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PEDAGOGIA DEI SERVIZI EDUCATIVI

I servizi educativi che si occupano della fascia d’età 0-6 devono porsi in continuità con le famiglie,
questa è la continuità orizzontale, con le famiglie e con le agenzie presenti sul territorio che in
qualche modo hanno a che fare con la crescita, con lo sviluppo delle bambine e dei bambini in
questa fascia d’età. Quindi la continuità orizzontale è legata al rapporto tra servizi educativi e
famiglie, servizi educative e altre agenzie educative del territorio.
Quando si parla di sistema formativo integrato dei servizi educativi si fa riferimento alla continuità
verticale, nel senso che quanto offerto dai servizi educativi, della fascia d’età 0-6, quanto offerto
deve essere in continuità, quindi gli obiettivi educativi devono essere in continuità, coerenti con
quanto verrà fatto successivamente a scuola; quindi questa continuità educativa è importante
perché ci deve essere coerenza, perché l’obiettivo è lo sviluppo integrale della persona. Lo
sviluppo integrale della persona significa che necessita di una coerenza tra le finalità delle diverse
agenzie educative che si occupano della fascia 0-6; chiaramente quello che fanno i servizi
educativi, quello che fa un servizio è diverso a quello che fa la famiglia, ciascuna agenzia ha la sua
specificità, ma è vero anche che ci deve essere coerenza, che ci deve essere condivisione di
obiettivi, per cui, obiettivi che servono per rafforzare quanto fa la famiglia, quindi la famiglia trova
nei servizi educativi un supporto, un appoggio; i servizi educativi devono cercare e trovare nelle
famiglie, un supporto e un appoggio a quanto svolgono all’interno del servizio, quanto viene fatto
all’interno del servizio. Quindi questo significa che quando parliamo di un sistema integrato 0-6,
dobbiamo pensare che questo sistema integrato ha come obiettivo rendere coerenti, e quindi in
continuità tra di loro le azioni promosse dai servizi educativi, dalle famiglie e da tutte le altre
agenzie educative, proprio perché appunto l’obiettivo è quello di formare bambine e bambini che
sappiano trovare dei riferimenti forti, perché è chiaro che se i servizi, se nell’ambito di un servizio,
le finalità educative sono differenti da quelle che sono portate avanti se pure in maniera non
formale dalla famiglia, è chiaro che ci sarà confusione nella bambina e nel bambino, è chiaro che
quanto verrà fatto dai servizi educativi non sarà efficace perché non ci sarà il supporto della
famiglia e perché quell’azione non sarà in continuità con quanto fatto dalla famiglia, questo
naturalmente crea confusione nelle bambine e nei bambini, è una confusione che fa si che anche
nello sviluppo della personalità non ci siano dei punti di riferimento importanti soprattutto dal
punto di vista dei valori.
Il Decreto Legislativo 65 aiuta a creare una continuità educativa, ma allo stesso tempo è un
decreto che mette ordine nella confusione di servizi che sono presenti su tutto il territorio, però
sono presenti in maniera non omogenea, questo significa che i servizi educativi per la fascia 0-6
sono concentrati prevalentemente in alcune aree del nostro paese, in queste aree troviamo
differenti tipologie di servizi educativi che prendono anche denominazioni differenti perché
parallelamente a una legislazione nazionale, più che parallelamente c’è stata un’assenza, un vuoto
dal punto di vista legislativo fino al 2017, per cui le regioni hanno promosso appunto la diffusione
dei servizi educativi dando però denominazioni diverse oppure immaginandole dal punto di vista
organizzativa, in maniera diversa da quella di un altro servizio presente in un’altra regione. Quindi
questa disomogeneità ha Comportato una grande confusione, una confusione su quali servizi sono
destinati alla fascia 0-6, che caratteristiche hanno, chi deve lavorare in questi servizi; allora la legge
65 è importante perché in qualche modo mette ordine in questo confuso, non è proprio confuso
ma ciascuna regione a partire dalle proprie esigenze, dai propri bisogni ha avviato un processo di
diffusione di questi servizi differenti (una differenza eclatante è quella che c’è è tra Nord e Sud
Italia di come noi troviamo nella Valle d’Aosta, in Toscana, in Piemonte, in Emilia Romagna, servizi
educativi che offrono una pluralità di offerte formative diverse e lo fanno per rispondere alle
esigenze di quel territorio, esigenze di tipo economico, sociale di quel territorio); quindi ciascuna
regione risponde alle esigenze della popolazione locale, e hanno avviato un processo di
promozione, di diffusione dei servizi educativi specifico proprio della regione. È chiaro però che
tutto questo crea confusione. La legge 65 in qualche modo ha chiarito alcune cose, ha chiarito chi
fa cosa, quali sono i servizi 0-3, chi si occupa di questi servizi.
DECRETO LEGISLATIVO 65
Nell’articolo 1 comma 3 si afferma che il Sistema integrato di educazione e istruzione promuove la
continuità del percorso educativo e scolastico, con particolare riferimento al primo ciclo di
istruzione, sostenendo lo sviluppo delle bambine e dei bambini in un processo unitario, in cui le
diverse articolazioni del Sistema integrato di educazione e istruzione collaborano attraverso
attività di progettazione, di coordinamento e di formazione comuni, cioè il sistema integrato cosa
ha introdotto da questa legge? Cosa ha permesso? Ha permesso uno sviluppo che fosse garantito
ai bambini e alle bambine, uno sviluppo unitario, in quanto mette insieme le diverse agenzie
educative o meglio impegna le diverse agenzie educative a lavorare insieme, a collaborare nelle
attività di progettazione, di coordinamento e di formazione comune. Qual è l’obiettivo che ha il
sistema integrato di educazione e di istruzione? L’obiettivo è ridurre lo svantaggio culturale,
sociale e relazionale, promuovere l’inclusione di tutte le bambine e di tutti i bambini che vivono in
una condizione di svantaggio sociale, culturale, economico, e per i quali non è garantito il supporto
educativo efficace; per cui il sistema educativo 0-3 e 0-6 aiuta i bambini e le bambine a
raggiungere gli stessi obiettivi, laddove all’interno delle famiglie ci sono delle difficoltà che
impediscono il raggiungimento di determinati obiettivi formativi, nei servizi educativi
collaborando in continuità con le altre agenzie, sostenendo le famiglie, quindi in continuità con le
famiglie e anche guardando agli obiettivi della scuola primaria, tutte le agenzie cercano di lavorare
insieme, di progettare insieme, di coordinarsi e di stabilire tutti gli obiettivi comuni. Chiaramente
tra i bambini e le bambine con svantaggio culturale, sociale, abbiamo anche bambini e bambine
con disabilità certificata. Il Sistema Integrato sostiene anche la primaria funzione educativa delle
famiglie, anche attraverso organismi di rappresentanza, favorisce la conciliazione tra i tempi e la
tipologia di lavoro dei genitori e promuove la qualità dell’offerta formativa avvalendosi di un
personale educativo docente che sia in formazione continua; le famiglie sono una partner
privilegiato dei servizi educativi, i servizi educativi sono in continuità con le famiglie, molto spesso i
servizi educativi sostengono le famiglie, aiutano le famiglie nel loro ruolo (soprattutto i genitori),
nella loro funzione educativa, quindi da una parte c’è il collegamento, la volontà, mettersi in
continuità con le famiglie, non è più una volontà ma un obbligo di legge stabilito dalla legge 65, ma
dall’altra i servizi educativi sostengono le famiglie, aiutano i genitori nello svolgimento del loro
ruolo genitoriale e quindi li aiutano nella loro funzione educative. Il sistema integrato ha l’obiettivo
di sostenere le famiglie nello svolgimento del loro compito educativo e sostenere le famiglie nella
conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, l’assenza di servizi educativi è una delle principali cause
della disoccupazione femminile in quanto l’assenza dei servizi educativi costringe le donne a
rimanere a casa, a prendersi cura delle bambine e dei bambini e quindi la presenza di un sistema
integrato di servizi educativi fa si che si venga incontro alle famiglie e in modo particolare delle
donne che in questo modo hanno maggiore possibilità di accedere al mondo del lavoro;
chiaramente serve la presenza di un sistema formativo e funzionale all’accesso alle donne nel
mondo del lavoro, non dobbiamo dimenticare che i servizi educativi hanno un ruolo importante
nel prevenire la povertà educativa, consentono alle bambine e ai bambini di accedere a dei saperi,
di fare delle esperienze di tipo educativo importanti, quindi a prescindere dalla possibilità di
accesso al mondo del lavoro, il servizio educativo anche quando la mamma non lavora è
importante perché rappresenta una fonte di arricchimento, un luogo di grande crescita
relazionale, culturale, affettiva, cognitiva delle bambine e dei bambini, però non dobbiamo
trascurare che è importante questo sistema integrato dei servizi educativi perché aiuta le donne a
poter accedere al mondo del lavoro visto che le percentuali delle donne che lavorano, lasciano il
lavoro dopo la nascita del secondo figlio, continuano ad essere importanti. Nella legge si dice che il
sistema integrato promuove la qualità dell’offerta educativa avvalendosi di personale educativo e
docente con qualificazione universitaria, e qui ci siamo noi, viene chiesto dalla legge 65 che
possono operare all’interno di servizi educativi solo coloro che sono laureati e che hanno una
laurea specifica che è quella di scienze dell’educazione e della formazione.
Vengono introdotti anche i Poli per l’infanzia e questo perché la continuità deve essere anche fisica, nel
senso che questi servizi devono essere presenti in un unico plesso o comunque in edifici vicini, e i poli per
l’infanzia si caratterizzano come laboratori permanenti di ricerca, di innovazione, partecipazione, è come se
fossero delle sentinelle, immaginiamo questi poli che raggruppano i servizi educativi come degli osservatori
che fanno da sentinella a difesa sulla condizione delle bambine e dei bambini che vivono in un determinato
territorio.
Dobbiamo puntare l’attenzione sulla qualificazione dei servizi educativi, su quali sono gli obiettivi strategici
del sistema integrato di educazione e istruzione che rendono e qualificano questa individuazione degli
obiettivi; dobbiamo sempre ricordare che alla base di tutto ci deve essere intenzionalità cioè quello che
distingue l’educatore formato e un qualsiasi altro operatore che non ha una formazione specifica e che
deve, si trova così a dover avere a che fare con bambini e bambine e dell’educazione di essi, e che
l’educatore formato agisce sempre con intenzionalità e quindi partono sempre obiettivi che sono presenti
nelle indicazioni nazionali. Quindi gli obiettivi strategici, ce lo dice già il Ministero cosa dobbiamo fare,
seppure a livello macro. Allora lo Stato dice che promuove la qualificazione dell’offerta dei servizi educativi
per l’infanzia, mediante il Piano di azione nazionale pluriennale e definisce il raggiungimento di obiettivi
strategici, in coerenza con le politiche europee. Gli obiettivi di questo sistema integrato sono il
consolidamento, l’ampliamento, l’accessibilità dei servizi educativi per l’infanzia, la diffusione sul territorio
dei servizi educativi per l’infanzia e addirittura si dice nella legge, con l’obiettivo di raggiungere il 75% di
copertura dei Comuni (cosa molto difficile se consideriamo che in molte regioni d’Italia, la diffusione dei nidi
è molto più bassa a livello nazionale e europeo, è molto lontana dall’obiettivo che si era prefissata la rete
europea per i servizi educativi per l’infanzia, del 33% dei servizi educativi nel territorio), l’obiettivo
strategico è la generalizzazione della scuola dell’infanzia per le bambine e i bambini dai tre ai sei anni,
l’inclusione di tutte le bambine e di tutti i bambini e poi la qualificazione universitaria del personale (fa
riferimento a noi, cioè coloro che sono laureati in scienze dell’educazione e della formazione), la
formazione in servizio del personale del Sistema Integrato (quindi la formazione continua), il coordinamento
pedagogico territoriale (nel Sistema Integrato dei servizi educativi ci deve essere un coordinamento
pedagogico, quindi ci deve essere qualcuno che deve fare in modo che ci sia una coerenza dal punto di vista
delle finalità educative tra tutti i servizi presenti sul territorio) e l’introduzione di condizioni che agevolino la
frequenza dei servizi educativi per l’infanzia (ad esempio l’organizzazione dei servizi in modo tale da
permettere anche ai genitori che lavorano in orari che non sono tipo la mattina, pomeriggio, offrire un
servizio che permette ai bambini e alle bambine di accedere e quindi di andare incontro alle esigenze di
lavoro delle famiglie).
L’articolo 2 dice che nella loro autonomia e specificità i servizi educativi costituiscono, ciascuno in base alle
proprie caratteristiche funzionali, la sede primaria dei processi di cura, educazione ed istruzione per la
completa attuazione delle finalità previste nell’articolo 1. I servizi educativi per l’infanzia sono articolati in:
-nidi e micronidi che accolgono le bambine e i bambini tra i tre e i trentasei mesi di età, e che concorrono
con la famiglia alla loro cura, educazione e socializzazione al fine di promuovere il benessere e lo sviluppo
dell’identità, dell’autonomia e delle competenze;
-sezioni primavera che accolgono bambine e bambini nella fascia di età tra i ventiquattro e trentasei
mesi;
-servizi integrativi che concorrono all’educazione e alla cura delle bambine e dei bambini, quindi
parliamo di spazi gioco, centri per bambini e famiglie, servizi educativi in contesto domiciliare, servizi
educativi per l’infanzia, e la scuola dell’infanzia.
Questi sono servizi educativi per l’infanzia individuati e definiti dalla legge 65.
INDICAZIONI NAZIONALI
Quando lavoreremo in un servizio educativo, dobbiamo considerare che alla base di tutto, il
modello a cui dobbiamo fare riferimento è quello delle indicazioni nazionali, è il modello della
persona che vogliamo formare, è la persona nella società in cui viviamo, quindi la centralità della
persona. Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti, la realizzazione
delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di
ogni persona e quindi della sua identità articolata; per una particolare cura è necessario dedicare
alla formazione della classe come gruppo, il ruolo del gruppo è legato al concetto di cittadinanza.
Nel testo si parte dalla definizione di curricolo. Per curricolo s’intende l’insieme delle discipline che
entro certi tempi e con certi metodi verranno insegnate, o un percorso finalizzato alle conoscenze,
al conseguimento delle conoscenze e competenze puntuali. È chiaro che non è corretto parlare di
curricolo pensando all’educazione dei bambini nei contesti extra domestici (asili nido, sezioni
primavera, scuola dell’infanzia), tuttavia la tradizione della pedagogia dell’infanzia a partire dai
suoi esponenti classici, intende la formazione dei bambini come un sostegno alla crescita di tipo
olistico, ossia che quello che il curricolo deve mirare allo sviluppo della bambina e del bambino
tenendo conto della complessità degli aspetti che caratterizzano un individuo. Quando si parla di
un curricolo olistico si fa riferimento a un curricolo che presta attenzione allo sviluppo cognitivo,
sociale, relazionale, affettivo, corporeo importante in questa fascia d’età; quando parliamo di un
curricolo olistico facciamo riferimento a un curricolo che tiene conto della complessità della
persona, quindi tutti gli aspetti, tutte le dimensioni che caratterizzano l’individuo e parliamo di un
curricolo olistico perché più di fare riferimento a delle discipline si tiene conto della pluralità degli
aspetti emotivi, cognitivi, affettivi che caratterizzano la personalità, e all’interno dei servizi
educativi 0-6 bisogna tener conto di tutti questi aspetti e progettare delle esperienze educative
che siano significative in tal senso, e quindi che siano significative perché in grado di rispondere
allo sviluppo di tutte queste dimensioni tenendo conto della specificità, della particolarità di
questa fascia d’età che non apprende con modalità trasmissiva ma apprende essenzialmente
attraverso l’esperienza.
L’utilizzo del termine curricolo per questa fascia d’età è abbastanza recente perché il curricolo ha
sempre riguardato la fascia dalla scuola primaria in poi perché faceva riferimento alle discipline;
incomincia una concezione del curricolo, quindi la definizione di curricolo si è evoluta nel corso del
tempo, la definizione che da Scurati è: il curricolo è un complesso integrato dell’esperienza
scolastica compiuta dallo studente in quanto intenzionalmente rivolta a conseguire il fine della
formazione ma anche l’organizzazione delle possibilità offerte dalla situazione scolastica, in quanto
ordinata allo sviluppo evolutivo dell’alunno. Quindi il curricolo rimanda a una parola chiave, quello
che dobbiamo prendere dalla definizione di Cesare Scurati è : il curricolo è intenzionale quindi
riguarda l’organizzazione, la progettazione di un’offerta formativa, esperienze di tipo formativo
che sono caratterizzate dall’intenzionalità, quindi il curricolo ci aiuta a non improvvisare, definisce
quali sono, quali saranno gli argomenti, i temi da approfondire, le discipline e come verranno
approfonditi i temi delle discipline, tutto questo viene fatto nel rispetto dello sviluppo evolutivo
dell’alunno. Vediamo che abbiamo anche successivamente un’altra definizione che è quella che
dimostra, segna un’ulteriore evoluzione, quindi qui si inizia a parlare della intenzionalità ed è il
rispetto dello sviluppo evolutivo dell’alunno, ritorna il curricolo olistico. Poi c’è un’altra citazione
importante che viene recuperata e che ci fa capire quanto il concetto di curricolo si sia poi evoluto.
La definizione di Pontecorvo e Fusé dice che il curricolo corrisponde alla fitta trama di interazioni
in cui si articola l’insegnamento, vale a dire che il curricolo si articola in obiettivi educativi e
obiettivi didattici, in metodologie e procedure, nella selezione di materiali, di testi e di sussidi,
inoltre fa parte del curricolo i dati che si ricavano nel momento in cui si fa un’indagine di
prerequisiti (prima di progettare un’attività devo sapere qual è il livello di partenza, perché rischio
di progettare un’attività che sia o troppo semplice rispetto a requisiti di tipo linguistico,
cognitivo ,relazionale affettivo delle bambine e dei bambini o troppo complesso per essere
compreso), quindi l’autrice dice che il curricolo parte dai requisiti ossia parte dalla conoscenza che
hanno già gli allievi. Il curricolo prevede l’organizzazione dello spazio, l’organizzazione della
didattica generale, la dimensione psicosociale e poi le norme, i valori di riferimento che si
aspettano, i valori degli insegnanti, e le modalità di verifica, deve poi comprendere il feedback del
territorio e quindi il contesto, le ricadute che ha sul territorio, il curricolo deve anche prevedere la
partecipazione del territorio stesso. Ciò che dobbiamo sottolineare, ciò che dobbiamo ricordare è
la dimensione dell’intenzionalità, il curricolo che è il progetto macro deve essere intenzionale. La
caratteristica del curricolo è l’intenzionalità, un’intenzionalità che fa riferimento a dei valori, cioè
io progetto per realizzare il raggiungimento, per ottenere un determinato obiettivo che si ispira a
determinati valori; l’intenzionalità è fondamentale perché senza essa non c’è il progetto,
banalmente se noi vogliamo organizzare, vogliamo fare un viaggio, dobbiamo progettarlo, ma ci
deve essere l’intenzione di quell’obiettivo e tutte le azioni che facciamo devono essere legate a
quell’obiettivo finale, non possiamo dire io voglio ma non farci guidare dall’intenzionalità, tutto
quello che noi facciamo quando progettiamo deve essere intenzionale al raggiungimento
dell’obiettivo finale e quindi ci devono essere dei traguardi che vanno individuati, degli obiettivi, io
voglio raggiungere quell’obiettivo, e questi obiettivi finali che sono dettati da dei valori, che sono la
base della scuola dell’infanzia, dei servizi 0-6, 0-3, quei traguardi li troviamo nelle indicazioni
nazionali per la scuola dell’infanzia e nei regolamenti della normativa regionale per quando
riguarda i nidi e micronidi e i servizi 0-3. Alla base del curricolo abbiamo l’intenzionalità, ma se
facciamo riferimento ai servizi educativi per la fascia0-6, tutto deve essere accompagnato dalla
cura e dall’educazione, ci deve essere un intreccio tra cura e educazione, è quell’intreccio che
consente il raggiungimento del curricolo olistico, quel curricolo che mira allo sviluppo dell’intera
personalità della bambina e del bambino.
Nel testo si fa riferimento alla definizione di curricolo presente nel Quality framework
(documento internazionale che stabilisce gli obiettivi da raggiungere per i servizi educativi). Il
curricolo riguarda la cura e l’educazione, comprende diversi aspetti che fanno riferimento alla cura
dello sviluppo infantile, alle interazioni educative tra adulti e bambini, così come alle esperienze
dei bambini nei servizi e alla loro valutazione formativa. Il curricolo è la cornice curricolare che va
intesa come quadro di riferimento che può essere stabilito a livello nazionale, regionale, locale,
entro il quale sono delineati i valori, i principi, le linee guida che orientano l’approccio pedagogico.
Nel testo si dice che in molti casi il riferimento, per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, sono le
indicazioni del 2012, per quanto riguarda la fascia 0-3 (nidi, micronidi, spazi gioco, centri bambini e
famiglie) previsti all’interno della legge 65, il manifesto educativo è dato o dalla normativa
regionale oppure i servizi educativi, chi è a capo del servizio educativo, il coordinatore pedagogico,
insieme all’equipe di educatori può fare riferimento alle teorie, ai modelli elaborati sullo sviluppo
delle bambine e dei bambini, quindi si può da una parte fare riferimento, questi principi, le linee
guida che orientano l’azione dell’educatore e di un servizio educativo, sono la normativa regionale
ma anche le teorie, laddove le teorie e i modelli che hanno trattato, fondato come argomento lo
sviluppo dell’infanzia e la sua specificità. Secondo il Quality framework, il significato, la finalità del
curricolo è che quest’ultimo deve esplicitare le finalità, gli obiettivi, gli approcci che s’intendono
perseguire nella cura e nell’educazione dell’infanzia e quindi può supportare in modo significativo
il ruolo degli educatori perché io nel curricolo definisco già quali sono le finalità, gli obiettivi che
voglio raggiungere, che tipo di metodologia, strategia, quali sono gli spazi di cui mi voglio avvalere;
in questo modo gli educatori hanno già una guida, gli insegnanti della scuola dell’infanzia hanno
già un punto di riferimento perché hanno posto le basi per un percorso macro-intenzionale, e
tutto viene progettato a partire da questo curricolo che aiuta una volta definito, a creare ambienti
di apprendimento efficaci, che sostengono la crescita del bambino dal punto di vista cognitivo e
affettivo-relazionale, che ottimizza i benefici che derivano dalla frequenza dei servizi. Abbiamo
detto che i servizi educativi sono a supporto della conciliazione dei tempi di vita con quelli di
lavoro. È importante la frequenza dei servizi educativi perché significa far avvicinare le bambine e i
bambini a contenuti culturali che sono proposti in maniera intenzionale, finalizzati allo sviluppo
cognitivo, sociale, relazionale, affettivo, emotivo, corporeo della bambina e del bambino, quindi
c’è quella intenzionalità che fuori da questi servizi non c’è, e quindi è comunque vantaggioso a
prescindere dalla conciliazione vita-lavoro che è importante, questi servizi servono, aiutano, però
non si deve pensare che sono funzionali soltanto a questo, sono funzionali ad una crescita, a uno
sviluppo sano, armonico, ricco delle bambine e dei bambini, quindi il curricolo aiuta i servizi a
diventare un’agenzia educativa che agisce in modo intenzionale e favorisce l’inclusione sociale e
previene la povertà educativa cioè l’assenza di stimoli che portano i bambini a crescere dal punto
di vista cognitivo, quegli stimoli anche dal punto di vista affettivo, relazionale, estetico, corporeo,
quindi i servizi educativi hanno questo ruolo importante e il curricolo rappresenta uno strumento
fondamentale perché definisce le azioni che intende perseguire il servizio educativo per
raggiungere le finalità previste nel manifesto che sono Le Indicazioni Nazionali, o Le Teorie a cui fa
riferimento l’equipe del servizio o La Normativa Regionale riguardante la fascia 0-3.
In sintesi, il curricolo deve essere in grado di allestire un ambiente accogliente e sicuro, una
ambiente che sappia suscitare nei bambini curiosità e che sappia coinvolgerli in attività per loro
interessanti; nel curricolo bisogna annotare e considerare gli interessi manifestati dai bambini,
sostenere tali interessi attraverso esperienze che possano non solo soddisfarli ma anche estenderli
alla luce delle finalità di fondo condivise dagli educatori, quindi bisogna partire dagli interessi dei
bambini e delle bambine e da questi interessi che poi bisogna raggiungere le finalità condivise con
gli educatori e che fanno parte dell’identità di un servizio educativo; gli educatori, insieme al
coordinatore e a tutti gli operatori che lavorano, che si muovono all’interno del servizio, insieme
nelle azioni che fanno, che intraprendono, nel rapporto che hanno con il contesto, definiscono
l’identità di un servizio educativo, di conseguenza abbiamo una attenzione verso gli interessi delle
bambine e dei bambini, questi interessi devono essere adattati o meglio noi abbiamo questa
attenzione, dall’altra parte abbiamo l’identità del servizio educativo, questi interessi e questa
identità devono coincidere, le finalità che si è posto il servizio educativo devono essere raggiunte a
partire dagli interessi che hanno i bambini e le bambine, quindi ci sono delle finalità di fondo e
queste finalità devono incontrarsi necessariamente con gli interessi dei bambini, quindi anche
facendo leva sulle capacità infantili di azione, riflessione, scambio, bisogna verificare se le
esperienze realizzate richiedono di essere articolate, arricchite, modificate alla luce delle risposte
date dai bambini. Qui ritorniamo su un’altra parola chiave, abbiamo già parlato di intenzionalità
ma un altro aspetto, un’altra caratteristica della progettazione è la ricorsività, quindi il curricolo
che si immagina, che definisce quali possono essere le risorse, come allestire l’ambiente, quali
sono le finalità, gli obiettivi, i metodi, ma bisogna anche pensare che questo curricolo va adeguato
all’utenza delle bambine e bambini, e se c’è qualcosa che non funziona, ci deve essere, si deve
pensare ad apportare modifiche affinché quel curricolo sia il più possibile adeguato agli interessi,
al benessere, al livello di sviluppo e apprendimento delle bambine e dei bambini. Un altro aspetto
su cui ci dobbiamo soffermare è che il curricolo permette il superamento dell’idea che il servizio
educativo in modo particolare riguardanti la fascia 0-3 siano servizi di custodia; ogni azione che
viene fatta all’interno del servizio ha una finalità educativa, anche nel momento del cambio, della
pulizia, durante il pasto, durante il sonno ci sono ricadute dal punto di vista educativa perché in
questi momenti legati alla routine, l’educatore accompagna il bambino, non fa dei semplici gesti,
non sono semplici gesti legati alla pulizia o all’alimentazione, sono gesti di cura e di attenzione
anche educativa, il modo con cui toccare il bambino nel momento del cambio, il modo con cui lo si
fa addormentare, il modo con cui si dà da mangiare al bambino o alla bambina sono momenti
importanti, momenti in cui l’educatore stabilisce un rapporto con il bambino. La Montessori ce lo
ha insegnato, il primo mezzo che utilizziamo quando nasciamo per comunicare con il mondo è il
tipo di percezione positiva o negativa che noi abbiamo con il mondo che ci circonda passa
attraverso il corpo. Quindi sono importanti anche questi momenti che possono apparire momenti
legati alla routine, in realtà per questa fascia d’età sono momenti di cura educativa, quella cura
che poi presuppone al coinvolgimento nelle altre esperienze legate all’apprendimento, alla
socializzazione, alla relazione; quindi quei momenti che per noi sono routinari sono fondamentali
per predisporre i bambini e le bambine ad accogliere positivamente quanto poi verrà proposto,
quindi in qualche modo aiuta le bambine e i bambini ad aprirsi alle esperienze che farà all’interno
del servizio educativo perché acquisirà quella fiducia nei confronti dell’educatore e dell’ambiente
in generale che sono necessarie perché ci sia una reale predisposizione voluta all’apprendimento e
alla socializzazione.
Si parla anche di approccio olistico perché nella fascia 0-6 il curricolo è di tipo olistico, perché nella
fascia 0-6 non abbiamo discipline, nel testo delle Indicazioni si parla di campi di esperienza, nel
testo della Bondioli con percorsi, temi che sono affrontati, perché l’approccio olistico, l’idea di
avere un approccio olistico è quasi contrasta con l’idea che bisogna suddividere in discipline, in
campi di esperienza, se l’approccio è olistico, cioè se noi dobbiamo porre attenzione
contemporaneamente alla pluralità delle dimensioni che insieme, intrecciandosi, permettono di
costruire giornalmente la nostra identità, è chiaro che avere un approccio per campi di sapere,
come se fosse un approccio settoriale per discipline, contrasta con l’idea di un modo di un
curricolo, di un modo di fare di un progetto che tiene conto della totalità del bambino e della
bambina. È importante partire da questo presupposto, cioè che quando noi parliamo del curricolo
0-6 non facciamo riferimento a un curricolo come quello della scuola, ossia suddiviso in discipline,
ma è un curricolo che prevede il coinvolgimento del bambino e anche dell’educatore,
fondamentale la relazione educatore-bambino, questo legame è il risultato di un processo di
cocostruzione della conoscenza, di condivisione della conoscenza, l’adulto, l’educatore
cocostruisce con il bambino, il sapere del bambino, lo aiuta nella costruzione dei saperi, lo aiuta a
ragionare, lo aiuta ad acquisire competenze linguistiche, lo aiuta ad avere fiducia in sé e nella
percezione che il bambino o la bambina ha del proprio corpo rispetto all’ambiente che lo circonda,
a sapersi muovere all’interno dello spazio.
Quindi le pratiche educative efficaci sono quelle che prevedono il coinvolgimento reciproco nella
relazione da parte dell’adulto e del bambino in un processo di cocostruzione che porta
all’elaborazione di conoscenze di significati che sono condivisi, l’utilizzo di strategie di
apprendimento in cui puoi mostrare, spiegare, fare domande al bambino perché espliciti la propria
idea e nell’esplicitare affini le proprie competenze linguistiche e quindi poi aiutare ad
approfondire, a ragionare sulle cose. Gardner lo diceva, i bambini e le bambine quando entrano
nella scuola dell’infanzia sono portatori di veicolo di teorie che loro hanno elaborato osservando il
mondo, quindi non è che non hanno nulla da dire, hanno già per conto loro immaginato, pensato
rispetto a un fenomeno, questione, problema, hanno già interpretato a modo loro, hanno già dato
una spiegazione a modo loro, quindi non entrano nella scuola come se non avessero nulla da dire,
ma è da lì, è da quello che bisogna partire, da questo sapere che ha. Gardner diceva che ci sono
delle teorie implicite che possono essere sbagliate ma importanti perché implicano
quell’ancoraggio per iniziare, senza il quale non si può promuovere nessun processo di
apprendimento, quello che io dico deve essere ancorato a qualcosa che già c’è nella mente. Quindi
bisogna partire da quelle emozioni, saperi seppure sbagliati che già ci sono e che il bambino e la
bambina hanno già fatto esperienza, hanno già delle esperienze loro che portano a scuola, nei
servizi educativi, hanno già osservato il mondo attorno, hanno sentito, hanno ascoltato e proprio
questo ascolto e questa osservazione che hanno fatto del mondo li ha portati ad elaborare delle
loro teorie e a quelle che dobbiamo agganciarci quindi far parlare la bambina e il bambino, fare
domande, chiedere spiegazioni aiuta l’educatore a capire a quale punto collegarsi, dove ancorare
la sua proposta formativa, quindi ecco perché nel testo (pagina 35) si parla di una cocostruzione
dei saperi tra adulto e bambino, è una cocostruzione perché anche l’educatore cambia modalità
con cui proporre un’esperienza a seconda dell’interesse, a seconda di quello che già si sa, e quindi
prevede di lì l’intenzionalità e la ricorsività, cioè tornare indietro, vedere quanto si è fatto,
modificarlo, monitorare quanto si fa, quanto si progetta e nel momento in cui cocostruisco nel
bambino e nella bambina il sapere, io mi rendo conto anche dei limiti, delle possibilità e mi rendo
conto anche delle opportunità che può offrire il mio percorso rispetto a quel gruppo di bambini e
bambine e quindi lo vado a modificare, vado ad aggiungere altro, quindi mi serve per capire i
bambini cosa sanno, come ragionano e fino a che punto io posso arrivare. Lo dice anche Vygotsky
esiste la zona di sviluppo potenziale, quella che può essere sviluppata ma è vero anche che non
deve essere quell’occasione che io do per svilupparla eccessivamente difficile, eccessivamente
elaborata perché se io vado oltre quella potenzialità rischio di non farmi capire, rischio di non
raggiungere quell’obiettivo, rischio di fallire io e di far fallire il bambino e la bambina cioè deve
essere la mia proposta formativa adeguata alle possibilità che ha dal punto di vista affettivo,
cognitivo, relazionale, corporeo, estetico la bambina e il bambino. A partire da questo io adatto,
modifico la ricorsività e l’intenzionalità, perché lo faccio soltanto se agisco in maniera appunto
intenzionalmente formativa.
Quindi in breve cosa si dice rispetto al curricolo, quali sono i principi fondamentali del curricolo?
(pag. 35)
-in richiamo a principi e valori dichiarati che riconoscano i diritti dei bambini ad essere considerati
soggetti competenti e il diritto dei genitori ad essere rispettati come educatori (ricordiamo la
continuità educativa orizzontale)
-una cornice pedagogica di ampio respiro, i cui principi orientino pratiche educative capaci di
sostenere la crescita dei bambini a partire dai loro bisogni, a partire dai loro interessi e a partire
dalle loro potenzialità (Vygotsky zona di sviluppo potenziale)
-finalità generali che esplicitano come promuovere lo sviluppo globale dei bambini.
Quindi nel curricolo ci devono essere le finalità, i valori, il coinvolgimento della famiglia, una
cornice pedagogica di ampio respiro ovvero quali principi pedagogici permettono di raggiungere
quei valori, il rispetto dei bambini, dell’individualità, della capacità dei bambini e finalità generali
che è dove sono dichiarati gli sviluppi globali dei bambini nelle varie aree che lo sviluppano
(remotiva, cognitiva, della comunicazione e del linguaggio, della conoscenza e della
comprensione). Data l’estrema variabilità inter-individuale e intra-individuale che caratterizza lo
sviluppo infantile nella formulazione di curricoli prescolari sembrerebbe più appropriato far
riferimento a obiettivi di apprendimento generali, questo perché ovviamente nei bambini e nelle
bambine lo sviluppo infantile è un sviluppo variabile; bisogna fare più appropriato si dice, fare
riferimento a obiettivi di apprendimento generali e porre particolare attenzione agli aspetti che
riguardano la comunicazione, il dialogo, l’interazione e quindi la formazione di gruppi, gruppi
cooperativi, che collaborano tra loro, che giocano tra loro, che lavorano tra loro, e infine la
collaborazione con le famiglie, perché quello che io devo fare con l’educatore a scuola, devo avere
una continuità a casa, se io implemento un percorso di educazione alla salute, quindi ottimizzo
comportamenti sani, all’utilizzo di comportamenti sani, di pratiche sane di vita, è chiaro che
queste stesse pratiche devono essere riprese, rafforzate all’interno della famiglia, cioè ci deve
essere un collegamento. Se io parlo di educazione ambientale, se parlo di rispetto dell’ambiente e
lo faccio attraverso delle pratiche quotidiane a scuola come ad esempio utilizzando la
differenziata, io devo avere un sostegno da parte della famiglia che a casa devono fare la stessa
cosa. La continuità educativa deve avvenire in questo modo, se la scuola ha dei valori, ha
intenzione di promuovere determinate finalità educative che fanno riferimento a un sistema di
principi come il rispetto dell’ambiente, l’amore dell’ambiente, per la natura, per gli altri esseri
viventi come obiettivo macro, il rispetto dell’alterità che è l’animale; quello che io faccio per
raggiungere quell’obiettivo non viene, non trova la continuità nei contesti dei bambini è chiaro che
quell’obiettivo che persegue rischia il fallimento. Di qui la necessità nel curricolo di coinvolgere le
famiglie proprio nella promozione di valori democratici condivisi all’interno di una cornice e che
valorizza le necessità. Quindi l’importanza della collaborazione con la famiglia.

Nel testo troviamo proprio di seguito alla lezione di ieri il ciclo progettazione, osservazione,
verifica-valutazione. Perché ci si sofferma su questi aspetti? Perché è importante che l’educatore
sappia utilizzare questi strumenti metodologici senza i quali, è chiaramente difficile riuscire a
programmare un’attività. Abbiamo detto che il curricolo definisce le finalità, l’organizzazione
dell’ambiente, gli obiettivi, i metodi a livello macro, cioè il curricolo racchiude tutto ciò che un
servizio intende fare, realizzare, le risorse di cui dispone, le finalità che vuole raggiungere. Tutto
questo deve trovare una traduzione nell’attività che vuole fare l’educatore. L’educatore quindi
deve partire dal curricolo per progettare percorsi educativi; la progettazione è importante perché
riguarda diversi aspetti come l’allestimento dell’ambiente che deve essere accogliente, sicuro, ma
deve anche essere organizzato in modo tale da incuriosire i bambini, è un’ambiente dove i bambini
possono partecipare e vivere sotto la guida degli educatori che gli osservano e annotano anche
quanto interessa ai bambini e alle bambine, quali sono le difficoltà, le curiosità. Rispetto a queste
realizzazioni che immagina, è in grado di raggiungere gli obiettivi previsti all’interno del curricolo.
Vediamo che un curricolo attento a osservare problemi e possibilità, curiosità dei bambini e delle
bambine si trasforma, può essere trasformato in esperienza attraverso appunto la progettazione,
l’osservazione, la valutazione, la verifica e anche la documentazione. Perché è importante
progettare? Progettare è importante perché significa anticipare nella propria mente i passi, le
azioni che vanno fatte per raggiungere un obiettivo; quindi anticipare gli effetti immaginando
attraverso l’implementazione di alcune azioni è possibile raggiungere determinati obiettivi,
utilizzando alcune risorse è possibile nel corso di questa implementazione, realizzare determinati
obiettivi. Quindi la progettazione significa anticipare mentalmente quello che si vuole fare ma
anche prevedere quali sono i passi che naturalmente vanno fatti e che fanno parte di pianificare i
diversi momenti, significa immaginare gli spazi, gli ambienti, le risorse da utilizzare, i metodi, i
tempi in cui si intende realizzare il percorso educativo. Ad esempio è importante il momento
dell’accoglienza dei bambini più piccoli (fascia dei 3 anni) che entrano nella scuola dell’infanzia,
sono bambini spaventati, impauriti, e quindi la progettazione nelle attività, nello spazio,
nell’ambiente dell’accoglienza è molto importante perché aiuta i bambini a sentirsi accolti,
dividere lo spazio a partire dalla fascia d’età, dividere/creare spazi diversi nel momento
dell’accoglienza in modo che i bambini possono avere il momento di gioco, e allo stesso tempo
avere la possibilità di accogliere i genitori, poter parlare con i genitori. La progettazione
dell’accoglienza prevede l’organizzazione dello spazio, l’utilizzo delle risorse che sono i giochi,
materiali e anche gli educatori (chi fa da guida ai bambini e alle bambine, chi li accompagna nei
diversi spazi organizzati anche per fascia d’età, e chi accoglie i genitori, risponde alle loro domande
oppure restituisce ciò che hanno osservato nei bambini e nelle bambine e quindi dialoga con loro
in un confronto che deve essere sempre funzionale al benessere dei bambini). Quindi la
progettazione riguarda il curricolo nel suo complesso e quindi di tutto il suo percorso, ma può
riguardare anche un segmento più limitato, si progetta il curricolo ma anche un progetto limitato e
funzionale ad esempio alla realizzazione di quegli obiettivi che abbiamo visto nelle Indicazioni che
sono i campi di esperienza. Nel testo non si utilizza campi di esperienza perché l’idea è quella di
immaginare non discipline, ma percorsi formativi di sviluppo integrale della bambina e del
bambino e quindi lavorare con le discipline fa quasi pensare che bisogna lavorare per argomenti,
per discipline, ma in realtà non è questo quello che si vuole ma piuttosto mirare a creare delle
piste di lavoro che vedano il coinvolgimento di più campi di saperi. Quindi la progettazione del
curricolo è complessa, ma non è da sottovalutare la progettazione del percorso di questo
segmento più limitato del curricolo, di questa esperienza mirata che si vuole fare, ad esempio dice
l’autrice, la scoperta del giardino in primavera da parte dei bambini per poter avviare un
laboratorio di educazione scientifica, è un pezzetto del curricolo che va progettato, e quindi ogni
progetto deve avere una sua intenzionalità.
(Intenzionalitàfondamentale, non posso lasciare al caso, anche i bambini si annoiano, devo
prevedere attività, stimoli che li avvicinano a oggetti che noi vogliamo proporre. Quindi il nostro
percorso deve essere stimolante e questo avviene se noi abbiamo programmato l’attività,
abbiamo intenzionalmente previsto le esperienze da far fare ai bambini per raggiungere l’obiettivo
che desideriamo).
La progettazione inoltre, si può avvalere per quanto riguarda le finalità e i principi educativi, delle
indicazioni nazionali per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, delle linee guida regionali, oppure
anche le teorie pedagogiche; è molto importante che la progettazione sia scritta cioè ci deve
essere una scrittura ferma il progetto, permette una sua rielaborazione, chiarisce le idee e
permette poi di passare da dichiarato all’agito.
Il carattere dell’intenzionalità non rende il progetto rigido, cioè questo non deve farci pensare che
una volta scritto quello è e quello deve rimanere, il progetto noi lo abbiamo scritto, ma nel
momento in cui andiamo a implementare il progetto ci rendiamo conto che quello che stiamo
facendo magari è un po' troppo complesso, allora che facciamo? Le esperienze e le attività che noi
pensiamo di poter far fare, di poter far vivere possiamo incominciarle a spacchettare, creiamo
delle situazioni meno complesse, più semplici a partire dalla risposta che ci danno i bambini e le
bambine, quindi la finalità è la stessa ma lavoro, rimodulo l’attività che voglio far fare, la ripenso
nei tempi, cambio l’oggetto dell’attività. Quindi io posso progettare un intervento ma quando lo
vado ad implementare mi rendo conto che la risposta dei bambini non è come prevedevo, per cui
devo ridefinire quello che sto facendo; questo cambiamento deve essere documentato, segnato
perché mi sarà utile per tutte le altre volte in cui intendo implementare lo stesso percorso, mi
consente di capire come devo fare e quali problemi posso incontrare. Questo aspetto fa sì che la
progettazione non sia soltanto intenzionale ma anche ricorsiva, questo significa che io devo
tornare indietro, vedere ciò che ho fatto, riformulare le attività, l’esperienza, le risorse che voglio
utilizzare, aggiustare il percorso per renderlo più vicino agli interessi ma anche alle capacità dei
bambini.
La progettazione ricorre più volte, noi possiamo, dobbiamo riprogettare quel percorso da renderlo
sempre più aderente alla realtà.
Un altro aspetto importante oltre alla progettazione è l’osservazione.
Osservare è importante, fondamentale, perché osservare ci permette di capire cosa vogliono i
bambini e di cosa hanno bisogno. L’osservazione è descritta come successiva alla progettazione,
ma in realtà è uno strumento dell’educatore, è una competenza dell’educatore che va fatta anche
prima della progettazione perché io devo capire cosa devo progettare e da quale livello devo
partire, questo posso farlo in diversi modi soprattutto attraverso l’osservazione. Posso quindi
parlare con i genitori, con le famiglie, avere già dell’informazione da parte dei genitori sul
bambino, sui suoi interessi, ma posso anche fare un’osservazione quindi fare un’indagine accurata
e che mi serve per individuare i tre requisiti. I tre requisiti sono le competenze, le conoscenze che
ha il bambino e la bambina nel momento in cui entra a scuola. L’educatore, osserva qual è il livello
di partenza, da dove iniziare. Quest’osservazione non viene fatta solo all’inizio dell’anno, non serve
solo per capire le competenze di tipo linguistico, mi permette anche di capire lo sviluppo cognitivo
rispetto a quello che afferma la teoria sull’infanzia. L’osservazione dunque è importante perché
abbiamo un’idea del livello di base dei bambini e delle bambine e da lì che noi dobbiamo
progettare; l’osservazione può essere fatta anche nel corso dell’anno quando ad esempio
attraverso un’osservazione di tipo casuale cogliamo qualcosa che non ci quadra e come educatori
cogliamo per esempio qualcosa che non ci quadra, questo è un esempio molto banale, possiamo
notare qualche bambino escluso, emarginato, timido, allora quest’osservazione che non è
sistematica ma è legata alla quotidianità, perché l’educatore deve avere attenzione distribuita cioè
deve essere in grado di guardare tutti i bambini mentre lavora, deve essere in grado di osservare
tutti i gruppetti nel corso di questa attenzione distribuita, ma anche nel dialogo che ha con i
bambini può cogliere aspetti, elementi che magari non ritiene che abbiano qualcosa che non va.
Da quel momento, da quell’osservazione casuale, naturale si passa ad una osservazione che è
invece di tipo sistematico e quindi un’osservazione fatta con attenzione, con utilizzo di strumenti,
con l’ausilio di strumenti, schede che servono a rilevare i comportamenti delle bambine e dei
bambini, sono dei segmenti dei comportamenti che riguardano i comportamenti in generale;
attraverso questi strumenti, queste schede, è possibile fare un’osservazione attenta, che permette
di cogliere con sistematicità ciò che non va e ciò che è opportuno intervenire.
L’osservazione è una forma di rilevazione ed è finalizzata a conoscere un determinato fenomeno, a
esplorare una situazione, un fenomeno e descriverlo con attenzione, consiste appunto nella
descrizione dettagliata di questo fenomeno fedele, delle caratteristiche del fenomeno, nel nostro
caso, nello specifico di un comportamento e quando si verifica. L’osservazione spesso è
occasionale o naturale, le autrici parlano dell’osservazione come un prestare attenzione, prendere
nota all’interno del contesto educativo e ha la funzione di cogliere, di prendere gli interessi delle
bambine e dei bambini in modo da realizzare delle esperienze che siano, che rispondano alle loro
esigenze, ai loro bisogni. Vediamo che l’osservazione il più delle volte non è intenzionale, ma
spesso è un’osservazione che viene fatta durante un’attività quindi mentre si sta lavorando si
osservano determinati comportamenti ma senza un’intenzionalità e senza che ci sia una
registrazione puntuale nel comportamento e che è stato rilevato, quindi non c’è una rilevazione
dei dati, non c’è una raccolta dei dati. Il limite di questa osservazione è che è un’osservazione non
sistematica e quindi poi è anche un’osservazione che presenta un alto livello di soggettività
(magari io quel giorno come educatore posso non stare bene, stare nervoso, o altro e rilevo cose
che non mi piacciono o che ritengo che siano problematici o che mi lasciano un po' perplesso, e
allora tolgo dei comportamenti che in realtà non esistono ma ci sono anche altre forme di
distorsione di quanto viene osservato a causa dell’effetto pigmalione per quelle due aspettative
implicite che ha l’educatore, per cui si pensa che un bambino o una bambina sicuramente
realizzeranno, riusciranno ad agire in un certo modo, a cambiare il loro comportamento e quindi
nelle previsioni sbagliate che noi facciamo e che non hanno alcuna certezza, alcun dato noi
tendiamo a sottovalutare o a guardare in maniera non oggettiva un evento, perché poi capita che
quando ci si formula un giudizio rispetto a una persona è difficile che poi questo venga rivisto).
Abbiamo poi un effetto alone che è quando noi per esempio siamo condizionati da elementi
esterni dal solo aspetto del bambino (occhi, il modo di parlare, capelli), questo condiziona il nostro
modo di osservazione, è come se anticipassimo senza effettivamente renderci conto se è così,
anticipassimo alcuni giudizi rispetto al comportamento. Invece quando parliamo di osservazione
intenzionale, è finalizzata delle informazioni utilizziamo l’osservazione sistematica; quest’ultima ci
permette di rilevare dei comportamenti in contesti determinati e quindi di raccogliere delle
informazioni che assumano però significato a partire da un’ipotesi, cioè se io dall’osservazione
naturale mi rendo conto che c’è un bambino ad esempio che è più emarginato rispetto agli altri
allora per poter capire, per rendermi conto che effettivamente è così, se c’è una forma di
esclusione magari in un bambino anche appartenente ad un’altra cultura, io mi impegno in
un’osservazione sistematica che serve a raccogliere delle informazioni che partono da un’ipotesi
che io ho formulato, cioè esiste una forma di emarginazione, di esclusione di uno o più bambini a
partire dalla loro appartenenza culturale. Allora cosa succede? Succede che io metto in atto quindi
a partire da queste ipotesi, un’osservazione sistematica che è intenzionale, quindi guidata da un
obiettivo, ci sarebbe da modificare qualcosa; poi deve essere anche progettata perché
l’osservazione deve essere pianificata nei tempi che si vogliono utilizzare per l’osservazione; va
pianificata anche nella metodologia (va utilizzata una scheda o il diario di bordo? Chi osserva, io o
la collega? Mettiamo la videocamera o semplicemente osserviamo in presenza? È un’osservazione
partecipante o no?), insomma si progetta quest’osservazione e in questa progettazione si delimita
il campo osservativo, quindi diversamente dall’osservazione occasionale, non guardiamo tutti, non
abbiamo un’attenzione distribuita, ma limitiamo il nostro campo a soggetti o al comportamento
che vogliamo rilevare. Quindi c’è un obiettivo ben prefissato ed è quello che guida l’osservazione e
che decide anche il setting di riferimento e che decide anche quali comportamenti rilevare, questi
comportamenti devono essere definiti in maniera chiara perché diversamente rischiamo di non
fare una rilevazione oggettiva, deve essere chiara e deve essere una performance che deve essere
esplicitata, cioè il bambino deve essere in grado e deve fare questa cosa, i comportamenti che
deve assumere devono essere questi, devo riuscire a cogliere le azioni, i comportamenti, non
qualsiasi cosa e questo mi permette di rendere la mia osservazione oggettiva perché se un altro
collega con la stessa scheda rileva il comportamento, bisogna avere lo stesso risultato; per avere lo
stesso risultato bisogna utilizzare questi indicatori in termini ambigui e bisogna dire quale è il
comportamento corretto e va esplicitato, e questo perché ci deve essere una tendenza
all’obiettività.
Generalmente ci sono degli strumenti che sono utilizzati per l’osservazione, ci sono delle check-list
che permettono, che ci aiutano della definizione di questi comportamenti, e quindi ci aiutano a
raccogliere dati, a fare un’analisi delle informazioni ed evitare che ci sia una formulazione di
indicatori fatta in una maniera non corretta. Quindi cosa bisogna fare? Bisogna identificare gli
elementi che compongono l’abilità che vogliamo osservare, questo rappresenta la lista di
descrittori. La lista dei descrittori serve appunto a descrivere il comportamento che vogliamo
rilevare. Possiamo utilizzare diverse forme di registrazione, e quindi utilizzare il modello binario
(presenza o assenza di un determinato comportamento) e poi dobbiamo registrare quando queste
situazioni si manifesto, quindi dobbiamo riscrivere il contesto, dobbiamo riconoscere se c’è un
contesto e capire se c’è un contesto, una situazione particolare che porta a un determinato
comportamento, e questo lo possiamo fare utilizzando un altro strumento assieme
all’osservazione. Poi bisogna procedere e dire i tempi dell’osservazione, quanto tempo dobbiamo
impiegare per l’osservazione, come osservare (se dobbiamo essere nel gruppo dei bambini che
vanno osservati oppure deve essere esterno, indipendente, non partecipante), le informazioni
delle schede che devono essere attendibili come le check-list.
Vediamo che questa osservazione come strumento che noi utilizziamo per lavorare e progettare, e
anche per modificare il progetto che avevamo previsto, programmato, riguarda il curricolo o un
segmento del curricolo o anche l’esperienza. Oltre a queste nel testo, sono riportate pagine di
diari di bordo, e l’osservazione in questo caso viene condotta con il diario di bordo che è fatto in
questo modo
Descrizione
Dell’educatrice

Esempio

Com’è fatta questa pagina di diario di bordo? C’è una data, ora, bambini prescelti, gli oggetti che
sono a disposizione. L’educatrice descrive i comportamenti di questi bambini. Come possiamo
notare si fa una descrizione dettagliata di quello che fa il bambino non ci sono termini che indicano
un giudizio o che fanno sottintendere una interpretazione dell’educatrice. Come possiamo vedere
viene descritto il comportamento così come viene eseguito dal bambino o dalla bambina, quindi è
una descrizione dettagliata.
Dopo di che l’educatrice cerca di individuare rispetto a questa azione i diversi elementi: condizione
di benessere o disagio, scambi sociali, esplorazione, gioco simbolico e le richieste all’adulto. Quindi
queste sono le situazioni, e a partire da queste situazioni decide di analizzare nello specifico questi
elementi.

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