercitare in modo continuo la funzione del controllo sociale. Ci in quanto si assiste al tramonto dell'unit di politica e religione propria dell'Impero carolingio. L'antica signoria feudale, si trasforma da "signoria terriera, in sovranit territoriale" con pi accentuati caratteri politici. L'autorit frammentata. Il principe al vertice della scala

feudale, non ancora sovrano, cio autorit superiore capace di controllare gli strumenti del potere su un territorio delimitato. Lo Stato cetuale: dualismo del potere Nasce successivamente la "societ per ceti": individui finora privi di qualsiasi potere avanzano diritti e libert, chiedendo un riconoscimento giuridico delle posizioni economiche e sociali acquisite. Si tratta di personalit collettive aventi interessi comuni, e l'interesse comune la pace. Vi quindi un'intesa volontaria di singoli, volta a difendere, il proprio benessere economico. Il nuovo sistema di domini prende il nome di ceto. Il ceto un gruppo d'individui aventi un medesimo Status giuridico, quindi diritti, doveri, privilegi, obblighi, capacit e incapacit giuridiche, ecc. I ceti, attraverso organi assembleari, "corpi o stati" trattano col principe: avanzano proteste, pretese, danno consigli, ecc. Le caratteristiche del sistema sono, il riferimento territoriale e la natura dualistica del potere che contrappone principe e corpo il quale gli riconosce una sovranit superiore. Tale dualismo contraddice l'accentramento tipico dello Stato moderno. Lo Stato assoluto: accentramento di potere Lo Stato assoluto la forza di Stato moderno in senso proprio, perch la sua funzione specificamente politica. La funzione tecnica dello Stato quella di garantire un ordine unitario, continuo ed efficace, in considerazione del rapporto spesso minaccioso tra gli Stati e le esigenze militari della politica di espansione coloniale. Si pone allora la Costituzione di un esercito che il sovrano e finanziere e organizzatore. I corpi cetuali non vengono formalmente eliminati, ma si limiteranno a rappresentare diritti e immunit di rilevanza non politica e non pubblica. Il nuovo elemento rappresentato dalla corte. Ma il sovrano non governa tramite la corte, ma attraverso un corpo di tecnici consiglieri ed esecutori. Ci che varia soprattutto nello Stato moderno assoluto, la concezione del diritto: nello Stato cetuale esso un insieme di diritti, immunit, privilegi che sia il principe sia i corpi cetuali potevano far valere., ma non alterare se non nel reciproco accordo, cio attraverso intese consensuali. Nello Stato

assoluto invece, il diritto uno strumento politico: il principe, infatti, con un atto sovrano di volont, creare nuovo diritto e renderlo efficace. Inoltre il sovrano si considera svincolato da esso. Lo Stato costituzionale Man mano, l'accentramento del dominio nel sovrano, comporta lo sfaldamento dei corpi cetuali e l'emergere degli individui sudditi. Stato e societ si polarizzano. Nel Settecento, si attua la trasformazione della borghesia da ceto in classe, intesa come una collettivit pi ampia individuabile economicamente. Non disciplinata giuridicamente, ma trova la sua unit nei comuni interessi relativi al mercato. La classe borghese, infatti, chiede autonomia di mercato. Si crea uno scontro tra sovrano e la classe borghese: essa condivide l'obiettivo principale del vecchio stato, cio l'ordine, ma l'idea rivoluzionaria che la decisione politica sia aperta a tutti i componenti della societ civile. Si vuole una sovranit popolare cos come codificato nella Costituzione: in questo modo si realizzano diritti e interessi privati e pubblici del cittadino. Da qui, la presenza di rappresentanti della societ civile nell'organo legislativo elettivo che viene ad essere il centro normativo dello Stato stesso. Lo stato sociale Oggi che si organizza per maggiori servizi sociali. Il diritto di associazione agevola la formazione di coalizioni di soggetti economici, sindacati e associazioni industriali che premono per alterare o sospendere le regole di mercato. Nascono allora una serie di regole riguardanti la contrattazione collettiva, la previdenza sociale, il diritto al lavoro. la risposta dello Stato alle esigenze dei ceti deboli. Lo Stato moderno: profili dottrinali Questioni ricorrenti: ordine, obbedienza, sovrano e patto Abbiamo detto che lo Stato moderno in senso proprio nasce come Stato assoluto, dove si vede impegnato il sovrano come garante dell'ordine e i sudditi all'obbedienza attraverso il cosiddetto "apctum subiectionis". Nascono allora varie questioni filosofiche - giuridiche su l'ordine, l'obbedienza, il

sovrano e la natura del patto. Questi termini assumono significati molto diversi se considerati ad es. nello Stato dei ceti o nello Stato moderno assoluto o ancora, nello Stato costituzionale. Analizziamo il concetto di obbedienza. Tale concetto si riferisce ad un certo tipo di comportamento dei consociati. Nell'ambito dello Stato moderno, l'obbedienza verso un sistema di regole imputabili in modo unitario al sovrano, si accerta dall'esterno. Quindi, secondo Hobbes, si delinea un'obbedienza meramente esterna: al suddito non si chiede di essere necessariamente convinto del contenuto del comando, ma si chiede l'obbedienza al comando del sovrano, al fine di garantire la pace sociale, intesa come mero ordine, rinunciando alle proprie convinzioni religiose, morali, coscienziali, ecc. Si ha la scissione tra foro interno e foro esterno. Il concetto di ordine nelle societ cetuali nasce in modo spontaneo in quanto parliamo di comunit. L'ordine cetuale poggia sulla collaborazione, sul consenso, sull'adesione. L'ordine premoderno coinvolge anche il foro interno, si richiede un'obbedienza integrale non scissa, non formale, non esterna, ma un obbedienza volontaria e consensuale. L'ordine nello Stato moderno e nello Stato cetuale. La contrapposizione tra ordine statuale e ordine cetuale pu divenire, in un certo senso, quella tra monismo e pluralismo. Il pluralismo cetuale per, o meglio il dualismo istituzionale, riproponeva un'asimmetria nelle sfere di potere e favore di quella prevalente del principe. E nello Stato moderno assoluto riscontriamo d'altra parte continui patteggiamenti del sovrano con residuali centri di potere autonomo. Con ci vogliamo intendere che la definizione che lo stato moderno nasce come sovrano il cui potere accentrato, questa caratterizzazione presente pi nella ideologia dello Stato moderno che nello svolgimento delle vicende dello stesso. Si presentano, infatti, movimenti, attivit, gruppi, associazioni, che mettono in crisi lo Stato. Quindi la caratteristica principale dello Stato moderno che esso nasce come conseguenza della cessazione delle guerre

civili e si struttura intorno al concetto di ordine formale, ordine meramente esterno. Nella ideologia del Leviatano, la sovranit sembra costruirsi in relazione al sovrano; quindi in relazione a chi pone il comando. Il comportamento comunitario viene ridotto alla questione dell'obbedienza dei sudditi. Obbedienza, sovranit, riconoscimento, decisione L'obbedienza viene intesa in modi diversi: viene considerata come un comportamento che rappresenta una forma di riconoscimento del comando. Il sovrano, per Hobbes, monopolizza senza dubbio la produzione giuridica, ma non certo in mondo delle decisioni. Infatti nello stato assoluto, si detto che il suddito deve uniformarsi ai comandi del sovrano, ma ci richiesto in mondo esterno e formale. Si riconosce, cio, al suddito, la possibilit di decidere scindendo, appunto la questione dell'obbedienza, dalla questione della valutazione del comando da eseguire. Quindi il sovrano pu non avere il consenso (approvazione interna, obbedienza per convinzione), ma deve necessariamente avere il riconoscimento. Diremo allora che nello Stato moderno, il riconoscimento si presenta gi distinto rispetto al fenomeno del consenso, quindi devono essere considerati due fenomeni distinguibili. Sintetizzando: il mondo di Hobbes il mondo dei comandi, ma la ricezione del comando e la disponibilit alla esecuzione dello stesso, presuppongono necessariamente il riconoscimento del carattere di fonte autoritativa del comando stesso. Ci non significa che il riconoscimento, sia anche riconoscimento sostanziale e quindi consenso o adesione sul contenuto del comando. Nello stato cetuale, invece, riconoscimento e consenso sui contenuti dei comandi sono convergenti perch si tratta di un ordine spontaneo e non imposto dal sovrano. Ma anche qui i due fenomeni devono essere distinti perch altrimenti non si comprenderebbe l'evolversi dello Stato per ceti verso nuove forme di assetto istituzionale. Pi in l, lo Stato rappresentativo e democratico sancir la sovranit popolare che significa la presunzione che tutto ci che viene deciso attraverso il sistema di rappresentanza, avviene grazie alla sovranit del popolo, e per il popolo.

Cos come il riconoscimento un atto di decisione minimale, allo stesso modo una decisione di opposizione oltre che ai contenuti, avvia al processo di disconoscimento di un'autorit e quindi alla privazione del carattere autoritativo. Esiste poi il fenomeno dell'indifferenza, l'apolitica ossia l'indifferenza verso il potere costituito. Essa legata ai contenuti e non invece al riconoscimento in senso formale. Es. negli Stati Uniti o in Francia il fenomeno dell'astensionismo dal voto. Comunque sia, l'indifferenza presuppone sempre il riconoscimento in senso formale: se l'indifferenza si tramuta in decisione di opposizione, si comincia a parlare del disconoscimento del potere costituito. La teoria della sovranit Abbiamo compreso che esiste un nesso imprenscindibile tra sovranit e riconoscimento. La sovranit intesa come potere politico supremo, esclusivo e non derivato. Gli studiosi del diritto, l'hanno intesa come una categoria giuridica che trasforma la forza in potere legittimo. Ci nella visione classica, nello Stato assoluto. Oggi la sovranit intesa come un elemento essenziale dello Stato, assieme al popolo e al territorio: praticamente l'organizzazione giuridica del potere politico relativo a quel popolo su quel determinato territorio. Il Kelsen ha formulato una sua teoria sulla sovranit, partendo dall'efficacia. L'efficacia l'obbedienza. Il diritto deve essere riconosciuto come diritto degli uomini che scelgono quel tipo di potere e lo investono di carattere della sovranit. L'obbligatoriet La formazione dello Stato moderno e la teoria politico giuridica di Thomas Hobbes Quando noi parliamo di "validit delle norme" implicitamente dichiariamo quelle norme, obbligatorie sotto il profilo giuridico. Ma cosa significa obbligatoriet? Naturalmente si tratta di vincolabilit o un qualche tipo di coercizione. Ma qual il rapporto tra obbligatoriet giuridica e quella morale? Una cosa certa: validit giuridica significa anche obbligatoriet giuridica. L'origine dell'obbligatoriet giuridica sta nella formazione dello Stato moderno.

Per risolvere il problema facciamo un confronto tra Kelsen e Hobbes, ricordando che il primo un filosofo e giurista del XX sec. il secondo un filosofo politico del XVII sec. Il problema pi acuto nell'ambito della teoria giuridica contemporanea dato proprio dal rapporto che intercorre tra il diritto e il comportamento dei consociati, quindi il nodo problematico dell'obbedienza. Il tema affrontato dai due autori con approccio fortemente scientifico, in quanto si cerca di evitare la differenza di tipo ideologico. diverso per il modello di scienza cui si rifanno. La teoria di Hobbes giustificazionista: il ricorso al diritto naturale per giustificare il diritto positivo. Ci non significa ritenere il filosofo inglese un tipico esponente della corrente giusnaturalistica incapace di connessioni col giuspositivismo, Kelsen invece funzionalista. Concetto di obbedienza. Hobbes sostenitore dell'obbedienza esterna: il suddito deve uniformarsi ai comandi del sovrano, ma pu fare riserva interiore (foro interno). Ci fu pronunciato per la questione dei Miracoli e del loro uso, visto che era il sovrano che decideva dell'autenticit o meno dei miracoli. Quindi, secondo Carl Schmitt, Hobbes lascia al singolo la libert di credere o non credere. Carl Schmitt ritiene che nel momento stesso in cui Hobbes ha ammesso la possibilit di un'obbedienza non integrale, ha introdotto il germe che si svilupper nel secolo XVIII, che trasformer quella riserva interiore in una vera e propria possibilit di critica sui contenuti delle decisioni del sovrano. Arrivando al XX sec., sia scegliendo il modello ordinamentale di tipo normativo (per es. Kelsen, Hart e Bobbio), o il modello di tipo giusrealistico (Olivecrona, Ross), possiamo costatare la centralit dell'elemento dell'obbedienza che si presenta tecnicamente sotto la terminologia dell'efficacia o effettivit. L'obbedienza diviene, infatti, un elemento del diritto stesso, nel senso che non pu concepirsi diritto positivo se non si presuppone un ordinamento che nel suo complesso dotato di effettivit. Quindi per Hobbes l'obbedienza era meramente esterna (XVII sec.); oggi un elemento essenziale del diritto. Concetto di pace. Un ulteriore punto di contatto e anche di differenziazione fra i due studiosi il concetto di pace. La

prima legge naturale , in Hobbes, il cercare la pace: la pace la sicurezza rappresentano il tema dominante di tutta la filosofia politica hobbesiana; infatti, secondo Hobbes, il sovrano nasce come garante della pace e della sicurezza dei sudditi. Dire che il sovrano deve garantire la pace, significa che deve ottenere quell'obbedienza esterna. In Kelsen, il diritto presuppone e mira alla pace, che altro non ordine. La pace sociale e il problema della sovranit Il principio di autorit importante nel mondo del diritto. Si dice: autorit, non verit, la legge valida, quindi obbliga, non per il contenuto di verit che contiene, ma per il fatto che viene dalla parola del sovrano. Tale principio vale sia per Hobbes, sia per Kelsen. Il diritto per Kelsen, pu avere qualsiasi contenuto: una norma riconosciuta come valida e quindi obbligatoria, non per quello che dice, ma esattamente per il suo inserimento legittimo - formale nel sistema. Hobbes e Kelsen: volontarismo e normativismo Abbiamo detto che per entrambi gli autori vale il principio dell'autorit e non della verit; per mentre per Hobbes la legge comando, per kelsen, la legge norma e la norma, pur ruotando intorno ai concetti di decisione e di volont, non viene mai a coincidere con l'una e con l'altra. Considerando il concetto di decisione, Kelsen afferma che nell'ambito della norma, deve essere rintracciata la decisione, ma in realt la norma non la decisione ma il senso della decisione, cio il senso di un atto diretto al comportamento altrui e cio di un atto secondo cui un altro soggetto deve comportarsi in un certo modo. Hobbes non si preoccupa della differenza fra norma e comando, perch la legge il comando del sovrano cio colui che evocato attraverso il patto di soggezione dei sudditi, pone fine alla guerra civile e garantisce la pace. La norma, per Kelsen, non neanche volont perch essa un concetto inerente a persone che hanno il potere di tramutare in legge i propri desideri e quindi non si possono spiegare i concetti di "permanenza e di durata del diritto". Viene usata allora la teoria della sovranit di Hobbes, ma con una correzione: la sovranit non si istituisce attraverso un patto di soggezione dei sudditi, ma attraverso il riconoscimento, cio il fatto che i consociati riconoscano una

persona come sovrana. Questo tipo di riconoscimento non altro che quel concetto di senso di cui parla Kelsen. Concetto di obbedienza. Ritornando al confronto Hobbes Kelsen sul punto dell'obbedienza, per Hobbes un elemento che giustifica sul piano della doverosit, il potere costituito. Per Kelsen l'obbedienza il risultato logicamente conseguente ad un tipo di norma ipotetica del tipo "devo obbedire". Cos' l'obbligatoriet del diritto La critica kelseniana ha tentato di distinguere nell'ambito della "Dottrina pura del Diritto", pi significati del termine "validit". Ora validit la mera esistenza sella norma, ora invece esprime la cosiddetta forza vincolante o obbligatoriet della norma. Comunque sia, il concetto di validit come sganciato dall'obbligatoriet ha un uso assolutamente secondario: per lo pi Kelsen, usa il termine validit per esprimere appunto l'obbligatoriet della norma. Il fatto che una norma riferentesi al comportamento di un uomo sia valida, significa che essa vincolata, che l'uomo si deve comportare nel modo previsto dalla norma. Il diritto valido indipendentemente dalla conoscenza da parete dei suoi destinatari. L'ignoranza del diritto non una scusante. Bisogna analizzare l'obbligatoriet giuridica in relazione all'intero ordinamento e non alla singola norma. Il diritto impone non solo obblighi, ma conferisce anche poteri e altre forme di qualificazione giuridica. Ma in tutto presente l'obbligatoriet: infatti, anche l'esercizio di un potere conferito pu avvenire in certi modi o in altri ed obbligatorio rispettare tali modi. Ci possibile perch il diritto organizzazione di forza. Definire l'ordinamento organizzazione della forza, non significa andare a cogliere l'elemento della coazione fisica in ogni tipo di norma; e definire il diritto "obbligatorio", non significa andare a considerare giuridiche solo quelle norme che impongono obblighi per il motivo detto prima. Quindi considerare il diritto nel suo complesso come obbligatorio, esprime l'esigenza che nel suo complesso il diritto appunto si presenti con la pretesa di essere osservato. L'obbligatoriet e la pretesa dell'obbedienza

L'intero diritto positivo diritto obbligatorio. Ma si tratta di un obbligo specificamente giuridico e non un'obbligazione morale, ossia un rispetto morale verso le leggi. Perci l'obbligatoriet una pretesa del diritto positivo. Tale pretesa si esprime cos: "Il potere costituito deve essere obbedito". Tale formula altro non che la norma fondamentale in una sua forma abbreviata e come sappiamo, non una norma posta, ma presupposta cio non caratterizzata dai concetti di volont o decisione, ma avente la funzione della conoscenza. Infatti, la norma fondamentale una possibile ipotesi o funzione formulata dalla scienza giuridica per poter apprendere unitariamente l'intero sistema normativo che altrimenti apparirebbe totalmente disgregato. La formula: " il potere costituito deve essere obbedito", esprime l'esigenza di dare un senso a quei comportamenti. Per chiarire il significato che attribuiamo alla teoria della norma fondamentale come connessa al problema dell'obbligatoriet, necessario tornare al concetto di "ordinamento giuridico" colto nella sua rappresentazione nomodinamica. Se partiamo dal basso e ci poniamo il problema del fondamento di validit di una sentenza, via via che risaliamo, ad un certo punto chiuderemo la questione con l'ipotesi della norma fondamentale. In realt questo procedimento ingannatore. Infatti, quando noi ci interroghiamo circa il fondamento di validit della sentenza giuridica, abbiamo gi posto, senza esserne consapevoli, il criterio della giuridicit, cio non ci interroghiamo sulla obbligatoriet o meno della sentenza (criterio della giuridicit), ma sul fatto se la sentenza sia stata o meno emanata da organi competenti e se siano presenti tutti i requisiti formali richiesti. Ma su cosa poggia l'obbligatoriet della sentenza? Semplicemente risponderemo: la sua obbligatoriet sta nel corretto inserimento nell'ambito dell'ordinamento giuridico. Ma questo un modo per sfuggire al problema: l'appartenenza non dice nulla circa la giuridicit. La giuridicit posta nella presupposizione di una norma fondamentale che ci obbliga ad obbedire al potere costituito. Ci sono per delle critiche alla tesi della norma fondamentale da parte di Sergio

Cotta, un filosofo italiano non giuspositivista. Secondo Cotta, l'appartenenza formale all'ordinamento non risolve il problema dell'obbligatoriet. Concludendo, la specificit, cio ci che rende distinguibile il diritto da altre tecniche per il controllo del comportamento umano, non solo determinata dalla presenza delle sanzioni, ma anche dell'obbligatoriet che appunto insita nel concetto di norma fondamentale. Diritto e potere costituito Si criticata la teoria della norma fondamentale e Scarpelli ha affermato la teoria della pluralit delle norme fondamentali, che si basa su una scelta della norma fondamentale. I consociati e l'ordinamento giuridico Se andiamo a considerare il caso del privato cittadino che non occupa particolari posizioni all'interno dell'organizzazione, si ipotizza un atteggiamento del cittadino sostanzialmente interessato soltanto a conoscere esattamente l'ordinamento giuridico le cui norme ne regolano la condotta. Si tratta di un'attivit conoscitiva. Diversa la situazione in cui viene a trovarsi colui che occupa all'interno dell'organizzazione un posto di rilievo. Si parla di organi e l'organo per definizione il sistema stesso. Per quanto possa essere ampio il potere discrezionale dell'organo, non pu mettersi in dubbio che esso si struttura su organizzazioni gi date, gi caratterizzate su certe linee di valori che vengono definiti fondamentali. Le loro decisioni o azioni non possono totalmente sganciarsi dalle linee fondamentali dell'organizzazione stessa. un limite naturale. La norma fondamentale un principio naturale della forza? Questo paragrafo si incentra sulla critica del Capograssi su Kelsen. Capograssi sostiene che la dottrina kelseniana poggia su alcuni presupposti: Una concezione particolare del diritto come tecnica della sanzione e ordinamento coercitivo. Una concezione particolare della norma giuridica: norma che dispone la sanzione, quindi la forma distinta dal contenuto; la norma pu avere qualunque contenuto.

Una concezione particolare della realt, composta di parti, separate ognuna esistente per suo conto. Forma e contenuto, prescrizione e sanzione, ecc. Il Capograssi dice che non si trova alcuna dimostrazione di questi presupposti e si chiede se legittimo scindere l'intero mondo del diritto, quando questo tiene in s norme, funzione e ordinamenti. Altra critica sulla norma fondamentale: Capograssi afferma che un espediente che non risolve nulla e quindi il problema della validit finale delle norme e del fondamento di questa validit, rimane irrisolto. Secondo il critico, tale problema non pu risolversi nell'ambito di un sistema di norme positivamente date, ma la giustificazione di un ordinamento giuridico da ricavare un principio che sia fuori dell'ordinamento stesso. Rifiuta la distinzione kelseniana tra validit e valore. Secondo il Capograssi vi sono anche altri problemi oltre a quello della validit delle norme, es. la critica sulla separazione tra forma e contenuto. Infatti nella parte iniziale e centrale del suo scritto, sembra intendere che quella impossibilit metodologica di procedere scindendo la forma dal contenuto, si riferisce esclusivamente al mondo del diritto, ma nella parte finale del saggio, il Capograssi sembra voglia allargare quella impossibilit metodologica a tutte le scienze dell'uomo. Il Capograssi per, non si limita ad affermare che l'oggetto pu essere meglio conosciuto se compreso nella sua interezza: egli aggiunge che un metodo differente, volto a studiare per esempio un solo aspetto dell'oggetto, non pu che portare a risultati fallaci. Un'altra affermazione del Capograssi che non esiste altra valida conoscenza se non quella volta ad individuare e a cogliere quella che egli definisce un'unit vivente. Tutto ci ha scatenato la reazione di Bobbio, nel suo saggio "La teoria pura del diritto e i suoi critici". Il Bobbio, non solo reclama la legittimit di un metodo del tipo kelsesiano, ma lo ritiene il migliore e la scelta determinata dalla constatazione che tutta la scienza moderna in contraddizione con la concezione della natura come unit vivente. L'obiezione del Capograssi, secondo la quale non pu procedersi nel mondo del diritto scindendo forma e contenuto,

infondata. Capograssi fa due accuse alla dottrina pura di Kelsen: l'una di essere essa "astratta", lontana dalla realt, l'altra, di essere una teoria "amorale", cio capace di portare ad aberranti conseguenze sul piano morale. Infatti per Capograssi, la dottrina kelseniana, non ideologicamente neutrale, ma nasconde una precisa ideologia: l'esaltazione della forza. E Kelsen, secondo lui, avrebbe espresso questa esaltazione attraverso la formulazione della teoria della norma fondamentale. Sono plurime le formazioni kelseniane della norma fondamentale; il Capograssi si sofferma sulle seguenti: "si deve fare qualsiasi cosa comandi l'autorit suprema"; "in date condizioni stabilite dall'autorit suprema, si deve applicare la coercizione in maniera determinata da quella autorit". A questo punto, la conclusione di Capograssi che il fondamento ultimo della validit, la volont della forza. La validit si fonda sul principio della forza, ossia un principio di diritto naturale. Per Kelsen in realt, il principio di base quello di effettivit che non un principio di diritto naturale, perch il Kelsen con l'effettivit accerta se l'ordinamento esistente o meno, non se giusto o meno. L'ordinamento giuridico e la struttura normativa dualistica L'ordinamento e i comportamenti sociali: la dimensione dell'effettivit in Hart e in Kelsen L'approccio al fenomeno giuridico di Herbert Hart, di tipo normativo. Mostra per anche un'attenzione ai fatti, alla realt sociale (per il riallaccio alla positivit di Austin) non consueta all'interno del normativismo. Il suo concetto di ordinamento si costruisce tenendo presente continuamente il ruolo che i comportamenti dei consociati svolgono nell'ambito del fenomeno giuridico. Rispetto al Kelsen , la nota distintiva e lo sforzo continuo di Hart di non prescindere mai dalla dimensione dell'uomo come soggetto del diritto. Secondo Hart possibile occuparsi delle norme sia da un punto di vista esterno, sia interno, ossia come osservatore che non le acce3tta egli stesso e sia come membro del gruppo che le accetta e le usa come criteri di condotta.

In Kelsen, l'effettivit (quindi il comportamento degli uomini) un elemento essenziale della definizione di ordinamento giuridico; ma in Hart, l'effettivit sembra essere una costante, un punto di riferimento continuo, mentre in Kelsen costituisce l'assunto iniziale ma poi rimane un po sullo sfondo. Tutto questo potrebbe dipendere dal fatto che in Hart vi un punto di vista filosofico pi elastico e pi disponibile a comprendere fenomeni sociologici. Vi sono delle critiche di Hart sulla norma fondamentale: si rifiuta di considerare la questione sotto il profilo della validit presupposta. Infatti Kelsen e altri autori affermano che, mentre la validit giuridica delle altre norme dell'ordinamento pu essere dimostrata in riferimento alla norma fondamentale, la validit di quest'ultima non pu essere dimostrata, ma soltanto postulata, un'ipotesi. Per Hart, la norma fondamentale non pu essere n valida, ne invalida, ma viene sempre accettata come adatta per essere usata in questo modo. In Hart le cose sono complicate perch la concezione gerarchica dell'ordinamento si chiude con la Costituzione e non esiste un'ulteriore norma secondo la quale la Costituzione deve essere obbedita. Ci vuol dire che si dovrebbe rifiutare la questione sulla validit o meno della Costituzione, con la conseguenza di rivestire la Costituzione stessa soltanto di autorit di fatto. Le norme di condotta nella definizione del diritto come tecnica Secondo Hart, il diritto come ordinamento, strutturato intorno a due tipi fondamentali di norme. Le norme del primo tipo, primarie, impongono agli uomini di compiere o di astenersi a compiere certe azioni, impongono obblighi. Le norme secondarie, attribuiscono poteri pubblici o privati. evidente da ci un netto ritorno verso posizioni prekelseniana: vi un deciso recupero della norma, inteso come esprimente un modello di condotta. Esaminiamo le norme primarie. Sia Kelsen che Hart, partono dall'assunzione che il diritto una tecnica di controllo del comportamento umano. Proprio per questo pi convincente considerare primaria la norma che si indirizza ai privati cittadini, che impone l'obbligo, che formula un modello di condotta (come sostiene Hart) che,

come dice Kelsen, la norma sanzionatoria che riguarda i comportamenti di coloro che debbono applicarla, per kelsen infatti, sono superflue e secondarie quelle che si indirizzano ai privati cittadini. Il recupero della dimensione normativa primaria un elemento fondamentale per inserire lo studio del diritto accanto a quello di altri sistemi sociali e apre larghe possibilit per un incontro tra la teoria generale del diritto e la sociologia giuridica. In Kelsen la sociologia primariamente volta a studiare i comportamenti giudiziari, in Hart, invece, la sociologia guarda primariamente ai comportamenti dei privati cittadini. Per Hart, ogni discorso sulla validit delle norme presuppone necessariamente l'inserimento di esse in un contesto ordinamentale dotato di effettivit. Quindi l'effettivit dell'ordinamento il presupposto della validit delle norme. Il linguaggio di Hart piuttosto ambiguo: egli parla di punto di vista interno, ossia il punto di vista di coloro che accettano le norme. Cosa s'intende per accettazione? da escludere che l'accettazione sia sinonimo di approvazione ideologica dell'ordinamento nel quale si agisce, perch in questo modo si compie un'operazione ideologica tendente ad interpretare le azioni dei consociati come azioni considerate doverose moralmente. Esistono molte oscillazioni di Hart sul concetto di accettazione. Basta ricordare il suo concetto di "societ sana": si ha tale societ se i suoi consociati collaborano attivamente a tenere fermi i valori che si esprimono attraverso le norme. Qui diventa importante la questione della pressione sociale. La pressione sociale pu limitarsi a manifestazioni verbali di disapprovazione o a richiami al rispetto degli individui. In questo caso l'obbligo derivante della norma violata un obbligo morale. Viceversa, tra le forme di pressione vi sono le sanzioni fisiche, classificheremo le norme come una forma primitiva del diritto. Le norme sostenute da questa seria pressione sociale, vengono considerate importanti per il mantenimento della vita sociale. Concludendo diciamo che Hart ha compiuto, da un lato, un'operazione di recupero dei comportamenti dei consociati, costruendo una nozione di ordinamento che non prescinde

mai da quei comportamenti, e dall'altro il privilegiare l'azione sociale pu portare ad indagare sul perch dell'azione stessa e quindi il pericolo che l'ordinamento sia spiegato in termini di approvazione ideologico - politico. L'ordinamento giuridico e la norma di riconoscimento Non bisogna dimenticare che Hart si colloca nell'ambito del giuspositivismo. Forse, l'accettazione di un ordinamento giuridico evoluto, viene a significare soltanto riconoscimento della fonte autoritativa del diritto e cio accettazione formale consistente nel riconoscere come produzione giuridica, tutto che emana da una determinata fonte. Quindi un'accettazione che non riguarda il contenuto delle norme. Ecco perch soltanto i funzionari assumono il punto di vista interno, perch si richiede una conoscenza delle questioni costituzionali per poter accettare le norme di riconoscimento. Ma che cosa sono le norme di riconoscimento? Secondo Hart vanno collocate nell'ambito delle norme secondarie cio quelle norme relative a norme, o norme conferenti poteri. Si chiamano secondarie perch non possono non presupporre l'esistenza delle norme primarie: quindi o introducono dei cambiamenti nell'ambito delle norme primarie (norme di mutamento) o applicano le norme primarie (norme di giudizio) o riconoscono le norme primarie (norme di riconoscimento). Bobbio ha definito la categoria delle norme di riconoscimento come "l'insieme dei criteri di appartenenza che permettono di distinguere una norma del sistema (valida) da una norma fuori dal sistema. Secondo Bobbio ci sono tre tipi diversi di norme: Le norme sulle fonti, che indicano quali sono i fatti e gli atti idonei a produrre diritto; Le norme che stabiliscono la validit delle leggi nello spazio e nel tempo; Le norme sull'interpretazione e sull'applicazione dei due tipi precedenti di norme.

L'ordinamento giuridico e l'obbligo politico Ma come si fa ad accettare le norme secondarie? Non si pu isolare come aventi un significato proprio, le norme di riconoscimento. Passerin d'Entrves, discute della possibilit di intendere l'accettazione come un atteggiamento in relazione non a specifiche norme, ma all'ordinamento giuridico considerato nel suo complesso. Formula la teoria dell'obbligo politico ove per obbligo politico si intende il dovere da parte dei cittadini di rispettare le leggi in quanto tali. Hart invece, alquanto riluttante ad intendere l'accettazione come una generale approvazione ideologico - politica delle norme stesse. Il fatto stesso che Hart non parli di non considerare il concetto di accettazione in termini di vera e propria approvazione dell'ordinamento nel suo complesso. Centralit e importanza dell'analisi hartiana In Hart c' un accostamento al fenomeno giuridico in chiave ordinamentale molto pi pronunciato che non in Kelsen. In Hart, la nozione di effettivit volta a richiamare l'attenzione sul rapporto societ - diritto e a ridare per intero al fenomeno giuridico una dimensione pi sociale. Anche in Hart vi la struttura dualistica del sistema e sono importantissime le norme di mutamento, di giudizio e di riconoscimento nelle quali si rintraccia la struttura organizzativa del diritto: sono classificate in base ad una diversa funzione che esse svolgono nell'ambito dell'ordinamento giuridico, diversit che emerge, contrapponendo queste norme alle norme che impongono un modello di condotta. Per Hart, il fine essenziale del diritto, va oltre l'ordine: il privilegiare i comportamenti dei consociati ha come conseguenza che l'ordinamento visto funzionare per il soddisfacimento dei fini che si vogliono realizzare, oltre che per l'ordine sociale. Quindi il diritto uno strumento per realizzare la pace (per Kelsen) e anche per soddisfare i bisogni dei consociati (per Hart). Il diritto come organizzazione La teoria istituzionale Fino ad ora ci siamo occupati dell'ordinamento giuridico in una visione di tipo normativistico: Hart e Kelsen. Passiamo ora

ad una concezione istituzionalistica del diritto sostenuta in Italia dal giurista Santi Romano. Per Santi Romano vi totale identificazione tra il concetto di ordinamento giuridico e quello di organizzazione. La societ costituisce il presupposto, la condizione per l'organizzazione. Romano dice che per societ deve intendersi non un semplice rapporto fra gli individui, come per esempio il rapporto di amicizia, ma un'entit che costituisca anche formalmente, un'unit concreta, distinta dagli individui che in essa si comprendono. E si deve trattare di un entit effettivamente costituita: per esempio, una classe di persone non organizzata come tale, ma determinata da una semplice affinit tra le persone stesse, non una societ vera e propria. Romano insiste anche sul carattere di non transitoriet, del fatto organizzativo, mas appunto di permanenza. A noi interessa soprattutto stabilire che rapporto intercorre tra la teoria ordinamentale e quell'istituzionale. Per Santi Romano la norma uno strumento di cui l'organizzazione si serve, ma viene necessariamente dopo l'organizzazione. Per Romano il diritto un dato, una sentenza in se stessa. Ma, nonostante l'essenzialismo dell'autore, non viene data una definizione che vada oltre l'equazione ordinamento giuridico - organizzazione. La polemica antinormativistica si sviluppa contro il carattere della volontariet, infatti, Romano vi contrappone lo ius involontarium che si formerebbe assieme alla struttura organizzativa: il primo nucleo in cui un ente di tale natura comincia a porsi un diritto involontario, soltanto in momenti posteriori potr esso emanare un diritto volontario, che non riuscir a cancellare le tracce del primo. Ma immediatamente fu obbiettato al Romano che un'organizzazione necessariamente rimanda al problema del chi organizzi; di qui l'impossibilit di espellere dal fenomeno giuridico l'elemento della volont. Infatti, nel concetto stesso di organizzazione necessaria la volont, ossia una norma che organizzi, perch organizzazione vuol dire appunto coordinazione e subordinazione. Buona parte degli argomenti portati dal Romano contro la concezione normativistica di Hart sono insignificanti; si pensi per esempio alla nozione di norma

secondaria di Hart, pi esattamente alle norme di riconoscimento, mutamento e giudizio, che sono state individuate dal Lombardi come norme di struttura e organizzazione. Anche se si tratta di norme di organizzazione, non possono essere sganciate dall'elemento comportamentistico. Per penetrare il fenomeno giuridico bisogna unire i due tipi fondamentali di norma. Romano, quando parla di norme, pensa soprattutto alle norme di condotta, le quali non gli paiono essere capaci di spiegare adeguatamente il fenomeno del diritto; gli sembra che queste possono svolgere la propria funzione solamente se inserite in un'organizzazione. Per Romano. Un organizzazione gi funzionante costituisce il fondamento della validit delle norme e non l'effettivit (come in Kelsen, cio il comportamento degli uomini conforme a norme) e n l'abitudine all'obbedienza (di Austin). Il fondamento del diritto invece l'organizzazione la quale non richiama affatto il comportamento dei consociati. Ma egli non pu rifiutarsi di vedere tra le condizioni di esistenza dell'ordinamento stesso, il fatto che i consociati si comportino a grosse linee in modo conforme alle norme dell'ordinamento. Il concetto di organizzazione Romano dice." L'organizzazione l'ente che si serve delle norme". Manca il punto di vista dell'effettivit cio dei comportamenti dei consociati. Per Romano, l'organizzazione l'ossatura del diritto; il risultato di alcune norme di struttura gi esaurite, cio norme che nel momento in cui sono applicate, esauriscono tutti i propri effetti, mentre altre regoleranno il funzionamento dell'organizzazione. Romano infatti aveva intuito che il mondo del diritto non poteva essere adeguatamente spiegato e rappresentato soltanto dalle norme di condotta. Queste ultime presuppongono necessariamente le norme di struttura. concepibile, al limite, un sistema formato da sole norme di struttura, mentre impensabile un sistema composto soltanto da norme di condotta. Ordine, diritto e rivoluzione. L'ordine di cui parla Romano pacificazione sociale in atto. Infatti nella concezione romaniana, essendo il diritto un fatto

sociale organizzato, l'ordine non pi un fine, ma la sua stessa essenza (del diritto). Il diritto viene inteso come attivit giuridica, perch anche se gli uomini vengono al mondo e trovano una struttura giuridica che si tramanda da generazioni a generazioni, essi si muovono con i propri interessi, con la propria cultura in una societ che ha un rapporto dinamico con l'ordinamento giuridico. La rivoluzione intesa da Romano come un vero e proprio ordinamento, sia pure imperfetto e provvisorio. Ci saranno, infatti, dirigenti, assemblee e norme di vario genere che regoleranno le attivit rivoluzionarie. In definitiva la rivoluzione una violenza giuridicamente organizzata. L'ordine non ha una sua configurazione autonoma perch essenzialmente assorbito dall'organizzazione. Quindi l'ordine non presupposto, ma essenza stessa del diritto. Per un giurista che opera all'interno di un ordinamento giuridico contemporaneo, l'istituzionalismo appare come una teoria chiusa, poco adattabile al tumultuoso evolversi della societ contemporanea. Il diritto come rapporto La teoria del rapporto, altro non che un tentativo di definire il fenomeno del diritto. Il normativismo dice: "il diritto norma"; l'istituzionalismo dice: "il diritto istituzione"; la teoria del rapporto giuridico, detta anche relazione dice: " il diritto rapporto". A differenza delle altre due, la teoria relazionale rimasta isolata, cio non possibile una combinazione con parte delle altre due. Il rapporto giuridico e il concetto di norma In Italia la teoria relazionale stata sviluppata da Alessandro Levi e da Francesco Cicala. Il richiamo alle teorie di questi due autori, si spiega perch in entrambe il concetto di rapporto giuridico non riesce a svilupparsi in modo autonomo rispetto al concetto di norma. Il concetto di norma dovrebbe essere sussidiario e dipendente a quello di rapporto, ma in realt nel Levi e nel Cicala avviene al contrario. Levi, pur proclamando la centralit del concetto di rapporto, dichiara poi in pi punti che la norma un prius logico rispetto al concetto di rapporto.

Si esprime cos. "rapporto giuridico ogni relazione tra soggetti, considerata in funzione alla norma". Solo la norma giuridica pu determinare quali sono i rapporti sociali che diventano giuridici. Quindi, il rinvio al concetto di norma costante. Diversa la prospettiva del Cicala: egli stabilisce che la specificit del rapporto giuridico sta nella relazione del soggetto con la norma. Quindi per Levi, il rapporto giuridico una relazione intersoggettiva che diviene giuridica attraverso la norma giuridica; per Cicala il rapporto tra entit non analoghe, cio da un lato il soggetto, dall'altro la norma. In Levi vi pi attenzione alla socialit del fenomeno giuridico, mentre in Cicala vi pi attenzione ad una costruzione pi interna al diritto stesso. Proprio per questo carattere vi rassomiglianza con la teoria kelsesiana. Socialit e giuridicit Levi identifica la giuridicit con la socialit e in tal modo non fa altro che allargare il concetto di positivit, considerando come norma giuridica ogni norma dalla quale discenda una disciplina intersoggettiva di comportamenti. Ma se il diritto coincide in generale con il sistema sociale, il giurista diviene il sociologo. Da altri la giuridicit viene avvertita come una qualit specifica: giuridicit e socialit sono avvertite come distinte, nel senso cio che non tutto il sociale giuridico. Il diritto si interessa solo a certi comportamenti sociali. Quindi la giuridicit non pu essere dilatata fino al punto di capire tutte le manifestazioni del sociale. La derivazione privatistica della teoria relazionale Potremmo chiederci, a questo punto, perch la teoria relazionale non pu combinarsi con le altre due concezioni, visto che addirittura il Levi nella sua costruzione assegna proprio alla norma un grande rilievo. Il fatto che quando si guarda al fenomeno giuridico sotto la visuale del rapporto, in realt si guarda al diritto attraverso quei suoi settori specifici che rientrino nel diritto privato. E il ricorso alla norma si fa per spiegare il carattere vincolante del diritto privato. Insomma un modello cos costruito tende a

suggerire l'idea di un diritto spontaneo che ha nel consenso e nella libert i suoi cardini essenziali. Bobbio dice che chi vede il diritto come rapporto, parte da una concezione atomistica della societ, parte cio dall'individuo che viene a contatto con altri individui; chi vede il diritto come istituzione, parte invece da una considerazione organica della societ, cio dalla societ in cui l'individui sono parti cui la societ assegna ruoli determinati. L'istituzionalismo ha il merito di aver spostato l'attenzione dei giuristi sul cosiddetto diritto pubblico o diritto oggettivo. Quindi il pensiero di Santi Romano in antitesi con quello di Levi. Rapporto tra soggetto e norma: un confronto con Kelsen Abbiamo detto che vi una certa rassomiglianza tra la teoria di Kelsen sul rapporto giuridico e la teoria di Cicala. Questa presunta affinit nata dal fatto che Kelsen parla del rapporto giuridico non come rapporto tra soggetti giuridici, ma come rapporto tra soggetto e ordinamento giuridico. Le differenze fra l'una e l'altra teoria sono notevoli, perch in comune c' solo il rifiuto della teoria tradizionale che impostava il rapporto giuridico come rapporto tra soggetti. In effetti in Cicala ci che predominante l'idea di un rapporto ideale tra il soggetto e le norme giuridiche. Infatti, tutte le volte che l'individuo volontariamente o non, entra in una delle condizioni previste dall'ordinamento, sorge un rapporto giuridico tra individuo e norme giuridiche applicabili alla fattispecie. Ora, una simile impostazione non compatibile con il rapporto giuridico cos com' concepito dal Kelsen. Infatti per Kelsen il rapporto giuridico un semplice rapporto fra norme e non fra il soggetto e le norme. Anzi il comportamento dell'individuo viene in rilievo come comportamento del soggetto soltanto se previsto da norme giuridiche. Le funzioni del diritto Verso una concezione struttural - funzionalistica Fino ad ora ci siamo occupati delle norme e dell'ordinamento giuridico, prevalentemente in una visione di tipo strutturalistico: cio abbiamo scomposto il diritto nelle sue parti (le norme). Anche l'ordinamento nel suo complesso

stato studiato nella sua composizione strutturale, sia quando stato rappresentato nella "costruzione a gradi ", sia quando stato studiato in relazione al comportamento sociale, cio all'effettivit. Kelsen, non ha potuto espellere dal fenomeno giuridico l'elemento funzionalistico - sociologico. Bobbio dice che al giorno d'oggi, un'analisi funzionale del diritto deve integrare lo studio della tradizionale funzione protettivo - espressiva del diritto con quella della sua funzione promozionale. Si tratta di passare dalla concezione del diritto come forma di controllo sociale (attraverso la norma rafforzata da una sanzione negativa, cio che infliggono un male a coloro che la trasgrediscono) alla concezione del diritto come forma di controllo e di direzione sociale (attraverso la direttiva economica rafforzata da una sanzione positiva in forza di coloro che si conformano, come accade per esempio nelle cosiddette leggi d'incentivazione). Quindi di Bobbio si evince che la concezione kelseniana va superata e integrata attraverso l'adozione di una prospettiva non pi meramente strutturalistica, ma struttural - funzionalistica. Infatti, aumentando la dimensione e l'uso dei mezzi di comunicazione di massa, aumenta nella societ contemporanea un controllo sociale di tipo non coattivo ma persuasivo, cio non affidato alla forza fisica, ma al condizionamento psicologico. Mentre per Kelsen, ordinamento coattivo e ordinamento basato su sanzioni negative sono sinonimi. Premialit e coercizione Gi precedentemente, Jhering aveva sviluppato una teoria delle sanzioni, guardando esclusivamente alle sanzioni negative, anche se erano importanti le sanzioni positive, per esempio nel sistema giuridico romano dove la ricompensa e la pena erano due mezzi paritetici su cui la societ poteva contare per perseguire i propri fini. La societ odierna ricorre molto pi alla pena che alla ricompensa. Jhering costruisce la sua concezione del diritto proprio intorno alla sanzione negativa. Jhering considera la sanzione negativa come una possibilit e non come una necessit esclusiva per il diritto. In Kelsen, il diritto pu svolgere una funzione premiale, ma questa un'attivit possibile, non necessaria.

Quindi affermiamo che nell'ambito degli ordinamenti giuridici contemporanei, noi possiamo constatare la presenza di norme che sono sanzionate positivamente. Per il Kelsen l'ordinamento da considerarsi coercitivo non perch il diritto si compone principalmente di norme coattive, ma perch l'ordinamento, nel suo significato pi ristretto, si struttura sempre intorno a norme sulla coazione. Gli ordinamenti giuridici contemporanei svolgono una funzione promozionale proprio perch lo Stato diviene assistenziale e quindi interventista. La caratteristica pi significativa di uno Stato di tipo esistenziale l'aumento delle cosiddette leggi di incentivazione. Essa, a differenza della maggior parte delle norme di un ordinamento giuridico, dette sanzionatorie, impiegano la tecnica dell'incoraggiamento consistente nel promuovere i comportamenti voluti, anzich quello dello scoraggiamento consistente nel reprimere i comportamenti non voluti. Nell'ambito delle leggi di incentivazione vi l'espediente della facilitazione (ad esempio una sovvenzione, un'agevolazione creditizia, ecc.) e l'espediente della sanzione positiva (ad esempio l'assegnazione di un premio o l'esenzione fiscale, ecc.). con il primo espediente si vuole rendere meno gravoso il costo dell'operazione; col secondo si tende a rendere l'operazione allettante perch si assicura a chi la compie il verificarsi di un vantaggio o il venire meno di uno svantaggio. Comunque sia lo sviluppo della funzione promozionale non deve cancellare l'importanza che la coercizione ha nel fenomeno giuridico. chiaro che parlando di promozionalit del diritto si presuppone l'identificazione tra Stato e ordinamento giuridico: l'ordinamento giuridico diventa promozionale nel momento stesso in cui lo Stato si trasforma da Stato di diritto (con funzione prevalentemente garantistica - rappresentativa) a lo Stato sociale assistenziale. La promozionalit rende il diritto non uno strumento per la conservazione delle situazioni costituite, ma uno strumento di modifica di esse. Ritornando a Kelsen il diritto uno strumento, e la sua funzione (o scopo) il controllo del comportamento umano. Si tende a realizzare lo scopo attraverso o tecniche di

incoraggiamento (norme sanzionate positivamente) o tecniche di scoraggiamento (norme sanzionate negativamente). Cos la promozionalit come incentivazione una subtecnica di cui il diritto pu servirsi per esercitare la funzione di controllo. Promozionalit ed effettivit Ci chiediamo che tipo di relazione intercorra tra l'effettivit e la promozionalit. Se per effettivit noi intendiamo quella puramente giudiziaria, cio i comportamenti degli organi che applicano la sanzione, non possibile instaurare nessun tipo di nesso con la promozionalit. Quest'ultima legata alla tecnica dell'incoraggiamento e quindi al fenomeno delle sanzioni positive. I tribunali intervengono per applicare sanzioni negative, nulla possono esprimere sulle norme sanzionate positivamente. possibile collegare effettivit e promozionalit quando ci riferiamo al comportamento dei burocrati. Tuttavia data possibilit alle Corti di intervenire, attraverso la statuizione di sanzioni negative, su gruppi di norme che hanno la specifica funzione di promuovere in un settore particolare una nuova regolamentazione in senso riformatore. Che rapporto intercorre tra diritto e mutamento sociale? La funzione del diritto non solo quella di mantenere l'ordine costituito, ma anche quella di mutarlo adottandolo ai mutamenti sociali. Pace sociale e sicurezza collettiva Che tipo di relazione intercorre tra il concetto di pace sociale e l'effettivit? Partiamo da Kelsen. Lo scrittore praghese nella seconda edizione della "Dottrina Pura del diritto", quella del 1960, esprime un opinione diversa circa il problema della funzione o scopo dell'ordinamento giuridico. Infatti, precedentemente l'autore aveva affermato che era la pace sociale la funzione, lo scopo, il fine essenziale del diritto: l'ordinamento d pace nel senso che, monopolizzando l'uso della forza, elimina l'uso della violenza tra gli uomini. Nella Dottrina Pura del 1960, declassa la "funzione" a mera

"tendenza" affermando che il diritto tende all'eliminazione della violenza. Riconduciamo questa modifica all'interno della concezione generale del diritto dell'autore stesso. Vediamo innanzitutto in che cosa consiste la pace sociale per Kelsen: "La pace assenza di uso della forza fisica. L'ordinamento giuridico, determinando le condizioni in presenza delle quali deve aver luogo l'uso della forza, d pace a questa comunit. Ma la pace del diritto una pace relativa e non assoluta, il diritto non esclude infatti l'uso della forza, non un ordinamento privo di coercizione , il diritto una regolamentazione della coercizione ed un ordinamento che garantisce la sicurezza, cio la pace". La pace inerente all'ordinamento giuridico risulta essere un equilibrio di interessi di classe che sembrano aver trovato un accordo . al contrario, nella Dottrina Pura del 1960, Kelsen rifiuta la pace come fine del diritto e indica al suo posto un concetto pi generico, come quello di sicurezza collettiva, la quale non pace, ma mira alla pace. Diciamo quindi che se la pace sociale viene intesa in questo modo, essa coincide in generale con l'effettivit dell'ordinamento giuridico, cio con quel fenomeno che indica che le norme di un certo ordinamento giuridico sono per lo pi osservate dai consociati. Quindi. realt = efficacia = pace sociale. L'unit dell'ordinamento giuridico e il problema del potere Quando parliamo di ordinamento giuridico, utilizziamo i termini di unit, coerenza e completezza ma con ci diviene scontata l'accusa di ideologia. Seguendo la teoria ordinamentale del Kelsen, azzardato ritenere che tale modello racchiuda i tre dogmi, infatti nella teoria dell'interpretazione, Kelsen riconosce all'organo giuridico una larga attivit discrezionale fino al punto di ammettere la possibilit di una decisione giudiziaria sganciata da ogni riferimento alla norma giuridica. Quindi non si pu parlare di coerenza. Secondo Bobbio, la teoria dell'ordinamento postula necessariamente l'unit. Ecco il ruolo fondamentale della norma - base.

stato detto che la norma fondamentale kelseniana un'ipotesi scientifica scelta per poter coprire sempre l'ordinamento effettivo. Ed proprio questa l'accusa che viene fatta alla teoria della norma fondamentale di Kelsen. Ma in realt le forze della teoria della norma fondamentale sta proprio nella capacit di determinare e giustificare il fatto compiuto. La norma fondamentale una metodologia del pensiero volta alla comprensione dei fatti sociali attraverso l'unificazione. La sua funzione rendere normativo un materiale che altrimenti non pu essere percepito. L'ordinamento e la norma fondamentale non sono scindibili. Bobbio dice. "l'essenza dell'unit dell'ordinamento ci induce a postulare (presupporre) la norma fondamentale, la quale insieme il fondamento di validit e il principio unificatore delle norme di un ordinamento". Il diritto positivo essenzialmente un ordinamento mutabile all'infinito che pu adattarsi a condizioni che mutano nello spazio e nel tempo. Se la norma fondamentale la legittimazione di ci che avviene, essa rappresenta un metodo per normativizzare gli eventi che via - via la storia propone e impone. Infatti, in occasione di una rivoluzione, si abrogano soltanto la vecchia Costituzione e certe leggi essenziali. Le altre invece rimangono in vigore perch sono considerate in vigore anche sotto la nuova Costituzione. Quindi in questo caso non si ha una creazione totalmente ex novo di diritto.

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