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DAL SECONDO OTTOCENTO AL PRIMO NOVECENTO,

Il mezzo secolo che intercorre tra il 1860 e il 1914 costituisce un periodo tra i più ricchi e
stimolanti di cambiamenti antropologico-culturali in relazione al progresso delle conoscenze
scientifiche e a innovazioni tecnologiche che trasformano il modo di vivere e di pensare. Tale
periodo può essere distinto in 2 sezioni ravvicinate nel tempo a cui corrispondono però diverse
linee culturali:
 Nei primi decenni del secondo 800’ domina il mito ottimistico del progresso, alimentato
da importanti scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche particolarmente rilevanti.
Il modello culturale dominante è il positivismo che da un lato estende a ogni ambito
della conoscenza il metodo sperimentale della scienza e dall’altro respinge ogni
riferimento alla metafisica e alla spiritualità in quanto ambiti astratti;
 Già verso il 1880, all’interno del quadro culturale sono presenti nuove preoccupazioni:
gli intellettuali tendono a vedere i risvolti negativi del progresso e della civiltà di massa.
Si diffondono rapidamente la sfiducia negli strumenti razionali e al contempo, una
mentalità materialistica, alimentata da nuovi modelli di pensiero che si contrappongono
al modello positivistico.
L’età del positivismo vede la massima espressione della borghesia, a livello sia economico che
politico. Si verifica una nuova fase di sviluppo industriale, caratterizzata dall’affermarsi dei
settori siderurgico e meccanico e dalla concentrazione dei capitali. In un breve periodo di
tempo, avvengono scoperte scientifiche straordinarie e si realizzano grandi innovazioni
tecnologiche. Il mito del progresso e l’affermazione della cultura positivistica sono motivati da
numerose scoperte nel campo della chimica e della fisica, ma soprattutto rilevanti per l’opinione
pubblica furono i progressi nel campo delle scienze biologiche e nella medicina (Robert Koch:
scopre il bacillo della tubercolosi, Mendel: formula la legge della trasmissione dei caratteri
ereditari, Charles Darwin: formula la teoria evoluzionista). Di conseguenza, la figura del
medico, in generale dello scienziato, assume una posizione di primo piano nella considerazione
sociale e costituisce un vero e proprio modello umano. I nuovi mezzi di trasporto determinano
nuovi modi di viaggiare e incidono sull’immaginario collettivo, come nel caso emblematico del
treno, e nel primo 900’, l’automobile e l’aeroplano. Emerge il culto della velocità, esaltato dal
futurismo, la prima delle avanguardie, in contrapposizione anche simbolica ai ritmi lenti del
passato. I nuovi valori di comportamento e le nuove forme dell’immaginario dal secondo 800’
al primo 900’ hanno a che fare innanzitutto con l’ambiente della città, che costituisce lo sfondo
prediletto della narrativa. Le grandi città hanno ormai il volto di vere e proprie metropoli, in
particolare crescono enormemente Parigi, Berlino, Vienna e Londra. Per agevolare gli
spostamenti, sono costruite le prime metropolitane, si costruiscono grandi mercati e sorgono i
primi grandi magazzini. Nell’immaginario letterario, la città moderna si identifica con il
progresso e gli scrittori tendono ad associare l’una all’altro sia nell’esaltazione incondizionata
sia nell’interpretazione critica o addirittura negativa di entrambi. È soprattutto quest’ultima che
viene ritratta in vari poeti italiani del primo 900’.
Il secondo Ottocento vede una trasformazione importante del ruolo e dell'identità dei letterati,
in rapporto all'imponente avanzamento dell'industrializzazione e all'affermazione dell'editoria
moderna. Da un lato la società industriale tende a considerare "improduttivo" il letterato, a
declassarlo o addirittura emarginarlo, dall'altro il configurarsi dell'editoria come impresa tende a
integrare il letterato nel sistema produttivo e a subordinarlo alle esigenze di questo sistema:
l'editore tende a condizionare gli autori stessi, orientandone la produzione in funzione del
possibile successo di pubblico. L'arte diventa così un prodotto commerciale.
Charles Baudelaire, fin dal 1857 (I fiori del male), esprime la perdita di identità dello scrittore
di fronte alla crescente " commercializzazione" dell'arte. Baudelaire rivendica orgogliosamente
la costituzionale "diversità" del poeta. In particolare, in un celebre "poemetto in prosa" intitolato
significativamente L'aureola perduta, lo scrittore francese ritrae la nuova condizione del poeta
degradato e ormai incapace di esercitare una funzione-guida. D'altra parte al poeta rimane la
possibilità di sfidare il conformismo della società borghese, smascherandone l'ipocrisia e i falsi
valori. La lezione di Baudelaire sarà ereditata dai poeti "maledetti" che con i loro
comportamenti trasgressivi e provocatori contestano la mediocre società borghese, proponendo
una poesia raffinata. La frattura con il gusto dominante, giudicato volgare, è alla base anche
della tendenza estetizzante.
Negli ultimi decenni dell'Ottocento si delinea possibilità di ricavare un reddito anche dal
mercato del libro e dalla collaborazione a riviste e giornali. La maggior parte degli scrittori
comprende che è ormai necessario confrontarsi con le case editrici e il mercato editoriale in
espansione anche in Italia, ma tale relazione è poi gestita in modo diverso. Giovanni Verga
scrivendo I Malavoglia preferisce seguire i principi della propria poetica anziché le leggi del
mercato, anche se era ben consapevole che le scelte narrative e linguistiche dell'opera non
sarebbero state facilmente accettate o addirittura comprese dal pubblico. E infatti il romanzo
non ebbe alcun successo, suscitando l'amara delusione dello scrittore. A questa scelta si può
contrapporre la posizione di D'Annunzio, attento osservatore del mercato, uno dei primi scrittori
italiani a rendersi conto delle possibilità anche economica che offriva. Egli punta soprattutto al
successo di pubblico. Nuove occasioni sono offerte ai letterati anche dal boom del giornalismo
(u). La di fusione di quotidiani e periodici implica la richiesta crescente di collaboratori di
qualità. A cominciare da Pirandello, molti scrittori italiani collaborano ad esempio con il
Corriere della Sera.
EMANCIPAZIONE FEMMINILE.
Nel secondo Ottocento, in rap porto alla più generale modernizzazione della società, le donne
iniziano prendere coscienza di sé e della propria posizione di inferiorità. Si diffondono le prime
associazioni femminili che si battono per la parità delle donne nell'ambito del lavoro, della
società, della politica. La letteratura stessa in alcuni casi inizia ad accogliere una riflessione
critica sul ruolo della donna all'interno della famiglia e della coppia, come nel romanzo di
Sibilla Aleramo Una donna, pubblicato nel 1906. Il romanzo narra la vicenda stessa dell’autrice
e si colloca a metà fra autobiografia e romanzo-saggio: la scrittrice rievoca alcuni particolari
della sua infanzia e adolescenza, il matrimonio (che si rivelerà infelice) in giovanissima età, la
maternità fino alla presa di coscienza della propria condizione, cui segue la dolorosa scelta di
abbandonare il marito e il figlio per cercare la propria identità. Per il suo contenuto originale, il
libro suscitò molto scalpore sia in Italia che all’estero. Oggi esso è divenuto un importante e
appassionato documento sociologico. Figura fondamentale nell’immaginario artistico e
letterario del tempo è la femme fatale: si tratta di una donna affascinante e crudele che emana
un fascino perverso ed esercita un potere distruttivo e spesso mortale sull’uomo. A tale modello
si richiamano le donne fascinose e perverse che popolano i romanzi di D’Annunzio. Emblema
della femme fatale è però il personaggio di Salomè, principessa giudaica nella Bibbia, che è
destinato a grande fortuna nelle opere letterarie e artistiche del tempo.
GLI INDIRIZZI FILOSOFICI E I MODELLI DELLA CONOSCENZA: POSITIVISMO E
EVOLUZIONISMO.
Nel secondo Ottocento il modello filosofico dominante è il positivismo che, elaborato in
Francia da Auguste Comte, accantona le indagini metafisiche in nome di una conoscenza che si
attiene ai dati dell'esperienza fenomenica, di cui ricerca le leggi: ogni ambito del sapere tende a
raggiungere lo stadio positivo, basato su una conoscenza scientifica. Negli stessi anni, in
Inghilterra, si afferma l'evoluzionismo: la pubblicazione de L'origine delle specie per mezzo
della selezione naturale (1859) di Charles Darwin ha grande risonanza grazie alla teoria
secondo cui le varie specie si erano evolute per adattarsi alle variazioni ambientali e secondo
cui alcune di esse erano destinate a sparire per lasciar spazio, nella lotta per la sopravvivenza,
alle specie più forti. Grande scandalo suscitò l'idea che anche la specie umana si iscrivesse nel
cammino evoluzionistico: la teoria appariva contestare la creazione divina e prospettava una
sconvolgente parentela tra l'uomo e la scimmia. Sempre in Inghilterra il filosofo Herbert
Spencer estese l'applicazione della teoria evoluzionistica a tutti gli ambiti del sapere e divulgò
una visione ottimistica del progresso dell'umanità. La pubblicazione del Manifesto del partito
comunista (1848) di Karl Marx e Friedrich Engels segna la data di nascita del marxismo,
ideologia storico-politica destinata a influenzare profondamente la storia contemporanea.
LA SCAPIGLIATURA.
Nel secondo Ottocento gli ideali che avevano animato la lotta risorgi mentale sono ormai
tramontati. L'unità d'Italia non ha risolto i gravi problemi del paese e la classe dirigente che
guida l’Italia non si è rivelata capace di eliminare le piaghe del clientelismo e della corruzione,
Sul piano letterario il movimento romantico, che in politica aveva sostenuto la lotta per la
liberazione dallo straniero, ha esaurito ormai la propria funzione e si è indirizzato verso una
dimensione sentimentale e patetica. Tra gli intellettuali, regna la frustrazione e il malcontento.
A questo clima e a questo disadattamento dell'intellettuale reagiscono in modo diverso la
scapigliatura e Giosue Carducci.
• Gli scapigliati oppongono alla cupezza dei tempi scelte di vita trasgressive (ribelli,
disobbedienti) e il rifiuto dei modelli della tradizione per un "maledettismo" che rimane
irrealizzabile;
•Carducci ripropone la grande lezione dei classici come antidoto alla mediocrità del presente.
Nel decennio successivo all'unità d'Italia e fino circa agli anni Ottanta si sviluppa n Nord Italia
(Lombardia, Piemonte e in parte Liguria) il movimento letterario-artistico della scapigliatura. Il
termine scapigliatura fu per prima volta nel 1862 dallo scrittore Cletto Arrighi (pseudonimo di
Carlo Righetti), per identificare una categoria individui che egli definisce «pandemonio
(confusione, baccano) del secolo>>, nell'introduzione al suo romanzo La scapigliatura e il 6
febbraio.
Nelle prime pagine, l'autore fornisce un ritratto umano, psicologico e sociale di una generazione
di artisti per i quali utilizza, il termine "scapigliatura, destinato a larga fortuna. Più di ogni altra
tendenza letteraria del periodo post-risorgimentale (il verismo, la poesia carducciana), la
scapigliatura esprime il disagio dell'intellettuale, la sua difficile ricerca di una nuova identità
una volta privato del ruolo-guida assunto durante il Risorgimento. La scapigliatura trova la sua
sede a Milano, in una realtà sociale ed economica ormai industrializzata. Gli autori più
rappresentativi della scapigliatura milanese sono Giuseppe Rovani, i fratelli Arrigo e Camillo
Boito, Emilio Praga, Cletto Arrighi ecc. Inizialmente, la scapigliatura si propone di attaccare i
modelli e i valori della classe borghese. Tale polemica si traduce in scelte di vita volutamente
anticonformiste che si ispirano alla bohème francese. Ai piacevoli stili di vita dei borghesi, gli
scapigliati contrappongono la propensione all’alcool e alla droga, in una voluta
autoemarginazione dal mondo del successo e del progresso. In ambito letterario, gli scapigliati
sono accumunati da una volontà di contestazione, rivolta soprattutto al ruolo “impegnato”
dell’intellettuale che non poteva più inserirsi nel clima di grave delusione che seguì
l’unificazione del paese. Quella degli scapigliati non può più essere una letteratura propositiva,
il cui emblema per eccellenza è stato Manzoni, ancora vivente in quegli anni. Il rapporto degli
scapigliati con il grande romanziere milanese, è doppio: da un lato lo si contesta, dall'altro si
invidia la sua forza morale e la sua fede indiscussa, negata agli scapigliati dai tempi squallidi in
cui si trovano a vivere. Quest’ultimi infatti avvertono il forte bisogno di creare un'arte nuova,
che rompa gli schemi e che si distacchi dalla tradizione letteraria italiana. I loro modelli e punti
di riferimento provengono soprattutto dalla cultura francese. Nelle scelte di vita e nei
comportamenti, gli scapigliati si richiamano alla bohème parigina ( con questo termine si
indica lo stile di vita non convenzionale dei cosiddetti bohémien, ovvero artisti, scrittori,
musicisti e attori marginalizzati e impoveriti delle maggiori città europee); inoltre, dagli scrittori
francese, derivano la polemica contro i valori borghesi e il richiamo al realismo, inteso come
attenzione ad aspetti anche sgradevoli che erano rimasti esclusi dalla rappresentazione artistica.
Il modello principale degli scapigliati è rappresentato dallo scrittore Baudelaire, da cui traggono
il tema del conflitto tra ideale e reale, il senso della diversità costituzionale del poeta e la
contestazione dell’amore romantico. Dal romanticismo tedesco, altra fonte d’ispirazione degli
scapigliati, essi traggono invece l’interesse al fantastico, all’anomalo, al macabro e
all’irrazionale. In questa prospettiva, secondo alcuni critici, la scapigliatura può essere
considerata un secondo romanticismo, più vicino a quelli stranieri. La critica ha poi osservato
che gli scapigliati si sono limitati a contrapporre nuovi temi a temi tradizionali già presenti: ai
valori i disvalori, al bello il brutto e il degradato, tuttavia l’insufficiente riflessione sugli aspetti
formali impediscono agli scapigliati di dare realizzazione artistica alle loro esigenze di
innovazione. Lo squilibrio evidente tra programmi e risultati ha indotto i critici a parlare di
avanguardia mancata per la scapigliatura che si esaurisce infatti nel giro di pochi anni.
IL NATURALISMO E IL VERISMO.
Negli orientamenti letterari che si affermano in Europa dopo la metà del secolo il ruolo
principale è rappresentato dalla Francia, culla del positivismo che domina il panorama
filosofico del tempo. È la Francia a indicare alle letterature europee le direzioni e i modelli da
seguire, che sono espressi in modo esemplare da due opere fondamentali, entrambe pubblicate
nel 1857, Madame Bovary di Flaubert (V2BC6U2) fiori del male di Baudelaire: da un lato il
forte richiamo a una rappresentazione realistica dell’uomo e della società, condotta con sguardo
distaccato, che si afferma con il movimento naturalista; dall’altro il simbolismo e l’estetismo
che rappresentano le manifestazioni del movimento culturale “decadente”. Si tratta di due
tendenze contemporanee nelle loro prime apparizioni, ma di carattere opposto.
IL NATURALISMO.
Il naturalismo è un movimento letterario francese che si realizza soprattutto nell’ambito della
narrativa e in particolare, nei romanzi di Emile Zola. Egli accoglie nella sua villa di Parigi un
primo gruppo di naturalisti, dalle cui discussioni nasce il volume collettivo di novelle Le serate
di Medan che si può considerare l’origine del movimento. I precursori del naturalismo sono
però due autori del primo 800’: Honoré de Balzac e Gustave Flaubert, il quale con la sua opera
intitolata Madame Bovary propone il metodo di una narrativa impersonale che i naturalisti
riprenderanno. Il movimento naturalista è caratterizzato da una forte consapevolezza che si
esprime in veri e propri manifesti che enunciano con forza programmatica i caratteri di una
nuova letteratura. Alle radici del movimento sta l’orientamento materialistico proprio della
cultura positivista e la fiducia incondizionata nel progresso del sapere scientifico. Da qui
derivano i principi cardine del movimento per cui si devono estendere alla letteratura i metodi
scientifici di indagine e lo scrittore deve diventare una sorta di scienziato dei comportamenti
umani che egli deve indagare e rappresentare in modo oggettivo, scientifico, inoltre, nel
rappresentare i comportamenti dei personaggi, lo scrittore non deve abbandonarsi
all’invenzione, ma deve tener conto dei condizionamenti a cui questi sono soggetti. Secondo il
critico Hippolyte Taine i condizionamenti a cui lo scrittore deve riferirsi nel delineare i
personaggi sono tre: il determinismo biologico legato all’ereditarietà (race: razza) che rende un
individuo costituzionalmente diverso da un altro, il contesto sociale (milieu: ambiente), il
momento storico, ossia l’insieme degli eventi entro cui si iscrive la vita di un individuo
(moment). Per meglio evidenziare tali condizionamenti, lo scrittore francese Zola costruisce una
serie di 20 romanzi, un “ciclo”, a cui lavora per due decenni, I Rougon- Macquart, in cui
descrive la vita di una ricca famiglia attraverso il loro albero genealogico riflettendo così la
storia di un'epoca. I romanzieri naturalisti e soprattutto Zola, scelgono spesso di rappresentare le
classi popolari e in particolare il proletariato urbano: lo scrittore si assume in questo modo il
diritto-dovere di rappresentare con evidenza realistica la povertà, le piaghe dell’alcolismo,
effetti rovinosi dell’industrializzazione. Di fronte a questi gravi problemi, è soprattutto Zola ad
assumere il ruolo dell’intellettuale impegnato nella convinzione che il romanzo possa offrire un
contributo importante nell’indicare problemi sociali che spetta poi ai politici risolvere. Nel
trattare un tema tradizionale infine come l’amore, la rappresentazione si contrappone a una
visione sentimentale: si ritraggono infatti amori degradanti, dominati dalla sensualità. Si assiste
in questo modo al rovesciamento dell’amore romantico.
IL VERISMO ITALIANO.
Già all'inizio degli anni Settanta, si diffonde in Italia la conoscenza della filosofia positivista e
del romanzo naturalista. Il centro di diffusione delle nuove idee e tendenze è Milano, moderna
capitale dell'editoria. Interpreti del modello naturalista furono due scrittori siciliani emigrati a
Milano, Luigi Capuana e Giovanni Verga. Il primo sarà il teorico delle posizioni del verismo -
questo il nome assunto in Italia dal naturalismo- mentre Verga ne sarà l'indiscusso interprete a
livello artistico. La "svolta verista" di Verga con la novella-capolavoro Rosso Malpelo (1878)
dimostra l’interpretazione delle innovazioni naturaliste che viene data dal verismo italiano,
l'esempio più significativo del quale sono I Malavoglia, pubblicati nel 1881. È proprio
fondandosi sui quest’ultimi che Capuana definisce la poetica del verismo italiano. Il verismo
ebbe carattere marcatamente regionalistico: tale scelta è frutto della particolare realtà italiana,
differenziata in ambiti regionali profondamente diversi l'uno dall'altro, ed è in stretta relazione
con la poetica realista stessa. Il verismo maggiore fu siciliano, sia per gli autori (Verga,
Capuana, De Roberto), che per la realtà a cui essi fanno riferimento nelle loro opere. Ciò non
stupisce dato che dopo l'Unità d'Italia, fu proprio la questione meridionale a imporsi con
particolare urgenza. Con risultati artistici meno rilevanti rispetto ai siciliani, vari altri scrittori
provenienti da diverse zone d'Italia ritrassero il volto sfaccettato (vario) del paese appena
unificato, registrandone i maggiori problemi, le usanze e anche i diversi linguaggi. In genere gli
scrittori veristi incentrano il loro interesse sulle classi popolari, ma in Italia, data l’arretratezza
delle strutture economiche, questo significa far riferimento alle masse contadine. Non si esclude
però l’analisi di altre classi sociali come nel caso del ciclo, rimasto interrotto, di Verga. Rispetto
al naturalismo, nel verismo italiano è molto meno presente l’impegno politico-sociale dello
scrittore e l’obiettivo di una denuncia sociale. Manca dunque la fiducia nel progresso, grande
mito del tempo che Verga rovescia pessimisticamente nel suo ciclo dei Vinti e nella importante
prefazione ai Malavoglia anche a causa di un contesto sociale politico particolarmente difficile
come quello italiano. Il verismo italiano, pur accogliendo le istanze realistiche del naturalismo,
rifiuta la relazione tra scienza e letteratura. Per Capuana, il maggior teorico del verismo, la vera
svolta introdotta dal naturalismo è il principio dell’impersonalità della narrazione che riguarda
soprattutto le modalità della rappresentazione realistica.
CARATTERI VERISMO: ambientazione nella realtà contemporanea, rappresentazione
soprattutto del mondo rurale e di contesti arcaici, ricerca di una rappresentazione oggettiva,
analisi dei caratteri regionalistici, visione pessimistica della realtà e sfiducia nel progresso
sociale, descrizione di realtà geografiche e sociali che condizionano la mentalità dei personaggi.
BAUDELAIRE E IL SIMBOLISMO.
Nella seconda metà dell’800’, si verifica in Europa una profonda rivoluzione dei modi poetici
che crea una frattura netta tra tradizione e modernità: da una parte abbiamo una poesia che si
affida a una struttura solida, utilizzando il linguaggio della tradizione letteraria, dall’altra una
poesia che al contrario respinge l’ordine logico e adotta un linguaggio allusivo e simbolico,
spesso difficile da decifrare. Questa rivoluzione ha il suo centro di diffusione in Francia e più
specificatamente a Parigi e si compie tra il 1857 e la seconda metà degli anni 80. La nuova
poesia si pone in un doppio rapporto: da un lato i poeti decadenti e simbolisti riprendono
tematiche già presenti nel romanticismo, dall’altro rifiutano le dimostrazioni sentimentali e
qualsiasi ruolo impegnato nella società e nella politica.
Charles Baudelaire ebbe un ruolo centrale nella fondazione della poesia moderna ed esercitò
una grande influenza sulla poesia europea fino a metà 900’. La sua vita sregolata e al contempo
raffinata, in polemica con il conformismo borghese, rappresenterà un modello per l’estetismo
decadente. Egli nasce a Parigi nel 1821 in una famiglia borghese. Presto, si avvicina
all’ambiente della bohème letteraria parigina, iniziando quella vita libera e disordinata che lo ha
res un modello per i poeti maledetti. Il 1857 rappresenta l’anno chiave della sua vita in quanto
avviene la pubblicazione della sua opera principale, I fiori del male, i cui contenuti
anticonformisti suscitano scandalo. A causa della sua opera, viene processato per oltraggio al
pudore (o morale) (con questo termine s'intende ogni atto ritenuto inappropriato alla vista del
pubblico perché contrario al pudore sociale). Il poeta è costretto ad eliminare 6 liriche che
verranno sostituite in una successiva edizione da 35 nuovi testi. Nel 1860 pubblica I paradisi
artificiali, un saggio incentrato sugli effetti che l’alcool e la droga esercitano sulla psiche
umana. Colpito da un ictus (a causa proprio dell’abuso di sostanze stupefacenti che faceva
regolarmente), egli muore nel 1867, a 46 anni.
I FIORI DEL MALE.
L'opera più importante a cui è legato il nome di Baudelaire è Les fleurs du mal [I fiori del
male], una raccolta di circa cento componimenti poetici, pubblicata nel luglio del 1857. Il titolo
è un ossimoro (Figura retorica consistente nell'accostare, nella medesima locuzione, parole che
esprimono concetti contrari.): la bellezza, la fragilità della poesia sono rappresentate dai fiori,
ma il contenuto dei versi è legato al male che domina nella società e attrae il poeta. La struttura
interna del libro indica l’intenzione dell’autore di realizzare un’opera unitaria, un vero e proprio
poema. I titoli delle sezioni sono indicativi dei temi principali; in particolare, nel titolo della
prima sezione, intitolata Spleen (usato dal poeta nel senso di depressione, disgusto della vita) e
ideale, Baudelaire accosta due termini opposti, affiancando il peso opprimente della malinconia
all’aspirazione all’ideale. Tale antitesi riflette la conflittualità e la spaccatura interiore
dell’autore. Le successive tre sezioni fanno riferimento invece ai diversi attuati dal poeta per
evadere da una condizione depressa e malinconica: nel caso dei Quadri parigini l’immersione
nella vita della metropoli, nel Vino l’abbandono agli effetti di alcool e droghe, nel caso infine
dei Fiori del male l’attrazione verso un erotismo (sensualità, passione sessuale) corrotto.
Quest’ultima sezione ha contribuito all’esaltazione di Baudelaire come poeta maledetto e
contiene alcune delle liriche che avevano scandalizzato i giudici durante il processo. Nella
quinta sezione, La rivolta, composta di 3 liriche, la religione diventa oggetto di una disperata e
provocatoria protesta. Nell’ultima sezione, la morte, il poeta rappresenta l’estrema soluzione per
evadere dalla condizione dell’esistenza umana, mostrando una visione pessimista sulla possibile
ricerca di orizzonti di salvezza. La raccolta si chiude con il Viaggio, in cui il poeta accusa la
visione positivista del progresso. Del romanticismo, Baudelaire porta alle estreme conseguenze
la concezione della poesia come intuizione con la creazione sia di simboli e corrispondenze di
grande efficacia rappresentativa sia di complesse allegorie; il contrasto tra l’artista e la nascente
società di massa, con una consapevole ricerca dello scandalo, l’elevazione del brutto a materia
poetabile con la rappresentazione degli aspetti più oscuri della vita.
I POETI MALEDETTI.
Sulla scia di Baudelaire si collocano alcuni poeti che vivono a Parigi secondo modelli di
comportamento originali e anticonformistici, esibendo liberamente la propria diversità e le
componenti trasgressive della propria personalità, senza preoccuparsi di suscitare scalpore, ma
anzi a volte addirittura cercandolo per sfidare il formalismo borghese. In relazione a queste
scelte di vita poco raccomandabili, il poeta Verlaine usa per definire il gruppo di poeti di cui
egli stesso fa parte la denominazione di poeti maledetti, scrivendo nel 1884 una raccolta di
poesie intitolata appunto Poètes maudits che ne stabilisce ufficialmente l’identità come gruppo
letterario d’avanguardia. La poesia di Verlaine sintetizza la condizione interiore di un’intera
generazione ossia la percezione dolorosa della crisi di valori che scaturisce dal presentimento
delle fine di una civiltà che ha sperimentato ormai tutto. Da ciò deriva la definizione
dispregiativa di decadenti, usata dalla critica per indicare questi poeti

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