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RADIOBIOLOGIA

MECCANISMI RADIOBIOLOGICI
L’irradiazione di ogni sistema biologico genera una
successione di eventi, che possono essere divisi in 3 fasi
consecutive
1. FASE FISICA
2. FASE CHIMICA
3. FASE BIOLOGICA
FASE FISICA

ASSORBIMENTO DI ENERGIA

Fase iniziale di durata molto breve (circa 10-16 - 10-8


secondi) nella quale le radiazioni interagiscono con gli
atomi che compongono i tessuti, provocando processi di
eccitazione o ionizzazione.

Se sufficientemente energetici questi elettroni secondari


possono eccitare o ionizzare altri atomi provocando una cascata
di ionizzazioni.
FASE CHIMICA
• Di durata molto breve (10-3 secondi) durante la quale
gli atomi o le molecole danneggiati (ionizzati o
eccitati) reagiscono, attraverso reazioni chimiche, con
altri componenti cellulari.

• I processi di ionizzazione e eccitazione portano,


attraverso un effetto diretto o indiretto, alla rottura di
legami chimici provocando la formazione di radicali
liberi, responsabili del danno biologico a livello del
DNA.
• Le molecole nell' ambiente circostante influenzano la
persistenza dei radicali liberi che si sono formati.

• Forse la molecola più importante è l' O2 che partecipa


alla catena di formazione dei radicali liberi, fissa il
danno a livello del DNA e limita la capacità di
recupero del DNA.

• Di contro, molecole sulfidriliche che sono presenti


nel nucleo eliminano i radicali liberi e possono
limitare l'entità del danno.
FASE BIOLOGICA

• Della durata da secondi ad anni nella quale si osserva


il manifestarsi delle reazioni a livello delle cellule
danneggiate nelle fasi precedenti.

• La maggior parte delle lesioni indotte dalle radiazioni


a livello del DNA vengono riparate da enzimi
riparatori specifici.

• La mancata riparazione porta alla morte cellulare.


LE 4 “R” DELLA RADIOBIOLOGIA
Nella determinazione dell’effetto finale dell’esposizione alle
radiazioni ionizzanti hanno notevole importanza i processi di:

1. RECUPERO
2. RIPOPOLAZIONE
3. RIDISTRIBUZIONE
4. RIOSSIGENAZIONE

Oltre a queste deve essere considerata la quinta “R”, la


RADIOSENSIBILITA’.
RECUPERO

• Molti dei danni indotti dalle radiazioni a livello


cellulare possono essere riparati nelle prime ore
dopo l’esposizione.

• L’accumulo del danno determina la morte


cellulare; quando il danno ha raggiunto il limite di
tollerabilità, la somministrazione di una dose
ulteriore sarà sufficiente a provocare l’effetto
letale.
DANNI DA RADIAZIONI
Il bersaglio critico delle radiazioni è il nucleo

I danni da radiazione provocati su cellule di mammifero sono divisi


in:

1. danno letale  irreversibile, irreparabile



morte cellulare

2. danno subletale  può essere riparato a meno che un 2°


insulto non provochi la morte cellulare

3. danno potenzialmente letale  dipende dalle condizioni


ambientali postirradiatorie
DANNO SUBLETALE
• Con questo termine si indica il processo per cui il danno si
deve accumulare per produrre un effetto letale.

• Il danno subletale può accumularsi e determinare la morte


cellulare o essere recuperato.

• Le cellule a livello delle quali si manifesta il danno subletale


non hanno ricevuto un numero tale di insulti, di danni, capaci
di ucciderle.

• Dosi piccole sono scarsamente efficaci per ottenere la morte


cellulare.

• Quando una certa dose di radiazione è divisa in 2 frazioni,


separate da un certo intervallo di tempo, si osserva un aumento
della sopravvivenza cellulare rispetto a quando la stessa dose
viene data in un’unica somministrazione, proprio perché le
cellule irradiate possono recuperare il danno subletale.
• I fenomeni di recupero devono quindi essere studiati sulla base
dell’effetto di una dose singola paragonato a quello di due dosi
dimezzate separate da vari intervalli di tempo.

• Nel caso di una irradiazione frazionata, se gli intervalli sono


molto lunghi l’entità del recupero può essere notevole e quindi
la dose totale necessaria per ottenere un certo effetto finale
aumenterà proporzionalmente alla durata degli intervalli.

• Il recupero è costante dopo ogni dose, per cui quanto maggiore


sarà il frazionamento, tanto maggiore sarà il recupero e minore
l’effetto biologico.
• Il recupero del danno subletale è stato anche osservato nel caso
di esposizione unica, somministrata ad una bassa intensità di
dose. Infatti, un’irradiazione continua ad un basso dose-rate
può essere considerata equivalente ad un numero infinito di
frazioni infinitamente piccole.

• Di conseguenza, la dose letale necessaria per ottenere un dato


effetto aumenta con il diminuire dell’intensità di dose e,
viceversa, diminuisce con l’aumentare dell’intensità
dell’irradiazione fino però ad un valore critico oltre il quale,
aumentando l’intensità, l’effetto rimane costante.

• Questo valore critico dell’intensità corrisponde al minimo


valore in presenza del quale non vi sono fenomeni di recupero
intra-irradiatori.
DANNO POTENZIALMENTE LETALE
• E’ un danno che in circostanze normali determina la morte
cellulare.

• Il recupero del danno potenzialmente letale è favorito da


condizioni post-irradiatorie subottimali, che possono
influenzare la proporzione di cellule che sopravvive ad una
determinata dose.

• Tali condizioni subottimali permettono alle cellule di


funzionare al minimo e non favoriscono la divisione cellulare.
Quindi, se non si verifica la mitosi per le condizioni di
crescita subottimale, il danno al DNA può essere riparato.

• Sono diverse le condizioni ambientali dopo esposizione a raggi


x che possono influenzare la proporzione di cellule che
sopravvive ad una data dose per il recupero del danno
potenzialmente letale.
Sono diverse le condizioni ambientali dopo esposizione a
raggi x che possono influenzare la proporzione di cellule
che sopravvive ad una data dose per il recupero del danno
potenzialmente letale:

• Basse temperature
• Farmaci inibitori del metabolismo
• Immissione di cellule in soluzione fisiologica dopo
irradiazione

permettono la sopravvivenza di una percentuale di cellule


maggiore di quella che si avrebbe se le cellule venissero
mantenute in condizioni ottimali.
RIDISTRIBUZIONE

• Quando una popolazione cellulare asincrona è esposta


a una dose singola elevata di radiazione, molte cellule
sopravvivono perché sono in una fase del ciclo
cellulare radioresistente.

• Una seconda dose di radiazione dovrebbe pertanto


essere meno efficace della prima proprio perché la
popolazione cellulare è resistente. Tuttavia
nell’intervallo tra le due frazioni le cellule tendono a
ridistribuirsi nelle diverse fasi del ciclo cellulare e a
diventare di nuovo asincrone.
• La sensibilità delle cellule alle radiazioni è diversa nelle
diverse fasi del ciclo cellulare.

• Le cellule nella fase S del ciclo cellulare sono le più


resistenti, mentre quelle in fase G2 e M sono le più
radiosensibili.

• La radiosesistenza delle cellule in fase S sembra dipendere,


oltre che da altri fattori, da modificazioni conformazionali del
DNA che facilitano i processi di recupero.

• La radiosensibilità delle cellule in fase G2 dipende


probabilmente dal fatto che le cellule hanno poco tempo per
riparare il danno prima della divisione cellulare.
RIPOPOLAZIONE

• Nei tessuti ad elevato ritmo proliferativo, come ad


esempio il tessuto emopoietico e l’epitelio
intestinale, l’irradiazione determina una notevole
perdita cellulare.

• In questi tessuti, dopo l’irradiazione, si può però


ristabilire una condizione di normalità attraverso la
produzione di un sufficiente numero di cellule atte a
mantenere integra la funzione. Questo viene ottenuto
perché cellule clonogeniche in riposo vengono
richiamate nel ciclo divisionale, che di conseguenza
risulta più corto di quello normale.
Il processo di ripopolazione dipende da:

–la disponibilità di ossigeno e di sostanze nutritive che si


osserva in seguito alla rimozione delle cellule distrutte.

–la presenza di prodotti di disfacimento cellulare che possono


aiutare a sostituire parti danneggiate di altre cellule o a
stimolare l’attività riparativa del tessuto normale. Alcuni
prodotti di disfacimento possono però agire come tossine con
aumento del danno.

Mentre la proliferazione delle cellule staminali dei tessuti


normali ha un effetto protettivo, il fenomeno della
ripopolazione può essere sfavorevole nei tumori.
RIOSSIGENAZIONE

Nelle popolazioni tumorali in vivo esiste


una frazione più o meno elevata di cellule
ipossiche e quindi poco radiosensibili.

La presenza di cellule ipossiche può essere


legata sia alla scarsa neoformazione di vasi
rispetto alla proliferazione tumorale sia ad
un difetto funzionale della rete neoformata.
Poiché l’irradiazione inattiva selettivamente le cellule
ossigenate, in un trattamento frazionato dopo ogni
singola frazione di dose dovrebbe aumentare la
frazione anossica di cellule.

In realtà ha luogo una riossigenazione delle cellule


anossiche con un meccanismo che sembra legato ad
una maggiore diffusione di ossigeno che può così
raggiungere un maggior numero di cellule ipossiche.

L’irradiazione inattiva quindi le cellule ossigenate e di


conseguenza la popolazione sopravvivente sarà
costituita quasi completamente da cellule anossiche.
Dopo una breve permanenza in questa situazione di anossia la
proporzione di cellule anossiche diminuirà rapidamente per la
disponibilità di O2. La proporzione di cellule anossiche
raggiungerà pertanto un minimo ad una distanza di tempo dalla
prima irradiazione variabile con le caratteristiche della
popolazione tumorale considerata.

Questo istante dovrebbe essere ottimale per l’erogazione di una


seconda frazione di dose.

Successivamente, riprendono i processi proliferativi delle


cellule sopravvissute, aumenta la proporzione di cellule
anossiche e viene così ripristinato la situazione basale, in
genere entro 24 ore dalla somministrazione di una determinata
dose di radiazioni.
EFFETTO OSSIGENO

L’effetto ossigeno è stato per la prima volta osservato nel


1912 da Swartz, in Germania

applicazione di radium

lesione cutanea

pressione

riduzione lesione

L’effetto è stato attribuito ad una riduzione del flusso


ematico.
• Holthusen nel 1921 notò che le uova di Ascaris erano
relativamente resistenti all’irradiazione in assenza di
ossigeno. Questo venne attribuito all’assenza di
divisione cellulare in condizioni di ipossia.

• Nel 1923 Petry studiò l’effetto delle radiazioni in


alcuni semi e giunse alla conclusione che esiste una
relazione tra radiosensibilità e presenza di ossigeno.

• L’importanza della presenza di ossigeno per la


radiosensibilità venne successivamente confermata da
numerosi altri studi.
MECCANISMO DELL’EFFETTO OSSIGENO
• Affinchè l’effetto ossigeno possa manifestarsi,
l’ossigeno deve essere presente durante o nei primi
microsecondi dopo l’esposizione alle radiazioni.

• Il meccanismo dell’effetto ossigeno non è


completamente chiaro. Si ritiene comunque che questo
agisca a livello dei RADICALI LIBERI. Sono questi
che rompono i legami chimici, producono alterazioni
chimiche ed iniziano quella catena di eventi che porta al
danno biologico.

• I RADICALI LIBERI sono atomi o molecole


elettricamente neutri aventi un elettrone spaiato
nell’orbita esterna.
Poiché i sistemi biologici sono prevalentemente
costituiti da H2O, la maggior parte delle ionizzazioni
prodotte dall’irradiazione si manifestano a livello
delle molecole di H2O.

radiazione

H2O → H2O+ + e-

L’ e- viene catturato da un’altra molecola di H2O

e- + H2O → H2O-
Le molecole di H2O che hanno perso o acquistato un e- sono
altamente reattive, si rompono rapidamente e producono uno
ione e un radicale libero non carico

H2O+ → OH· + H+
H2O- → H· + OH-

I radicali OH· (radicale idrossilico) e H· (radicale idrogeno) sono


molecole che normalmente non esistono in natura, altamente
reattive e possono reagire tra loro (reazioni radicale-radicale)

OH· + OH· → H2O2


H· + H· → H2
H· + OH· → H2O
Oppure reagire con altre molecole di H2O

OH· + H2O → H · + H2O2


H· + H2O → H2 + OH·

o con prodotti della loro stessa reazione


H2O2 + OH· → H2O + HO2· (radicale idroperossido)

L’O2 ha una elevata affinità per i radicali liberi (R·). La reazione tra
O2 e R· produce radicali perossidi, forme non riparabili di danno
che porta dunque alla FISSAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO

R· +O2 → RO·2 (radicale organico perossido)

L’ O2 quindi fissa il danno prodotto dalle radiazioni, rendendolo


permanente
• Nei sistemi biologici, i radicali liberi prodotti
in H2O possono reagire con numerose
macromolecole.

• Si osserva un ampio varietà di reazioni, molte


delle quali non sono importanti per la
funzionalità e la sopravvivenza delle cellule.

• Le reazioni più importanti sono quelle che si


manifestano a livello del DNA.
• Il danno al DNA prodotto dai radicali liberi
rappresenta un effetto indiretto delle radiazioni.

• La ionizzazione di atomi che sono parte delle


molecole del DNA è un effetto diretto.

• Dal punto di vista biologico non è importante come il


danno è provocato (in maniera diretta vs indiretta).

• Poiché le cellule e i tessuti sono composti per il 70%-


90% da H2O è molto probabile che il danno avvenga
per azione indiretta.
EFFETTI BIOLOGICI DELLE RADIAZIONI
IONIZZANTI

CAPACITA’ DI IONIZZAZIONE …… DANNO


AZIONE DIRETTA:
• Le molecole bersaglio vengono danneggiate direttamente
per rottura di legami molecolari
• il bersaglio è una struttura sensibile alle radiazioni
ionizzanti ed essenziale per il sistema biologico

AZIONE INDIRETTA:
• Le macromolecole cellulari vengono danneggiate dai
radicali liberi che si producono come conseguenza della
radiolisi dell’acqua
SENSIBILIZZATORI DELLA CELLULA IPOSSICA
• Una serie di agenti chimici e farmacologici si sono
dimostrati capaci di potenziare l’effetto biologico
delle radiazioni ionizzanti, si tratta di farmaci che
agiscono come l’O2 (farmaci ossigeno-mimetici).

• Non sensibilizzano i tessuti ben ossigenati, cioè i


tessuti normali, e la loro diffusione nei tessuti
raggiunge una maggior distanza dai capillari rispetto
all’ O2.

• Nessuno di questi è così semplice come l’ossigeno,


nessuno è in grado di produrre gli stessi effetti e può
avere indicazioni pratiche così ovvie.
SENSIBILIZZATORI DELLA CELLULA IPOSSICA

• I più utilizzati sono i nitroimidazoli (metronidazolo,


misonidazolo etc).

• Presentano notevole affinità elettronica, dunque


acquistando un e- si riducono ad anioni radicali,
altamente reattivi e danno luogo dopo una serie di
reazioni ossido-riduttive a prodotti tossici.

• Sembrano agire come inibitori dei composti contenenti


gruppi sulfidrilici coinvolti nella inattivazione dei
radicali liberi indotti dalle radiazioni. La loro presenza
aumenta la radiosensibilità delle cellule irradiate.
RADIOPROTETTORI CHIMICI

• I composti che contengono gruppi sulfidrilici (-SH)


hanno una particolare affinità per i radicali liberi.

• La loro presenza nelle cellule può eliminare una


proporzione di radicali e ridurre di conseguenza
l’effetto delle radiazioni.

• I principali presenti nelle cellule di mammifero sono:


Cisteina, un amminoacido naturale
Cistamina, cisteina decarbossilata
Glutatione
Si ipotizza che questi farmaci agiscano attraverso il
trasferimento dell’H del composto sulfidrilico (-SH) al
radicale libero biologico (R·). Il radicale è così riparato
e trasformato in RH

-SH + R· → RH + -S·

OH· + -SH → H2O + -S


H· + -SH → H2 + -S
La somministrazione di questi composti ad animali o a
cellule in coltura subito prima dell’irradiazione riduce
l’entità del danno; la dose di irradiazione necessaria a
produrre un determinato livello di danno, dunque, può
anche raddoppiare.
• Nei primi millesecondi dopo l’esposizione
all’irradiazione, si osserva una competizione tra
reazioni che fissano il danno e quelle che proteggono
dal danno.

• Se è presente O2, questo reagisce con i radicali liberi


R·, si produce RO2· un radicale organico perossido
che porta ad un’alterazione chimica che fissa il
danno, prodotto dalle radiazioni, rendendolo
permanente.

• Se l’ossigeno non è presente molte delle molecole


bersaglio ionizzate possono riparare il danno e
riacquistare la capacità di funzionare normalmente.
LE 4 “R” della RADIOBIOLOGIA

RECUPERO
RIPOPOLAZIONE
RIDISTRIBUZIONE
RIOSSIGENAZIONE

• I processi di recupero e ripopolazione rendono i


tessuti più radioresistenti ad una seconda dose di
radiazione.

• La ridistribuzione e la riossigenazione li rendono


più radiosensibili.
LET= LINEAR ENERGY TRANSFER

Indica l’E trasferita


per unità di lunghezza
del tragitto del fascio
di radiazioni nel
materiale assorbito.

L’Unità usata è il
KeV/μm
 ALTO LET: particelle α e neutroni

 BASSO LET: raggi x e γ


I vari tipi di radiazioni, pur producendo effetti
analoghi sulla materia vivente, differiscono
per efficacia in quanto l’effetto radiobiologico
non dipende soltanto dalla dose assorbita, ma
anche dalla microdistribuzione spaziale dei
processi di ionizzazione lungo il percorso
delle particelle ionizzanti primarie e
secondarie.
EBR= EFFICACIA BIOLOGICA RELATIVA

• Dipende dal LET della radiazione ed è il


rapporto tra le dosi di 2 fasci di radiazioni
necessarie per produrre il medesimo effetto
biologico.
CURVE DI SOPRAVVIVENZA CELLULARE

• Le curve di sopravvivenza cellulare sono la


rappresentazione grafica della frazione di
cellule sopravviventi in funzione della dose
ricevuta.
Conseguentemente, le curve di sopravvivenza cellulare saranno
diverse a seconda di:
Tipo di radiazioni impiegato
Linee cellulari irradiate

Nelle cellule di
mammifero la curva di
sopravvivenza dopo
esposizione a radiazioni
densamente ionizzanti,
cioè ad alto LET come le
particelle α e i neutroni di
bassa energia, si avvicina
ad una retta. Questo
dipende dal fatto che tali
radiazioni sono molto
efficaci nell’uccidere le
cellule anche a piccole
dosi.
• Per radiazioni a basso LET, a bassa densità di
ionizzazione, come i raggi x e γ, l’andamento
delle curve di sopravvivenza può essere spiegato
secondo 2 modelli:

MODELLO MULTITARGET
MODELLO LINEARE QUADRATICO
MODELLO MUTITARGET

• Si basa sull’ipotesi che all’interno di ogni cellula vi


siano alcuni “bersagli” (due o più), cioè sedi critiche,
che devono essere “colpiti” dalle radiazioni affinché
la cellula venga uccisa.

• Se i bersagli non sono tutti colpiti si avrà un danno


subletale.
• La prima parte della curva, corrispondente
a dosi molto basse, è rettilinea.

• Si osserva quindi la presenza di una spalla,


che si estende per un range di pochi Gy.

• A dosi più alte la curva diventa di nuovo


rettilinea; la frazione di cellule
sopravviventi diventa una funzione
esponenziale della dose. Questo significa
che per ogni aumento unitario della dose si
ha una corrispondente riduzione percentuale
nella sopravvivenza.
• La spalla è un importante parametro di
radiosensibilità.

• La presenza della spalla indica che a livello del


bersaglio ogni colpo, urto, determina degli
effetti, dei danni ma che, per poter determinare
l’azione letale, il danno deve accumularsi. In
altre parole, prima che la cellula perda la propria
capacità riproduttiva, si deve raggiungere un
danno in un certo numero di zone critiche.
• L’ampiezza della spalla è diversa a seconda
nelle diverse popolazioni cellulari.

• Nelle curve di sopravvivenza di alcune


cellule di mammiferi la spalla è ampia e
questo indica una capacità di recupero del
danno subletale indotto dalle radiazioni.
Quelle linee cellulari che invece hanno una
spalla stretta hanno una limitata tendenza al
recupero.
L’ampiezza della spalla è indicata dal
parametro Dq (dose quasi soglia), che
corrisponde all’intersezione fra il
prolungamento della parte esponenziale,
rettilinea della curva e la linea orizzontale
passante per il 100% della sopravvivenza.

Per dose soglia si intende la dose al di


sotto della quale non c’è effetto. Poiché
non esistono dosi di radiazioni che non
possano determinare alcun effetto, in
realtà una dose soglia non esiste. Per
questo Dq è indicata con il nome di dose
quasi soglia.
Altro parametro importante è il
numero di estrapolazione n che si
ottiene estrapolando il tratto
rettilineo della curva sull’asse di
sopravvivenza.

Se n è grande (10,12), le curve di


sopravvivenza hanno una spalla
larga; se è piccolo (1,5-3), la
spalla è stretta.

Il valore di n è correlato con la


capacità della cellula di
accumulare e riparare il danno
subletale (rappresenta in pratica il
n° di bersagli da colpire).
La pendenza della parte rettilinea
della curva è determinata dalla D0.

D0 è una costante che indica


l’incremento di dose capace di ridurre
la sopravvivenza cellulare di un
fattore 1/e, pari a 0.37. Questa è
anche indicata come dose letale
media.

D0 esprime l’incremento di dose che


riduce la popolazione esistente al
37% del suo valore iniziale nel tratto
rettilineo della curva di
sopravvivenza.
I 3 parametri n, Dq e D0 sono correlati tra di loro
dall’espressione

Dq = D0logen

Logen = Dq/ D0

Nella maggior parte delle curve di sopravvivenza di cellule di


mammiferi, dopo irradiazione a basso LET, i valori di D0 sono
compresi tra 1 e 3, quelli di n tra 1 e 5 circa.
Per cellule ben ossigenate sottoposte a trattamento acuto con
raggi x i valori di Dq sono tra 0,5 e 2,5.
Le curve di sopravvivenza secondo il modello
multitarget si sono dimostrate molto utili nel
descrivere la relazione dose-risposta per linee
cellulari di mammifero ad alte dosi, al di fuori
di quelle corrispondenti alla spalla.

Purtroppo, non descrivono con precisione la


relazione dose-risposta per dosi basse, quali
quelle impiegate nella pratica clinica.
MODELLO LINEARE QUADRATICO

• E’ il secondo modello utilizzato per descrivere l’andamento


delle curve di sopravvivenza cellulare ed è quello che viene
attualmente considerato di scelta.

• In questo modello la frazione di cellule sopravviventi è


rappresentata da
f S = e – (αD+βD2)

D è la dose
α e β sono 2 costanti:
α rappresenta il loge delle cellule uccise per Gy
β il loge delle cellule uccise per Gy2
• Secondo questo modello ci sono 2 componenti che
determinano la morte cellulare da radiazioni, una componente
proporzionale alla dose somministrata (α) e l’altra
proporzionale al quadrato della dose (β).

• La componente αD rappresenta una quota di danno non


riparabile, il rapporto dose/effetto è lineare (da urto singolo) e
perciò anche le piccole dosi sono in grado di determinare il
danno.

• La componente βD2 indica l’esistenza dei processi di recupero


(eventi a più urti) per vincere i quali la dose deve aumentare in
maniera quadratica.
Le due componenti (α
e β) coesistono, anche
se con diverso peso
relativo; per questo
motivo la curva ha
una porzione lineare
iniziale e quindi un
andamento a curvatura
continua.
EFFETTI SUL DNA
A basse dosi la rottura
della doppia catena è
conseguente all’effetto di
un singolo e- espulso dal
suo orbitale dalla
radiazione ionizzante. La
probabilità di ottenere la
rottura della doppia catena
è proporzionale alla dose.

A dosi più alte la rottura di


punti diversi di singole
catene può dipendere
dall’effetto di 2 singoli e-.
La probabilità di una
interazione è
proporzionale al quadrato
della dose.
.

Il contributo lineare e quadratico alla morte cellulare sono uguali


alla dose che corrisponde al rapporto α/β

αD = βD2

D = α/β

La dose alla quale il log di uccisione cellulare dovuto alle due


componenti, lineare e quadratica, è uguale, è indicata dal
rapporto α/β.
Il modello si basa sull’osservazione che esistono 2 diversi tipi
di tessuti:
tessuti early responding
tessuti late responding

I tessuti early responding sono quelli ad elevata attività


replicativa, quali la cute, le mucose, l’epitelio intestinale, il
midollo osseo.

I tessuti late responding sono quelli a bassa attività replicativa,


proliferativa, quali il midollo spinale.
• Le due componenti (α e β)
coesistono, anche se con diverso
peso relativo.

• Il punto in cui la curva flette è


diverso per i 2 tipi di tessuti, e
dipende dal loro rapporto α/β.

• Per i tessuti early responding il


rapporto α/β è pari a circa 10 Gy;
le curve dose-risposta si flettono
solo a dosi elevate.

• Per i tessuti late responding il


rapporto α/β è compreso tra 2 e 4
Gy; le curve dose-risposta si
flettono fin dall’inizio.

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