Você está na página 1de 51

MARIA DO CÉU FIALHO

JOSÉ D’ENCARNAÇÃO
JAIME ALVAR
coord.

O SOL GRECO!ROMANO

UNIVERSIDADE DE COIMBRA, UNIVERSIDAD CARLOS III


FICHA TÉCNICA

TÍTULO
O SOL GRECO!ROMANO
COORDENAÇÃO
Maria do Céu Fialho
José d’Encarnação
Jaime Alvar
EDIÇÃO
Centro de Estudos Clássicos e Humanísticos
Centro de Estudos Arqueológicos das Universidades de Coimbra e Porto
Universidad Carlos III – Instituto de Historiografia Júlio Caro Baroja
CAPA
Motivo: Relógio «Bras en l’Air» ou «Colossus»
http://zorigami.free.fr/odd_watches/colossus.htm
APOIOS
Fundação para a Ciência e Tecnologia (POCI/2010)
Fundação Calouste Gulbenkian
Fundação Engº. António de Almeida
COMPOSIÇÃO E IMPRESSÃO
Imprensa de Coimbra, Lda. Largo de São Salvador, 1!3 – 3000!372 Coimbra
ISBN 978!989!8281!16!6
Depósito legal nº 297963/09
1ª edição: Dezembro de 2008
Tiragem: 500 exemplares
PREÂMBULO

Desde os primórdios civilizacionais que o Homem sentiu a sua dependên-


cia vital desse ciclo de trevas e de luz que ilumina o mundo e faz brotar a vida,
na Natureza. O tempo de trevas — tempo de inacção e de repouso — foi perce-
bido como reino do sono e da proximidade da morte.
O curso total do dia transportava para essa ausência da luz a expectativa
de que o Sol, desaparecido no horizonte, a Ocidente, quiçá mergulhado no mar,
garantisse uma nova aurora, reaparecendo, no seu carro, para dar início a outro
dia, a Oriente. Esse Oriente significava esperança de um ciclo confirmado, de
que a ordem do mundo e da vida fossem, diariamente, confirmados.
Essa luz., dimanada do Sol, constituindo um meio universal de representa-
ção, abre ao homem a noção de espaço, ilumina mundo e cria laços relacionais
entre quem à luz vê e aquele que à luz é visto.
Este era o fulcro vital da experiência de existir, de estar vivo, para o Grego
antigo. Viver e ver a luz do Sol eram sinónimos. Ver a luz do Sol implicava a
reciprocidade, ilimitada, por parte do astro-deus, fonte de vida, senhor e prin-
cípio de tudo, para algumas religiões da bacia oriental do Mediterrâneo, não
esquecendo a reforma da religião egípcia de Aquenaton, fugaz, mas que deixa-
ria as marcas do seu monoteísmo. O culto de Mitra será apropriado por Roma e
assimilado às suas práticas cultuais.
Viver e ver a luz do Sol viabilizava, conscientemente, “ver à luz do Sol” o
que se deixava ver e era marcado pelo brilho solar – a beleza e a harmonia
refulgiam a essa luz, na sua dimensão estética mas também ética, pois o que é
harmónico, para o Grego, é belo e bem constituído — logo, bom.
Ao olho do Sol nada escapava; dele não podia o Homem esconder as suas
acções. Omnividente, era invocado na fórmula dos juramentos gregos. É com-
preensível que esta omnividência e a força poderosa de gerar vida e manter
vida o fizessem coincidir com outras divindades poderosas, o viessem, mais
tarde, em Roma, por influência oriental, ou na Europa cristianizada, a converter
em símbolo do próprio poder, estilizado na arte religiosa cristã. O poder régio

5
europeu, de cariz absolutista recupera, das matrizes culturais, o imaginário
associado ao Sol para reforçar a iconografia do seu próprio poder.
Paralelamente, a vivência de um mundo iluminado, visível pelo poder do
astro-rei, em que a visibilidade do Bem e do Belo são preciosas, abriria caminho
para a inspiração filosófica em Platão.
Muitas são as marcas destas vivências primordiais que alicerçam a nossa
própria forma de ver o mundo, conceber o poder, construir a dimensão ética,
dar consistência à percepção estética. Muitas são as marcas materiais que do
mundo greco-romano nos ficaram, assim como das ditas “Civilizações Pre-clás-
sicas”, na pedra, no metal, no papiro, no pergaminho, dentro de nós.
Por esse motivo, entendendo ser este um tema fulcral na construção de
uma identidade cultural, se procedeu à organização deste volume temático,
numa concepção necessariamente interdisciplinar.
Agradecemos o papel determinante desempenhado pela Reitoria da Uni-
versidade de Coimbra para possibilitar a reunião de especialistas, nacionais e
estrangeiros, que debateram o tema, bem como o não menor mecenatismo da
Fundação Calouste Gulbenkian, da Fundação para a Ciência e a Tecnologia e da
Fundação Eng. António de Almeida, sem o qual não teria sido possível a edição
deste volume temático.

Coimbra, 30 de Dezembro de 2008

Os Coordenadores do Volume

6
IL SOLE NELL'ARTE VIRTUALE

FRANCESCO DE MARTINO
Università di Foggia

O sole mio. Lo può cantare chiunque viva nel sistema solare. La storia
dell'arte di tutti i tempi è piena, inondata di sole, ma specialmente la storia
dell'arte mediterranea. Ma delle innumerevoli opere d'arte alcune sono diverse
da tutte le altre, perché sono esistite solo nella mente creativa di poeti e scrittori,
e descritte con passione e precisione, come se fossero vere. Sono opere d'arte
grandissime, capolavori, ma eseguite «senza colori, né disegno, né tela», come
dice Luciano (Sala 21), opere di arte “virtuale”.
La tecnica di esecuzione – l'ekphrasis – sarà in seguito applicata anche
all'arte reale, diventerà l'archetipo delle sempre più piatte schede dei cataloghi
d'arte. Il primo esempio di ekphrasis di arte “reale” sembra essere il tempio di
Delfi descritto dal coro di ancelle ateniesi nello Ione di Euripide (vv. 190-218):
«chi, fra gli spettatori della tragedia euripidea, era stato a Delfi, riconosceva le
scene che adornavano il tempio di Apollo, il cui frontone orientale era decorato
proprio con una gigantomachia, di cui oggi rimane solo qualche frammento»
(PIZZONE 2007, p. 272).
Le opere d'arte reale col Sole – o Elio – sono tantissime e importantissime.
Per esempio sul fregio del basamento della statua di Zeus ad Olimpia c'era un
rilievo a lamine d'oro con «Elio col carro» (Pausania 5.11.8). Sullo stesso fregio, a
destra c'era Selene a cavallo, forse di un mulo, e, vicino ad Elio, Efesto, un dio
affiatato con lui. La statua di Zeus, criselefantina, cioè in avorio e oro, era criti-
cata per la sua eccessiva grandezza, come un «colosso sbagliato» (Sublime 36.3)1,
perché seduto «toccava quasi il tetto con la testa, così da dare l'impressione che
se Zeus si fosse alzato dritto, avrebbe scoperchiato il tempio» (Strabone 8.3.30 =
T 79 Gualandi; trad. A.M. Biraschi). Dimensioni colossali aveva anche l'obelisco
________________
1 Vd. T 207 Gualandi; ma vd. anche TT 79 e 62 per la possibilità che l'osservazione
vada riferita allo Zeus olimpico di Fidia o al colosso di Nerone.

315
di Eliopoli in Egitto, dedicato al Sole, e portato a Roma da Costanzo nel 359.
Collocato nel Circo Massimo, si trova ora in piazza San Giovanni in Laterano.

La statua della libertà. L'opera d'arte più famosa di tutte è il colosso di


Rodi, una vera e propria meraviglia, anzi una delle sette meraviglie (Tav. 1)2.
Persino quando cadde a terra, 66 anni dopo la costruzione, rimase uno «spetta-
colo meraviglioso» (Plinio, Storia naturale 34.41, cf. 39-4o e 45-46 = T 62 Gua-
landi). Opera di un artista locale, Carete di Lindo, discepolo di Lisippo, il Sole3
era colossale. Alto 70 cubiti4 (32 metri circa), era costato 12 anni di lavoro
(302-290 a.c.)5 e 300 talenti. Commemorava la liberazione dell'isola dall'assedio
di Demetrio Poliorcete (304 a.C.). Simboleggiava dunque la libertà, come la
statua-simbolo dell'America. Tra i tanti significati del Sole c'è infatti anche
questo. Nell'Interpretazione dei sogni Artemidoro diceva che sognare il Sole
preannuncia agli schiavi la libertà, «poiché gli uomini chiamano 'sole' la libertà
!"#$%&'()*+',)$*'-!*&'./#.01.+$2)&',)#%034$&')5&1+67%$8» (2.36; trad. D. Del Corno).
Per un'ironia della sorte, il Sole di Rodi testimoniava la cacciata di un re
che si propagandava lui stesso un Sole in terra. Il simbolo della libertà si ritor-
ceva contro il simbolo eliocentrico del potere. Demetrio Poliorcete infatti era
cantato come un Sole eliocentrico in un itifallo di Ermocle di Cizico (pp. 163-4,
v. 12 Powell = Ateneo 6.253d-e):

Era (sc. Demetrio Falereo) inoltre attento a curare la sua immagine tingendosi di
biondo la capigliatura e spalmandosi la faccia di un belletto roseo, sul quale
stendeva poi gli altri cosmetici; desiderava infatti esibire ai suoi frequentatori un
aspetto radioso e piacente. Alla processione delle Dionisie, che egli guidò quando
fu eletto arconte, il coro cantava per lui un carme di Sirone di Soli, nel quale era
salutato con l'appellativo di “Bello come il sole”: Nobilissimo e bello come il sole, di
divini/ onori l'arconte ti fa omaggio (cf. Castorione di Soli, SH 3312)6.» (Ateneo
12.542d-e; trad. M.L. Gambato).

Da Plutarco, Demetrio 41.7-8 apprendiamo che Demetrio si stava facendo


preparare un mantello decorato con «corpi celesti», verosimilmente con il sole al
centro (vd. sotto). Come diciamo in Italia, «non è tutto oro quello che luccica».

________________
2 Alle testimonianze raccolte in HEBERT 1989, pp. 16-45 vanno aggiunte le due
segnalate da BRAVI 2006, p. 128. Sul colosso, vd. GABRIEL 1932. Sulle sette meraviglie, vd.
CLAYTON-PRICE 1989.
3 In quegli stessi anni Aezione innalzava un Elio col carro in bronzo nella Siracusa

di Ierone II, vd. T 511 Reinach.


4 26 cubiti era l'Atena del Partenone, 40 lo Zeus di Taranto di Lisippo (T 62 Gualandi).

5 Per altre durate eccezionali vd. DE MARTINO 2004.

6 Vd. CERFAUX-TONDRIAU 1957, pp. 180-7, in part. 184.

316
Rodi era l'isola del Sole. Era sbocciata per lui dal mare. La ninfa eponima7
era una specie di premio di consolazione per essere rimasto fuori dalla sparti-
zione olimpica del mondo, come racconta Pindaro, Olimpica 7.54-73. Il mondo
sarebbe stato diviso soltanto per tre, perché il Sole «non c'era»8, uno smacco per
un dio temuto di più quando non c'è o minaccia di non esserci, nelle quotidiane
eclissi notturne, in quelle eccezionali diurne9 e in quelle eterne, nell'Ade10. Ma
anche un'ennesima prova che il Sole era un dio minore11, condannato a lavorare,
senza ferie, un dio di fatica, come il dio Efesto, il suo amico del cuore, come
vedremo.
Benché presto12 identificato con Febo (“Splendente”), il Sole apparteneva
alla dinastia anteriore dei Titani, ed era un parente per così dire scomodo di
Zeus e degli altri dei Olimpici (Demetra, Era, Ade, Posidone).
Più che un onore, la sua funzione di “tecnico delle luci” è un onere, se non
proprio una condanna, una sors... inrequieta, come diceva Ovidio (Metamorfosi
2.386). Benché dedicatario di inni13, è venerato dai barbari più che dai Greci14.
È più adatto a culti privati che pubblici. Socrate, per esempio, lo prega al
mattino (Platone, Simposio 220d). Ha riti strani, come quello persianeggiante
________________
7 Dalla ninfa Rodi il Sole ha sette figli, da uno dei quali nascono i tre capostipiti
delle città principali, Camiro, Ialiso e Lindo; vd. ANGELI BERNARDINI 1983, pp. 180-5 e il
commento di VERDENIUS 1987, pp. 74-80.
8 Sulle assenze degli dei dal tempio, vd. VOX, in DE MARTINO-VOX 1996, pp. 194-7

(“*Il dio c'è”). Ma l'assenza del Sole implica che il Sole non avesse visto, benché vedere e
sentire tutto fosse proprio la sua specialità (Od. 12.323, Ovidio, Metamorfosi 4.228, Inno
orfico 8.1, 14, 18, Nonno, Dionisiache 40.379 ecc., vd. GIGLI PICCARDI 1985, pp. 178 e nn. 21-2 e
179 e n. 23), specie ciò che gli interessati non vedono: la fine che ha fatto la figlia di
Demetra (inno omerico 2.75-81) e gli amori di Ares ed Afrodite (Od. 8.266-366). Ma Sole è
anche una specie di Santa Lucia, perché guarisce la cecità d'Orione (Igino, Astronomia
2.34.2: vd. sotto).
9 Nel Peana 9 di Pindaro è ricordata l'angoscia dei Tebani per l'eclissi del 17 feb-

braio 478 o del 30 aprile 463 a.C.


10 In Od. 12.377-83 minaccia di eclissarsi nell'Ade e di «splendere per i morti»; per

altri paralleli vd. BONA 1988, pp. 220-1. La luce del Sole è la prima cosa che manca
nell'Ade, cf. Prassilla, fr. 747/1.1 Page. Anche in Aristofane, Nuvole 584-6 il sole minaccia
comicamente di non splendere più. E Aristonimo intitolò una sua commedia non ante-
riore al 420 Sole infreddolito ( "9#$%:'+;$(63&, frr. 2-6 Kasssel-Austin).
11 Zeus gli comanda di «continuare a splendere tra gli immortali e/ tra i mortali

sopra la terra dono di biade» (Od. 12.385-6). Era lo costringe a tramontare «suo malgrado
()/.,2 %&-)8» (Il. 18.239-40). In Ps.-Apollodoro. Biblioteca 1.6.35 Zeus impedisce «a Eos, a
Selene e a Elio di apparire» durante la guerra tra Titani e Olimpici.
12 A partire da Pindaro (Peana 9).

13 Inno omerico 31 (Ad Elio); vd. anche Anacreonte, fr. 451/106 Page; Timoteo,

fr. 800/24 Page, carmi popolari frr. 860/14 e 876/30 (b) Page.
14 Platone, Cratilo 397c-d, Aristofane, Pace 406-11.

317
sulla cima del monte Taigeto che consiste nel sacrificare cavalli (Pausania
3.20.4). Che il rito fosse pertinente al Sole lo mostra il rito eseguito dal solare
Tindaro (Pausania 3.20.9) vicino alla tomba del cavallo e alle sette colonne-
pianeti. Simile l'affondamento di una quadriga con tutti i cavalli a Rodi (Festo,
p. 190 Lindsay), più adatto a Posidone15.

Il sole di Achille. Re-Sole16, prima di Luigi XIV, furono, vollero essere


anche Alessandro Magno, Augusto, Cristo, Nerone, Costantino. Frequente era
già in Omero la similitudine con astri17. Star, eroi “solari”, sono Diomede (Il. 5.4-
-6), descritto come se avesse già quasi l'aureola, Paride (Il. 6.512-3), Ettore (Il.
11.62-4) e, più solare di tutti, più star di tutti, Achille, che con le nuove armi
luccica e risplende come un astro18. Filodemo (De poematis, PHerc 1676 e 1081)
– forse sulla base di Metrodoro di Lampsaco (V a.C.) – sosteneva che Achille era
il sole (Agamennone l'etere, Elena la terra, Paride l'aria, Ettore la luna; Apollo
sarebbe la bile)19.
Il più antico Sole nell'arte greca è appunto quello immaginato e descritto
da Omero (Il. 18.478-608)20 proprio sul secondo scudo di Achille21, quello che gli
________________
15 Al quale sono dedicati l'offerta del carro ad Onchesto in Beozia (inno omerico
3.229-38) e l'annegamento dei cavalli in Argolide (Pausania 8.7.2). Per i sacrifici di equini,
vd. anche Plutarco, Pelopida 22.
16 Luigi XIV si chiamava Re Sole perché ballò nel Triomphe de l'amour. Prélude de la

nuit di Jean Baptiste Lully, danzando appunto nel ruolo del Sole.
17 Vd. HARDIE 1985, p. 12 nn. 3-5; cf. anche, per le raffigurazioni artistiche, EISLER

1910, pp. 84 e 309ss., YALOURIS 1980, pp. 315-6.


18 Vd. MAIULLARI 2004, p. 60.

19 Vd. MONTANARI 1991, p. 7. Più a ragione è re-sole Eeta, quando si arma e sale sul

carro di Fetonte, con i cavalli donati dallo stesso Sole (Apollono Rodio 3.1228-30 e 1235-7
e 4.219-21).
20 Omero non dice se era rotondo e se era a sbalzo o a intarsio (GOSTOLI 1996, p.

985), ma solo che era in cinque strati, «due di bronzo, due di stagno all'interno,/ ed uno
strato d'oro» (Il. 20.271-2). Sette strati di pelle di bue ed un ottavo di bronzo aveva lo
scudo di Aiace, costruito da Tichio di Ile (Il. 7.219-23); «bello ,)#!2&8, intorno a cui cor-
revano dieci giri di bronzo,/ e c'erano umboni, venti di stagno,/ bianchi, ed uno di smalto
nero, al centro ./&'<.*'=.24%$4$&8» era quello di Agamennone (Il. 11.32-5); «bello ,)#!2&8» e
di bronzo con numerosi pelli di buoi all'interno cucite «con fili d'oro correnti in cerchio
sull'orlo» era lo scudo di Sarpedone costruito da un fabbro (Il. 12.294-7); «folto di pelli, e,
sopra, uno spesso strato di bronzo» era quello di Ettore (Il. 13.803-4).
21 Sullo scudo di Achille, vd., tra gli altri, BIENKOWSKI 1891; TAYLER 1913; SCHA-

DEWALDT 1938; BUFFIÈRE 1956, pp. 155-65; YOSHIDA 1964; FITTSCHEN 1973; PHILLIPS 1980;
TAPLIN 1980; VANDERLINDEN 1980; CIRIO 1980-81; HARDIE 1985; MILLER 1986; WORTHEN
1988; ZAMBARBIERI 1990 (ad l.); HANNAH 1994; CRADDOCK 1994; BECKER 1990 e 1995;
SIMON 1995; NAGY 1997; LAIZE 1997-98; REVERMANN 1998; AMEDICK 1999; DEJONG 1999;
SCULLY 2003; MAIULLARI 2004, pp. 53-64 (“L'Iliade, un racconto onirico a cerchi concentrici

318
ricostruì Efesto dopo che Patroclo era morto con addosso l'armatura prece-
dente22. Un'ekphrasis si fa sempre per capolavori, e un capolavoro è questo
scudo, se pensiamo a qualsiasi altra ekphrasis e a qualsiasi altro scudo, incluso
quello precedente. Il nuovo e più bello scudo di Achille giustifica la fiducia di
Archiloco in un secondo scudo «non peggiore» (fr. 5.4 West2).

Per prima cosa faceva lo scudo ampio e massiccio/ istoriandolo tutto, intorno
metteva un orlo bellissimo,/ scintillante, a tre giri, vi applicava una cinghia
d'argento./ Erano cinque gli strati di questo scudo; e su di esso/ tracciava molte
figure con arte sapiente./ Vi scolpì la terra ed il cielo ed il mare,/ il sole che mai non
si smorza(!/.2#$%2&'-'/')/,)2=)&-)), la luna nel pieno splendore23,/ e tutte le
costellazioni, di cui si incorona il cielo,/ le Pleiadi, le Iadi, la forza d'Orione/ e
l'Orsa, detta anche Carro per soprannome,/ che gira su se stessa guardando
Orione,/ ed è l'unica a non immergersi nelle acque d'Oceano.

prese quindi lo scudo, grande e pesante,/ se ne diffuse un chiarore, come di luna24


!/02>-.'=!2&!:8./ Come quando sul mare ai naviganti appare la fiamma/ di un fuoco
acceso, che arde in alto sui monti/ da una stalla isolata; ma, loro malgrado, lontano
dai cari/ li respingono i venti sul mare pescoso;/ così verso il cielo un raggio
s'alzava dallo scudo di Achille,/ bello, ben lavorato; sollevato poi l'elmo pesante/ se
lo calzò sulla testa: rifulse come una stella (!;'<'/')/4-!*+'6?:')/7.2#)=7.&)/ l'elmo
chiomato, ondeggiavano i crini d'oro,/ che Efesto aveva applicati folti intorno alla
cresta.

Il vecchio Priamo fu il primo a vederlo con i suoi occhi,/ mentre saettava sulla
pianura, tutto splendente come la stella (6":'-'/')/4-.2+)),/ che sorge d'estate, i suoi
fulgidi raggi ()/+$2@!#%$'<.2'%$;')0/()$2)/ si distinguono tra tanti astri (=.-'/')/4-+)24$) nel
cuore della notte;/ Cane d'Orione lo chiama la gente. (Il. 18.478-89; 19.373-83; 22.25-
9; trad. G. Cerri)

________________
come il nuovo scudo di Achille descritto nel canto 18”); CHIARINI 2005, pp. 48-61; inoltre
LEAF 1902, “Appendix” i, pp. 602-14 ed EDWARDS 1991, pp. 200-32.
22 Del primo scudo Omero dice soltanto che era «grande e pesante
4)2,%:'=.2()'-.'4-$A)+%2&'-.8» (Il. 16.136). Luciano (L'ignorante collezionista di libri 7)
immagina Tersite con indosso le armi e lo scudo di Achille.
23 Sulla Luna, star reale e metaforica, una volta tramontato il sole, vd. Saffo, frr. 34 e

96.6-9 Voigt.
24 In Eschilo, Sette a Tebe 387-90 il primo dei sette scudi descritti, quello di Tideo, ha

come emblema proprio la luna: «Sullo scudo porta quest'insegna superba: è un cielo
cesellato, fiammeggiante di stelle, e una luna piena nel mezzo campeggia splendente
#)=7+)*'<.*'7)&4.2#!&%:'./&'=.246B'4)2,.$8; il più venerando fra gli astri, l'occhio della notte,
su tutto si staglia» (trad. M. Centanni). In Euripide, Fenicie 1114-8 l'unico riferimento ad
un astro è per lo scudo di Ippomedonte: «In mezzo al suo scudo si stagliava Argo
l'onniveggente, costellato di occhi che si aprivano, in parte, al sorgere del sole
40*&')54-+6&'./7$-%#)$34$&8 e in parte si chiudevano al tramonto <0&%2&-6&'=.2-)8. Lo
accertammo dopo la morte di Partenopeo» (trad. U. Albini)

319
Complicità di Sole e Efesto. Il primo Sole nell'arte virtuale porta per così
dire la “firma” di Efesto. Tra i verbi usati per la costruzione (Il. 18.478, 482 7%$2.$,
490, 573, 587 7%$2!4., 608 .58-.0C'/, 541, 550, 561, 606 ./8-$21.$8 uno, 7%$.26, poteva
stare direttamente sullo scudo, perché è quello più tipico della sphragis.
Tra Sole ed Efesto c'è solidarietà, perché sono entrambi divinità di fatica.
La presenza del Sole sullo scudo costruito da Efesto rientra in una serie di com-
plicità tra i due dei. Già nella scenetta di Efesto precipitato da Zeus dall'Olimpo
(ll. 1.590-4), viene ripetutamente ricordato il Sole (592, cf. 601 e 605). La prima e
massima prova di amicizia è in occasione dell'adulterio di Afrodite con Ares, in
Od. 8.266-366, che proprio Sole svela ad Efesto (vv. 270-1 e 302). Il mito era uno
di quelli «maggiormente criticati», come dice Plutarco (Come i giovani devono
ascoltare i poeti 4.19e)25.
Sole ha un rapporto ambiguo col letto. Eraclito allegorista propone due
possibili spiegazioni dell'epiteto del Sole /D#.2,-6+: '/D#.2,-6+. Delle due l'una.
O viene chiamato !5#.,-+%: in quanto dio che non ha mai toccato letto
%;'1.%*:'%/&%=)2@.-)$'=!<.27%-.',%$2-!:'./7$E)026&8 o forse più credibilmente ./7$.#$2,-6+
in quanto è uno che misura il mondo con un moto circolare di giorno e di notte»
(Questioni omeriche 44.4. Buffière). La prima etimologia presuppone la forma
dorica ajlevktwr (testimoniata in Simonide, fr. 583/78 Page), che è la stessa usata
dal poeta Santo (fr. 700/2 Page) per Elettra: il suo vecchio nome sarebbe stato
Laodice, ma «la chiamarono Elettra, per il fatto che non aveva ottenuto un uomo
<$)*'-%*')/=%$+.$3&')/&<+%2:8'e non aveva provato letto ,)$*'=!*'7.7.$+)341)$'#.2,-+%08».
Nella battaglia decisiva tra Titani e Olimpici a Flegra, presso Pallene, nella
penisola Calcidica, Elio dà un passaggio ad Efesto «sfinito» dal combattimento.
Efesto gli fa un altro dono, un aratro massiccio costruito apposta per lui. Lo
racconta Apollonio Rodio 3.221-40, prendendo spunto dalle meraviglie del
palazzo di Eeta, il figlio di Elio.
Il «riferimento a Helios è importante per il mito, narrato in seguito, di
Fetonte in parallelo ad Apsirto (4, 597-8 [...]), il figlio di Eeta di cui già ora si
riporta il soprannome Fetonte26» (FUSILLO 1985, p. 296). La saga del figlio
Fetonte è solare come quella del figlio Apsirto-Fetonte (FUSILLO 1985, pp. 42-3).
Anche Apsirto guida un carro, quello del padre, i cui cavalli sono un dono di
Elio (3.1235; 4.219-25). Anche lui, guidando il carro al posto del padre, morirà.

________________
25 Vd. MONTANARI 1991, p. 8. Raggi di sole gettano luce anche sull'avventura di
Zeus ed Europa nel dipinto virtuale descritto all'inizio di Achille Tazio, Leucippe e Clito-
fonte (1.1).
26 Vd. Timonatte, FGrHist 842 F 3: «Fetonte] Apsirto si chiamava anche Fetonte

(Apollonio Rodio 3.241-7), come dice Timonatte nel II libro degli Skythika».

320
Un'altra prova di amicizia è il veicolo che Elio usa per il quotidiano viag-
gio di ritorno da ovest ad est27: una coppa <.27):F'G$)2#!F'#.2A!:8, d'oro ed anche
alata28, come conferma la ceramica. Era un vero e proprio traghetto, tanto
grande da contenere Sole con tutto il carro e i cavalli (Ferecide, FGrHist F 18a).
Mimnermo nella Nanno (fr. 12 West2) riferisce che la coppa usata da Elio è
un dono di Efesto, e la notizia è ribadita da Antimaco (fr. 66 West2) e da Eschilo
(Eliadi, fr. 69 Radt). Il dono potrebbe essere una ricompensa per averlo avvertito
che la moglie Afrodite lo tradiva con Ares (VOX in DE MARTINO-VOX 1996, p.
713). Da Stesicoro, fr. S 17.6-7 Davies si desume un Sole ligio alla famiglia.
Mimnermo invece, ispirandosi ad Od. 23.354 e ad Esiodo, Teogonia 404, definisce
la coppa «desideratissimo letto concavo» (fr. 12.5-6 West2), insinuamdo forse
che il wagon-lit non serviva solo per dormire29.

Centralità del Sole. Il Sole è solo una delle numerose immagini dello
scudo di Achille, ed è descritto in maniera superficiale, senza neppure preci-
sare in quale delle cinque fasce stesse. Omero dice solo che è «infatica-
bile»30, come fosse già personificato31, mentre è sole vero. Ma è descritto per
primo e influenza l'effetto generale prodotto dallo scudo (Il. 19.373-83 e
22.25-32): quello di un disco acceso, illuminato, per così dire. È la regola
del «non dilungarsi fino in fondo riguardo ai dettagli privi di utilità
-%*'=!*'-.#.26:')/7%=!,02&.$&'7.+$*'-)*')5H+!4-)8» (Teone, Progimnasmi, p. 119.29-30
Spengel).
Nell'arte reale sullo scudo di Achille (Tav. 3.a) c'è spesso un sole32, così
come su scudi di altri (Tav. 3.b).
La consegna dello scudo era illustrata anche nell'arca di Cipselo (Tav.
3.a.1)33, nell'ultima delle cinque fasce: «vi sono anche pariglie di cavalli con
donne in piedi su di esse: le ali dei cavalli sono d'oro e un uomo porge delle
________________
27 Sul mito del viaggio di ritorno, vd. JESSEN 1912, coll. 92-3.
28 Come il carro; sui «carri alati», vd. WILLINK 1986, p. 253.
29 Sulla coppa di Elio vd. la scheda di Ateneo 11.781d (e 469c-470) e la rassegna di

LAZZERI 2008, pp. 31-3.


30 La fatica del Sole è un topos, più diffuso nella letteratura latina che in quella

greca. Vd. BARCHIESI 2005, p. 268 (ad Ovidio, Metamorfosi 2.381-400). In 24 ore circa fa il
giro del mondo. Il Sole è un pendolare d'oro, ma un pendolare. Pendola tra Occidente ed
Oriente e «non c'è nessuna sosta (Mimnermo, fr. 12.2 West2). Non ha ferie e per questo è
difficile trovarlo nel tempio, vd. sopra.
31 Non ha dunque i tratti fisici che lo contraddistingueranno in seguito: occhi accesi

e intermittenti, capelli-raggi, aureola, e «manto di porpora» sono ad esempio il suo iden-


tikit in Ovidio, Metamorfosi 2.22-4.
32 Vd. HARDIE 1985, pp. 18-9; GURY 1986, pp. 432-41, PASQUARIELLO 2004, pp. 113-5.

33 Sull'arca vd ora GIUMAN 2005, pp. 146-7. Vd. anche SHAPIRO 1990, p. 138-40.

321
armi a una delle donne. Vi sono indizi per dire che abbiamo a che fare con la
morte di Patroclo: sarebbero infatti Nereidi le donne sulle pariglie di cavalli e
Teti a ricevere le armi -)*'%"7#)8 da Efesto. E del resto quello che dà le armi non
è ben saldo sui piedi e lo segue un servo che tiene una tenaglia» (Pausania
5.19.8; trad. G. Maddoli). Questa fascia è priva di iscrizioni e perciò non è sicura
la sua interpretazione, ma potrebbe riguardare tutta quanta le nozze di Peleo e
Teti. Gli sposi giacenti (in concubito) nella grotta, Odisseo e Circe secondo Pau-
sania (5.19.7), potrebbero in realtà essere Peleo e Teti34.
Due delle venti Tabulae Iliacae (I sec. d.C.; Tav. 3.a.10-2 e 13)35, entrambe
conservate nei Musei Capitolini, presentano lo scudo di Achille con lo zodiaco.
Nella prima il Sole e la Luna sono in due piccoli riquadri.
Un terzo scudo di Achille è anche nel frammento Sarti (Tav. 3.a.8-9) del
quale resta solo una riproduzione dell'800. Al centro si vede Teti che sostiene
uno scudo, come faceva forse in origine nella parte destra (non più visibile)
anche un'altra figura (Nereide?, Efesto?). Nell'orlo dello scudo c'è lo zodiaco, al
centro un busto femminile, forse della Gorgone.
La presenza di Sole nello scudo di Achille non deve meravigliare. Stelle36 e
fulmini apotropaici o per creare panico si trovano spesso su scudi37. In Polibio
7.9.2 «sole, luna, terra, fiumi, porti, acque» sono gli dei protettori degli eserciti.
Il Sole continuerà a stare al centro nelle numerose ricostruzioni e realizza-
zioni moderne38, dove assume ormai un ruolo da protagonista (Tav. 2.a).
Il grande interesse degli antichi39, i molteplici schizzi moderni, le realizza-
zioni antiche e moderne nel '700, nell''800 e nel '900 i numerosi studi mostrano
________________
34 Vd. MADDOLI-SALADINO 1995, p. 303. Per il concubito nell'arte, vd. DE MARTINO 2007.
35 Vd. JAHN-MICHAELIS 1873, n. 58; SADURSKA 1964, pp. 43-7 nn. 4-5, tavv. 5-7 e 8 e
1966; KEULS 1981, pp. 182-4; GUARDUCCI 1974, pp. 430-3 e figg. 16a-b; HARDIE 1985, p. 21;
PASQUARIELLO 2004, pp. 113-5 e figg. 38-9.
36 Vd. CHASE 1902, pp. 122-3 nn. CCXLIV-CCXLVII.

37 Nonno (Dionisiache 25.352) definisce )/4-.+%2.44)&" uno scudo decorato di stelle

(v. 338). Anche la corazza di Achille, indossata da Patroclo in Il. 16.134, è definita ajstero-
venta, «decorata di stelle», come spiega uno scolio (ad Il. 16.134a.1). Eustazio (ad Il.
III.820.18-9) intende invece «simile ad un astro». Vd. HARDIE 1985, p. 13 e n. 14.
38 Di un argentiere inglese – che fece anche una coppa di Teocrito – su disegno di

Flaxman (Irwin 1979, pp. 192, 194, 270, 273, 275 e 2001, p. 1121); di Guzzi (Elio sta al
centro con la sua quadriga di fuoco, circondato da una serie di astri, incluso lo stesso
sole. Intorno lo Zodiaco, e nei due cerchi esterni scene della vita di Achille); di Lino Min-
neci (Siracusa, 1929) , autore anche di un Sistema solare e di altre opere di ispirazione
classica (Amazzone, Aretusa e Alfeo, Pallade, Agamennone, Arkimedes, Dalle origini a Marte),
di Fiodoro e Salvati, autori anche di uno Scudo di Ettore; di Alessandro Romano (AA.VV. 1990).
39 Vd. HARDIE 1985, pp. 15-6, 28 n. 114 e GOSTOLI 1996, p. 985 (al v. 481). Dello scudo

si occuparono anche due grammatichesse omeriche, Agallide di Corcira e Demo; vd.


DE MARTINO 2006, pp. 170-8.

322
che questo scudo ha fatto e continua a fare grande impressione su tutti. Quando
i pittori ateniesi del VI e del V secolo a.C. hanno rappresentato lo scudo di
Achille, «non hanno nemmeno provato a illustrare il testo omerico» (SCHNAPP
1996, p. 135). Nelle tavole iliache, lo scudo di Achille è ricostruito secondo
un'ottica romana. In alto sta la città, in basso la campagna. Tra i due ambienti
non c'è quasi collegamento, ma cesura netta. Nicholas Vleughels (1715) dispose
le scene su un'unica fascia intorno al centro con gli astri e le costellazioni. Anton
Chrysostome Quatremère de Quincy (1819) immaginava intorno alla zona
astronomica il cerchio delle città (in pace e in guerra) e il cerchio delle attività
agricole. Alexander Stuart Murray e William Hatty Rylands (1880) propone-
vano un modello centripeto (Oceano, le due città, scene rurali, città in festa,
zona centrale astronomica), Ludwig Weniger (1912) un modello centrifugo
(zona cardine astrale; 1. due città; 2. attività agricole; 3. attività pastorali-di cac-
cia; 4. città in festa; 5. Oceano). James Redfield (1975, p. 188) ha proposto che le
scene fossero sullo schema A-B-C-B-A40.

Lo scudo euripideo. Il sole era già al centro nelle numerose imitazioni


della descrizione omerica dello scudo, a partire da quella di Euripide, Elettra
442-77, che segna una novità perché qui il Sole è ormai personificato. I due
modelli, omerico ed euripideo, producono due filoni iconografici: quello col
Sole astronomico e quello col Sole personificato con carro.

Le Nereidi, lasciati i promontori dell'Eubea,/ portavano lo scudo )/47$4-)2:8, fatica


dell'incudine/ di Efesto, e le armi d'oro,/ e su per il Pelio e per le sacre/ vallate
dell'erto Ossa,/ cime elevate delle Ninfe,/ cercavano, nei luoghi ove il padre/
cavaliere lo allevava,/ il figlio di Tetide marina, luce della Grecia ';D##)2<$'G63:8,/
piede veloce per gli Atridi.
Da un uomo giunto da Ilio/ nel porto di Nauplia udii,/ o figlio di Tetide,/ del tuo
celebre scudo/ e delle immagini che, spaventose/ per i Frigi, l'ornavano./ Nell'orlo
circolare dello scudo,/ Perseo, lieve sul mare con i calzari alati,/ teneva in mano il
capo della Gorgone, recisa la gola,/ e con lui Ermes, messaggero di Zeus,/ il figlio
agreste di Maia.
Nel centro dello scudo risplendeva radioso/ il disco del sole ,02,#%:')/.#$2%$%8/ con i
cavalli alati/ e le schiere celesti degli astri,/ Pleiadi, Iadi, terribili/ agli occhi di
Ettore. Sull'elmo aureo/ le Sfingi stringevano tra le unghie/ la preda soggiogata dal
canto. Sulla corazza che cinge i fianchi/ la leonessa spirante fuoco accorreva armata
di artigli,/ nel vedere il puledro di Pirene./ Sulla spada insanguinata galoppavano
cavalli dai quattro zoccoli,/ intorno ai fianchi si sollevava nera la polvere.
(Euripide, Elettra 442-77; trad. S. Fabbri)
________________
40Per una rassegna su alcune di queste ricostruzioni vd. SCHNAPP 1996, pp. 123-8.
Notevole il piano di tavolo, realizzato da mosaicisti vaticani e donato da Leone XII a
Carlo X di Francia (inizi XIX sec., Versailles, Château de Versailles).

323
Non sappiamo a quale scudo, se al primo o al secondo, Euripide si riferisca
e se abbia innovato o seguito una fonte alternativa, che però non conosciamo.
Le «immagini» dello scudo euripideo sono infatti diverse da quelle dello
scudo omerico. Sono «spaventose» e riguardano il mito di Perseo con la testa
della Gorgone e con Ermes. Somigliano di più a quelle dell'egida di Atena in Il.
5.738-4241, dello scudo di Agamennone in Il. 11.32-742, e a quelle del barocco
scudo pseudo-esiodeo di Eracle, anch'esso costruito da Efesto come quello di
Achille43.
Ma colpisce che la presenza costante sia Sole al centro. Euripide esplicita la
posizione centrale del Sole, e la presenza dei cavalli e quindi del carro, elemento
quest'ultimo del tutto ignorato nell'Iliade e nell'Odissea44. Neanche Esiodo (fr. 390
M.-W.) è certo che lo abbia menzionato. Il Sole sul carro diventerà un'iconogra-
fia stereotipa nell'arte (MOORMANN-UITTERHOEVE 1997, p. 99; vd. NÉRAUDAU
1986).

Altri scudi. Del tipo euripideo è anche lo scudo di Achille descritto in


Quinto Smirneo, Postomeriche 5.1-101, in occasione del giudizio delle armi45:

In primo luogo, bene effigiati, erano nell'opera divina/ il cielo e l'etere; e insieme
alla terra si vedeva il mare./ V'erano poi anche i venti e le nubi, la luna ed il sole
!/.2#$%:8F/ ben sistemati qua e là; v'erano scolpiti anche gli astri tutti,/ quanti per
l'instabile volta celeste si aggirano. (vv. 6-9; trad. G. Pompella)

Anche questo scudo presenta «immagini spaventose della guerra» (5.29-43),


cioè Phobos, Deimo, Eniò, Eris, Thanatos, Pugne, Gorgoni (vv. 29-43).
Lo scudo di Achille è il modello anche dello scudo di Dioniso in Nonno,
Dionisiache 25.380-562. Le scene cosmologiche (vv. 387-412) non solo precedono
quelle mitologiche sulla terra e sull'Olimpo (vv. 415-562), ma sono prioritarie,

________________
41 Sull'egida, vd. anche Il. 2.447-9.
42 Anche sullo scudo di Agamennone raffigurato sulla quarta fascia dell'arca di
Cipselo è rappresentato I%2A%:, con la testa di leone e con una didascalia: «Questi è
Phobos, e tra i mortali chi lo porta è Agamennone» (Pausania 9.14.4).
43 Vd. Ps.-Esiodo, Scudo di Eracle 139-317 e RUSSO 1968, pp. 7-29 e 109 (sulle “conso-

nanze” tra gli scudi di Eracle e di Agamennone e l'egida di Atena).


44 Le testimonianze sicure sul carro sono Mimnermo (vd. sopra), inni omerici 2.63,

88-9, 4.68-9, 28.13-4, 31.9, 14-5. Come scorta del carro sono immaginate le 12 Ore (cioè i
12 mesi) da Nonno, Dionisiache 12.15-20.
45 Come in Ovidio, Metamorfosi 13.288-95. In Quinto Smirneo, Postomeriche 6.198-293

figura invece l'ekphrasis dello scudo di Euripilo, istoriato con le fatiche di Eracle.

324
come mostra il fatto che su di esse attira l'attenzione Attis (vv. 337-8, 352-67). Lo
scudo stellato di Dioniso è una sorta di «amuleto» che garantisce la vittoria46:
Dioniso intanto, saputa la profezia della madre,/ si mescola folle col tirso fra le
Baccanti montane,/ lasciando ai venti il peso dell'angoscia funesta:/ ora brandisce
l'artistico scudo, l'arma d'Olimpo,/ sapiente lavoro di Efesto. Si affollano le
schiere/ per osservare le meraviglie dell'olimpica arte,/ meraviglie splendenti,
opera di una mano divina/ che cesellò lo scudo versicolore. Nel centro/ Efesto ha
disegnato il cerchio della terra, attorno a cui/ ha avvolto la fascia del cielo,
maculata del coro degli astri,/ e il mare ha fatto connesso alla terra; e
nell'etere/ ha sbalzato il Sole portato sul carro d'oro fiammante
)$/1.2+$%&'<.2B'H+046B3'=.*&'G#%(.26&'./7%H!=.2&%&')5&-0($'<$2G+6&B'';9.2#$%&'7%$2,$##.&8,/ e dal
metallo d'argento ha tratto l'algore/ per disegnare il cerchio intero della Luna./ Ha
fatto anche tutte le stelle, ornamento dalle luci infinite/ di cui la volta dell'etere
s'adorna cangiante,/ fasciandole con la corona delle sette zone; e nel cerchio
dell'asse/ ha cesellato il duplice corso dei Carri celesti, che mai si tuffano in mare:/
lungo una pista sopra l'Oceano si allineano/ l'uno ai fianchi dell'altro, e sempre
quanto si piega/ la testa dell'Orsa che in basso tramonta,/ tanto si erge il collo
dell'altra che sorge./ E fra la coppia di Carri ha sbalzato il Drago,/ che quasi collega
le parti divise di questi due,/ inarcandosi con le striscianti sinuosità del suo ventre
celeste:/ trae poi indietro il suo corpo screziato (così la tortuosa/ corrente delle anse
del fragoroso Meandro attraversa la terra,/ flettendo il corso l'acqua in concave
spire)/ e fissa il suo sguardo in avanti sulla testa di Elice,/ fasciando di squame
siderali i corpi delle Orse,/ che a loro volta lo fasciano di astri: e sulla punta della
lingua,/ sputando la luce, barbaglia la stella protesa,/ che invia i suoi bagliori fra i
denti infiniti, vicino alle labbra./ Queste immagini ha cesellato l'abile artista/ nel
centro dello splendido scudo. (vv. 380-414; trad. G. Agosti)

Nella Ilias latina 862-91 attribuita a Bebio Italico si trova un'ennesima des-
crizione dello scudo di Achille:

Lì sopra il dio del fuoco aveva cesellato la volta dell'universo, gli astri (mundi
caelaverat arcem/ sideraque) e le terre alle quali fan corona da ogni parte le fluttuanti
ninfe dell'Oceano, e Nereo che all'intorno n'è cinto, il ricorrere degli astri
(astrorumque vices) e la divisione delle ore notturne (dimensaque tempora noctis), e poi
i quattro punti dell'universo (quattuor et mundi partes), quanto l'Orsa dista
dall'Austro e il tramonto dalla rosea alba, e donde Lucifero sorge coi suoi cavalli e
donde Espero, doppio aspetto di un unico astro, e quanto scorra lungo la sua orbita
la falcata Luna (Luna cava), illuminando il cielo con pallida luce (nitida lustraret
lampade caelum). (vv. 862-70; trad. M. Scaffai)

Dalla descrizione dello scudo di Achille dipende anche la descrizione in


Ovidio, Metamorfosi 2.1-18 della reggia-fastigium del Sole, opera del «famoso

________________
46 Vd. STEGEMANN 1930, pp. 85ss.; HARDIE 1985, pp. 27-8.

325
Mulcibero (Mulciber illic)»47. Tetto in lucido avorio, porte a doppio battente color
argento, e a sbalzo il globo terrestre e il cielo e il mare, con divinità marine (dai
caratteristici capelli verdi, v. 12) e campestri. Proprio la triade terra-mare-cielo
sottolinea l'analogia tra lo scudo e la reggia, entrambi opera di Efesto-Vulcano
(BROWN 1987, p. 211).
Come l'ekphrasis del palazzo del Sole48 lo apre, così il «libro si chiude con
una descrizione altrettanto legata alla tradizione dell' ekfrasis (BARCHIESI 2005,
pp. 235-6), cioè con la descrizione di Zeus-toro e di Europa. Inizio e fine libro
trovano un modello di riferimento nell'Europa di Mosco (vv. 115-24 e 125-30).
L'ekphrasis serve a zoomare le porte attraverso le quali entra Fetonte, intento
come Telemaco alla ricerca del padre. Alla descrizione segue il racconto succes-
sivo con l'arrivo in salita di Fetonte, che ha lo stesso stile descrittivo, come se si
trattasse ancora di un'ekphrasis. Tra le tante ambiguità spiccano l'indistinzione
tra Sole ed Apollo, il gioco di parole tra caelarat, da caelum «cesello», e caelum
(vv. 6 e 7).

Alta su eccelse colonne si levava la reggia del Sole,/ fulgida d'oro splendente e di
piropo simile a fiamma:/ lucido avorio vestiva il fastigio del tetto,/ raggiavano luce
d'argento le porte a doppio battente./ E il lavoro aveva più pregio del metallo: il
famoso Mulcibero/ vi aveva sbalzato l'oceano che cinge le terre centrali,/ il globo
terrestre e sul globo altissimo il cielo./ Ecco nell'acqua gli dèi cerulei, Tritone che
suona,/ e Proteo cangiante, ed Egeone, che stritola/ fra le braccia balene dal dorso
mostruoso,/ Doride insieme alle figlie, che vedi qui chi a nuotare,/ chi ad
asciugarsi, seduta su un masso, i verdi capelli,/ qualcuna a cavallo di un pesce: non
tutte uguali nel fisico,/ né troppo diverse, come è giusto che sia fra sorelle./ Sulla
terra c'è gente e città, foreste e animali,/ e fiumi, e ninfe, e gli altri dèi campestri./
Più in alto ha raffigurato il cielo fulgente:/ sei segni celesti al battente destro, e al
sinistro altrettanti. (Ovidio, Metamorfosi 2.1-18; trad. L. Koch)

Il «regalo di Vulcano». L'ekphrasis del palazzo e delle porte del Sole serve
per introdurre l'arrivo a palazzo di Fetonte, allo stesso modo in cui in Virgilio,
Eneide 6.14-33 il tempio di Apollo a Cuma coinvolge il mito di Icaro:

Dedalo, questa è la fama, fuggendo il regno minoico,/ su rapide penne osò librarsi
nel cielo,/ per cammino insueto navigò all'Orse gelide,/ e in vetta ai colli calcidici
posò finalmente, leggero./ Qui, reso appena alla terra, consacrò, Febo, a te,/ il
remeggio dell'ali e vasto il tempio fondò./ Sui battenti la morte d'Androgeo: quindi
a pagarne la pena/ ridotti i Cecropidi (orribile!), sette ogni anno/ corpi di figli. Ecco

________________
47 Anche la propria casa Efesto se l'era costruita di persona, ed era «astreggiante
(ajsteroventa) » (Il. 18.370); vd. HARDIE 1985, p. 13.
48 Vd. LEACH 1974, BROWN 1987 (a p. 211 n. 1 ulteriore bibliografia sull'ekphrasis ovi-

diana). Su Ovidio e l'arte, vd. BARTHOLOMÉ 1935, HERTER 1958.

326
l'urna, e son già estratte le sorti./ Di là risponde, alta sul mare, la terra di Cnosso;/
ecco l'amore crudele del toro, e l'inganno e l'unione/ di Pasifae: e, frutto misto,
prole biforme,/ il Minotauro si vede, monito di maledetta passione./ E poi il
Labirinto ben noto, l'inestricabile intrico:/ ma pietoso d'Arianna e del suo grande
Amore,/ Dedalo stesso risolse l'insidia degli andirivieni ingannevoli,/ guidando i
passi ciechi col filo. Anche tu, Icaro, avresti/ parte grande in tant'opera, l'avesse
permesso il dolore:/ due volte tentò di plasmare la tua caduta nell'oro./ Due volte le
mani del padre ricaddero. (trad. R. Calzecchi Onesti)

In Ovidio Fetonte non è interessato alle porte, ma proprio al carro, ai Vul-


cania munera:

Così, dopo avere perduto tutto il tempo possibile, il padre/ conduce il ragazzo al
regalo di Vulcano, al suo carro supremo./ D'oro era il mozzo, il timone d'oro, d'oro
il cerchione/ delle ruote, d'argento la serie dei raggi;/ lungo il giogo, un fregio
simmetrico di gemme e topazi/ rimandava con chiari bagliori il riflesso di Febo.
(Metamorfosi 2.105-10; trad. L. Koch)

L'importanza di descrizioni come queste è nel fatto che si tratta di un pro-


dotto tecnologico, poco adatto alla poesia. Una descrizione puntigliosa simile,
che si può considerare un modello, è il carro di Era in Il. 5.720-32.
Entrata e uscita di solito sono l'occasione per descrizioni di numerose
regge e templi di Apollo, il dio omologato al Sole.

KNAACK 1886, pp. 28-9 riteneva che già nel Fetonte di Euripide ci fosse
un'ekphrasis monumentale, ed anche DIGGLE 1970, p. 42 n. 3 (cf. pp. 184-5) non
esclude che il messaggero possa aver effettuato una descrizione di quel palazzo.
KNAACK 1886 aveva notato anche le somiglianze tra la descrizione delle Stagioni
(Horae) in Ovidio; metamorfosi 2-26-30 e quella analoga in Nonno (Dionisiache
11.485-521) per l'arrivo delle Stagioni ( JWrai) al palazzo del Sole, per passarvi la
notte49. Egli attribuiva queste somiglianze ad una fantomatica fonte comune.
Non c'è tuttavia prova né che Ovidio l'abbia usata né che abbia a sua volta
influenzato l'ekphrasis in Nonno, Dionisiache 38.90-434, e neppure che entrambi
dipendessero da una fantomatica fonte comune50. Anche una parte dell'ekphrasis
della reggia di Cadmo in Nonno (Dionisiache 3.124-36) presenta somiglianze con
il v. 4, anche se non necessariamente per dipendenza diretta (BARCHIESI 2005,
p. 239).

________________
49 Vd. STEGEMANN 1930, pp. 128-38.
50 Vd. KNOX 1988, e BARCHIESI 2005, pp. 231 e 236.

327
La quadriga nel portico di Apollo. Potrebbero aver influito anche monu-
menti reali e recenti, per esempio quello di Apollo sul Palatino, inaugurato nel
28 a.C., e la cui facciata era sovrastata dal carro solare, e l'obelisco proveniente
da Eliopoli in Egitto, che dal 10 a.C. si trovava nel Circo Massimo, a sua volta
«l'equivalente urbano dell'ippodromo cosmico percorso dal Sole e da Fetonte»
(BARCHIESI 2005, p. 238). Augusto era uno dei tanti re assimilati al Sole.
Un'eco fra le altre è in Properzio 2.31. Il poeta ha dato un'appuntamento, a
Cinzia, ma non è stato puntuale. Ha tardato per assistere all'ìnaugurazione del
portico con al centro il tempio di Apollo in cima al quale sta la quadriga del
Sole: Tum medium claro surgebat marmore templum,/ et patria Phoebo carius Orty-
gia,/ in quo Solis erat supra fastigia currus51/ et valvae, Libyci nobile dentis opus:/
altera deiectos Parnasi vertice Gallos,/ altera maerebat funera Tantalidos (vv. 9-14).
Essa «sta a simboleggiare la garanzia, offerta da Apollo, dell'inizio di una nuova
aurea aetas con Augusto. La costruzione del tempio di Apollo sul Palatino rien-
tra, dunque, nel programma apollineo concepito da Ottaviano sin dall'epoca
della vittoria di Nauloco nel 36 a.C. e perseguito coerentemente nei successivi
20 anni» (FEDELI 2005, p. 873). Il tema solare è confermato dai due episodi mitici
raffigurati sulle porte: la cacciata dal tempio delfico di Apollo dei Galli (assimi-
lati ai Giganti da Callimaco, Inno 4.174), che, guidati da Brenno, avevano tentato
il saccheggio nel 278 a.C., e la strage dei figli della tantalide Niobe; all'interno
(vv. 15-6) le statue di Apollo citaredo, Diana e Latona, opere rispettivamente di
Scopa, Timoteo e della bottega di Cefisodoto.

L'ekphrasis di Filostrato Minore. Un'altra traccia della fortuna dello scudo


di Achille è in un'ekphrasis di Filostrato Minore, Immagini 10.4-20. Si tratta di
un'interessante ekphrasis nell'ekphrasis, perché il tema del dipinto è il duello tra
Euripilo e Pirro, che indossa le armi del padre, che Odisseo gli ha regalato:

(4) [...] L'uno e l'altro indossano le armi paterne: Euripilo procede con un'armatura
priva di ornamenti, armatura che muta la sua luce a seconda della direzione e della
modalità del movimento, come l'arcobaleno; Pirro invece indossa le armi di Efesto,
armi che cedette a lui Odisseo in odio al fatto di averle vinte.
(5) Osservando tali armi non si troverà omesso nessuno dei particolari descritti da
Omero, anzi da qui l'arte riprende tutto quanto: il modo di rappresentare terra,
mare e cielo, credo, non sarà necessario che qualcuno lo spieghi: il mare si
manifesta da sé a chi guarda perché ha ricevuto dall'artista proprio il suo colore; a
rappresentare poi la terra stanno le città e quanto sulla terra si trova, e tra poco
sarai informato su ciascun dettaglio; e questo è infine il cielo: puoi osservare come
il disco del sole -%*&'-.'-%03'!;#$2%0',02,#%&8 si muova incessantemente in esso, e vedi
lo splendore della luna piena.
________________
51 Vd. Ovidio, Metamorfosi 2.1-3 Solis erat... fastigia e BÖMER 1969, pp. 235-7.

328
(6) Ma mi sembra che desideri informazioni specifiche sugli astri: la differenza che
c'è tra loro dà ragione alla tua domanda. Eccoti le Pleiadi, indicatrici della
seminagione e della mietitura: esse tramontano e ricompaiono, come se le
conducesse il susseguirsi delle stagioni. Poi, dall'altra parte, le Iadi. Puoi vedere
anche Orione, ma la sua storia e la ragione per la quale si trova tra questi astri la
rimanderemo ad altra occasione, ragazzo, per non distrarti da ciò che ora ti preme.
Gli astri al di sopra di lui sono l'Orsa, o se vuoi chiamarla Carro. Si dice che solo
questa costellazione non si immerga nell'Oceano, ma che giri su se stessa come
fosse custode di Orione.
[...] (20) L'immagine del mare, poi, sul bordo dello scudo non è mare, ragazzo:
bisogna pensare che l'Oceano sia foggiato come confine della terra rappresentata
nello scudo. Ma ora basta con le figure sbalzate. (trad. C. Pasquariello)

Il Fetonte di Filostrato Maggiore. Il modello principale di Filostrato è suo


nonno, Filostrato Maggiore, che aveva dedicato a Fetonte un dipinto nel primo
libro delle Immagini (11, Fetonte)52. La caduta è un caso di «infortunio» per
incapacità – come nel caso di Icaro – di guidare un mezzo di trasporto eccezio-
nale. Come altri carri, anche quello di Elio non è guidabile se non da lui. In
Ovidio, Metamorfosi 2.388-90 egli minaccia di lasciare la guida ad un altro dio,
sapendo che nemo, nessuno sarà in grado di farlo, e che tutti gli dei dovranno
ammettere di non posse.

Le lacrime delle Eliadi sono d'oro. La storia dice che scorrono a causa di Fetonte:
questo figlio del Sole, per la sua passione di guidare cocchi, ebbe l'ardire di salire
sul carro del padre e non sapendo reggere bene le briglie, si rovesciò e cadde
nell'Eridano – i filosofi ritengono che questo significhi un eccesso della natura
ignea; per poeti e pittori, invece, si tratta solo di cavalli e cocchio – e sconvolse le
cose del cielo 40(H.$3-)$'-)*'%0/+)2&$)8. Osserva dunque: la notte caccia il giorno
dalla parte di mezzodì, mentre il cerchio del sole, precipitando verso terra, trascina
con sé le stelle. Le Ore, abbandonando le porte del cielo, fuggono verso le tenebre
che vanno loro incontro e i cavalli, sfuggiti al collare, si abbandonano all'estro. La
Terra lo scongiura e alza le mani al cielo, mentre il fuoco impetuoso piomba verso
di lei. Intanto il ragazzo cade giù e tramonta – i capelli in fiamme e il petto fumante
– precipiterà nell'Eridano e fornirà un mito al fiume. I cigni, soffiando qui e là dolci
note, leveranno un canto al fanciullo e a stormo andranno a cantarlo sul Caistro e
sul Danubio, e nessun luogo sarà ignaro di questa storia e per il canto si serviranno
di Zefiro, leggero e favorevole al cammino: si dice infatti che sia stato lui a ispirare
ai cigni l'esecuzione del loro lamentevole canto. Ecco perché è in mezzo a questi
uccelli; guarda, il vento suona grazie a loro quasi fossero strumenti musicali. Le
donne che stanno sulla riva e che non sono ancora divenute alberi, ci dicono che si
tratta delle Eliadi, che ebbero mutata la loro natura per il dolore del fratello e,
divenute alberi, spargevano lacrime. Anche il dipinto conosce i fatti: gettate infatti
________________
52 Allo stesso mito si riferiscono anche l'Ippodamia e il Pelope, nei quali figura di
nuovo il carro (Immagini 1.17 e 30) .

329
le radici alle estremità, sono già alberi fino all'ombelico e ramoscelli arrivano fino
alle mani. Ohimé, la chioma è ormai divenuta la cima di un pioppo! Ohimé, le
lacrime sono tutte d'oro! E una, traboccando nella stanza degli occhi, brilla sulle
pupille azzurre e sembra trascinare un raggio; un'altra, scivolata sulle guance,
risplende sul loro rossore; altre, sgocciolate sul petto, sono già oro. Piange anche il
fiume, che raffrena le correnti e offre il proprio seno a Fetonte – ha infatti
l'atteggiamento di chi vuole accogliere – ed ora sarà il coltivatore delle Eliadi:
infatti con le brezze e i freddi che esalano da lui, trasformerà in pietre le gocce che
scenderanno e, attraverso le sue acque luminose, consegnerà ai barbari che abitano
l'Oceano, le bacche dei pioppi. (Filostrato, Immagini 1.11; trad. G. Schilardi)

Degno figlio del padre, Fetonte indossa un abbigliamento luminescente:


elmo dorato, corona di fuoco, cintura bianca, mantello fiammeggiante, calzari
rossi (Nonno, Dionisiache 38.291-6).

La “cappella sistina”. Tuttavia lo scudo non è soltanto una mappa astro-


nomica. Non somiglia al misterioso disco di Nebra53. È qualcosa di più: una
specie di mappamondo con finestre sulla vita quotidiana e sulle città54, mondo e
Macondo insieme. Ciò che colpisce è l'intero progetto artistico, molto ambi-
zioso, la visione globale.

L'importanza dello scudo di Achille si coglie dalle formule coniate per


descriverlo: «ricettacolo della totalità del mondo» (Lessing, cit. in SCHNAPP
1996, p. 122); «calma prima della tempesta» (TAPLIN 1980, p. 1); «prologo di
suoni e luci», «piccola enciclopedia astronomica» (p. 236) e di «riepilogo di
istruzioni astronomiche utili» (DI DONATO 1996, pp. 235-6); «modello ridotto
dell'universo» (SCHNAPP 1996, p. 123). Domenico Musti ha pensato ad uno
scudo cinematografico, con le figure che si muovono per automatismo.
MAIULLARI (2004, p. 55) ha detto che è «come se Omero volesse affrescare la
grandiosa volta di un'immaginaria cappella Sistina con scene di valore enciclo-
pedico».

Il «piccolo cielo». Il centro dello scudo di Achille era una piccola cupola,
col cielo. Era una specie di primordiale ouraniskos, «piccolo cielo», come si
chiamavano in greco «i baldacchini a cupola stesi sopra, trapuntati d'oro e lavo-
rati a sontuosi ricami» usati per delimitare «lo spazio in alto» della tenda di
Alessandro (Ateneo 12.539d-e). Questi baldacchini – al pari del trono orientale –

________________
53 Sul disco in bronzo di Nebra (32 cm. ca.), vd.
http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=1442.
54 Feacia e Itaca secondo Massimo di Tiro 26.9d ed Eleusi ed Atene secondo Agal-

lide di Corcira, vd. DE MARTINO 2006, p. 170.

330
riproducevano spesso una volta celeste dorata55. Collocatosi sotto l'uranisco il
sovrano assumeva la posizione centrale del Sole56.
Scudi da arredamento sono ricordati da Callissino di Rodi (FGrHist 627 F
2) insieme a mantelli da arredamento nel fastoso padiglione di Tolomeo Fila-
delfo, insieme a «mantelli di rara bellezza, alcuni con immagini di re finemente
intessute, altri con motivi mitologici», a tende, tappeti persiani con «figure
intessute» e drappeggi con «scene simposiali con personaggi della tragedia,
della commedia e del dramma satiresco» (Ateneo 5.196f-197b).

Il mantello di Demetrio. Anche lo scudo è un capo di corredo militare che


si indossa, allo stesso modo della corazza. Una famosa corazza con il carro del
Sole è quella del cosiddetto Augusto di Prima Porta (Tav. 3.d).
Feredice di Siro (fr. 2 Diels-Kranz) collegava lo scudo di Achille col man-
tello cosmogonico che Zas-Zeus donò a Ctonia nel terzo giorno delle nozze.
Terra e corpi celesti si possono trovare su un mantello, per esempio quello tea-
trale e stravagante che Demetrio Poliorcete si era fatto preparare, anche se poi
rimase incompiuto e finì col non essere usato mai da nessuno. Il mantello cor-
rispondeva alla similitudine eliocentrica dell'itifallo di Ermocle ricordato sopra.

E invero c'era una grande teatralità intorno a Demetrio. Non solo portava sempre
fastosi indumenti e copricapi, cappelloni a larghe falde, mitrie doppie, manti di
porpora orlati d'oro; avvolgeva anche i piedi in pantofole di feltro e porpora pura,
splendente d'oro. Si fece fare anche un manto la cui tessitura richiese molto tempo,
un'opera prodigiosa, dov'erano riprodotti il mondo e i corpi celesti, rimasta
interrotta a metà nel mutamento della fortuna e che nessuno osò indossare,
nonostante lo sforzo di molti dei successivi re macedoni. (Plutarco, Demetrio 41.6-857;
trad. C. Carena)

Mantelli stellati non sono che la realizzazione pratica di una metafora.


Nonno, Dionisiache 2.170-9 paragona il cielo notturno ad un accampamento,
quando la Notte stende orficamente il suo mantello58:

________________
55 Vd. anche Plutarco, Alessandro 37.7, Focione 33.8; Diodoro Siculo 17.66.
56 Vd. GAMBATO 2001, pp. 1278 n. 3 e 1347 n. 3.
57 Vd. anche Duride, FGrHist 76 F 14; inoltre CERFAUX-TONDRIAU 1957, p. 184 e n. 3.
Per altri capi con stelle, appartenuti ad uomini di potere, vedi DIPASQUALE 2007, p. 134 n. 7.
58 Vd. GIGLI PICCARDI 1985, p. 171. In Il. 8.553-65 l'accampamento troiano di notte è

paragonato ad un cielo stellato. Per la metafora del mantello celeste, cf. Ferecide fr. 2
Diels-Kranz (= Orph., fr. 192 Kern) «allora Zeus crea un mantello grande e bello, rica-
mandovi sopra la Terra, l'Oceano e la dimora dell'Oceano»; vd. ACCORINTI 2004, p. 209
(comm. a Dionisiache 41.294-302).

331
Notte fonda: le schiere dell'Olimpo montano la guardia/ intorno alle sette zone e
come dall'alto di torri/ risuona un allarme notturno: sono le voci delle stelle che si
propagano/ immense, ognuna con diversa intonazione, e l'eco che risuona intorno
all'asse/ dalla barriera di Saturno giunge fino alla meta della Luna./ Le Ore,
guardiane dell'etere, ancelle del Sole,/ serrano il cielo, assiepando nubi/ su nubi,
una corona di veli; le stelle a loro volta/ chiudono il chiavistello atlantico per
rendere inespugnabili le porte,/ per paura che con un agguato il nemico arrivi al
cielo, mentre gli dei sono assenti. (trad. D. Gigli Piccardi)
Il mantello di Giasone. Mantelli come quello di Demetrio erano da ceri-
monia o addirittura da arredamento. Alcuni studiosi hanno indicato il mantello
di Demetrio come parallelo59 per quello altrettanto teatrale e stravagante di
Giasone: «non uno scudo, strumento di guerra, ma un oggetto di abbiglia-
mento60, un manto per un eroe antibellico (apolémos), la cui vera aristia è quella
amorosa» (FUSILLO 1985, p. 304). Costruito e donato da una dea donna, Atena, il
mantello può sembrare più adatto ad una donna61. Ma può anche essere adatto
ad un eroe eccezionale, come uno dei sette a Tebe, il miceneo Ippomedonte, in
Euripide, Fenicie 127-30: «Ehi, che aria spavalda, fa paura. Ha lo splendore di un
astro nei dipinti )/4-.+67%*:'K'6"47.+'./&'(+)G)$34$&8, sembra uno dei giganti,
uno dei figli della terra, non somiglia a un mortale» (trad. U. Albini). Col man-
tello addosso, anche in Apollonio Rodio Giasone appare un essere eccezionale,
anzi un vero e proprio Re-Sole, un «astro fulgente»:

L'eroe si fissò sulle spalle l'ampio mantello di porpora,/ opera della dea Tritonide,
Pallade Atena:/ glielo donò quando intraprese a costruire la nave,/ e insegnò a misurare i
banchi mediante la squadra./ Più facile sarebbe stato fissare gli occhi/ nel sole nascente
./:'!/.2#$%&')/&$%2&-)8 che nello splendore del manto,/ fulgido rosso nel mezzo, coi
bordi purpurei,/ e sopra ogni banda effigiati molti episodi/ diversi, ma tutti quanti con
arte sovrana [...] S'avviò alla città: sembrava l'astro fulgente G).$&63B')/4-.2+$'$J4%:8/
che le giovani donne, rinchiuse dentro le stanze nuove,/ vedono sorgere sopra la
________________
59 Vd. PESCHTIES 1912, pp. 7-8, FRÄNKEL 1968, p. 101 e n. 195, FUSILLO 1985, p. 321

n. 39. Vd. anche l'himation per Alcistene Sibarita: «Nella sua raccolta Fatti prodigiosi
Aristotele (Ps.-Aristotele 96.838a = p. 264 Giannini) racconta come il sibarita Alcistene,
assecondando la sua voluttuosità, si fece approntare un manto di tale sfarzo, che lo
espose al Lacinio alle feste di Era, dove si danno convegno tutti i Greci d'Italia, e che fu
l'oggetto più ammirato tra quanti erano in mostra colà. Dicono che Dionisio il Vecchio,
entratone in possesso, lo vendesse ai Cartaginesi per centoventi talenti; ne parla inoltre
anche Polemone nell'opera intitolata L'abbigliamento a Cartagine (fr. 85 Preller» (Ateneo
12.541a-b). Maniaco dei tessuti, Dionisio avrebbe inviato alle Olimpiadi tende arabescate
in oro (Diodoro Siculo 14.109.1, cf. Dionisio, T 8 Snell-Kannicht) e nelle sue tragedie
avrebbe inserito troppe descrizioni di stoffe preziose (Polibio 12.24.2 = Dionisio, fr. 13
Snell-Kannicht).
60 Sui tessuti, vd. SHAPIRO 1980, pp. 266-71, FRÄNKEL 1968, p. 101 e n. 195.

61 Per l'idoneità ad un pubblico femminile, vd. le indicazioni in FUSILLO 1985, p. 321 n. 39.

332
casa, ed il rosso/ splendore affascina i loro occhi nell'aria/ oscura: gode la vergine
innamorata/ di un uomo lontano, in un paese straniero,/ a cui la destinano in sposa
suo padre e sua madre. (Argonautiche 1.721-9 e 774-80; trad. G. Paduano)

Il mantello è, come quelli da arredamento, illustrato con sette episodi


mitologici62. Non c'è nessun astro e nessun carro del Sole. I carri sono invece
quelli di Pelope ed Ippodamia e di Mirtilo ed Enomao, nel momento in cui il
mozzo del suo carro si rompe (1.755-8). Ma un elemento astrale è la folgore
costruita dai Ciclopi (1.730-4), che ricorda il fulmine, i raggi di pioggia e di
nuvole costruiti dai Ciclopi in Virgilio, Eneide 8.426-32 (poco prima della costru-
zione dello scudo per Enea).
Come spiega lo scolio ai vv. 763-4a, «bisogna cercare perché vuole per lui
queste decorazioni. E diremo che il poeta attraverso questa clamide non dice
altro che l'ordine cosmico -!*&',%4=$,!*&'-)2C$&8 e le azioni degli uomini. Primo,
attraverso il fulmine e i Ciclopi allegorizza un dio e una natura divina. Perciò
dice (v. 730): «intenti ad opera immortale». Poi racconta le città fondate con la
lira di Anfione. Poi tutto ciò che avviene nelle città, gli amori e le guerre –
questo infatti vuole per lui Afrodite armigera, la forza e le battaglie attraverso la
storia dei Tafi – agoni e nozze attraverso le gare di Pelope, empietà e vendette
da parte dei potenti attraverso Tizio, insidie, accuse e salvezze attraverso la
storia di Frisso, e attraverso la clamide espresse poeticamente quasi tutti gli
avvenimenti nelle città. Dice che la clamide è un dono di Atena, perché il cosmo
è nato per divina provvidenza, delle cose compiute in essa dagli uomini nes-
suna senza provvidenza sarebbe avvenuta bene».

Secondo Fusillo lo scolio sbaglia: «l'errore dello scoliasta antico, che vi


legge un'allegoria della visione del mondo di Apollonio, e poi di parte degli
studiosi moderni, è stato di ricercare rapporti di rappresentazione e di 'tradu-
zione' simbolica della storia centrale» (FUSILLO 1985, p. 305).
Di recente Gioacchino Chiarini ha ripreso quell'esegesi, interpretando le
sette scene come allusive ai sette pianeti. Il Sole corrisponderebbe alla scena 4
con le mandrie di Elettrione, scena centrale tra Afrodite a sinistra e Ares a des-
tra (vd. la tavola in CHIARINI 2005, p. 82 = Tav. 2.c).

Il Sole di Ifigenia. Oltre che faticoso, il viaggio dell'infaticabile Sole è


anche ripetitivo. Nelle Metamorfosi 2.385-6 di Ovidio, il Sole, addolorato per la
morte di suo figlio Fetonte, comincia la sua protesta, minacciando di “sciope-
________________
62 Su questa ekphrasis vd. BAHRENFUSS 1951, pp. 29-30; LAWALL 1966, che vi vede un
sussidio didattico per l'eroe Giasone; COLLINS 1967, pp. 65-81; FRÄNKEL 1968, pp. 100-2;
LEVIN 1970; GEORGE 1972, pp. 47-51; HAMON 1972; SHAPIRO 1980, pp. 274-5; FUSILLO 1985,
pp. 300-6 e 319 n. 29; BELLONI 1995; CHIARINI 2005, pp. 76-85.

333
rare”. Alienato, livido, senza luce, anzi nemico della luce e di se stesso, è pronto
a farla finita: «“Basta”, dichiara,/ “dai tempi dei tempi mi porto la condanna a
non stare mai fermo (sors... inrequieta)”» (trad. L. Koch). Fa la “voce grossa” e gli
altri dei «scongiurano con tono implorante che non piombi nel buio/ l'universo»
(vv. 395-6). Ma Giove non gli dà nessun peso. «Al Sole non resta che sfogarsi sui
suoi cavalli, nell'esercizio frustrante delle sue normali funzioni» (BARCHIESI
2005, p. 268). Zeus lo costringe a tramontare ad Oriente per trasferire il potere
ad Atreo (Ps.-Apollodoro, Epitome 2.12). Sognare questi e analoghi strampalati
levanti e ponenti63 preannuncia contrarietà, come dice Artemidoro, Libro dei
sogni 2.3664.
La direzione è obbligata. O almeno così sembra, perché invece molte tes-
timonianze sostengono che gli attuali levante e ponente, rispetto a quelli origi-
nari, sono un'innovazione, un'inversione di marcia. Ma la cosa più interessante
è che questa inversione è legata ad un mito preciso, quello di Atreo. Il nesso tra
il mito dei Pelopidi-Atridi e il carro del Sole65 è in una fitta serie di testimo-
nianze, greche e latine, che attribuiscono la “marcia indietro” del Sole o al suo
orrore di fronte all'empio banchetto organizzato da Atreo ai danni del fratello
Tieste oppure alla promessa di Zeus ad Atreo di dargli una prova che il potere
spettava a lui. Nel Tieste di Euripide Atreo parla da fisiologo (fr. *397 Kann-
nicht) e Achille Tazio (Introduzione ad Arato 1) cita un passo di Sofocle (fr. 738
Radt2)per attribuire l'invenzione dell'astronomia ad Atreo.
La notizia più curiosa è che un presocratico, Enopide di Chio, un poco più
giovane di Anassagora, aveva studiato la traiettoria del sole e aveva collegato
l'inversione di marcia del Sole rispetto al cielo e alle altre stelle ai «banchetti
tiestei» (WILLINK 1986, p. 254).
Per il percorso a ritroso del Sole la testimonianza più interessante è Euri-
pide, Ifigenia in Tauride 811-7. Oreste ricorda ad Ifigenia che tra i temi ricamati
su preziose stoffe figurava anche la metastasi, la “marcia indietro” del Sole:

ORESTE Comincerei con qualcosa che ho sentito da Elettra: tu non ignori il dissidio
scoppiato fra Atreo e Tieste.
IFIGENIA Ne sono al corrente: una lite per un agnello d'oro.
ORESTE E non l'hai intessuta, questa storia, su una stoffa, al tuo bel telaio
./&'.0/7!2&%$:'0;G)$3:8?

________________
63 Cf. Od. 3.1-3, Sofocle, Aiace 845-9, Antigone 100-5, Elettra 823-5.
64 Si tratta di sogni con «il sole che sorge o da settentrione o da meridione, oppure
che tramonta in queste medesime direzioni».
65 Il nesso potrebbe essere stato agevolato dal ruolo decisivo che giocano il carro di

Enomao e quello di Pelope. Euripide, Oreste 988-94 ricorda il carro lanciato in mare da
Pelope con tutti i cavalli e l'auriga Mirtilo. Questo affondamento del carro ricorda il rito
analogo di Rodi (vd. sopra).

334
IFIGENIA Mio caro, fai vibrare una corda interessante nella mia memoria.
ORESTE E poi c'era raffigurato il sole che invertiva il suo corso
.$/,62'-'/'./&'$;4-%$3:'!;#$2%0'=.-)24-)4$&8.
IFIGENIA Hai ragione, nel mio ordite c'era anche questo
0"G!&)',)$*'-%2<'/'.$J<%:'.0/=$2-%$:'7#%,)$3:8. (trad. U. Albini)

Vengono in mente la tela di Elena, che illustrava le imprese troiane (Il.


3.125-8), e l'enigmatica tela di Penelope «simile a sole o a luna», quando è ormai
finita e lavata (Od. 24.148). Ma viene in mente soprattutto la veste, forse un
peplo66, che Minerva e Vulcano donarono ad Armonia, per le sue nozze. Il
repertorio cosmico è abituale nella tessitura e lo mostra anche l'immagine del
cielo come mantello ricamato di stelle67. È da notare ancora una volta la pre-
senza fra gli autori di Vulcano-Efesto e il collegamento con il tema dell'adulte-
rio. La fonte è Igino, Favole 148 e da essa apprendiamo che quell'abito c'era un
panorama dei delitti tragici, verosimilmente quelli derivati dall'iniziativa di
Elio. Anche Nonno, Dionisiache 41, 294-302 (VIAN 1990, p. 35) accenna al manto,
con allusioni alla propria descrizione dello scudo e, attraverso di essa, anche a
quella omerica dello scudo di Achille.

Quando Vulcano seppe che Venere si coricava di nascosto con Marte,


sapendo di non poter competere fisicamente con lui, fabbricò una catena di
adamante e la dispose attorno al letto, per sorprendere Marte con l'astuzia.
Quando Marte si presentò all'appuntamento, si trovò impigliato nella trappola
insieme a Venere, in modo tale da non potersi liberare. Il Sole riferì la cosa a
Vulcano che li vide nudi nel letto. Allora egli convocò tutti gli dei, che assistet-
tero allo spettacolo. Da allora Marte si guardò bene dal ripetere l'adulterio. Da
quell'amplesso nacque Armonia, a cui Minerva e Vulcano regalarono una veste
ricamata con scene di delitto. Ecco perché i suoi discendenti furono predisposti
al delitto. Venere poi fu sempre nemica ai discendenti del Sole a causa di quella
delazione. (Igino, Favole 148; trad. G. Guidorizzi)

Quella, intenta a lavorare finemente al telaio di Atena,/ tesseva sulla spola un


manto; sulla tunica che stava tessendo/ per prima la terra aveva sparso al centro
=.4%2=G)#%&8 e, intorno alla terra,/ rotondo aveva fatto il cielo, trapunto
dall'impronta degli astri %0/+)&%*&'./4G)$2+64.'-0276B',.H)+)(=.2&%&')54-+6&8,/ e alla
terra aveva adattato il mare, congiungendolo strettamente;/ anche i fiumi aveva
ricamato: su una fronte umana/ prendeva forma un'immagine di toro cornuto
in una striscia di verde;/ e, all'estremo orlo della tunica ben filata,/ aveva
disegnato in cerchio l'Oceano, che corre intorno all'orbita del mondo

________________
66 Vd. GUIDORIZZI 2005, p. 425 n. 732, con rinvio a varie fonti.
67 Vd. EISLER 1910, pp. 115-27 e GIGLI PICCARDI 1985, p. 175.

335
!"#$%&'(&)#*+#,!-$).$/0+1/'2'&)%3&4*50)#'+-2'*67 (Nonno, Dionisiache 41.294-302; trad.
D. Accorinti)

Il ricamo viene interrotto dall'arrivo di Afrodite, e questo particolare con-


ferma che il modello usato è la descrizione in Claudiano, Rapimento di Proserpina
1.269-7268 della veste che Proserpina sta ricamando, interrotta anche lei dall'ar-
rivo di Minerva e di Diana.
Il sole di Ione. Un ulteriore supporto per raffiguravi il sole è la tenda. Pio-
niere dell'uso di tende e padiglioni fastosi viene considerato Alessandro Magno.
La sua tenda della capienza di 100 letti, sorretta da 50 colonne, aveva «baldac-
chini a cupola stesi sopra, trapuntati d'oro e lavorati a sontuosi ricami» (Ateneo
12.539d-e). Un altro padiglione hollywoodiano è quello di Tolomeo Filadelfo
(vd. sopra).
La tenda col sole più significativa è nell'ekphrasis dello Ione 1132-66 di
Euripide69, che si inserisce nella tradizione delle descrizioni, a partire da quella
dello scudo di Achille70. Preceduta da un'altra ekphrasis nella parodo (vv. 190-
218), nella quale il coro descrive le decorazioni del tempio di Delfi, la seconda
ekphrasis descrive gli arazzi sacri, conquistati da Eracle nella lotta con le Amaz-
zoni e poi donati a Zeus. Il Sole col suo carro a quattro cavalli era già stato des-
critto ai vv. 82-8 (monodia di Ione).
Tempio e Delfi sono due spazi diversi, il primo pubblico l'altro privato
(ZEITLIN 1989), e la differenza è sottolineata dalle dimensioni. La tenda con i
suoi mille metri quadri circa (MOSCONI 2000) è capace di ospitare tutti i Delfi.
Grazie a queste dimensioni diventa uno spazio privato ma di comunicazione di
massa e le illustrazioni vanno intese come messaggio per tutti. Le immagini
sono simboliche (GOFF 1988; GUIDORIZZI 2001, p. 125 n. 101, PELLEGRINO 2003 e
2004, p. 295).

il ragazzo erigeva magnificamente con pali i recinti senza pareti del padiglione,
prestando ben attenzione alla vampa del sole 89,0+'*):',%(;<)#%,!=;)>*,%+?%;6, né in
direzione dei raggi di mezzogiorno, né a quelli del tramonto
'*34$)./'(;)2$+-%;)>,'5'(;)%"#40=&%;)'*34)")%*@)./'(;)4$,$*4!+-%;):0+'&6, dopo aver
misurato la lunghezza di un pletro in relazione a ogni angolo, in modo tale da
racchiudere nel mezzo un'area di diecimila piedi, come dicono gli esperti di
________________
68 Vd. BRAUNE 1948, p. 184.
69 Vd. MASTRONARDE 1975; MÜLLER 1975; PELLEGRINO 2003 e 2004, pp. 294-5, e CHIA-
RINI 2005, pp. 40-1 (che riprende CHIARINI 2002) Un'altra ekphrasis euripidea è in Fenicie
1107-38. Sulle descrizioni di opere d'arte, vd. la bibliografia in PELLEGRINO 2003, p. 102 n.
25. Una bibliografia molto vasta sull'ekphrasis è nella tesi di A. Manduzio (Foggia, a.a.
2007-2008). Per una panoramica sulla mitologia su stoffa, vd. DIPASQUALE 2008.
70 Per possibili paralleli con Eneide 1.740-6 (canto cosmologico di Iopa), vd. FER-

NANDELLI 2002, p. 25.

336
calcolo, per invitare a banchetto tutto il popolo di Delfi. Poi dagli scrigni estrasse
sacri arazzi *9>%+-2%A)")09$/%+6, per fare ombra, una meraviglia a vedersi per
chiunque. Prima di tutto distese un'ala di pepli sul tetto, offerta votiva del figlio di
Zeus, pepli che, come bottino di guerra sottratto alle Amazzoni, Eracle offrì al dio.
C'erano siffatte tele trapuntate con figure
$"&8=&)1)")*9>%&4%0()5/%+22%-0&)4'0%0+1)")*9>%0+6: Urano che radunava gli astri nella volta
del cielo; Elio guidava i cavalli verso il tramonto, trascinando la luminosa luce di
Espero )BC$,0';D)$">$+,#!&),%2./'(&)9E-.$+/'*)>%+';6; la Notte dal nero mantello
sospingeva la sua biga, e gli astri accompagnavano la dea; in mezzo al cielo
andavano le Pleiadi e Orione armato di spada e al di sopra l'Orsa che volgeva la
sua coda dorata intorno al polo; in alto il disco della luna piena scandiva il mese in
due parti lanciando i suoi raggi; e c'erano le Iadi, indizio chiarissimo per i
naviganti, l'Aurora luminosa che metteva in fuga gli astri. Alle pareti applicava
altri tessuti orientali: navi dai bei remi opposte a navi greche; creature semibestiali
e battute di caccia equestre contro cervi e prede di leoni selvaggi. All'ingresso pose
un'immagine di Cecrope avvolgente nelle sue spire vicino alle figlie, dono votivo di
qualche ateniese, e crateri d'oro in mezzo alla sala del banchetto. (Euripide, Ione
1132-66; trad. M. Pellegrino)

Orione e il miracolo del Sole. Una piccola collezione di nove oggetti d'arte
(otto dipinti ed una statua) disposti sulle pareti di una sala è oggetto di ekphrasis
nella Sala di Luciano: Perseo libera Andromeda; Pilade e Oreste uccidono
Egisto; Branco ed Apollo; Atena pacificatrice (statua); Atena insidiata da Efesto;
Orione e Cedalione; Odisseo finto pazzo; Medea medita il figlicidio (22-31). In
uno dei dipinti virtuali figurava anche Sole:

La pittura che segue illustra un altro mito antico .%,%0%+)40;)%3,,8)5/%>8+6. Orione


cieco trasporta Cedalione, che, sulle sue spalle, lo guida verso la strada che
conduce alla luce. Elios, sorgendo, risana i suoi occhi ciechi
'9)BC,0';)>%&$0(;)0"%=4%0)48(&).8+/!-0&6 mentre Efesto osserva la vicenda da Lemno
'9)BC>%0-4';)F82&'+A$&)$".0-#'.$0=)4'()$3/5'&6. (28-9; trad. S. Maffei)

II dipinto è «antico», perché riguarda l'archeologia divina, il mito dei


giganti. Tra i giganti dell'Ade passati in rassegna da Odisseo Orione è il primo
(Od. 11.572-5). Il tema del dipinto è il miracolo del Sole. Orione era stato acce-
cato da Enopione, padre di Merope alla cui mano il gigante aspirava: «Enopione
però lo fece ubriacare e, mentre dormiva, lo accecò e lo gettò sulla riva del mare.
Orione si recò allora alla fucina <di Efesto>, rapì un fanciullo, se lo mise sulle
spalle e gli ordinò di guidare i suoi passi verso Oriente. Quando vi giunse, un
raggio di sole lo †colpì ed egli tornò a vedere» (Ps.-Apollodoro, Biblioteca 1.4.25-

337
6; trad. M.G. Ciani71). Cedalione era dunque una “protesi” biologica, un
ragazzo-guida per il gigantesco cieco che cerca Eos, Aurora, per guarire. In una
versione del mito, Orione – dal nome andrologico (“Mittone”, da oujrei'n «min-
gere»72) – amato da Eos, era il paradigma dei matrimoni misti mortali-dee, mal-
visti dagli altri dei (Od. 5.118-24).
Notevole nel dipinto è di nuovo la coppia Elio-Efesto, ma anche la com-
presenza di Elio e Orione, sia pure antropomorfici. Anche in Igino (vd. n. 71)
Orione è curato dal Sole. Orione era figlio di Posidone, come Rode, la moglie
del Sole. Il miracolato era dunque suo cognato.
Come costellazione, Orione è vicinissimo al Sole già sullo scudo di Achille:
«tutte le costellazioni, di cui si incorona il cielo,/ le Pleiadi, le Iadi, la forza
d'Orione/ e l'Orsa, detta anche Carro per soprannome,/ che gira su se stessa
guardando Orione,/ ed è l'unica a non immergersi nelle acque d'Oceano»
(18.485-9; trad. G. Cerri).
L'archetipo dell'arte virtuale continuava a influenzare anche il dipinto
antico della Sala di Luciano magari con un intertesto teatrale. Nel teatro greco
c'è un solo Cedalione ed è un dramma satiresco di Sofocle (fr. *328-33 Radt), che
forse trattava l'infanzia di Efesto, il dio di fatica, al quale l'arte di forgiare i
metalli era stata insegnata proprio da Cedalione di Nasso (scolio a Il. 14.296).
Trascurato dall'arte antica, il miracolo di Orione è tema, eccezionale anche per
l’arte moderna – a quanto sembra – di un dipinto di Poussin (Tav. 2.d).

Bibliografia

AA.VV. 1990 = AA. VV., Lo scudo di Achille. Per un bronzo di Alessandro V, Taranto,
Scorpione, 1990
ACCORINTI 2004 = Nonno di Panopoli. Le Dionisiache, introduzione, traduzione e com-
mento di D. Accorinti, IV, Canti XXV-XXXIX, Milano, Rizzoli, 2004
AMEDICK 1999 = R. Amedick, “Der Schild des Achilleus in der hellenistisch-römischen
ikonographischen Tradition”, Jahrbuch des deutschen archäologischen Instituts 114,
1999, pp. 157-206

________________
71 Per Igino (Astronomia 2.34.2) Orione aveva violentato Merope e perciò «fu acce-
cato da Enopione e scacciato dall'isola; si recò, a quanto si dice, a Lemno da Efesto che gli
diede una guida, chiamata Cedalione. Questi, standogli sulle spalle, lo condusse in dire-
zione del sole, che lo guarì».
72 Per Igino, Favole 195 Orione nacque dal mitto di Giove, Nettuno e Mercurio nella

pelle di toro. Su Cedalione vd. FONTEROSE 1981.

338
ANGELI BERNARDINI 1983 = P. Angeli Bernardini, Mito e attualità nelle odi di Pindaro, Roma,
Edizioni dell'Ateneo, 1983
BAHRENFUSS 1951 = W. Bahrenfuss, Die Abenteuer der Argonauten auf Lemnos bei Apollonios
Rhodios (Arg. 1.601 bis 913), Valerius Flaccus (Arg. 2.72 bis 427), Papinius Statius
(Theb. 4.746 bis 5.498), Diss. Kiel 1951
BARCHIESI 2005 = Ovidio, Metamorfosi, I, Libri I-II, a cura di A. Barchiesi, traduzione di L.
Koch, Milano, Fondazione Valla, Mondadori, 2005
BARTHOLOMÉ 1935 = H. Bartholomé, Ovid und die antike Kunst, Diss. Münster, Borna-
Leipzig-Naske, 1935
BECKER 1990 = A. S. Becker, “The Shield of Achilles and the Poetics of Homeric
Description”, American Journal of Philology 111, 2, 1990, pp. 139-53
BECKER 1995 = A.S. Becker, The Shield of Achilles and the Poetics of Ekphrasis, Lanham (Md)-
London, Rowman & Littlefield, 1995
BELLONI 1995 = L. Belloni, “Il manto di Giasone”, Aevum Antiquum 8, 1995, pp. 137-55
BIENKOWSKI 1891 = P. Bienkowski , “Lo scudo di Achille”, Römische Mitteilungen 6, 1891,
pp. 183-207
BÖMER 1969 = P. Ovidius Naso, Metamorphosen, Kommentar von F. Bömer, I, Buch I-III,
Heidelberg, C. Winter-Unversitäts Verlag, 1969
BONA 1988 = Pindaro. I Peani, Testo, a cura di G. Bona, Cuneo, Tipografia Saste, 1988
BRAUNE 1948= J. Braune, “Nonno e Claudiano”, Maia 1, 1948, pp. 176-93
BRAVI 2006 = L. Bravi, Gli epigrammi di Simonide e le vie della tradizione, Roma, Edizioni
dell'Ateneo, 2006
BROWN 1987 = R. Brown, “The Palace of the Sun in Ovid's Metamorphoses”, in Homo viator.
Classical Essays for John Bramble, Edited by M. Whitby, Ph. Hardie, M. Whitby,
Bristol-Oak Park, Bristol Classical Press (U.K.)-Bolchazy-Carducci Publishers
(U.S.A.), 1987, pp. 211-20
BUFFIERE 1956 = F. Buffière, Les mythes d'Homère et la pensée grecque, Paris, Les Belles
Lettres, 1956
CERFAUX-TONDRIAU 1957 = L. Cerfaux-J. Tondriau, Le culte des souverains dans la
civilisation gréco-romaine, Tournai, Desclée, & Cie, 1957
CESARETTI 1991 = P. Cesaretti, Allegoristi di Omero a Bisanzio. Ricerche ermeneutiche (XI-XII
secolo), Milano, Guerini e Associati, 1991
CHASE 1902 = G.H. Chase, “The Shield Devices of the Greeks”, Harvad Studies in Classical
Philology 13, 1902, pp. 61-127
CHIARINI 1998 = G. Chiarini, Kosmos. Itinerari nell'epica classica, Milano, Bruno Mondadori, 1998
CHIARINI 2002 = G. Chiarini, “Il dono di Eracle. A proposito di Euripide, Ione 1143-58”,
Dioniso n.s. 1, 2002, pp. 36-47
CHIARINI 2005 = G. Chiarini, I cieli del mito. Letteratura e cosmo da Omero a Ovidio, Reggio
Emilia, Diabasis 2005

339
CIRIO 1980-81 = A-M. Cirio, “Prodigio e tecnica nello scudo di Achille”, A.I.O.N. (fil.), 2-3,
1980-81, pp. 47-58
CLAYTON-PRICE 1989 = P.A. Clayton-M.J. Price, Le Sette Meraviglie del Mondo, trad. it.,
Torino, Einaudi, 1989 (London, Routledge, 1988)
COLLINS 1967 = J.F. Collins, Studies in Book I of the Argonautica of Apollonius Rhodius, Ph.
Diss., New York, Columbia University, 1967
CRADDOCK 1994 = P. Craddock, “Secrets of Achilles' Shield”, New Scientist Jan. 22, 1994,
n. 1909, p. 32 (4)
DEJONG 1999 = I. DeJong, rec. a BECKER 1995, Mnemosyne 52, 3, 1999, pp. 336-7
DE MARTINO 2004 = F. De Martino, “Il granchio di Chuang-Tzu”, Paideia 59, 2004,
pp. 83-95
DE MARTINO 2006 = F. De Martino, Poetesse greche, Bari, Levante, 2006
DE MARTINO 2007 = F. De Martino, “Concubiti nelle miniature”; in El teatro greco-latino y
su recepción en la tradición occidental 2, a cura de J.V. Bañuls-F. De Martino-C.
Morenilla, Bari, Levante, 2007, pp. 466-80
DE MARTINO-VOX 1996 = F. De Martino-O. Vox, Lirica greca, I-III, Bari, Levante, 1996
DI DONATO 1996 = R. Di Donato, “Omero: forme della narrazione e forme della
realtà. Lo scudo di Achille”, in I Greci. Storia Cultura Arte Società, a cura di S. Settis,
II, Una storia greca, 1, Formazione, Torno, Einaudi, 1996, pp. 227-53
DIGGLE 1970 = Euripides. Phaethon, Edited with Prolegomena and Commentary by J.
Diggle, Cambridge, University Press, 1970
DIPASQUALE 2007 = A. Dipasquale, “Mitologia su stoffa”, in Abiti quotidiani, a cura di F.
De Martino, Bari, Levante, 2007, pp. 131-200
EDWARDS 1991 = The Iliad. A Commentary, M.W. Edwards, Edited by G.S. Kirk, V, Books
17-20, Edited by M.W. Edwards,Cambridge, Cambridge University Press, 1991
EISLER 1910 = R. Eisler, Weltenmantel und Himmelszeilt. Religionsgeschichte Untersuchungen
zur Urgeschichte des Antiken Weltbildes, München, Beck, 1910
FAEDO 2001 = L. Faedo, “Ricostruire l'arte greca, rappresentare il mito”, in I Greci. Storia
Cultura Arte Società, a cura di S. Settis, III, I Greci oltre la Grecia. Torino, Einaudi,
2001, pp. 1117-52
FEDELI 2005 = Properzio. Elegie Libro II, introduzione, testo e commento a cura di P. Fedeli,
Cambridge, Cairns, 2005
FERNANDELLI 2002 = M. Fernandelli, “Banchetto a teatro e teatro a banchetto: presenze
dello Ione di Euripide nel libro I dell'Eneide”, Orpheus n.s. 23, 2002, pp. 1-28
FITTSCHEN 1973 = K. Fittschen, Der Schild des Achilleus, Göttingen, Vandenhoeck &
Ruprecht, 1973
FONTENROSE 1939 = J. Fontenrose, “Apollo and Sol in the Latin Poets of the First Century
BC”, Transactions of the American Philological Association 30, 1939, pp. 439-55
FONTENROSE 1981 = J.E. Fonterose, Orion: the Myth of the Hunter and the Huntress,
Berkeley-Los Angeles-London, University of California Press, 1981

340
FRÄNKEL 1968 = H. Fränkel, Noten zu den Argonautika des Apollonios, München, Beck,
1968
FUSILLO 1985 = M. Fusillo, Il tempo delle argonautiche. Un'analisi del racconto in Apollonio
Rodio, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1985
GABRIEL 1932 = A. Gabriel, “La construction, l'attitude et l'emplacement du Colosse de
Rhodes”, Bulletin de Correspondance Hellénique 56, 1932, pp. 331-59
GAMBATO 2001 = Ateneo. I deipnosofisti. I dotti a banchetto, Prima traduzione italiana
commentata su progetto di L. Canfora, III, traduzione e commento libri I, XII e XIII
Libri XII-XV a cura M.L. Gambato, Roma, Salerno, 2001
GEORGE 1972 = E.V. George, “Poet and Characters in Apollonius Rhodius' Lemnian
Episode”, Hermes 100, 1, 1972, pp. 47-63
GIGLI PICCARDI 1985 = D. Gigli Piccardi, Metafora e poetica in Nonno di Panopoli, Firenze,
Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze dell'Antichità “Giorgio
Pasquali”, 1985
GIUMAN 2005 = L'arca invisibile. Studi sull'Arca di Cipselo, a cura di M. Giuman, Cagliari,
Edizioni AV, 2005
GOFF 1988 = B. Goff, “Euripides' Ion 1132-1165: the Tent”, Proceedings of the Cambridge
Philological Society n.s. 34, 1988, pp. 42-54
GOSTOLI 1996 = Omero. Iliade, introduzione e traduzione di G. Cerri, commento di
A. Gostoli, Milano, Rizzoli, 1996
GUALANDI 2001 = M.L. Gualandi, L'antichità classica, (“Le fonti per la storia dell'arte” I),
Roma, Carocci, 2001
GUARDUCCI 1974 = M. Guarducci, Epigrafia greca, III, Epigrafi di carattere privato, Roma,
Poligrafico dello Stato, 1974
GUIDORIZZI 2001 = Euripide. Ione, a cura di G. Guidorizzi, Milano, Mondadori, 2001

GUIDORIZZI 2005 = Igino. Miti, a cura di G. Guidorizzi, Milano, Adelphi, 20052 (20001)
GURY 1986 = F. Gury, “La forge du destin. A propos d'une série de peintures
pompéiennes du IVe style”, Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité 98, 1986,
pp. 427-89
HAMON 1972 = P. Hamon, “Qu'est-ce qu'une description?”, Poétique 12, 1972, pp. 465-85
(trad. it. in Semiologia Lessico Leggibilità del testo narrativo, Parma-Lucca, Pratiche
Editrice, 1977, pp. 53-83)
HANNAH 1994 = R. Hannah, “The Constellations on Achilles' Shield (Iliad 18.485-489)”,
Electronic Antiquity: Communicating the Classics 2, 1994, pp. 15-6
HARDIE 1985 = P.R. Hardie, “Imago mundi: Cosmological and Ideological Aspects of the
Shield of Achilles”, Journal of Hellenic Studies 105, 1985, pp. 11-31 e plates I-II
HEBERT 1989 = B. Hebert, Schriftquellen zur hellenistischen Kunst. Plastik, Malerei und
Kunsthandwerk der Griechen vom vierten bis zum zweiten Jahrhundert, Horn-Graz,
Berger, 1989

341
HERTER 1958 = H. Herter, “Ovids Verhältnis zur Bildenden Kunst. Am Beispiel der
Sonnenburg illustriert”, in Ovidiana. Recherches sur Ovide, Publiées à l'occasion du
bimillénaire de la naissance du poète par N.I. Herescu, Paris, Les Belles Lettres,
1958, pp. 49-74
IRWIN 1979 = D. Irwin, John Flaxman 1755-1826. Sculptor, Illustrator, Designer, London,
Studio Vista-Chrstiès, 1979
JAHN-MICHAELIS 1873 = O. Jahn-A. Michaelis, Griechische Bilderchroniken, Bonn, Adolph
Marcus, 1873
JESSEN 1912 = O. Jessen, “Helios”, in RE VIII/1, 1912, coll. 58-93
KEULS 1981 = E. Keuls, “La retorica e i sussidi visivi in Grecia e a Roma”, in Arte e comunicazione
nel mondo antico. Guida storica e critica, a cura di E.A. Havelock e J. P. Hershbell,
trad. it., Roma-Bari, Laterza, 1981 (New York, Hastings House, 1978), pp. 167-84
KNAACK 1886 = G. Knaack, Quaestiones Phaethonteae, Berlin, Weidemann, 1886
KNOX 1988 = P.E. Knox, “Phaeton in Ovid and Nonnus”, Classical Quarterly 38, 2, 1988, pp. 536-51
LAIZE 1997-98 = H. Laize, “Le manteau de Jason et les boucliers d'Achille et d'Heraklès:
souveraineté de la fonction poétique”, Études Indo-Européennes 15, 1997-98, pp. 91-110
LAWALL 1966 = G. Lawall, “Apollonius' Argonautica: Jason as Anti-Hero””, Yale Classical
Studies 19, 1966, pp. 119-69
LAZZERI 2008 = M. Lazzeri, Studi sulla Gerioneide di Stesicoro, Napoli, Arte Tipografica, 2008
LEACH 1974 = E.W. Leach, “Ekphrasis and the Theme of Artistic Failure in Ovid's
Metamorphoses”, Ramus 3, 1974, pp. 102-42
LEAF 1902 = The Iliad, Edited with Apparatus Criticus, Prolegomena, Notes, and
Appendices by W. Leaf, II, London, Macmillan, 19022 (18881)
LESSING 1994 = G.E. Lessing, Laooconte ovvero Sui limiti della pittura e della poesia,
prefazione di G. Cusatelli, introduzione, traduzione e note di T. Zanella, Milano,
Rizzoli, 1994 (Berlin, Voß, 1766)
LEVIN 1970 = D.N. Levin, “DIPLAX PORFUREH”, Rivista di Filologia e Istruzione Classica
98, 1970, pp. 17-36
MADDOLI-SALADINO 1995 = Pausania. Guida della Grecia, Libro V. L'Elide e Olimpia, testo e
traduzione a cura di G. Maddoli, commento a cura di G. Maddoli e V. Saladino,
Milano, Lorenzo Valla, Mondadori, 1995
MAIULLARI 2004 = F. Maiullari, Omero anti-Omero. Le incredibili storie di un trickster giullare
alla corte micenea, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 2004
MASTRONARDE 1975 = D.J. Mastronarde, “Iconography and Imagery in Euripides' Ion”,
California Studies in Classical Antiquity 8, 1975, pp. 163-76
MILLER 1986 = S.G. Miller, “Eros and the Arms of Achilles”, American Journal of Archaelogy
90, 2, 1986, pp. 159-70 e plates 12-4
MONTANARI 1991 = F. Montanari, “Presentazione. I molteplici ospiti della tenda di
Omero”, in CESARETTI 1991, pp. 7-13

342
MOORMANN-UITTERHOEVE 1997 = E.M. Moormann-W. Uitterhoeve, “Apollo”, in Miti e
personaggi del mondo classico. Dizionario di storia, letteratura, arte, musica, edizione
italiana a cura di E. Tetamo, Milano, Bruno Mondadori, 1997 (Nijmegen, Sun, 1987
e 1989), pp. 92-101
MOSCONI 2000 = G. Mosconi, “La democrazia ateniese e la 'nuova' musica: L'Odeion di
Pericle”, in Synaulía. Cultura musicale in Grecia e contatti mediterranei, a cura di A.C.
Cassio-D. Musti-L.E. Rossi, Napoli, Istituto universitario orientale, 2000 [=
Quaderni di A.I.O.N. (fil.) 5], pp. 217-316
MÜLLER 1975 = G. Müller , “Beschreibung von Kunstwerken in Ion des Euripides”,
Hermes 103, 1975, pp. 25-44
NAGY 1997 = G. Nagy, “The Shield of Achilles. Ends of the Iliad and Beginnings of the
Polis”, in New Light on a Dark Age. Exploring the Culture of Geometric Greece, Edited
by S. Langdon, Columbia-London, University of Missouri Press, 1997, pp. 194-207
NÉRAUDAU 1986 = J.P. Néraudau, L'Olympe du Roi-Soleil. Mythologie et idéologie royale au
Grand Siècle, Paris, Les Belles Lettres, 1986
PASQUARIELLO 2004 = C. Pasquariello, “Pirro o i Misii”, in Le Immagini di Filostrato
Minore. La prospettiva dello storico dell'arte, a cura di, F. Ghedini-I. Colpo-M.
Novello-E. Avezzù, Roma, Quasar, 2004, pp. 105-15
PELLEGRINO 2003 = M. Pellegrino, “Nel segno degli antenati: Ione 1163-1165", in Ricerche
euripidee, a cura di O. Vox, Lecce, Pensa, 2003, pp. 93-114
PELLEGRINO 2004 = Euripide. Ione, introduzione traduzione commento a cura di M.
Pellegrino, Bari, Palomar, 2004
PESCHTIES 1912 = E. Peschties, Quaestiones philologicae et archaeologicae de Apollonii Rhodii
Argonauticis, Diss. Königsberg, Regimonti, Kuemmel, 1912
PHILLIPS 1980 = J.H. Phillips, “The Constellations on Achilles' Shield (Iliad 18.485-489)”,
Liverpool Classical Monthly 5, 8, 1980, pp. 179-80
PIZZONE 2007 = A. Pizzone, “L'arte”, in A. Capra-F. Conca-G. Lozza-A. Pizzone-G.
Zanetto, Alla fonte delle Muse. Introduzione alla civiltà greca, Presentazione di D. Del
Corno, Torino, Bollati Boringhieri, 2007, pp. 244-281
REDFIELD 1975 = J.M. Redfield, Nature and Culture in the Iliad: the Tragedy of Hector,
Chicago-London, The University of Chicago Press, 1975
REINACH 1921 = A. Reinach, Textes grecs et latines relatifs a l'histoire de la peinture ancienne,
Paris, Kliencksiek, 1921 (Introduction et notes par A. Rouveret, Paris, Macula, 1085)
REVERMANN 1998 = M. Revermann, “The Text of Iliad 18.603-6 and the Presence of an
aoidos on the Shield of Achilles”, Classical Quarterly 48, 1, 1998, pp. 29-38
RUSSO 1968 = Hesiodi Scutum, introduzione, testo critico e commento con traduzione e
indici a cura di C.F. Russo, Firenze, La Nuova Italia, 19682 (19501)
SADURSKA 1964 = A. Sadurska, Les tables iliaques, Warszawa, Panvstwowe Wydawnictwo
Naukowe, 1964
SADURSKA 1966 = A. Sadurska, “La vingtième table iliaque”, in Mélanges offerts à Kazimierz
Michalowski, Warszawa, Panvstwowe Wydawnictwo Naukowe, 1966, pp. 653-7

343
SCHADEWALDT 1938 = W. Schadewaldt, “Der Schild des Achilleus”, Neue Jahrbüchen für
Antike und deutsche Bildung 1, 1938 [poi in Von Homers Welt und Werk, Stuttgart,
Koehler”, 19512 (19441), pp. 352-74]
SCHNAPP 1996 = A. Schnapp, “Città e campagna. L'immagine della «polis» da Omero
all'età classica”, in I Greci. Storia Cultura Arte Società, a cura di S. Settis, I, Noi e i
Greci, Torino, Einaudi, 1996, pp. 117-63
SCULLY 2003 = S. Scully, “Reading the Shield of Achilles: Terror, Anger, Delight”, Harvard
Studies in Classical Philology 101, 2003, pp. 29-47
SHAPIRO 1980 = H.A. Shapiro, “Jason's Cloak”, Transactions of the American Philological
Association 110, 1980, pp. 263-86
SHAPIRO 1990 = H.A. Shapiro, “Old and New Heroes: Narrative, Composition, and
Subject in Attic Black-Figure”, Classical Antiquity 9, 1, 1990, pp. 114-56 (e figg. 1-11)
SIMON 1995 = E. Simon, “Der Schild des Achilleus”, in Beschreibungskunst-
Kunstbreschreibung. Ekphrasis von der Antike bis zur Gegenwart, Hrsg. von G. Boehm-
H. Pfotenhauuer München. Fink, 1995, pp. 123-41
STEGEMANN 1930 = V. Stegemann, Astrologie und Universalgeschichte: Studien und
Interpretationen zu den Dionysiaka des Nonnos von Panopolis, Leipzig-Berlin,
Teubner, 1930, pp. 128-30
TAPLIN 1980 = O. Taplin, “The Shield of Achilles within the Iliad”, Greece & Rome 27, 1980, pp. 1-21
TAYLER 1913 = J.G. Tayler, “Some Notes on the Homeric Shield”, Classical Review 27, 7,
1913, pp. 222-5
YALOURIS 1980 = N. Yalouris, “Astral Representations in the Archaic and Classical
Periods and their Connection to Literary Sources”, American Journal of Archaeology
84, 3, 1980, pp. 313-8 e plates 38-40
YOSHIDA 1964 = A. Yoshida, “La structure de l'illustration du bouclier d'Achille”, Revue
Belge de Philologie et d'Histoire 42, 1964, pp. 5-15
VANDERLINDEN 1980 = E. Vanderlinden, “Le bouclier d'Achille”, Les Études Classiques 48,
1980, pp. 97-126
WENIGER 1912 = L. Weniger, Der Schild des Achilles. Versuch einer Herstellung, Berlin,
Weidemann, 1912
VERDENIUS 1987 = W.J. Verdenius, Commentaries on Pindar, I, Olympian Odes 3, 7, 12, 14,
Leiden, Brill, 1987
WILLINK 1986 = Euripides. Orestes, with Introduction and Commentary by C.W. Willink,
Oxford, Clarendon Press, 1986
WORTHEN 1988?= T. Worthen, “The Idea of 'Sky' in Archaic Greek Poetry ejn de; ta;
teivrea pavnta ta; t oujrano;" ejstefavnwtai Iliad 18.485”, Glotta 66, 1988, pp. 1-19
ZAMBARBIERI 1990 = M. Zambarbieri, L'Iliade com'è: Lettura, problemi, poesia, II, Canti XII-
XXIV, Milano, Cisalpino, 1990
ZEITLIN 1989 = F.I. Zeitlin, “Mysteries of Identity and Designs of the Self in Euripides'
Ion”, Proceedings of the Cambridge Philological Society n.s. 35, 1989, pp. 144-97

344
345
346
347
348
349
350
351
352
ILLUSTRAZIONI

Tavola 1. Colosso di Rodi

1. Joannes Sambucus, Emblemata, incisione, Christopher Plantin, Antwerp 1569, The


Hague, 488 K 29, Koninklijke Bibliotheek.
http://www.mnemosyne.org/mia/showmanu?id=embmne_sam156
2. Martin van Heemskerck, Seven Wonders of the World, incisione, 1570, Londra,
Courtauld Institute of Art Gallery.
http://en.wikipedia.org/wiki/Colossus_of_Rhodes
3. Louis De Caullery, incisione, circa 1570, Parigi, Museo del Louvre. http://noe-
education.org/D128.php
4. Henry Peacham, Minerva Britanna, incisione, 1612.
http://f01.middlebury.edu/FS010A/STUDENTS/Minerva/161.JPG
5. Athanasius Kircher, Turris Babel, incisione, 1679.
http://www.wonder7th.com/colossus06.jpg
6. A. M. Mallet, Illustrations de Description de l'Univers, incisione, 1683.
http://gallica.bnf.fr
7. Colosso del Sole a Rodi, Chauveau et de Le Clerc, XVII sec.,
http://www.textesrares.com/grav/grav00.php
8. Ovidio, Metamorfosi 7.365, Medea vola su Rodi, J. U. Krauss, Augsburg 1690.
http://www.latein-pagina.de/ovid/ovid_m7.htm
9. Johann Oswald Harms, Herzog Anton Ulrich-Museum Z. Harms HT3 1695.
http://www.bildindex.de/rx/
10. Giacomo Torelli, XVII sec., Fano, Museo Civico.
http://www.e-turchia.com/cultura4.htm
11. Fischer von Erlach, A Plan of Civil and Historical Architecture, Philip de Bay, 1721.
http://www.britannica.com/eb/art-17411
12. Colosso del Sole a Rodi. http://druine.free.fr/rhodes/colosse.htm

353
13. George Balthasar Probst, XVIII secolo.
http://www.guardian.co.uk/artanddesign/2008/nov/17/colossus-rhodes-greece-sculpture
14. Colosso del Sole a Rodi.
http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it/colosso_rodi.htm
15. Friedrich Justin Bertuch, XVIII secolo. http://www.bertuch-verlag.com
16-17. Colosso del Sole a Rodi.
http://eu.art.com/asp/sp-asp/ http://www.beepworld.de/memberdateien/
18. Martin van Heemskerck, Seven Wonders of the World.
http://jpaulmorrison.com/museum/museum_annotated.htm#7wonders
19. Arazzo di Gobelins, Colosso del Sole a Rodi.
http://www.rfi.fr/actufr/articles/089/article_51749.asp
20. J. Coote, New Geographical Dictionary, Londra 1760.
http://www.columbia.edu/itc/mealac/pritchett/00routesdata/1700_1799/compendia/
coote/colossus.jpg
21. Ferdinand Knab, Seven Ancient Wonders of the World, George Eastman House.
http://www.eastman.org/ar/
22. Sidney Barclay, incisione, circa 1875. http://concise.britannica.com/
23. Johann Benk, Helios, 1880, Vienna, Naturhistorischen Museum.
http://www.ti-amo.at/kunst/helios-statue-sonnengott.htm
24. Ferdinand Knab, Seven Ancient Wonders of the World, figurina Liebig serie Weltwunder,
1895.
http://www.leuchtturm-welt.net/HTML/SAMMELK/ORIGINAL/weltwunder4.jpg
25. Ferdinand Knab, Seven Wonders of the Ancient World. http://www.allposters.com/
26-27-28-29-30. Colosso del Sole a Rodi.
http://www.rhodos-welten.de/koloss/koloss.htm
31. Cartolina di Rodi. http://photo.xanga.com/Rowbean/17bb5209381825/photo.html
32. Book of Knowledge, The Grolier Society, 1911.
http://www.mlahanas.de/Greeks/Temples/ColossusRhodes001.html
33. J. C. Ridpath, History of the World, 1915.
http://patentpending.blogs.com/patent_pending_blog/2005/11/the_seven_wonde.html
34. Salvator Dalì, Colosso di Rodi, 1954. www.mlahanas.de/Greeks
35. http://www.authenticwonders.com/Wonders/Gallery/colossus_new.jpg
36. L. Sprague deCamp, Bronze God of Rhodes, 1960.
http://www.mlahanas.de/Greeks/Novel/TheBronzeGodOfRhodes.html
37. Alex Toth, Colossus, 1967.
http://www.collectingfool.com/published/toth-colossus-rhodes.jpg
38. Dipinto nell’atrio della nave Carnival Legend.
http://travel.webshots.com/photo/1294813245051207497GzsZut
39. http://flickr.com/photos/f7oor/385613958/

354
40. Empire State Building, vetrata decorativa.
http://picasaweb.google.com/HDoggett/SpringBreak07WashingtonNewYorkAndM
uchMore#5042914994535796658
41. Candace Gibson, How the Seven Wonders of the Ancient World Work.
http://history.howstuffworks.com/asian-history/seven-wonder-ancient-world6.htm
42. Lee Krystek, 1998. http://www.unmuseum.org/colrhode.htm
43-44. Bill Munns, 2000. http://www.billmunnsgallery.com/
45. http://history.howstuffworks.com/ancient-rome/seven-wonders-of-the-ancient-
world.htm
46. Faro da collezione.
http://www.harbourlights.com/catalog/2003/images/colossus/HL661CR_DS4.jpg
47. Roy Krenkel, stampa.
http://www.bookpalace.com/acatalog/Home_Roy_Krenkel_Art_220.html
48. http://www.macedoniaontheweb.com/forum/free-speech-macedonia-forum/9211-
new-colossus-going-build-rhodes.html
49. http://library.thinkquest.org/03oct/00708/pictures/colossus.jpeg
50. Philip Martin. http://7wonders.mrdonn.org/colossus.html
51-52. Francobolli emessi dalla Grecia. http://www.colossusofrhodes.com/
53. Francobollo emesso dal Mali.
http://grece.greece.free.fr/F/GreceCrete/DerniereMinut.htm
54. Francobollo emesso dall’Ungheria.
http://www.math.put.poznan.pl/~amarlew/amPhi/7wonders.htm
55. Orologio «Bras en l’Air» or «Colossus».
http://zorigami.free.fr/odd_watches/colossus.htm

Tavola 2. Arte virtuale

a. Scudo di Achille

1-2. Malcolm M. Willcock, A Companion to The Iliad, Chicago University Press 1976,
2 - Versione italiana del precedente.
3. Mario Geymonat, Eneide, con episodi significativi di Iliade e Odissea, Bologna,
Zanichelli, 1987): 1 – La terra, il cielo, il mare, il sole, la luna piena e tutte le
costellazioni (vv.481-489); 2 – La città della pace (vv. 490-508); 3 – La città della
guerra (509-540); 4 – L’aratura (vv. 541-549); 5 – La mietitura (vv. 550-560); 6 – La
vendemmia (vv. 561-572); 7 – La mandria (vv. 573-586); 8 – Il pascolo (vv. 587-589);
9 – La danza (vv. 590-605); 10 – Il fiume Oceano (vv. 606-607).
4-5. Anonimi, Schema del nuovo scudo di Achille (Iliade, 478-608); Schema completo
dello svolgimento ciclico dell’Iliade.

355
6. Gioachino Chiarini, I cieli del mito-Letteratura e cosmo da Omero a Ovidio (fig. 10),
Reggio Emilia, Edizioni Diabasis, 2005.
7. J. Van Leeuwen, Homeri Iliadis Carmina cum apparatu critico, pag. 762, II edizione,
Leida, 1912.
8. Blasius Caryophilus, De clypeis veterum, in Apologie d'Homère di Boivin, (XVII sec.)
Ricostruzione di Quatremère de Quincy e Flaxman.
http://www.cosmovisions.com/textBouclier.htm
9. A. Pope (traduzione di), Iliade, Ms. Add. 4808, fol. 81v (1712-20), Londra, British
Library. http://www.bl.uk/onlinegallery/
10. A. Pope, The Iliad of Homer / translated by Alexander Pope, Londra, Rivington 1760.
http://www.rdg.ac.uk/library/
11. Nicolas Vleughels e F. Morellan la Cave, Apologie d'Homère di Boivin (1715).
http://expositions.bnf.fr/homere/it/64/06.htm
12. Anonimo, Scudo di Achille (Gentleman’s Magazine, Londra, 1749).
http://classes.bnf.fr/idrisi/grand/6_21.htm
http://www.oldworldauctions.com/Auction086/ow-prints.htm
13. Elisabeth-Sophie Chéron, Pierre Antiques gravées, 1771, Parigi, BNF.
http://redcloud10.tripod.com/prints/id3.html
14. Incisione dell’Enciclopedia Francese, Parigi 1790.
http://classes.bnf.fr/idrisi/grand/6_21.htm
15. Disegno per incisione in rame, Guzzi, Firenze, circa 1820.
http://www.philographikon.com/printsgreece.html
16. Illustrazione da Le Costume Ancien Ou Moderne, 1827.
http://eu.art.com/asp/sp-asp/_/pd--12063405/
17-18. Michael Köck (XIX sec.), Versailles, château de Versailles et de Trianon.
http://www.photo.rmn.fr/
19. J. Flaxman, disegno dello scudo di Achille (1899). http://www.gutenberg.org/
20-21. Klaus Fittschen, Der Schild des Achilleus. Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht,
1973. Tavole VIIb (disegno, Weniger) e VIIa (disegno, Murray & Ryland).
http://home.att.net/~a.a.major/wrapup.htm
22. Filippo Caporali, Scudo di Achille (XVIII sec.).
http://www.morbelli.com/faf/Scudi.htm
23. John Flaxman, Scudo di Achille in oro, 1 821.
http://www.philipresheph.com/demodokos/book1/armour1.htm
24-25. Philip Rundell per Rundell, Bridge & Rundell (disegno di J. Flaxman), eseguito nel
1821 per il banchetto offerto per l’incoronazione di George IV, re d’Inghilterra.
http://www.royalcollection.org.uk/default.asp?action=article&ID=17
26-27. http://www.comune.bologna.it/iperbole/llgalv/ Ricostruzione dello scudo di
Achille. http://blog.arlt.co.uk/blog/_archives/
28. M.M. Poulton, The Shield of Achilleus (Iliade, XVIII), tecnica mista.

356
http://www.merleann.com/book17and18.htm
29. Lino Minneci, Scudo di Achille, in tondino di ferro.
www.associazionenexus.it/LinoMinneci.htm
29-30. Alessandro Romano, Scudo di Achille, San Pietro in Lama, Museo “CAROLI” della
Fondazione MEMMO
31. M.M. Poulton, The Shield of Achilleus (canto XVIII), tecnica mista su carta.
http://www.merleann.com/book17and18.htm
32. G. Fiordoro-L. Salvati, Scudo di Achille, opera grafica.
http://www.francocusatiarte.com/
33. A. Jones, Scudo di Achille, University of Central Lancashire.
http://www.artshole.co.uk/
b. Scudo di Enea

Gioachino Chiarini, I cieli del mito-Letteratura e cosmo da Omero a Ovidio, fig. 13, Reggio
Emilia, Edizioni Diabasis, 2005.

c. Mantello di Giasone

1. Gioachino Chiarini, I cieli del mito-Letteratura e cosmo da Omero a Ovidio, fig. 12,
Reggio Emilia, Edizioni Diabasis 2005.
2. H. A. Shapiro, Jason’s Cloak, Mantello di Giasone, TAPA 110, 1980, pp. 263-286.

d. Orione

Nicolas Poussin, Orione cieco cerca il Sole che sorge, olio su tela (1658). New York,
Metropolitan Museum.
http://www.metmuseum.org/toah/ho/09/euwf/ho_24.45.1.htm#

Tavola 3. Arte reale

a. Scudi di Achille

1. H. S. Jones, The Chest of Kypselos, JHS vol. 14, 1894, tav. 1.


2. Neck anfora attica a figure nere (550-500 a.C.), Città del Vaticano, Museo
Gregoriano Etrusco. http://www.beazley.ox.ac.uk/
3. Frammento di oinochoe attica a figure rosse (425-375 a.C.), Oxford, Ashmolean
Museum. http://www.beazley.ox.ac.uk/
4. Cratere apulo a figure rosse (380-370 a.C.), Troilo e Achille, Boston, Museum of
Fine Arts. http://www.mfa.org/

357
5. Mosaico di ciottoli di fiume, da Olinto (400-348 a.C.), Teti con lo scudo di Achille,
Olinto, Casa della Buona Fortuna (in situ).
http://www.ac-nancy-metz.fr/enseign/lettres/LanguesAnciennes/Ariane/images_ar/autour/parques/parq_olynthe3.jpg

6. Pelike a fig. rosse (375-350 a.C.), Teti e le armi ad Achille, Malibu, Getty Museum.
http://www.theoi.com/Gallery/P12.4B.html
7. Anfora apula a figure rosse (c. III sec. a.C.), Achille, Trieste, Museo Civico.
http://www.beazley.ox.ac.uk/
8-9. Tabula Iliaca Sarti (Jahn-Michaelis B - Sadurska 6.B – IGUR IV 1617), Teti con lo
scudo di Achille, I secolo a.C.
10-11-12. Tabula Iliaca Scudo di Achille A (Sadurska 4.N - IGUR IV 1615), Carro del Sole
(nel particolare), I secolo a.C.
13. Tabula Iliaca Scudo di Achille B (Sadurska 5.O - IGUR IV 1616), I secolo a.C.
14-15-16. Tabula Iliaca New York (Sadurska 2.NY- IGUR IV 1613), Teti consegna ad
Achille le armi fabbricate da Efesto.
http://download.sns.it/labarcheo/erice06/Tabulae_Iliacae_1.pdf (stesso link anche per i numeri 8-9-10-11-12-13).

17. J. Flaxman, Teti porta le nuove armi ad Achille.


http://www.gutenberg.org/files/6130/6130-h/6130-h.html#fig101
18. Statua di Achille con scudo, 1890, Corfù, Achilleion.
http://en.wikipedia.org/wiki/Gorgon
19. Scudo di Achille, legno e cuoio. http://www.easilysuede.com
20. Ilias Lalaounis, Scudi di Achille, cristallo di rocca e steatite, 1976.
www.academie-des-beaux-arts.fr/
21. Kathryn Field, Scudo di Achille, alluminio policromo, 1990.
http://www.kathrynfield.com/

b. Scudi di altri

1. Cratere attico (V secolo), Eracle entra nell’Olimpo, Roma, Museo Nazionale di Villa
Giulia. http://www.bildindex.de/
2. Anfora attica a figure rosse, (540-530 a.C.), Apoteosi di Eracle, Parigi, Museo del Louvre.
http://www.ac-versailles.fr/pedagogi/Lettres/latin/forum/Hercule/hercule_apotheose.htm
3. Vaso a figure rosse (IV sec. a.C.), Antigone presso la tomba di Polinice, Parigi,
Museo del Louvre.
http://www.timelessmyths.com/classical/gallery/antigone.jpg
4-5. Neda Leipen-Sylvia Hahn, ricostruzione dello scudo di Athena Parthenos, 1971,
Toronto, Royal Ontario Museum.
http://fvankeur.myweb.uga.edu/classical/high/high.html
6-7. Alan LeQuire-Lou Reed, ricostruzione dello scudo di Athena Parthenos, 1990,
Nashville, Tennessee, The Parthenon - Centennial Park.
http://www.nashville.gov/parthenon/Athena.htm

358
c. Mantello di Armonia

Cratere a calice a figure rosse (360-340 a.C.), Mantello di Armonia, Parigi, Museo del Louvre.
http://www.theoi.com/Ouranios/Harmonia.html

d. Corazza di Augusto

1-2-3. Statua di Augusto di Prima Porta, circa 15 a.C., Roma, Musei Vaticani.
http://www.mbradtke.de/augustus/augustus01.htm
http://www.mediterranees.net/histoire_romaine/empereurs_1siecle/auguste/primaporta.html

359
ÍNDICE

MARIA DO CÉU FIALHO – Introdução .................................................................................. 5

JOSÉ AUGUSTO RAMOS – O sol no seu nascente: mitologias solares das culturas pré-clássicas... 7

NUNO SIMÕES RODRIGUES – Medeia, a Deusa Solar. Proposta de releitura de uma velha
problemática ................................................................................................................. 31

MARIA DO CÉU FIALHO – Viver e ver a luz do sol ................................................................ 43

MARTA VÁRZEAS – A poesia solar de Píndaro ................................................................... 53

FÁTIMA SOUSA E SILVA – O Sol e o género na comédia ateniense ....................................... 63

SUSANA MARQUES PEREIRA – O sol dissipador de pesadelos .............................................. 77

LUCÍA ROMERO MARISCAL – O sol em Eurípides .............................................................. 83

LEONOR SANTA BÁRBARA – Luz e morte nas tragédias de Eurípides .................................. 95

CARMEN SOARES – Heródoto e o Sol dos Outros ................................................................. 101

DAVID SANTOS – A analogia do sol à luz de Platão ...................................................... 115

CARLOS JESUS – Quando o dia se fez noite. Arquíloco e Plutarco face ao espectáculo do
eclipse solar .................................................................................................................. 129

AURORA LÓPEZ/ANDRÈS POCIÑA – A Aurora e o Sol na poesia latina clássica .................. 145

VASCO MANTAS – As cidades do Sol ................................................................................... 161

CLÁUDIA TEIXEIRA – Heliogábalo e o culto do Sol: ascensão e queda de uma divindade ..... 193

JAIME ALVAR – El Mitraismo en Hispania .......................................................................... 203

ARMANDO REDENTOR – As representações solares nas estelas romanas do Nordeste


transmontano ............................................................................................................... 225

LUÍS DA SILVA FERNANDES – Invocando o sol em Colares: do locus sacerromano ao


museu arqueológico ...................................................................................................... 249

363
PAULA BARATA DIAS – Trabalho, calendário monástico e ano solar. Exemplos de
adaptações do preceito do trabalho em alguns textos monásticos ................................. 257

NAIR DE NAZARÉ CASTRO SOARES – A simbologia Ético-Política do sol no Renascimento ........ 273

CARLOTA MIRANDA – O Sol, signo da linguagem espiritual e devocional no início da


modernidade ................................................................................................................. 297

TERESA CARVALHO – A poesia de Manuel Alegre: o Carro do Sol num «rectângulo de


sombra» ........................................................................................................................ 307

FRANCESCO DE MARTINO – A iconografia do Sol de inspiração greco-romana .................. 315

JOSÉ D’ENCARNAÇÃO – Conclusões sobre o Sol Greco-Romano ......................................... 359

364

Você também pode gostar