Escolar Documentos
Profissional Documentos
Cultura Documentos
simone berle
walter omar kohan (orgs.)
coleção eventos
rio de janeiro
nefi, 2018
Universidade do Estado do Rio de Janeiro (UERJ)
Reitor: Ruy Garcia Marques
Vice-Reitora: Maria Georgina Muniz Washington
Sub-Reitor de Pesquisa e Pós-Graduação: Egberto Gaspar de Moura
Programa de Pós-Graduação em Educação (PROPEd)
Coordenadora: Maria Isabel Ramalho Ortigão
Vice-Coordenadora: Fernando Pocahy
D a do s I nt e r na ci o na i s de Ca t al o g a ç ã o na Publ ica ç ã o ( CI P)
( Câ m a r a Br a s il e i r a do Li vr o , SP, Bra s i l)
allan de carvalho rodrigues; simone berle e walter omar kohan (orgs.)
ISBN: 978-85-93057-15-1
© 2018
© 2018 Núcleo de Estudos de Filosofias e Infâncias (NEFI/UERJ)
Site: www.filoeduc.org
Email: publicacoesnefi@gmail.com
à marielle franco,
ao que ela simboliza:
até quando?
sumário
allan rodrigues
allancr@id.uff.br
simone berle
simone_berle@yahoo.com.br
walter kohan
wokohan@gmail.com
nefi/uerj
9
allan rodrigues, simone berle e walter kohan
10
apresentação: inventar escola, infâncias do pensar
11
allan rodrigues, simone berle e walter kohan
12
apresentação: inventar escola, infâncias do pensar
13
allan rodrigues, simone berle e walter kohan
14
apresentação: inventar escola, infâncias do pensar
15
allan rodrigues, simone berle e walter kohan
16
apresentação: inventar escola, infâncias do pensar
17
18
experiências escolares com filosofia
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e
pensare
annalisa caputo
università di bari
annalisa.caputo@uniba.it
21
annalisa caputo
Aristotele e il dinosauro, Einaudi, Torino, 1999, pp. 187-190. Potremmo discutere anche
del fanciullo come tappa finale de Le tre metamorfosi dello Zarathutra di Nietzsche: un
recupero di quanto rimosso dalla tradizione razionalista.
22
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
6 Da questo punto di vista, ci pare preziosa l’analisi puntuale fatta da O. Brenifier dei
rischi che corrono gli adulti che si dedicano alla filosofia con i bambini e che lo fanno
per coprire o guarire le loro cicatrici: cfr. O. Brenifier, Filosofare come Socrate. Teorie e
forme della pratica filosofica con i bambini e gli adulti, Ipoc, Milano, 2015, pp. 99-114.
7 Per un’analisi dei rischi legati alle diverse visioni del bambino e quindi alla filosofia
migliori intenzioni nel disegnare il mondo che vogliamo per coloro che, pensiamo,
non sanno o ancora non sono vissuti abbastanza a lungo. Possiamo azzardare un po’
di più, predisporre un altro luogo per l’infanzia e osare pensare con l’infanzia, anziché
pensare per suo conto. Perché non partire dall’infanzia e proseguire con essa, anziché
al di sopra di essa? Smettere di pensare per essa (al suo posto e per suo conto) per
lasciarci pensare dall’infanzia, lasciare cioè che sia l’infanzia a pensarci»: W. Kohan, È
possibile che un bambino pratichi la filosofia nella scuola? Su un punto di vista infantile
riguardo al senso del filosofare, in AA. VV. (a cura di L. Rossetti e C. Chiapperini),
Filosofare con i bambini e con i ragazzi. Atti delle giornate si studio di Villa Montesca (31
marzo – 3 aprile 2005), Morlacchi, Perugia, 2006, p. 45.
9 Questo il titolo del volume monografico della nostra rivista Logoi, Children for
Philosophy for Children: un curriculum per imparare a pensare, Liguori, Napoli, 2005, p.
233.
23
annalisa caputo
11 «Pensiamo che la filosofia abbia un impegno con l’infanzia, non solo con quella dei
bambini e con quella di qualsiasi persona aperta alla possibilità di un altro modo di
esistere, ma anche con l’infanzia del mondo. (…) Il mondo e l’infanzia in cui (non)
siamo meritano questo sforzo»11: W. O. Kohan, Questioni filosofico-politiche nella filosofia
con i bambini, in M. Santi (a cura di), Philosophy for Children: un curriculum per imparare a
pensare, cit., p. 192. Per un quadro più ampio, rimandiamo a W. O. Kohan – V.
Waksman, a cura di M. Santi, tr. it. di S. Monica, Fare filosofia con i bambini: Strumenti
critici e operativi per il lavoro in classe con e oltre il curricolo ‘Philosophy for Children’,
Liguori, Napoli, 2013.
12 L. Illetterati, La doppia natura del filosofo, in Philosophy for Children: un curriculum per
Lipman utilizzava per lo più l’espressione ‘for’ children, che di fatto corre il rischio
(nella lettera forse più che nelle reale intenzioni lipmaniane) di essere un lavoro
pensato dagli adulti e rivolto ad i bambini (come destinatari). Così già negli anni ’90 E.
Martens (in italiano si può vedere: Filosofare con i bambini. Un’introduzione alla filosofia.
tr. it. Bollati Boringhieri, Torino, 2007) sottolineava il limite del ‘per’ e proponeva di
parlare di una filosofia ‘con’: mit Kindern (con i bambini).
24
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
25
annalisa caputo
che, in ultima istanza, il criterio per giudicare una ricerca filosofica è, secondo
Lipman, capire in che misura contribuisce ad una società migliore. (…) Quando si
moralizza il pensare, quando si concepisce il pensare in termini di buono o cattivo
pensare, quando la logica o la democrazia sono il fondamento o il senso dei valori
assegnati al pensiero, quando il senso del pensare viene già ‘pensato’, già non è più
tanto facile pensare (…). Quando questioni come la logica e la democrazia si
postulano come presupposti o significati, come quelli che orientano l'inizio e la fine
26
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
del pensiero, invece di facilitare il pensare, possono renderlo impossibile nella sua
forma più positiva e interessante». Cfr. anche Id., Lipman y la Filosofía. Notas para
pensar un concepto, in Felix G. Moriyon (ed.), Matthew Lipman. Educación y Filosofía,
Ediciones de la Torre, Madrid, 2002, pp. 49-69.
20 Cfr. per esempio A. Volpone (a cura di), FilosoFare, politica e società, Liguori, Napoli,
27
annalisa caputo
accessibile a tutti e, quindi, anche ai bambini». Cfr. anche ivi, pp. 19 sgg: Il domandare
come pratica specifica del filosofare.
22 J. Piaget, Children’s Philosophies, in C. Murchison (a cura di), A Handbook of Child
ragazzi, cit., pp. 23-33. Cfr. più in generale Id., La filosofia spiegata ai bambini, Filema,
Napoli, 2000.
28
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
24 Per una visione più globale del progetto e delle sperimentazioni rimandiamo a A.
Caputo, Philosophia ludens per bambini. Lo scenario teorico e la proposta
operativa, in Children for Philosophy - Logoi (www.logoi.ph), Mimesis, n. II, 6, 2016 pp.
143-169.
25 Su questo autore ci permettiamo di rimandare al nostro Io e tu: una dialettica fragile e
29
annalisa caputo
26 Cfr., per approfondire, il nostro Possibili risvolti didattici della teoria gadameriana del
gioco. Per un’introduzione alle ‘Schede di gioco sulla filosofia antica’, in “Comunicazione
filosofica”, giugno 2007, n. 18
27 Per la P4C, cfr. M. Santi e A. Dal Bianco in Filosofare e giocare. la dimensione ludica
nella e della Philosophy for Children, in “Childhood & Philosophy”, Rio De Janeiro, v.9,
n. 17, jan-jun. 2013, pp. 107-127.
Altre esperienze con il gioco sono per esempio quelle di:
- i Ludosofici (Ilaria Rodella e Francesco Mapelli): http://www.ludosofici.com/;
Tu chi sei? Manuale di filosofia, domande ed esercizi per bambini e adulti curiosi (a cura di
Socrate e i Ludosofici), Corradini ed., Mantova, 2014.
- ‘Ludosophy for Children’: A. Di Pietro, Verso una ‘ludosophy for children’, in
“Rivista di psicologia, pedagogia ed epistemologia delle scienze umane”: Scienze del
pensiero e del comportamento (www.avios.it/spc.html).
- I. de Puig e A. Sàtiro, Giocare a pensare. Filosofia per bambini, ed. Junior,
Bergamo, 2006.
- E. Di Marco, Attivamente. 101 giochi per piccoli filosofi, La nuova frontiera Junior,
Bergamo, 2014 e anche A. Vivarelli, Pensa che ti ripensa, Piemme, Milano, 2014.
- Infine ricordiamo i lavori di Luca Mori (http://www.giocodelle100utopie.it/);
Giochi filosofici, Erickson, Torino, 2018; Utopie di bambini. Il mondo rifatto dall’infanzia,
ETS, Pisa, 2017.
In nessuno di questi casi, però, si tratta di proposte di giochi a squadre con i bambini.
30
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
nasce per far giocare gli studenti ‘grandi’, delle Scuole Secondarie di
Secondo grado, con la storia della filosofia. E i giochi inventati sono
per lo più ‘inapplicabili’ ai bambini. Su questo rimandiamo ai nostri:
A. Caputo, Philosophia ludens: 240 attività per giocare in classe con la storia
della filosofia, Meridiana, Molfetta, 2011; F. De Natale, A. Caputo, A.
Mercante, R. Baldassarra, Un pensiero in gioco. Storie, teorie ed esperienze
di didattica ludica in filosofia, Stilo, Bari, 201128.
Le proposte di PhL sono pensate come supporto per i docenti
che vogliano sperimentare ‘autonomamente’ una didattica di tipo
ludico-creativo, con strumenti da usare insieme (e non in alternativa) a
quelli tradizionali (lezione frontale, interrogazione, studio del
manuale, lettura di classici, ecc.).
I giochi sono presentati come gare (tra gli studenti di una classe,
divisi in squadre), pensate per vivere in maniera divertente (ma anche
rigorosa) il dialogo con i pensatori del passato, con le loro proposte e
letture della vita, con i loro scritti. I gruppi giocano gareggiando tra
loro: questo consente di unire le dinamiche proprie dello stile
collaborativo (dentro la squadra) con le dinamiche proprie della
competizione (tra le squadre). Nell’unione tra spirito di collaborazione
e spirito di competizione consiste non solo la novità della metodologia
d’apprendimento, ma anche la miscela vincente della proposta, come
le verifiche del progetto stesso hanno mostrato29.
Ora, la proposta per i bambini si radica ‘in’ tutto questo.
Chiaramente differenziandosene, ma anche traendo tutta l’esperienza
e la forza del progetto stesso.
Una cosa è certa: per i bambini, ancor più che con gli adolescenti,
è indispensabile chiarire le finalità del gioco dall’inizio. Per questo, nel
nostro percorso, la prima ora di laboratorio è dedicata
‘esclusivamente’ al ‘senso’ del giocare. Non si può cominciare un
percorso di PhL dalla filosofia, ma è necessario iniziarlo dal gioco.
‘tipologie’ principali [giocare (a) con i problemi; b) con le astrazioni; c) con il linguaggio; d)
per visualizzare i concetti; e) per immedesimarsi negli Autori; f) per riflettere sul presente; g)
con i testi; h) giocare con i giochi], che rimandano ultimamente a dinamiche proprie
della filosofia stessa.
31
annalisa caputo
30 A. Caputo, Introduzione alla filosofia: schede didattiche ‘Philosophia ludens per bambini
‘(I-III), in Children for Philosophy - Logoi (www.logoi.ph), Mimesis, n. II, 6, 2016, pp.
170-182.
31 Questo lo abbiamo fatto esplicitamente in diverse nostre sperimentazioni.
32
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
svolte. Riteniamo che l’ideale sia avere due ore per ogni scheda.
33 Cfr. l’home page di Logoi, in cui viene presentato il progetto, rinnovato di anno in
anno (www.logoi.ph)
33
annalisa caputo
34 Come già detto, in ogni numero di Logoi ci sono nuove schede, nella specifica
34
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
35
annalisa caputo
36
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
37
annalisa caputo
Composizione di
un puzzle
38
philosophia ludens per bambini. una proposta per giocare e pensare
39
annalisa caputo
40
a propósito da infância: errância
carla silva
nefi/uerj
carlaphilos@hotmail.com
no início: infância
41
carla silva
42
a propósito da infância: errância
41 Todas as crianças dessa turma de 1° ano ainda não estão alfabetizadas. Por isso, a
forma com que apresentam mais disposição para expressar o pensamento é através de
desenhos, seguido de alguns pensamentos sobre o que pensam ao representar a lagoa
da maneira como fazem.
42 Sempre que eu me referir às atividades, me coloco junto das vivências, uma vez que
43
carla silva
44
a propósito da infância: errância
45
carla silva
46
a propósito da infância: errância
47
carla silva
43 Até essa atividade, estávamos há 1 mês sem nos encontrar, devido as paralisações
de greve dos(as) professores(as) que ocorriam sempre no dia das nossas atividades.
Por isso a sugestão para que recomeçássemos por essas palavras e ao invés de as
atividades continuarem individualmente em cada turma, como vinham sendo feitas,
nos juntamos no pátio da escola, como de costume, já que é o espaço mais interessante
para o tipo de atividade que fazemos.
48
a propósito da infância: errância
branco, porque uma das crianças não quis desenhar ou escrever, o que
gerou estranhamento entre elas. Pedi para que uma delas lesse para as
demais as palavras que estavam escritas nos papéis. Quando chegou
no momento da folha em branco, uma criança disse: “tia, tem uma
folha em branco aqui”. Eu perguntei: “E como podemos ler ela?”. A
resposta veio seguida de um sorriso meio confuso: “não sei!”.
Algumas das questões pensadas desde esse estranhamento gerado de
uma folha em branco são resgatadas nesse momento:
O nada:
Criança 144: Minha conclusão é que o nada é a nossa imaginação!
Eu: Hum... o nada é nossa imaginação. Tu chegasse a essa conclusão?
Criança 1: Sim!
Eu: Alguém teve alguma conclusão além do W.? Ou teve alguma outra
conclusão ou parecida com a dele de que o nada é a nossa imaginação?
Criança 2: O nada é alguma coisa que a pessoa ainda não criou.
Eu: hum...
Criança 2: Porque antes de eu pensar nele ele ainda não existia.
Eu: Hum...
Criança 1: É uma imaginação não criada!
Eu: Uma imaginação não criada ainda?
Eu: Alguém que está ouvindo essa história aí, gostaria de pensar sobre o
que os colegas estão pensando?
A criança da primeira reflexão insiste no seu pensamento, mas
dessa vez com um exemplo:
Criança 1: os fantasmas são transparentes!
Eu: Os fantasmas são transparentes e, por isso, ...?
Criança 1: podem ser vistos.
Eu: podem ser vistos?
(Todos riem)
Uma das professoras pergunta: e se é transparente?
Criança 1: o que faz o fantasma ser visto é tinta!
Uma professora: E é?
Eu: Você já fez esse experimento pra chegar a essa conclusão?
Criança 2: ele viu nos desenhos!
Eu: quem cria os desenhos?
Menino 3: Deus!
(Muitos risos!)
Criança 4: os animadores!
Eu: olha, e os animadores num são pessoas? O que fazem as pessoas?
Algumas crianças respondem ao mesmo tempo: pensam!
Eu: então usam a imaginação?
49
carla silva
violência:
Eu: outra questão que apareceu foi a violência. Quem gostaria de
resgatar o que pensamos?
Criança 1: violência é quando a gente agride alguém com a mão ou com
alguma parte do corpo.
Criança 2: ou uma barra de ferro.
Criança 1: é. Algum instrumento. Tipo madeira, ferro.
Eu: alguém tem alguma perguntar pra fazer ao colega sobre o que ele
disse? Ou ao invés de responder sobre o que é violência, a gente pode fazer
perguntas. Quais perguntas a gente poderia fazer?
Criança 1: minha mãe, sempre que eu fazia alguma coisa, assim... ela
sempre me agredia com alguma coisa, um instrumento.
Houve um silêncio nesse momento. Após o silêncio, retomei:
Eu: olha, só, a tia acha que a violência tem a ver com sentimento. Eu
acho. Não sei o que vocês acham.
Criança 1: eu não!
Criança 2: a raiva é um sentimento que provoca a violência.
Eu: alguém discordou. Alguém aqui discorda que a violência é um
sentimento? Quem aqui discorda que a violência é um sentimento?
Criança 1: eu discordei, mas concordei!
(Todos riem da aparente confusão)
Eu: discordou, mas concordou? Explica pra gente como é.
Criança 1: é que eu quando lembrei... eu recapitulei e pensei... a raiva
também pode ser parte desse sentimento. Então, eu acho que tem a ver.
Criança 1: o sentimento da inveja provoca a violência!
Criança 2: o sentimento da inveja provoca morte!
Criança 1: morte faz parte da agressão!
Criança 2: a raiva leva a inveja e a inveja leva a morte!
Eu: mas isso é sempre?
Criança 3: tem casos que é diferente. Porque as vezes se tu morre só
porque a mãe bate.
Eu: Qualquer pessoa pode ser violenta?
Criança 1: o nome Pablo é um nome violento. Eu conheço dois Pablos
que são agressivos?
Eu: mas isso significa que todos os Pablos são violentos?
Criança 1: não sei!
50
a propósito da infância: errância
51
carla silva
quintal a gente pode criar animal, mas ela não tem como criar. Quando ela
ganha animais, ela leva pra casa da na minha avó porque lá tem casa de
cachorro, galinheiro.
Violência: ela me ajudou (apontando pra colega do lado) a pensar
é... sobre a violência. É uma palavra muito ruim... e aí a gente pensou que
violência é uma pessoa agredindo outra. Violência traz morte também e medo.
E violência é coisa... tipo... uma coisa violentada... ameaçada, espancada.
Criança 1: Eu tenho uma pergunta!
Eu: quem tem uma pergunta?
Criança 1: Mas, eu tenho uma pergunta pra você. Como é que você
conseguiu pensar quando você logo que ver a palavra? Você, tipo, olhou pra
palavra e ficou pensando alguma coisa? Foi?
Criança 3: Fiquei pensando em todas as coisas que eu, que eu... é...
disse!
Eu: eu tenho uma pergunta também. Diferente dos outros colegas que
falou antes de você, tu dissesse que pensou com a colega. É diferente a gente
pensar junto e pensar sozinho?
Criança 3: é diferente porque ela pensa em uma coisa e eu penso em
outra.
Criança 1: vários pensamentos fazem uma ideia e essa ideia faz um
começo, meio e fim.
Eu: que a gente pensou antes que pode ser um início também, né?
Criança 3: e aí a gente pode desenvolver.
Escola – Menina 4: na escola a gente aprende coisas novas, tem os
colegas... (silêncio)
Eu: isso aqui que a gente tá fazendo tem a ver escola?
Algumas crianças: tem!
Eu: o que a gente tá fazendo aqui?
Criança 3: pensando...
Eu: a gente faz isso na escola?
Criança 3: não!
Criança 4: sim!
Criança 1: escola é pra se aprender com os amigos e colegas.
Eu: a gente também pode ensinar na escola?
Criança 1: sim!
Eu: alguém aqui aprendeu com alguma coisa que alguém falou aqui
hoje?
Criança 5: na escola a gente desenvolve pensamento.
Eu: olha que legal o que ele disse! A gente vem para escola pra
desenvolver pensamentos e não pra aprender pensamentos.
(Silêncio)
Pesca – Criança 2: na pesca a gente pode pescar peixe, camarão e
muitas outras coisas que a gente se alimenta; que vem do mar.
(silêncio)
Eu: tem alguém aqui que tem alguém na família que faz essa atividade?
52
a propósito da infância: errância
45Não entraremos na discussão sobre quais filósofos pensaram e como trataram sobre
esse tema, uma vez que não é o interesse desse estudo traduzir o pensamento das
crianças a partir da maneira com que alguns filósofos se ocuparam.
53
carla silva
54
a propósito da infância: errância
referências
DIAS, Rosa Maria. Nietzsche, a vida como obra de arte. Rio de Janeiro: Civilização
Brasileira, 2011.
KOHAN, O. Walter. Infância, estrangeiridade e ignorância. Ensaios de filosofia e
educação. Belo Horizonte: Autêntica, 2007.
MARTON, Scarlet. Nietzsche e a arte de decifrar enigmas. Treze conferências
europeias, 1. ed. São Paulo: Loyola, 2014. (Coleção Sendas & Veredas).
NIETZSCHE, Friedrich. Assim falou Zaratustra. Tradução de Paulo César de
Souza. São Paulo: Companhia das Letras, 2011.
NIETZSCHE, Friedrich. Ecce Homo: de como a gente se torna o que a gente é.
Tradução, organização e notas de Marcelo Backes. Porto Alegre: L&M, 2006.
PARMEGGIANI, Marco (org.). Correspondência IV. Enero 1880 – Diciembre 1884.
Traducción, introducción, notas y apéndices de Marco Parmeggiani. Madrid:
Trotta, 2010.
55
56
filosofia na escola pública: ensaiando um canto de
resistência em tempos de dissolução
introdução
57
edna olímpia da cunha; vanise gomes dutra
58
filosofia na escola pública: ensaiando um canto de resistência em tempos ...
46“Filosofar com Crianças, Infância do Pensar: movimentos nas escola públicas de São
59
edna olímpia da cunha; vanise gomes dutra
47 Experiência com uma das turmas da EJA que inspirou a escrita do texto “Abraçar
com a alma: uma experiência filosófica na Escola Joaquim da Silva Peçanha, Duque de
Caxias, Rio de Janeiro, Brasil” (GOMES; CUNHA; KOHAN, 2018).
48 A transcrição do texto de Marina foi feita com a ajuda de professora Roseni Maria
60
filosofia na escola pública: ensaiando um canto de resistência em tempos ...
61
edna olímpia da cunha; vanise gomes dutra
62
filosofia na escola pública: ensaiando um canto de resistência em tempos ...
63
edna olímpia da cunha; vanise gomes dutra
64
filosofia na escola pública: ensaiando um canto de resistência em tempos ...
65
edna olímpia da cunha; vanise gomes dutra
parar como recuperar o(s) sentido(s) pelos quais uma vida vale a pena
de ser vivida. Re-parar para resistir ao utilitarismo, ao simulacro, à
mentira e ao embrutecimento que correm as relações...
De um certo modo, perguntar sobre “como recuperar um grande
amor”, conforme as palavras de um estudante da EJA, é a pergunta
que talvez atravesse os sentidos que buscamos dar, não só dentro da
escola - em nosso percurso profissional ou acadêmico - mas à vida que
vivemos. No contexto presente, de profundo desrespeito e indiferença
à vida, à coisa pública, com a política instaurada pelo golpe de estado,
o exercício de recuperar, de recordar as intensidades encarnadas por
aqueles e aquelas que nos inspiram converte-se também em exercício
de esperança, de militância pela educação, de defesa da filosofia como
uma questão pública, que faz vibrar nossos afetos.
Será a filosofia, experienciada no projeto, um convite a viver um
amor, um grande amor? O que torna um amor um grande amor? A
philía seria, por assim dizer, a potência intensiva capaz de transformar
um amor num grande amor? Um amor no singular em amor no plural,
que acolhe as singularidades, rompe os isolamentos e buscar
compartilhar, encontrar, estar junto? Seria isto viver um grande amor?
Temos experimentado algo assim em dez anos de filosofia na escola,
em nossas vidas? Se sim, encontramos aqui outra dimensão de
resistência? Um grande amor que resiste... uma resistência amorosa...
Assim, muitas vezes nos advém a sensação de que
permanecemos habitando o impossível como se fosse possível numa
escola pública que insiste em apostar na dança do pensamento...
Pensar junto talvez seja, sim, viver um amor que transita pela órbita
entre o possível e o impossível... Quem sabe somente um grande amor
possa habitar esse espaço de enigma, de sonho, esse intermezzo...?
Quem sabe desse lugar, desse canto ainda estranho, ousemos
transformar a palavra luto num verbo potente que, por amor à vida,
denuncia e anuncia... Amamos o que fazemos? É possível resistir sem
amar? Tem sido a educação pública um grande amor em nossas vidas?
Até onde nos dispomos a ir por amor à escola pública, por amor à
filosofia, por amor à vida que afirmamos a partir da vida que vivemos
dentro e fora da escola?
“Para viver um grande amor, não basta ser apenas bom sujeito; é
preciso também ter muito peito — peito de remador” (1984, p. 130),
escreve o poeta Vinícius de Moraes...Para se ter peito de remador é
preciso muito esforço, muito exercício... Remar, exercitar o
pensamento, pensar, resistir, amar...
Remar para seguir pensando...
Resistir para seguir remando...
Pensar para seguir resistindo...
Amar para seguir amando...
67
edna olímpia da cunha; vanise gomes dutra
referências
68
“meriendas filosóficas” en la biblioteca popular,
carilafquen. pensar la experiencia. la experiencia del pensar
69
maría silvia rebagliati
70
“meriendas filosóficas” en la biblioteca popular, carilafquen...
¿quiénes somos?
71
maría silvia rebagliati
72
“meriendas filosóficas” en la biblioteca popular, carilafquen...
73
maría silvia rebagliati
74
“meriendas filosóficas” en la biblioteca popular, carilafquen...
75
maría silvia rebagliati
76
“meriendas filosóficas” en la biblioteca popular, carilafquen...
77
maría silvia rebagliati
78
“meriendas filosóficas” en la biblioteca popular, carilafquen...
79
maría silvia rebagliati
80
“meriendas filosóficas” en la biblioteca popular, carilafquen...
81
maría silvia rebagliati
bibliografía
82
olimpíadas filosóficas uruguayas. reflexiones sobre una
experiencia.
marisa berttolini
marisaberttolini@gmail.com
christian burgues
azulesruidosos@gmail.com
ana duboué
aduboue@gmail.com
mauricio langón
mlangon@gmail.com
adelina pintos
adepin34@gmail.com
asociación filosófica del uruguay (afu)
i. presentación
83
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
84
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
52 Término que usaba la Prof. Mabel Quintela para referirse a ciertos rasgos
idiosincráticos de nuestro "paisito".
53 En 1838 se inaugura el filosofar en Uruguay con la polémica en la prensa entre
Alberdi y Ruano sobre dos modos de hacer filosofía en nuestra América; a partir del
cuestionamiento del primero sobre los exámenes públicos del otro. En el s. XIX
Plácido Ellauri enseñó filosofia en debates entre estudiantes, quienes olvidaron sus
rencillas para rendirle homenaje en sus 50 años de docencia.
85
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
2. educación filosófica.
54 Es decir, la tarea a que dedican gran parte de sus vidas la enorme mayoría de los
86
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
3. función filosófica
87
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
88
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
a. es fermental.
Este término (Vaz Ferreira, T.X) subraya que lo filosófico no puede
ser definitivamente cerrado y normado, que ha de permanecer vivo,
“en estado fermental” (incompleto, abierto, problemático). La
fermentalidad vive en el aula y en las Olimpíadas Filosóficas. En esos
lugares es posible recuperarlo de la amputación de criterios excluyentes
de círculos que definen lo filosófico por su encierro en una normalidad y
por su cierre a los demás.
b. es original.
La originalidad, en la filosofía como en los mitos, consiste en que
no hay versión 'verdadera', “de la cual las otras serían solamente
copias o ecos deformados” (Lévi-Strauss, 1968, 199). No se trata de
dilucidar el punto exacto en que se origina una tradición interpretativa.
En las aulas (y en nuestras Olimpíadas) vive la originalidad filosófica en
la efímera experiencia del diálogo.
c. no es obsolescente.
Al contrario de lo tecnológico, en filosofía toda obra es actual;
todo instrumento, vigente. Es decir que todo es revisitable, revisable,
discutible... Que está siendo, no que es un saber ya sabido. En las
Olimpíadas, como en el aula, se juega a diario esa no obsolescencia,
revitalizando cotidianamente todas las dimensiones de lo filosófico.
d. es ruptura y comienzo.
En el nivel más profundo, es invitación a superaciones y nuevos
comienzos. Lo filosófico comienza con rupturas respecto a algo que no
por eso queda obsoleto; no es mera innovación al interior de lo mismo; es
89
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
f. es radical.
Ranovsky exige replantearse cada vez las “cuestiones de
principio”. Hoy, esto obliga a tocar todos los problemas de fondo, de
remover seguridades. De cuestionar el mismo canon o corpus
philosophicus incluso en su dialéctica a través de la historia de la filosofía
occidental. Se trata de volver a pensar(se) de poner(se) en duda.
Desafíos particularmente riesgosos cuando hacemos filosofía con seres
humanos vulnerables, con niños, con jóvenes, con no-filósofos, con
legos. Hoy la radicalidad implica interculturalidad. Se trata de construir
los espacios de hacer filosofía como lugares de experiencia, de pasar
peligros juntos, de diálogos entre diferentes.
g. no selecciona interlocutores.
La filosofía y el filosofar son para todos, con todos, de todos. No
se trata de polémicas o certámenes entre rivales de igual valer.
Tampoco del cara a cara entre amigos dilectos, ni entre el maestro y el
discípulo elegido. Tradición que, sin embargo, aparece en el mismo
Platón en tanto escribe poniendo a disposición de sus futuros im-pre-
decibles (nosotros) la idea de que el mayor grado de felicidad a que
puede aspirar un ser humano consiste en esperar que del discurso de
una filosofía, un filosofar y su enseñanza, germinen otros discursos,
filosóficos en tanto que se lancen en diálogo con otros, y así
imperecederamente. En nuestras Olimpíadas como en nuestras aulas
todos son interlocutores, todos interpelan y todos son interpelados.
Para lo filosófico todos son competentes.
i. vive en diálogo.
90
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
91
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
92
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
93
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
94
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
¡uh! cinetopía
95
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
96
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
97
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
98
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
hoy
99
marisa berttolini; christian burgues; ana duboué; mauricio langon; adelina pintos
referencias
100
olimpíadas filosóficas uruguayas reflexiones sobre una experiencia.
101
102
the making of a circle: building a community of
philosophical enquiry in a post-apartheid, public school in
cape town, south africa.
rose-anne reynolds
university of cape town
rlawrencereynolds@icloud.com
introduction
The children walk into the school hall chatting, laughing, there is
an air of expectation about what this ‘research’ is going to be about.
The school hall they enter is built with exposed brick work, has a
double volume ceiling about 5 metres high, there are huge windows
about metre from the ceiling that when you are sitting on the floor of
the hall, reveal the sky. Windows are so high that only the clouds,
bugs and birds are looking in. The floor of the hall is made of
suspended wooden strip flooring with a stage which is mainly used
when school plays are performed or for art exhibitions and musical
performance. A massive grand piano stands in the corner, it is very
old. The hall has an approximately 500 plus person capacity and it is
used regularly every Monday when all children and teaching staff
meet for Assembly – this is a time when a class presents some
inspirational play or act; a guest speaker, a teacher or the principal
provides some educational, motivational or inspirational input. The
main entrance of the hall houses a foyer with bathrooms and there are
doors at the stage end of the hall that each lead off to more bathrooms
and change rooms for physical education or swimming in the summer
months.
The children walk into the hall carrying all the same school-
issued red plastic chairs they sit behind at their desks in their Grade 2
classroom. Some children walk quickly and put their chairs down
noisily, some children are more tentative and stroll in quietly. The
chairs are in their arms, some leaning against their chests, some chairs
are being peered over or around, some children come inside the hall in
pairs, negotiating the entrance, looking up and down to check their
footing as a step up is required from outside. It is a sunny Autumn
day, as the children slip through the door, sunbeams shining from the
African sun make their way inside too. They are all making their way
into the massive expanse of the school hall, the children walk over to
where I am standing as I call to them: “Let’s make a circle.” They are
consenting participants in my PhD research. There is giggling,
103
rose-anne reynolds
56Pseudonym
57The Group Areas Act No. 36 of 1966, “separated population categories by declaring
certain areas African, Coloured, Indian or White, and forcibly removing those who
were occupying land or houses in the areas designated as white areas “(Bozalek 2004 :
82).
104
the making of a circle: building a community of philosophical enquiry ...
58 Model C schools were schools that were state aided by the Department of Education
and Culture Administration: House of Assembly prior to 1994. During apartheid this
was the department that provided education to children classified as white.
(Reynolds, 2013:41)
59 I was classified as coloured during apartheid, but would self-identify as a black
South African.
105
rose-anne reynolds
106
the making of a circle: building a community of philosophical enquiry ...
107
rose-anne reynolds
F: By one of them like, one of the parts coming a little bit down.
RR: One of the parts come a little down, should we ask Mrs. B to
move a little bit down.
Mrs.B: [Get’s up off her chair and while bending addresses the child
who suggested she moves and says] Must I come in?
[Lots of chatting, moving and adjusting positions]
F: [Addressing Mrs.B ] That part must come in a little more.
D: B you mustn’t be in the corner.
J: There musn’t be any corners, it must be round, she repeats
herself as we can’t hear her.
RR: J says there mustn’t be any corners.
F: I said the same thing [nodding in agreement].
RR: Did you said the same thing? So let’s see, do we have a
corner here B?
I: Corner!
RR: Let’s try and make ourselves a bit more round, mmm.. now?
G: Round… round… round [Shapes his arms into a big circle in
front of his chest, so that his hands are touching and repeats ] round.
So when I ask these questions about the circle I am tentative – I
am not sure what the children are going to say – how the circle will be
made, I am looking beyond just the humans in the room as the only
meaning makers, but considering the chairs, floor, lights and sound
too. In this posthuman analysis I am troubling the singular voice. The
children similarly are not sure what I am going to say and are asking
questions in response. We are not sure in that we do not know but are
in a place of not knowing together, questioning what is usually known
or taken for granted even- - that we all understand what a circle is, in
the same way. We have not ‘gotten to’ the stimulus/provocation/text
or thinking time or philosophical discussion, the next important steps
in a philosophical enquiry. Usually in a philosophical enquiry in the
literature, the philosophical enquiry starts when the children or
participants are sitting in a circle, already seated, ready to begin. This
session was number 2 of 13 philosophical enquiry sessions I engaged
in at this school, one with each class of children at the school from
Grade 1 to Grade 7. When I was preparing for this session, and after
watching the video footage of the first session that had been recorded,
I realised I had not asked the videographer to videotape the children
walking into the chosen venue and that struck me. Using critical
posthumanism as a navigational tool requires that attention is drawn
to the materiality of the event as we decenter the human. So, I made an
agential cut and specifically asked the videographer, Joyce West to
start video recording as the children walked into the hall with their
chairs. It is significant that this is not an analysis of the audio
recording of the event (which I do have) but a very specific agential
cut - to analyse the data we were creating from the video camera, so it
108
the making of a circle: building a community of philosophical enquiry ...
is not just voices but the whole body, the feet on the floors and on the
chairs, some feet in socks and school shoes, some bare feet.
Posthumanist research is based on a relational ontology that includes
the entanglement of the human and more than human, intra-acting as
part of the world, an ‘and and’ approach. The children are required to
wear socks and black school shoes to and from school, but can take
them off during the day. It would not be possible to see this by simply
listening to an audio recording. I also asked the videographer to focus
on the whole body and not just the faces of the children and
specifically to be videotaping the whole scene and not zooming in
only when a child was talking. Ceder (2016: 18) “uses the concept of
relationality as a de-centering concept.” This would involve not only
looking at the subject as children, chairs, hall, concepts, floor which
they are but looking at the relationality.
I re-turn to the video recording and something grabs my
attention - what the children are doing as they first place their chairs,
this happens before I asked the children if we are in a circle? I would
not have noticed this had I not re-turned to the video recording. This
happened in the first 36 seconds of the video recording. During this
time, I am walking around chatting to the children, finding my own
chair, placing it in this circle in its becoming. I did not notice this event
in the ‘real time’ but I could re-turn to it, an affordance offered by the
video recording. I have placed this excerpt in this paper in the ‘wrong
order’ from when it happened on the day, but it influences what and
how my analysis moved forward.
There is a motioning of hands for someone to move up, a frown and
puzzled expression at being asked to move, some more chatting while moving,
some children not moving at all but watching the circle ‘being made’, being
formed and re-formed’. Once some of the children are sitting some start
chatting excitedly to each other. There is movement in one area of the forming
circle. A boy waves his hands in the air, as if doing a sitting handstand. He
holds his maroon pencil bag in his hand– I ask the teacher to ask the children
to bring their pencils and pencil crayons for the drawing we would be doing
later in the thinking and drawing time. He chats animatedly to the girl next
to him, and dabs twice. Dabbing, the phenomenon made popular since 2015,
is an American dance fad. He dabs by dropping his head into the crook of his
right arm, which is folded towards the left. The hand holding the maroon
pencil bag covers his eyes. He extends his left arm, outstretched to the left.
The two arms are parallel. He dabs twice. He does this quickly; the first dab is
at 0:27 seconds into the video-recording. He chats a bit more to the girl sitting
on the red chair next to him, she is looking at him, her hands dangling behind
the chair, her right leg casually crossed over her left leg. He dabs again, at
0:33 seconds in the same direction. He chats some more to the girl sitting next
to him he then points at the camera that is video-recording this and then the
girl sitting next to him turns her head and looks to her left towards where he
109
rose-anne reynolds
points, the time now is 0:34. They are now both facing the same direction,
looking straight at the recording camera. The boy extends his left arm and
flashes a peace sign with his hand at 0:35: separating his left index and middle
finger in the direction of the video camera. This intra-action between the
person video-taping, the video-recorder, the dab, the American fad, the child
and the animation as he stands and dabs and then sits down, the other
children and chairs and wheelchair moving in the space and all the spaces in
between – contribute to the emerging pedagogical environment. These
moments matter. When I check the time as I sit and watch again and again as
I write and rewrite this paper, the time on the recording is 0:36. We have only
been together for 36 seconds. I am aware that I have collected lots of data,
but I am looking for the unexpected, the surprises the slices in time,
this will be a moment to focus on.
MacLure (2013: 660) asserts that “in a materialist
ontology, data cannot be seen as an inert and indifferent
mass waiting to be in/formed and calibrated by our
analytic acumen or our coding systems. We are no
longer autonomous agents, choosing and disposing.
Rather, we are obliged to acknowledge that data have
their ways of making themselves intelligible to us.”
I am troubling what is would be considered the ‘important’ part
of the enquiry, that we would start only once the children were seated
in the circle. I consider that I already have more power than the
children because I am the adult, what Lipman asserts (2003: 50) “the
teacher’s moral authority rests on his/her being an adult and not on
being an expert in ethical decision making.” I take this assertion
seriously I could have said no talking and sit in a circle or even worse,
but widely practiced I could have arranged the chairs in a perfect
circle and then told the children to take any seat. They may accept this
because of this implied moral authority adults in classrooms have. I
resisted this pedagogical approach because I am aware that material is
not inert. I choose to disrupt the adult/child binary in these small
ways. Olsson (2009: 37) suggests that “[i]n a pedagogical environment
as possible event children, teachers and even the rooms and furniture
find themselves in a continuous process of becoming.” This is the
research I am interested in and ethically responsible to be engaging
with. The doors, windows, walls, corridors, hall, door frames, chairs,
desks, sunshine, wind, dust particles are fixed and are usually ignored
as insignificant in the pedagogical environment. Posthumanism
compels us to look at matter differently. Barad (2007: 151) argues that
“in an agential realist account, matter does not refer to a fixed
substance; rather matter is substance in its intra-active becoming – not
a thing but a doing, a congealing of agency”. So the door and doorway
the children left their classroom through, the carrying of the bright red
plastic chairs to the hall that they were going to sit in a circle with to
110
the making of a circle: building a community of philosophical enquiry ...
111
rose-anne reynolds
asked their class teacher to ask the children to bring the chairs they sit
on in their classroom along to the school hall. They needed to bring
their chairs with them, as the only chairs available in the hall are for
adults and are adult sized plastic maroon colour chairs, stored in a
storage room, alongside the hall, these chairs are used for when
parents come for meetings, or to the Assembly or other gatherings in
the hall. The children almost always sit on the floor and the teachers
and other adults sit on the chairs. As I write this, at the end of a month
long ‘Plastic Free July’ campaign in South Africa, which has stemmed
from a global movement, I am struck by the use of plastic and plastic
chairs. Here in South Africa, because of our coastline and the slowly
emerging awareness about the pollution of the ocean and the damage
to the planet, there is a ‘taking note’ of the dangers of plastic with even
very popular fast food restaurants rejecting the use of the single straw.
These plastic red and maroon chairs are a sharp juxtaposition as they
scrape noisily against the wood strip floors and exposed brick wall in
this modern, functionalist yet minimalist space which is the school
hall. The children did not have any say in the purchasing of the plastic
chairs which they sit on at their wooden desks. So, when we trace
some of the entanglements and these are the agential cuts - the wood,
the plastic, where the chairs were manufactured, whether a ‘real child’
was used to measure the height and comfort provided by the chair
and the ecological costs. When we return to the amount of money
spent on children in schools during apartheid it puts the endless use of
the earth’s (non-renewable) resources into sharp relief.
So, why a circle in a community of enquiry?
As a practitioner and passionate advocate of the pedagogy of
Philosophy with Children, this research made me question why do we
sit in a circle? It seems standard practice for most practitioners in
Philosophy with Children. In my training, I was trained to ask
participants to sit in a circle, or ensure they were in a circle for the
community of enquiry but without much analysis or understanding of
why this is necessary. There was much more focus in my training on
the thinking, the role of questions, how to develop the community of
philosophical enquiry and other equally important aspects. So, why
the circle? Lipman (2003: 100) explains what this figuration facilitates:
students are “seated in the circle of chairs, face-to-face with their
classmates, they employ the same thinking skills and thinking tools
(such as reasons and criteria) that they have seen others employ. On
doing a search in the most recent collection of work from scholars
around the world, in the Routledge International Handbook on
Philosophy for Children, I was intrigued to find circle mentioned only
13 times by (Baumfield, 2017: 123; Echeverria and Hannam 2017: 6&8;
D’Olimpio and Teschers 2017: 147-148; and Costa-Carvalho and
Mendanca 2017: 132; Glaser and Rollins Gregory 2017: 183; Strong
112
the making of a circle: building a community of philosophical enquiry ...
113
rose-anne reynolds
references
Barad, K. 2007. Meeting the Universe Halfway: Quantum Physics and the
Entanglement of Matter and Meaning. Durham: Duke University Press.
Baumfield, VM. 2017. Changing Minds: The Professional Learning of Teachers
in a Classroom Community of Inquiry. In Rollins Gregory, M., Haynes, J. and
Murris, K. (Eds.) The Routledge International Handbook of Philosophy For Children.
London: Routledge.119-128.
Ceder, S. 2016. Cutting through water: Towards a posthuman theory of
educational relationality. Doctoral dissertation. Faculty of Social Sciences,
Lund University, Sweden.
Christie, P. 1990. The Right to Learn. Johannesburg: Ravan Press
Department of Education. 2001. Education White Paper 6. Special Needs Education.
Building an Inclusive Education and Training System. Pretoria: Department of
Education.
Dolphijn, R & van der Tuin, I. 2012. New Materialism: Interviews & Cartographies.
Open Humanities Press: Michigan Publishing.
D’Olimpio, L. & Teschers, C. 2017. Drama, Gestures and Philosophy in the
Classroom: Playing with Philosophy to Support an Education for Life. In
Rollins Gregory, M., Haynes, J. and Murris, K. (Eds.) The Routledge International
Handbook of Philosophy For Children. London: Routledge.145-152.
Echeverria, E. & Hannam, P. 2017.The Community of Philosophical Inquiry: A
Pedagogical Proposal for Advancing Democracy. In Rollins Gregory, M.,
Haynes, J. and Murris, K. (Eds.) The Routledge International Handbook of
Philosophy For Children. London: Routledge. 3-10.
114
the making of a circle: building a community of philosophical enquiry ...
115
116
estéticas do corpo, gênero, sexualidade e pedagogia
o corpo profano da experiência estético-educativa
119
adriana maria da silva
62 Para atender ao propósito deste trabalho preliminar, foi preciso deter-se ao corpo
próprio, sujeito da percepção, como desenvolvido por Merleau-Ponty em Fenomenologia
da percepção (2011); e, em menor medida, ao corpo-carne, o corpo da expressão, como
tematizado pelo filósofo em suas últimas obras, especificamente em O olho e o espírito
(2013) e no Visível e invisível (2009). Destaca-se, ainda, que na ótica adotada para este
estudo não há ruptura entre as duas fases. O corpo próprio e a noção de corpo-carne se
constituem enquanto noções complementares de uma mesma tentativa ou, ainda, uma
revisão dos limites da Fenomenologia da percepção com referência às análises de
Merleau-Ponty acerca do corpo e da consciência, que o próprio filósofo assinalou em
sua obra inacabada, Visível e invisível, Cf. 2009, p. 189.
63 Grifo nosso.
120
o corpo profano da experiência estético-educativa
121
adriana maria da silva
64“O Neoconcretismo foi o movimento das artes plásticas que começa em 1957, no Rio
de Janeiro, como dissidência do Concretismo paulista. Insatisfeitos com o que
consideravam excesso de racionalismo, alguns artistas aliam ao Concretismo uma
dose maior de sensualidade. Isso é feito com o uso mais livre da cor nas telas e com a
criação de objetos que dependem da manipulação do espectador. Tendo como
mentores o poeta Ferreira Gullar (1930-2016) e a artista plástica Lygia Clark, esses
artistas expõem suas ideias no Manifesto Neoconcreto, publicado no Jornal do Brasil
em 1959. Os neoconcretos podem ser divididos em dois grupos. Com maior liberdade
de concepção, o primeiro produz pinturas, esculturas e objetos que combinam essas
duas formas de arte. Entre eles destacam-se os escultores Amilcar de Castro (1920-),
Franz Weissmann (1914-), Willys de Castro (1926-1988) e Hércules Barsotti (1914-). O
segundo grupo estimula a percepção tátil, além da visual, para que o público interaja
com suas obras. Seus maiores representantes são Lygia Clark, Hélio Oiticica e Lygia
Pape (1929-)”. Disponível: <https://arteconcretista.wordpress.com/about/>. Acesso
em: 20 jun. 2018.
122
o corpo profano da experiência estético-educativa
123
adriana maria da silva
65 É importante destacar que nesse período o Brasil vivia a ditadura, que gerou um
contexto de forte politização de todas as práticas artísticas. Nesse sentido, “a ocupação
do espaço público foi crucial: havia que modulá-lo, reinventá-lo e produzir as relações
necessárias para derrubar a ditadura.” (AGUILAR, 2016, p. 22).
66 A artista Lygia Clark nasceu na cidade de Belo Horizonte, no estado de Minas
Gerais, em 23 de outubro de 1920. Saiu da sua terra natal para estudar com Roberto
124
o corpo profano da experiência estético-educativa
Burle Marx (1909-1994) no Rio de Janeiro, em 1947 e, posteriormente, foi à França dar
continuidade aos seus estudos com Fernand Léger (1881-1955), entre 1950 a 1952. Ao
retornar ao Brasil, integrou-se ao grupo de artistas neoconcretos. Lygia Clark foi
convidada a lecionar na Faculdade de Artes Plásticas da Sorbonne-Paris, entre 1973 e
1976. Em 25 de abril de 1988 (aos 67 anos), Lygia Clark faleceu de infarto no Rio de
Janeiro. Encontramos como principais referências práticas na de obra de Lygia Clark
(e dos neoconcretos) os artistas Piet Mondrian (1872-1944), Kazimir Malevich (1878-
1935), Naum Gabo (1890-1977) e Vladmir Tatlin (1885-1953). Como destacado
anteriormente, os referidos artistas fomentaram as mudanças no campo da arte
durante o início do século XX. Mesmo sob essa influência, os neoconcretos buscavam
meios de ultrapassar a técnica mecanicista e o objetivismo do projeto construtivo
brasileiro.
125
adriana maria da silva
126
o corpo profano da experiência estético-educativa
fazer parte da obra, por meio da sua interação com o objeto: do olho
para o tato e do tato para um conjunto de sentidos, até sua integração
total à obra, que vai do conjunto de sentidos para o corpo inteiro. Na
instalação A casa é o corpo: labirinto, criada em 1968, a artista faz uma
incursão pelo corpo humano, por meio de uma construção sensorial
que remonta a vida intrauterina, promovendo uma experiência de
contato com as quatro etapas para o acontecimento do nascimento:
penetração, ovulação, germinação e expulsão.
A proposição A casa é o corpo: labirinto foi criada “para ser
penetrada pelo visitante como abrigo poético” (MILLIET, 1992. p. 111).
Ela não apenas provoca a redescoberta do sentir, por meio dos
distintos materiais que permitem o contato com diversas sensações
que constituem a natureza orgânica do homem, mas também convoca
e acolhe uma redescoberta do próprio corpo. Considerando que o
corpo passa a ser a obra e abriga, dentro de si, outro corpo, ele é o
espaço estruturante das ações vivenciadas. Há uma vinculação direta
com a ideia de nascer novamente, de fazer renascer o contato do
participante com o que é propriamente humano. “O corpo ganha a
possibilidade de se ‘reconstruir’, ele se expande na extensão da obra,
ele se transforma a cada mudança de ambiente da instalação”
(MALUF, 2007, p. 98). O sentido da obra é atribuído por contato, por
inerência, por experiência e, nesse caso, o participante recria,
reconstitui a si como uma obra de arte. Nos termos de Merleau-Ponty:
“a experiência se dá no pré-reflexivo, tal é a sina de um ser que nasceu,
quer dizer, que de uma vez por todas foi dado a si mesmo como algo a
compreender.” (MERLEAU-PONTY, 2011, p. 464).
No decorrer dos anos de 1970 a 1975 Lygia Clark foi convidada
para ministrar aulas na Sorbonne, período em que a artista
desenvolveu propostas coletivas eminentemente pedagógicas. Entre as
experiências realizadas com os alunos estão: Baba Antropofágica67
(1973), Túnel (1973) e a Rede de elástico (1974). Nessas proposições, o
corpo se dissolvia em outros corpos para ser reconstituído por meio de
outras percepções. A proposta da Rede de elástico, por exemplo,
provocava o contato, a relação e o afecto (no sentido de ser afetado,
tocado, perturbado, contaminado, etc.) por si mesmo, através do corpo
do outro e pelo outro, a partir do seu próprio corpo. Tratava-se de
uma rede constituída por filetes de elásticos que iam sendo
entrelaçados por várias pessoas e que se esparramava esticada no ar,
127
adriana maria da silva
128
o corpo profano da experiência estético-educativa
129
adriana maria da silva
130
o corpo profano da experiência estético-educativa
68 Herbert Read, embora não tenha sido filiado a um grupo anarquista, declarou-se
anarquista com posições convictas de defesa a uma sociedade democrática de viés
libertário.
69 Cf.: CLAPARÈDE, É. Psicologia da criança e pedagogia experimental. (A. Mata
Machado Filho e T. Pereira, Trad.). 11ª ed. Belo Horizonte: Imprensa oficial, 1934.
70 Cf.: PIAGET, J. A epistemologia genética. Trad. Nathanael C. Caixeira. Petrópolis:
Vozes, 1971.
131
adriana maria da silva
132
o corpo profano da experiência estético-educativa
considerações finais
133
adriana maria da silva
134
o corpo profano da experiência estético-educativa
referências
135
adriana maria da silva
136
outras filosofias da educação na filosofia da educação
brasileira: educar os corpos em fluxo para além do
imaginário do carbono.
notas introdutórias
Gilles Deleuze
137
alexandre simão de freitas
138
outras filosofias da educação na filosofia da educação brasileira: educar os corpos ...
73 O termo Antropoceno foi proposto como conceito por Paul Crutzen e Eugene
139
alexandre simão de freitas
140
outras filosofias da educação na filosofia da educação brasileira: educar os corpos ...
141
alexandre simão de freitas
75 Note-se que o termo Antropoceno não é uma unanimidade. Há quem, como Jason
142
outras filosofias da educação na filosofia da educação brasileira: educar os corpos ...
143
alexandre simão de freitas
144
outras filosofias da educação na filosofia da educação brasileira: educar os corpos ...
145
alexandre simão de freitas
77No artigo Do rocks listen?, Elizabeth Povinelli começa narrando sua participação em
uma audiência do processo conhecido como Kenbi Land Claim, no qual o povo
aborígene Larrakia buscava obter direito de propriedade sobre a Península Cox, no
Território Norte da Austrália. Na ocasião, uma das mulheres do povo Belyuen, que
habita a área, descrevia aos representantes do governo como uma rocha chamada Old
Man Rock era capaz de ouvir e sentir o suor do seu povo, destacando a importância
das interações entre humanos, ambientes e os seres totêmicos ancestrais para a saúde
e a produtividade dos seus sistemas básicos de sobrevivência.
146
outras filosofias da educação na filosofia da educação brasileira: educar os corpos ...
78Para Viveiros de Castro (2012), a metafísica ocidental tem sido pródiga em cultivar,
legitimar e replicar múltiplas formas de colonialismo ao não questionar os grandes
divisores da nossa antropologia, efetuando distorções restritivas de outras narrativas
que carregas consigo outros saberes e conhecimentos.
147
alexandre simão de freitas
que ainda não sabemos como saber, isto é, algumas coisas que se
situam para além de toda vontade de saber.
148
outras filosofias da educação na filosofia da educação brasileira: educar os corpos ...
149
alexandre simão de freitas
referências
150
outras filosofias da educação na filosofia da educação brasileira: educar os corpos ...
151
alexandre simão de freitas
152
do que pode lançar mundos no mundo. da representação à
pedagogia da montagem
isaac pipano
uff
isaacpipano@gmail.com
Com qual direito o cinema tem sido o que é? Quais foram e quais
são os planos traçados que lhe conferiram e conferem as condições de
possibilidade para assentar o solo no qual a representação tem
assumido o principado ao longo de seus centos e poucos anos? Sob
quais fundamentos as imagens têm sido majoritariamente criadas,
montadas, compartilhadas? Se nos interessa a questão, primeiramente,
é porque deste solo emergirão as estruturas que tem modelado as
práticas do cinema em seu encontro com a educação.
“Fundar já não significa instaurar e tornar possível a
representação, mas tornar a representação infinita” (LAPOUJADE, 2016,
p. 50) é o que insiste David Lapoujade em seu comentário sobre
Deleuze. Desde Platão o pensamento está povoando o mundo de
representações - parece ser já bastante tempo. Assim, retornar à
questão quid juris – com que direito? - é questionar que aquilo que
funda o mundo funda compulsoriamente a representação. Trata-se
não apenas de um modo de povoar a terra, mas de estender a todas as
formas de ocupação os valores do julgamento. Funda-se para julgar,
insiste Lapoujade, para dar o direito de julgar, estabelecer o sistema de
hierarquia sob o qual todas as coisas, todos os povos, todas os modos
de existência são determinados, num círculo ininterrupto de
univocidade da Identidade, do Mesmo, do Ícone, da Imagem, da
Escola, da Criança79. Nessa terra estriada, onde os fundamentos
sobredeterminam os modos de existência, o cinema e a educação
representação. Fundar é sempre fundar sobre uma identidade preexistene que possui
sobretudo o que os outros só possuem de maneira secundária; mas é também
introduzir o princípio de uma tal distribuição circular que o fundamento faz círculo
com o que funda para submetê-lo à sua lei. Todas as diferenças entre pretendentes se
veem assim subordinadas à semelhança que elas mantêm entre si ao longo de uma
escala eletiva, enquanto a semelhança se vê fundada na identidade de si da Ideia.
Como não, nessa apresentação que Deleuze faz de Platão, que a única questão que
importa é a do fundamento? (LAPOUJADE, 2016, p. 49)”.
153
isaac pipano
154
do que pode lançar mundos no mundo. da representação à pedagogia da montagem
80 “A violência dos opressores que os faz também desumanizados, não instaura uma
outra vocação – a do ser menos. Como distorção do ser mais, o ser menos leva os
oprimidos, cedo ou tarde, a lutar contra quem os fez menos. E esta luta somente tem
sentido quando os oprimidos, ao buscar recuperar sua humanidade, que é uma forma
de criá-la, não se sentem idealistamente opressores, nem se tornam, de fato,
opressores dos opressores, mas restauradores da humanidade de ambos. E aí está a
grande tarefa humanista e histórica dos oprimidos – libertar-se a si e aos opressores”
(FREIRE, 1970, p. 16).
81 Cf. FREIRE, 1970, p. 33-42.
155
isaac pipano
156
do que pode lançar mundos no mundo. da representação à pedagogia da montagem
157
isaac pipano
emancipação e criação
158
do que pode lançar mundos no mundo. da representação à pedagogia da montagem
159
isaac pipano
pedagogia da montagem
160
do que pode lançar mundos no mundo. da representação à pedagogia da montagem
84“There is only one subject-matter for education, and that is LIFE in all its
manifestations”.
161
isaac pipano
85 “Estamos às portas do cinema de Deligny. Pois o cinema poderia dar suporte a tudo
isso se ele não estivesse completamente submetido à linguagem, à narratividade, à
obrigação de contar uma história, de ter um sentido, de emitir um julgamento moral,
de ter um alcance edificante ou pedagógico. Se o cinema não visasse o filme, ele
poderia atingir as imagens – mas, para isso, seria preciso que ele deixasse de “fazer
obra”, de querer um produto” (PAL PÉLBART, 2017, p. 253).
162
do que pode lançar mundos no mundo. da representação à pedagogia da montagem
mafuá
163
isaac pipano
164
do que pode lançar mundos no mundo. da representação à pedagogia da montagem
165
isaac pipano
referências
166
do que pode lançar mundos no mundo. da representação à pedagogia da montagem
167
168
vigilar y castigar (los cuerpos): la enseñanza de la filosofía
frente al sistema de opresión sexo/genéro.
introducción
We´re all born naked, and the rest is drag
RuPaul Charles
88En Argentina, marica es una identidad política adoptada por parte de personas gays,
que rechazan enfáticamente ser asignados a la categoría de varón.
89 Una breve consulta a las estadísticas de cualquier país del continente sobre
169
luciana carrera aizpitarte
170
vigilar y castigar (los cuerpos): la enseñanza de la filosofía frente al sistema...
171
luciana carrera aizpitarte
172
vigilar y castigar (los cuerpos): la enseñanza de la filosofía frente al sistema...
173
luciana carrera aizpitarte
90 Sobre este punto recomiendo el texto de Valeria Flores (2016), Afectos, pedagogías,
infancias y heteronormatividad. Reflexiones sobre el daño, donde se intenta pensar la
174
vigilar y castigar (los cuerpos): la enseñanza de la filosofía frente al sistema...
existen dos géneros, que sólo existen dos sexos, que el cuerpo propio
es un hecho biológico inmutable y esencial, que existe una orientación
sexual respecto de la cual las otras son excepcionalidades, que el modo
libre de habitar el cuerpo puede ser un desvío, es ejercer violencia, es
reproducir un sistema opresor, es sumarse al ejército de agentes de
vigilancia, disciplinamiento, control y castigo de los cuerpos.
175
luciana carrera aizpitarte
176
vigilar y castigar (los cuerpos): la enseñanza de la filosofía frente al sistema...
Martínez, 2011.
177
luciana carrera aizpitarte
Ahora bien, ¿qué hacemos con todo esto? ¿por qué creo que
darle relevancia a esta forma de opresión originaria es vital para la
enseñanza de la filosofía y para una práctica filosófica de la enseñanza,
en cualquier nivel en que se la practique.
178
vigilar y castigar (los cuerpos): la enseñanza de la filosofía frente al sistema...
179
luciana carrera aizpitarte
referencias
180
la cuestión de la identidad: política sexual y cuerpo infantil
olga grau
universidad de chile
ograu_2000@yahoo.com
introducción
181
olga grau
94 En el mes de julio del año 2017, un bus recorrió el centro de la ciudad de Santiago,
que sería llamado “Bus de la libertad”, que intentaba reponer en su tránsito la
dicotomía normalizadora heterosexual de la diferencia sexual fundada en la
diferencia genital con el slogan ya citado, entre otros lemas que fueron utilizados en la
campaña en contra de lo que entienden por “ideología de género”. Esta acción política
fue promovida por la organización CitizenGO, nacido en España, que tenía como
vocera en Chile a Marcela Aranda. Luego, este bus también recorrería Valparaíso y
luego buses clones lo harían en otras ciudades de Chile. En todos los sitios de su
transitar tuvo la oposición de colectivos y grupos sociales críticos al binarismo de
género, los que fueron enfrentados de manera iracunda por quienes simpatizaban con
la propuesta.
Véase el artículo de Leonardo Arce, “La “ideología de género” y la embestida
mediática: crítica de un discurso falaz” en Revista Nomadías N° 24, 2017.
https://revistas.uchile.cl/index.php/NO/article/download/49970/52397/
182
la cuestión de la identidad: política sexual y cuerpo infantil
183
olga grau
184
la cuestión de la identidad: política sexual y cuerpo infantil
lengua española, experto en profetas, y que visitó Chile cuando Berríos era novicio
influyendo de manera profunda en su perspectiva del mundo.
185
olga grau
migrantes-tienen-mas-derechos-que-los-chilenos/
186
la cuestión de la identidad: política sexual y cuerpo infantil
https://cvc.cervantes.es/ensenanza/biblioteca_ele/aepe/pdf/congreso_48/congreso
_48_35.pdf
187
olga grau
188
la cuestión de la identidad: política sexual y cuerpo infantil
189
olga grau
paula-rodriguez-marino
Página consultada en junio 2018
111 www.mnemocine.com.br/index.php/en/cinema-categoria/.../93-paula-
rodriguez-marino Página consultada en julio 2018
190
la cuestión de la identidad: política sexual y cuerpo infantil
191
olga grau
bibliografía
192
la cuestión de la identidad: política sexual y cuerpo infantil
193
194
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola:
formação ética, resistência e alteridade radical
pedro a. pagni
unesp
pagni@terra.com.br
introdução
195
pedro a. pagni
196
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola: formação ética, resistência e ...
197
pedro a. pagni
198
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola: formação ética, resistência e ...
apresenta como o seu principal efeito eficiente. Isso não significa que
esses dispositivos tecnológicos tanto de ensino quanto de
aprendizado, ao serem exercidos pelos professores sobre os
estudantes, com a finalidade de dotá-los pedagogicamente de um
saber que supostamente não possuem por alguém que o detém, sejam
isentos de valores morais, de ruídos na comunicação ou prenhes de
marcas subjetivas por parte de seus atores. Às vezes essas marcas se
caracterizam por valores morais ou posicionamentos adotados
irrefletidamente, juntamente com hábitos, rituais ou gestos
cristalizados que entram em circulação de modo inadvertido num jogo
de poder que, por vezes, tende a estados dominação do professor
sobre os estudantes, e vice-versa. Tanto aquela preconcepção moral ou
a condição social quanto essas extrapolações do poder exercido de um
sobre os outros nas salas de aula e em outros espaços-tempo de ensino
na escola aspiram, por assim dizer, certa forma de regulação por meio
dos sentidos de moralização ou de formação moral e política
desempenhados historicamente por essa instituição, nos termos antes
rapidamente explorados.
Não obstante essa função moralizante da educação ser mais
ampla do que a chamada educação escolar, esta última ocupa um
papel relevante ao configurar uma forma ao governamento das
subjetividades daqueles que atuam nessa instituição, particularmente,
os mais jovens, subjugando-os a uma moralidade, a uma sociabilidade
e uma ordem social. Para além da função de dotá-los de saberes,
informações, habilidades, dentre outras aquisições relacionadas ao
ensino ou ao aprendizado, tal subjugação é desenvolvida por
intermédio de tecnologias positivas do poder, caracterizadas nesse
caso não somente pela transmissão de valores, de ideias ou, mesmo, de
ideologias, como também, e principalmente, por práticas postas em
circulação nessa instituição. Tais práticas compreendem, além do
currículo escolar, a distribuição dos estudantes num tempo e num
espaço específico, a sua submissão aos exames de toda a natureza,
assim como a rituais instituídos que definem formas de hierarquização
nas relações, de competitividade, de individuação, critérios de status
social, sem contar a eficiência profissional almejadas pelos processos
de capacitação e de aquisição de competências ou, todo um perfil
empreendedor de si e consumista, como os exigidos no tempo
presente. Dessa forma, a educação escolar se ocupa de introduzir as
crianças e os jovens no mundo existente, com todas as suas mazelas,
injustiças sociais e desigualdades, ainda que os protejam em princípio
e que consinta racionalmente essa forma de governo que visa formar a
população governável.
Não obstante toda o empenho de inúmeras teorias e filosofias da
educação se ocuparem do sentido emancipatório do sujeito, desde a
modernidade, em termos transcendentais ou utópicos,
199
pedro a. pagni
200
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola: formação ética, resistência e ...
201
pedro a. pagni
202
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola: formação ética, resistência e ...
203
pedro a. pagni
204
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola: formação ética, resistência e ...
205
pedro a. pagni
206
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola: formação ética, resistência e ...
207
pedro a. pagni
208
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola: formação ética, resistência e ...
209
pedro a. pagni
referências
210
o ingovernável dos corpos e das multidões na escola: formação ética, resistência e ...
211
212
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam
uma infância, para fiar preocupações com a novidade da
criança em aparecimentos.
sílvio gallo
unicamp
gallo@unicamp.br
alexsandro rodrigues
ufes
xela_alex@bol.com.br
introdução
E a educação sempre tem a ver com uma vida que está para
além de nossa própria vida, com um tempo está mais além de
nosso próprio tempo, com um mundo que está mais além de
nosso próprio mundo... e como não gostamos desta vida, nem
deste tempo, nem deste mundo, queríamos que os novos, os
que vêm a vida, ao tempo e ao mundo, os que recebem de nós
a vida, o tempo e o mundo, os que viverão uma vida que não
será a nossa e em um tempo que não será o nosso e em um
mundo que não será o nosso, porém uma vida, um tempo e
um mundo que, de alguma maneira, nós lhe damos....
queríamos que os novos pudessem viver uma vida digna, um
tempo digno, um mundo em que não dê vergonha viver.
Jorge Larrosa, Tremores, p.36-37
213
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
sexualidade infantil?
114Em 2016 o Musée Marmottan Monet, em Paris, sediou uma interessante exposição:
“L’Art et l’enfant – chefs-d’œuvre de la peinture française”, que passou em revista a
representação das crianças na arte francesa ao longo dos séculos. Tivemos ali um
panorama muito interessante e revelador, que pode ser estendido para a produção
das artes plásticas em outras regiões.
214
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam uma infância, para fiar ...
215
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
115 Schérer faz aqui um jogo de palavras com o ça (isso), que na psicanálise freudiana
216
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam uma infância, para fiar ...
217
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
o cotidiano se impõe...
Talvez uma das únicas profissões que não nos deixe envelhecer
frente à convocação para as novidades do mundo, com ele nos
encantar e também nos assustar seja a de professor. Todos os dias, nas
relações que estabelecemos com os sujeitos da educação, como
professor-aluno, aluno-aluno, aluno-professor, a presença do outro e
de seu mundo, a nossa presença como outro e de nosso mundo, co-
presenças com o mundo, nos permitem belas oportunidades de
(des)aprendizagens. A novidade, como força vital de co-presenças
com o mundo desestabilizam certezas e nos ensinam sobre o que
estamos sendo e nos une ao desejo de estar com o outro e de nos
permanecermos sempre um outro. Praticantes da e com a educação,
compreendendo e validando a importância do outro, nos ensinaram.
porque aprenderam, sobre as belas oportunidades de formação, de
aprendizagens e (des)aprendizagens que se abrem como possíveis
nesses encontros. Poderíamos aqui trazer cenas de encontros de
tempos e espaços dodicentes os mais diversos de nossas ações com a
educação e do que se ensina e se aprende desses e nesses encontros de
co-presenças com o mundo em sua novidade. Histórias, não nos
faltariam aqui. Afinal de contas, somos feitos de histórias. Mas para
esse texto, uma cena, como convocação ao mundo, de um mundo que
nos toca pelas franjas, oferecida por um estudante e que se gruda a
outras, nos oferecerá as condições afetivas e também implicativas que
precisamos para nos mantermos nessa conversa afiada e arriscada
sobre a criança e sobre o que delas supomos saber.
Em um dia de trabalho, que parecia desenrolar como tantos
outros dias de trabalho dos espaços formais da educação, um
acontecimento fez com que um dos autores deste texto parasse e
prestasse atenção. Um estudante, de forma serelepe, com riso no rosto,
chega e diz:
– Professor, esse fim de semana vi um vídeo no Youtube de
um cantor que se chama Caio Prado, bicha preta do Rio de
218
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam uma infância, para fiar ...
Janeiro, que faz uma música poesia-protesto. Ele faz uma arte
ativista. Ele fala da gente. Ele fala de pobre, ele fala de preto,
ele fala de bicha. Ele fala dos restos. Ele fala de tudo que não é
bem-vindo no mundo da norma e do colonizador. Ouvindo-o
e vendo-o não conseguia parar de pensar em você! Ele tem a
nossa cara! Posso lhe mostrar?
E, sem esperar pela resposta, foi logo se ajeitando na mesa de
trabalho, acessando a internet em busca daquilo que o fazia se deslocar
e ir ao meu encontro. Logo, num tempo intensidade, que só é possível
viver na convocação da presença feiticeira do outro, percebi, pelo
brilho de seus olhos e pela geografia nervosa de seu corpo, que ele
tinha um bom motivo para se deslocar, ali estar e pedir passagem. Ali,
ex-posto, compreendi o significado de experiência que tanto nos fala
Jorge Larrosa (2015, p.25-26):
O sujeito da experiência seria algo como um território
de passagem, algo como superfície sensível que aquilo
que acontece e afeta de algum modo, produz alguns
afetos, inscreve algumas marcas, deixa alguns vestígios,
alguns efeitos. [...], o sujeito da experiência é um ponto
de chegada, um lugar a que chegam as coisas, como um
lugar que recebe o que chega e que, ao receber, lhe dá
lugar. [...], o sujeito da experiência é sobretudo um
espaço onde tem lugar os acontecimentos. [...], o sujeito
da experiência se define não por sua atividade, mas por
sua passividade, por sua receptividade, por sua
disponibilidade, por sua abertura. [...], trata-se de uma
passividade feita de paixão, de padecimento, de
paciência, de atenção [...], o sujeito da experiência é um
sujeito ex-posto. [...] Por isso é incapaz de experiência
aquele que se põe, ou se opõe, ou se impõe, ou se
propõe, mas não se “ex-põe”. É incapaz de experiência
aquele a quem nada lhe passa, a quem nada lhe
acontece, a quem nada lhe sucede, a quem nada o toca,
nada lhe chega, nada o afeta, a quem nada o ameaça, a
quem nada ocorre.
Exposto à presença do estudante, ainda ouvi: – Preste atenção
professor. Não nego em dizer que naquele momento imaginei que
fosse mais um daqueles vídeos atrevidos, engraçados e provocativos
de crianças em bando, onde, umas com outras se arriscando em
fronteiras de gênero, sexualidade, raça e território, se colocam em
cenas que fazem nossas certezas e verdades ruir. Nos últimos anos
uma avalanche de vídeos criativos, fabricados por praticantes que não
dominam as técnicas de produção em performances as mais diversas,
tem sido distribuída nas redes sociais. Esses vídeos, ao nos oferecerem
como presente conteúdos e performances singulares, têm nos
permitido compreender e também problematizar outros modos de ser
criança. Vira e mexe, lá vem um amigo e ou estudante trazendo um
novo achado.
219
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
220
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam uma infância, para fiar ...
vendo Caio Prado. E Caio Prado, com seu canto protesto, porque “Não
Recomendado”116, vem nos dizer:
Uma foto, uma foto
Estampada numa grande avenida
Uma foto, uma foto
Publicada no jornal pela manhã
Uma foto, uma foto
Na denúncia de perigo na televisão
A placa de censura no meu rosto diz:
Não recomendado à sociedade
A tarja de conforto no meu corpo diz:
Não recomendado à sociedade
Pervertido, mal amado, menino malvado, muito cuidado!
Má influência, péssima aparência, menino indecente, viado!
A placa de censura no meu rosto diz:
Não recomendado à sociedade
A tarja de conforto no meu corpo diz:
Não recomendado à sociedade
Não olhe nos seus olhos
Não creia no seu coração
Não beba do seu copo
Não tenha compaixão
Diga não à aberração
A placa de censura no meu rosto diz:
Não recomendado à sociedade
A tarja de conforto no meu corpo diz:
Não recomendado à sociedade
Esta poesia, cantada, interpretada por Caio Prado, foi me
trazendo imagens de crianças que recortam minha vida. Via-me na
condição de sobrevivente, estudante e professor. E ao me ver, via
outras crianças que não são boas cópias e corpos para a boa foto. Não
são bons corpos e rostos para os outdoors dos planos de saúde que se
espalham pela cidade e das revistas que buscam ensinar às “boas”
mães como criar seus filhos. Não são bons corpos e rostos para decorar
as salas de aulas das escolas qualificadas a partir de uma métrica que
desqualifica outros saberes, corpos e subjetividades. Não são bons
rostos e corpos para as lojas destinadas às crianças que importam ao
capital. Não são bons corpos e rostos para alguns usos! Mas, aqui não
se pode esquecer que são subjetividades acionadas e manipuladas
quando se pensa o governo da população em seus jogos de inclusão e
116 Caio Prado performing "Não Recomendado" at Sofar Rio de Janeiro on October
221
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
infâncias e normalização
222
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam uma infância, para fiar ...
223
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
224
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam uma infância, para fiar ...
225
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
226
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam uma infância, para fiar ...
227
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
228
sexualidades e infâncias: (des)viar conversas que afirmam uma infância, para fiar ...
229
sílvio gallo; alexsandro rodrigues
referências
DELEUZE, Gilles; GUATTARI, Félix. O Anti-Édipo. São Paulo: Ed. 34, 2010.
FOUCAULT, Michel. Os anormais: curso no Collège de France (1974/1975). São
Paulo: Editora WMF Martins Fontes, 2014.
FOUCAULT, Michel. Vigiar e Punir. 29ª ed. Petrópolis: Vozes, 2004.
GÉLIS, Jacques. L’Art et l’enfant – chefs d’œuvre de la peinture française.
Vanves: Hazan, 2016 [catálogo da exposição com textos analíticos].
LARROSA, Jorge. Tremores: escritos sobre experiências. Belo Horizonte:
Autêntica, 2015.
MUSÉE MARMOTTAN MONET. L’Art et l’enfant. Paris, 2016. Connaissance des
arts – hors-série [revista ilustrada com textos e comentários analíticos].
PELBART, Peter Pál. Vida nua, vida besta, uma vida. Disponível em:
http://p.php.uol.com.br/tropico/html/textos/2792,1.shl Acesso em:
13/04/18.
SCHÉRER, René. Émile Perverti. 2. Ed. Paris: Laurence Viallet (Désordres),
2006a.
SCHÉRER, René. Petit Alphabet Impertinent. Paris: Hermann, 2014.
SCHÉRER, René. Pré-ambule: l’échec d’une mainmise. In: FOURIER, Charles.
Vers une enfance majeure. Paris: La Fabrique, 2006b.
230
a escola, o mundo, a vida
escuela y vida buena. sentido común y prudencia política
introducción
1. el asunto de la sinrazón.
233
gladys madriz ramírez
234
escuela y vida buena. sentido común y prudencia política
235
gladys madriz ramírez
236
escuela y vida buena. sentido común y prudencia política
2. el deslenguado político.
237
gladys madriz ramírez
238
escuela y vida buena. sentido común y prudencia política
239
gladys madriz ramírez
119En este mismo sentido Ferraro agrega: “Ricordo la frase dei quell’uomo detenuto,
adulto, ergastolano, recluso in regole senza gioco. Disse di qualcuno che era una
“bella persona” e non perché era lui a dirlo, ma perché è la verità della vita a dirlo.
Rimasi sorpresa, e resto ancora in quella sorpresa a ricordarlo. C´è dunque una verità
della vita ed è quella che fa dire delle cose belle di una bella persona, ma come di un
bambino, di un giorno felice, della giogia d´esistere. La verità della vita fa dire cose
belle. Il bambino di Eraclito è la verità della vita”. Ibídem., p.77. En una versión
nuestra al español diría así: “: "Recuerdo la frase de un preso con cadena perpetua, y
sin derecho a nada. Dijo de alguien que era una "bella persona" y no porque fuera él
quien lo dijera, sino porque es la verdad de la vida decirlo. Me sorprendió, y todavía
me sorprende al recordarlo. Así que, hay una verdad de la vida y es lo que hace que
uno diga las cosas bellas de una persona bella, al igual que un niño, con un día feliz,
lleno de las alegrías de existir. La verdad de la vida hace que se digan las cosas bellas.
El hijo de Heraclito es la verdad de la vida". (FERRARO, 2016, pp. 77).
240
escuela y vida buena. sentido común y prudencia política
241
gladys madriz ramírez
242
escuela y vida buena. sentido común y prudencia política
Imagen 1: Mafalda121
243
gladys madriz ramírez
y voces. Hecho esto, ahora voy con la idea. Muchas personas estamos
relacionadas con la escuela. Y no debería haber sorpresa alguna
cuando llegado el final de este texto, quiera comprometerles en ser
diligentes con la tarea de formar. Hemos visto como el sensus
communis no se refiere a un contenido de ninguna de nuestras
asignaturas tradicionales. Y sin embargo, nos señala, nos indica la
urgente necesidad de experienciarlo, corporizarlo en nosotros y el
fomentarlo, el darlo a probar en los demás.
Imagen 2: Mafalda122
244
escuela y vida buena. sentido común y prudencia política
referencias
245
246
the emancipatory rhythms of scholé
jason wozniak
west chester university/lapes
jazonwoz1@gmail.com
introduction
247
jason wozniak
248
the emancipatory rhythms of scholé
education as scholé
249
jason wozniak
251
jason wozniak
it has been simultaneously and separately defined as: free time, rest,
delay, study, discussion, lecture, school, school building (Masschelein
and Simons, 2011, p. 156). Despite the variance in definition, what all
of these descriptions of scholé have in common is a connection to time;
they all mark a break in one way or another, or suspension, with
dominant time economies at work in whichever society scholé is
produced. Masschelein and Simons articulate the event of the
production of scholé in a variety of ways which I will briefly
summarize now.
Reintroducing us to an ancient way of thinking school, by
thinking time, Masschelein and Simons (2011, p. 158) tell us that in
ancient Greece scholé was not “a place and time organized to
reproduce social order, or way of life. Separated from both oikos and
polis, and hence free from daily occupations, the school was a real
space with a real inner place and time where people were exposed to
real matter.” It was, the authors go on to state, a time and place where
those in it were separated from their daily lives, the labor associated
with the production of goods for everyday needs, the norms of civil
society, and their normal identities. Or in other words, while in scholé,
students were given time to dis-identify with identities normally
attached to them outside of scholé. More to the point, Masschelein and
Simons argue that in scholé “economic, social, cultural, political, or
private time is suspended, as are tasks and roles connected to specific
places. Suspension here could be regarded as an act of de-
privatization, de-socialization, de-appropriation; it sets something
free” (p. 158). What is set free is time. Within a suspension the future is
opened up because as Masschelein (2011, p. 531) argues in a separate
piece, “what appears, happens or is done within scholé` is not
determined by a defined result, outcome or product. In this sense it is
time which is freed from a defined end and therefore from the usual
economy of time”. The suspension of dominant time economies is the
essential characteristic of scholé. Masschelein describes the suspension
that scholé creates in the following manner:
Free time as un-destined time is time where the act of
appropriating or intending for a purpose or end is
delayed or suspended. It therefore is also the time of
rest (of being inoperative or not taking the regular
effect) but also the time which rests or remains when
purpose or end is delayed. (MASSCHELEIN, 2011, p.
531)
Drawing on the work of Agamben, Masschelein and Simons
(2011) link this suspension of dominant time economies to
emancipation and to the production of “profane time,” which is a
condition in which time, space and things are disconnected from their
regular use (in family, society, etc…)” (p. 158).
252
the emancipatory rhythms of scholé
253
jason wozniak
254
the emancipatory rhythms of scholé
what their study is for, and how it should shape them. Adding a new
twist to the conversations on schole, Kennedy (2014) insightfully
connects scholé at one point in his dialogue with Kohan to Winnecot’s
notion of “transitional space” (p. 202) and later to Dewey’s concept of
school as an “embryonic community life” (p. 213). He suggests that,
“school and scholé emerge from the same evolutionary impulse, which
is to establish a zone in the culture which is set apart for purposes of
transformation” (p. 208).
But for the two authors a key question haunts their dialogues: if
school and scholé emerge out the same evolutionary impulse, how
does one make school-as-scholé emerge? Kennedy and Kohan suggest
that one response to this question could be that the emergence of scholé
is inseparable from the emergence of a temporality different from
chronological time; the emergence of what the ancient Greeks called
aionic time. They interpret aionic time as a time which differs from
chronos, which is a linear time that is measurable and quantifiable.
Aionic time is instead, that which designates the intensity of time in
human life (Kennedy and Kohan, 2008, p. 1). Working with Heraclitus’
fragment number 52 the authors come to the conclusion that aion is an
incalculable qualitative experience of time resembling that of
childhood. Or, put slightly differently, childhood is marked by the
experience of aionic time; aionic time constitutes childhood experience.
Importantly, childhood is not here thought according to theories of
psychological developmentalism, but rather is conceived as a state of
being, and relation with time, that can be experienced throughout the
duration of life. One can have the experience of childhood at any age,
and this experience is marked by a temporality which is characterized
by aionic time.
If school has the potential to become scholé, it is because within
school, Kennedy and Kohan believe, aionic time can be created and
experienced. Or as the two authors claim, scholé is, as aion or
childhood, a further emergence, a radicalization of school as an
experimental zone for the cultivation of both individual and collective
subjectivity (Kennedy and Kohan, 2014). But the question remains,
how is an experience of aionic time, and hence the emergence of scholé,
brought into being? Laying out the groundwork for the possibility that
philosophy might be able to restore scholé to school (p. 201), Kohan
(Kennedy and Kohan, 2014, p. 206) argues that “philosophy is a waste
of productive time and a saving of free or aionic time, affirming
another kind of life than a producer-consumer life.” For Kennedy and
Kohan, philosophy practiced within schools might be the way to
produce the aionic time of intense collective and self-formation. If this
be the case, then perhaps by philosophizing, students (and teachers)
might experience scholé- the free time to become persons in
unpredictable ways.
255
jason wozniak
the need for a rhythmic interpretation of, and intervention in, scholé
256
the emancipatory rhythms of scholé
everyday education life not only unfolds in time, but is both made up
of, and produces, rhythms. The education experience, and this is
especially the case for experiences within institutionalized schooling,
is structured rhythmically. Moreover, if we remember one of the
definitions of rhythm, that it is the arrangement of movement in time,
then it becomes clear that philosophers of education like those above
who place their emphasis on time, need also take into consideration
how movements in education experience are arranged. Doing so,
would cause a theoretical shift towards an education rhythmanalysis.
I also question the claims made above about the invention of
time. It just might be that it is not necessarily time that can be
invented, but rather, rhythms. Or in other words, one can certainly
create concepts of time, a variety of time reckoning paradigms, and
devices to measure time, but can time itself be created ex-nihilo?
Rhythm, on the other hand, is most certainly something that is
produced, at least by humans. Even more so, if we follow certain
notions of rhythm like those of Giorgio Agamben (1999), then we can
perhaps conclude that the invention of rhythms creates an experience
of time but doesn’t necessarily create time itself.
According to Agamben (1999, p. 99), rhythm introduces a split
and a stop into the eternal flow of chronological time. For example,
before a work of art, whether this be a musical piece, a painting, or a
landscape, the perception of rhythm, here marked by an “escape”
from the “incessant flight of instants,” a pause if you will, throws us
back into a more “original time,” or what Agamben contends is an “ek-
stasis in a more original dimension” (p. 99). What is important to note
here is that rhythm “reveals a more original dimension of time and at
the same time conceals it in the one dimensional flight of instants” (p.
100). Conceived of this way, rhythm paradoxically creates a gifting of
an experience of time that occurs within a reserve, or pause. Or as
Agamben (1999, p.100 ) puts it, “rhythm holds, that is it gives and
holds back.” In doing so, “rhythm grants men both the ecstatic
dwelling in a more original dimension and the fall into the flight of
measurable time,” and in doing so, it gives us the “the gift both of
being and nothingness” (p. 100).
What the education theorists above seem to be appealing to, is
the possibility of education being an experience that grants us a
moment in a “more original time,” to use Agamben’s phrase, even
though some authors above, like Kohan, would resist appeals to
anything deemed “original.” Education conceived of this way is
comparable to a work of art that opens to us a more “authentic
temporal dimension,” as a well as a space in which we realize our
belonging to the world (Agamben, 1999, p. 101). Such an experience is,
if we continue with Agamben (1999), that which allows the poetic
status of man on earth to find its proper meaning. Education thought
257
jason wozniak
of this way, like art, is a gift in the sense that it gives us, by creating a
pause in chronos, a temporal experience (kairotic) that ruptures the
continuum of linear time and returns us to an experience of time that
cannot be measured, and which escapes appropriation. In sum then,
one (a teacher, student, etc..) cannot simply invent time in/through
education, instead, one must create the rhythms that make an
experience with temporalities not delimited by dominant temporal
regimes possible.
Maurizio Lazzarato (2015, p. 255) has written that, “The need to
discover, produce, and reconstitute temporalities, heterogeneous
subjectivities and their institutions, requires that we continually seek
to elude the techniques of subjection and enslavement deployed by
governmentality.” What we need, he argues, is “a time of rupture, a
time that arrests the ‘general mobilization’ (of capital), a time that
suspends apparatuses of exploitation and domination—an ‘idle time”
(p. 246). My contention is that these temporalities can either be
discovered in education, and/or invented through education praxis.
This is especially possible when education is conceptualized as scholé,
and when scholé is interpreted through rhythmanalysis.
Scholé is rhythmically created. The delay, suspension, or
experience of free-time as described above, is produced rhythmically.
The invention of scholé creates a lacunae in time, one which opens up
the possibilities for a plethora of rhythms (polyrhythms) to emerge. Or
if one prefers, scholé is not necessarily “free-time,” but rather a
puncture in dominant time economies produced by rhythmic
interventions that permit the creation of new rhythms of education
and consequentially new ways of becoming in the world. Scholé
originates through rhythm, and it effects rhythms in everyday life and
education. It is both a rhythmic disruption, an arrhythmia of dominant
time economies, and an event that inaugurates a crisis in time-
disciplining regimes. One which has the effect of opening up rhythmic
possibilities of living and being otherwise within, and outside of,
school.
references
Agamben, G. The man without content. (G. Albert, Trans.) Stanford, CA:
Stanford University Press, 1999.
Benveniste, E. The notion of “rhythm” in its linguistic expression. In: _______.
Problems in general linguistics. (M.E.Meek, Trans.). Coral Gables, FL: University
of Miami Press, 1971.
Kennedy, D. and Kohan, W. O. Aion, kairos and chronos: Fragments of an
endless conversation on childhood, philosophy and education. Childhood &
Philosophy, 4(8), 2008. p. 5-22.
258
the emancipatory rhythms of scholé
Kennedy, D. and Kohan, W.O. School and the future of scholé: A preliminary
dialogue. Childhood & Philosophy, 10(19), 2014. p. 199-216
Kohan, W.O. The inventive schoolmaster: Simón Rodríguez. (Jones. V & Wozniak,
J.T., Trans.). Rotterdam, The Netherlands: Sense Publishers, 2015.
Lazzarato, M. Governing by debt. (J.D. Jordan, Trans.). Los Angeles, CA:
Semiotext(e), 2015.
Masschelein, J. Experimentum scholae: The world once more…but not (yet)
finished. Studies in Philosophy and Education, 30, 2011, p. 529-535.
Masschelein and Simons, J. The hatred of public schooling: The school as the
mark of democracy. In M. Simons and J. Masschelein (Eds.), Rancière, Public
Education and the Taming of Democracy. Malden, MA: Wiley & Sons, 2011, p. 150-
165.
Masschelein, J and Simons, M. In defense of school: A public issue. (J. McMartin,
Trans.). Leuven: E-ducation, Culture, and Society Publishers, 2013.
Plato. Republic. (G.M.A. Grube & C.D.C. Reeve, Trans.). In Plato: Complete works
(Ed. John M. Cooper). Indianapolis: Hackett Publishing, 1997.
Rancière, J. Ecole, production, égalité. In: X. Renou (Ed.). L’école de la démocratie.
Paris: Edilig, 1988. p. 79-96.
Simons, M. and Masschelein, J. The Governmentalization of learning and the
assemblage of a learning apparatus, Educational Theory, 58(4), 2008a. pp. 391-
415.
Simons, M. and Masschelein, J. From schools to learning environments: The
dark side of being exceptional, Journal of Philosophy and Education, 42(3-4),
2008b. pp. 687-704.
259
260
impedir que el mundo se deshaga. con algunas escenas
escolares y una conversación sobre la transmisión, la
comunización y la renovación del mundo.
jorge larrosa
universidad de barcelona
jlarrosa@ub.edu
introducción
Cada generación se siente destinada a rehacer el mundo.
La mía sabe que no podrá hacerlo.
Pero su tarea es tal vez mayor.
Consiste en impedir que el mundo se deshaga.
Albert Camus.
Se sabe que, para Hannah Arendt, la escuela tiene que ver con la
transmisión, la comunización y la renovación del mundo. La escuela
no está (sólo) para la preparación para la vida. Y tampoco está (sólo)
para la socialización, para ese proceso que consiste en hacer de los
cachorros humanos miembros de una sociedad, de una cultura o de
una “forma de humanidad” determinada. La escuela está para el
mundo, para impedir que el mundo se deshaga. Lo que está en juego
en la escuela, dice Arendt, es nada más y nada menos que la salvación
del mundo. No la transformación del mundo, sino la salvación del
mundo. Y de la única manera que esa salvación es posible:
entregándoselo a los nuevos.
Pero ¿qué es el mundo? ¿De qué está hecho el mundo? ¿Qué
cosas conforman el mundo? ¿Qué es lo que hace que los seres
humanos sean seres mundanos, que no sólo vivan en la tierra, sino que
habiten el mundo? ¿Cómo los hombres hacen mundo, y transmiten
mundo? ¿Qué significa que el mundo sea, o pueda ser, un mundo
común, hecho en común y puesto en común?
Para sugerir una respuesta, voy a trabajar primero con una
distinción de Santiago Alba Rico que está inspirada en Hannah Arendt
(en la diferencia entre el vivir y el habitar, entre la labor y el trabajo,
entre la vida desnuda y la vida mundana, entre zoé y biós) y también
en Marx (sobre todo en la teoría del valor y en los análisis ya clásicos
de la cosificación del hombre y del fetichismo de la mercancía). Lo que
Alba distingue no son tanto tres tipos de cosas, como tres tipos de
relación con las cosas.
Tendríamos, primero, las cosas de comer, los consumptibilis, los
comestibles, los víveres, las cosas que se agotan en el puro proceso de
261
jorge larrosa
reproducción de la vida, esas con las que nos relacionamos a través del
hambre. Tendríamos, segundo, las cosas de usar, los fungibilis, los
instrumentos, los enseres, las herramientas, las cosas de usar (la pipa,
la mesa, el martillo, la casa, la aguja, el hilo y el dedal, el arado, los
zapatos), esas con las que nos relacionamos a través del uso. Y
tendríamos, por último, las cosas de mirar, las mirabilia, las maravillas,
las cosas que no están a la mano sino enfrente, delante de los ojos, y a
distancia, esas con las que nos relacionamos a través de la
ad/miración, pero también de la palabra, del juicio y del pensamiento.
El hambre, dice Alba, es rápida y destructiva. No da tiempo a las
cosas a afirmar su presencia. Hace desaparecer las cosas al
incorporarlas. Por eso la sociedad de consumo, en tanto que está
estructurada por el hambre, es la de la destrucción generalizada.
Además, el hambre es infinita, no tiene límites, es des-medida y
comienza siempre de nuevo. En la sociedad capitalista y consumista,
una parte de la población no tiene que comer, está literalmente
hambrienta (su vida está marcada por el hambre), pero la otra parte
siempre quiere más, es bulímica, obesa y su vida también está
marcada por el hambre, por la insatisfacción permanente, por el deseo
compulsivo de más y más cosas.
Entre los griegos, dice Alba, el ámbito del hambre, el lugar de la
necesidad y de la infinita reproducción de la vida, es el ergasterión, una
palabra que designa el lugar del trabajo, pero también una cárcel de
esclavos. Y los esclavos eran considerados aneu logou, seres sin palabra,
y aneu kosmou, seres sin mundo. Es decir, criaturas aisladas, sin
comunidad, puros individuos. De ahí la distancia infinita entre el
ergasterión y el ágora, pero también entre el ergasterión y la escuela
(siendo el ágora y la escuela ámbitos ambos de la scholè -tiempo libre-,
de la palabra, de la libertad y del mundo). Quizá no esté demás
recordar que en Grecia apenas hubo revueltas de esclavos y que en
Roma las grandes rebeliones no se produjeron ni en los latifundios ni
en las minas, sino en una escuela de gladiadores de Capua y entre los
esclavos domésticos, altamente escolarizados, de Sicilia. Y se podría
apuntar también que, para un griego, la sociedad del hambre, nuestra
sociedad, sería una sociedad de individuos separados, sin lenguaje, sin
mundo, sin comunidad, sin tiempo libre (nuestro ocio también está
gobernado por el consumo y es una forma de hambre, pensemos si no
en ese bulímico compulsivo que es el turista, o en ese lugar del hambre
infinita que es el shopping) o, lo que es lo mismo, una sociedad de
esclavos, aunque sean ricos.
Las cosas de usar, sin embargo, son (o eran) ya objetos
separados, manejables y durables (podemos usarlos, pero no podemos
comerlos). Las herramientas tienen un pasado (siempre vienen del
pasado, son la presencia y a la vez el olvido del trabajo que las ha
producido) y, además, se desgastan despacio (y en el espacio).
262
impedir que el mundo se deshaga. con algunas escenas escolares y una conversación...
263
jorge larrosa
264
impedir que el mundo se deshaga. con algunas escenas escolares y una conversación...
Cézanne nos hacen descubrir las manzanas, lo que las botas de Van
Gogh traen a la presencia son simplemente las botas, y la rosa de los
poemas de Rilke no está ahí para decirnos que el poeta la ama, sino
que nos dan la rosa misma en su esplendor y su pureza, pero también
en su marchitarse y en su deshojarse. Pero las manzanas de Cézanne y
las botas de Van Gogh nos descubren también las formas y los colores.
Y los poemas nos descuben las palabras. Un poema es el lugar en el
que el lenguaje se puede mirar (y no sólo usar). Convertidas en
maravillas, las manzanas, las botas y las rosas son ya representaciones,
es decir, cosas que se hacen presentes, se presentan y se re-presentan.
Y son también espectáculos, es decir, cosas que se miran, se ad-
miran y se re-miran (re-spectare). Cosas cuya misma existencia ante
nosotros nos convierte en espectadores. Las cosas de mirar, de re-
mirar y de ad/mirar están colocadas en el espacio público (ese en el
que las cosas del mundo a-parecen o com-parecen y, por tanto, ese en
el que sedimentan las palabras, los juicios y los pensamientos). Un
espacio que es también ese en el que a-parecen o com-parecen los
ciudadanos, los hombres libres, con sus palabras, sus juicios, sus
pensamientos y sus acciones. No los esclavos, ni los individuos
privados (idiotés), sino los ciudadanos, es decir, las personas que
comparten un mundo.
Y si hay una forma de injusticia en el reparto desigual de las
cosas de comer y de las cosas de usar, también la hay en el reparto
desigual de las cosas de mirar. Es claro, por otra parte, que no es lo
mismo compartir el pan, compartir el arado o compartir un cuadro
sobre el pan o un poema sobre el arado (no son formas idénticas de
compartir). Además, hay también injusticia (quizá la injusticia mayor)
en que la vida de algunos seres humanos esté reducida a las relaciones
con las cosas de comer y con las cosas de usar, mientras que sólo
algunos puedan tener acceso a las maravillas (al tiempo libre y al
espacio público en el que las maravillas pueden aparecer). Y habría
que decir también que la injusticia en el reparto desigual del pan y del
arado puede convertirse también en “cosa de mirar” o en “cosa de
estudiar” (puede ponerse a distancia y ante los ojos) y, por tanto, en
algo sobre lo que hablar, pensar y juzgar en común.
La primera escena escolar será, simplemente, la transcripción de
una historia muy bella que cuenta Freire en un texto sobre las
campañas de alfabetización en África:
“Entre los innumerables recuerdos que guardo de la
práctica de los debates en los Círculos de Cultura de São
Tomé, me gustaría referirme a uno que me toca de
modo especial. Visitábamos un Círculo en una pequeña
comunidad de pescadores llamada Monte Mário. Estaba
como generadora la palabra ‘bonito’, nombre de un pez,
y como codificación un expresivo dibujo del poblado
con su vegetación, sus casas típicas, con barcos de pesca
265
jorge larrosa
267
jorge larrosa
268
impedir que el mundo se deshaga. con algunas escenas escolares y una conversación...
mejor, lo que aparece entre los hombres, e incluye tanto las cosas como
los acontecimientos (también lo que ha acontecido). Por eso el mundo
sólo es tal si aparece en público, si es común y a la vez propio de cada
uno, si está entre o en medio de los hombres:
El término ‘público’ significa el propio mundo, en
cuanto que es común a todos nosotros y diferenciado de
nuestro lugar poseído privadamente en él (…). Un
mundo está entre quienes lo tienen en común, al igual
que la mesa está localizada entre los que se sientan
alrededor; el mundo, como todo lo que está en medio,
une y separa a los hombres al mismo tiempo. (Arendt,
1996b, p. 230)
Por eso el mundo desaparece también cuando se borran las
distancias, cuando el hambre y el uso se apropia y privatiza las
maravillas, cuando nada dura, cuando no hay tiempo, cuando no hay
espacio (público), cuando todo es medido desde el punto de vista de la
pulsión, del deseo, del me gusta no me gusta, o de la utilidad, del me
sirve no me sirve, cuando desparece el espacio público como espacio
de atención, de palabra, de consideración, de demora, de juicio y de
pensamiento.
Por eso, con la desaparición del mundo desaparece la escuela,
pero también el ágora (el ámbito en el que los hombres no dialogan
sólo sobre lo conveniente sino sobre lo justo y lo injusto), y también la
filosofía (el ámbito de la contemplación y de la teoría, ahí donde la
pregunta no es para qué sirven las cosas sino qué son). Cuando el
mundo desparece ya no hay distancia entre el ergasterión y el ágora, o
entre el ergasterión y la escuela, ya no hay diferencia entre tiempo libre
y tiempo esclavo, ya no hay maravillas que tengan la suficiente
estabilidad y consistencia como para permanecer entre los hombres y
poder fundar los espacios públicos en los que se da una comunidad
plural de hombres mundanos que fundamentan su libertad justamente
en una relación libre, igualitaria y desinteresada con el mundo.
La educación tiene que ver con el modo como los viejos (los que
ya estamos en el mundo, los que ya habitamos en él) entregamos el
mundo a los nuevos (a los que vienen al mundo) para que estos lo
salven de la ruina renovándolo. Por eso la educación da el mundo
como materia para el estudio, la experimentación, el juego, la
invención. Pero también para que los jóvenes lo respeten y no lo
devoren.
Respeto (de re-spectare) significa mirar de nuevo. La repetición
marca la diferencia entre el spectare del espectador y del espectáculo y
el respectare de la atención y de la demora. Respeto significa también
guardar distancia. Respetar algo es mantenerlo a distancia, o sea, no
invadirlo, no devorarlo. Y, sobre todo, no hacer de ello un espejo o una
proyección de nosotros mismos. Respetar algo es considerarlo en lo
que es y no en lo que a nosotros nos gusta (o no). En ese sentido,
269
jorge larrosa
270
impedir que el mundo se deshaga. con algunas escenas escolares y una conversación...
271
jorge larrosa
272
impedir que el mundo se deshaga. con algunas escenas escolares y una conversación...
273
jorge larrosa
274
impedir que el mundo se deshaga. con algunas escenas escolares y una conversación...
275
jorge larrosa
referencias
ALBA RICO, Santiago, Capitalismo y nihilismo. Dialéctica del hambre y la mirada.
Madrid. Akal 2007.
________, Santiago, La ciudad intangible. Ensayo sobre el fin del neolítico. Hondarribia.
Hiru 2002.
ARENDT, Hannah, “La crisis en la educación”, en Entre el pasado y el futuro.
Barcelona. Península 1996a.
________, Hannah, “La crisis en la cultura”, en Entre el pasado y el futuro. Barcelona.
Península 1996b.
BENJAMIN, Walter, “Tesis de filosofía de la historia”, en Angelus Novus.
Barcelona. Edhasa 1971.
EXPÓSITO, Roberto, Las personas y las cosas. Buenos Aires. Katz 2016.
FREIRE, Paulo, “O povo diz a sua palavra ou a alfabetização em São Tomé e
Príncipe”, em A importância do ato de ler. Sao Paulo. Cortez 2015.
LARROSA, Jorge (Org.), Elogio da escola. Belo Horizonte. Autêntica 2017.
________, Jorge, Esperando no se sabe o que. Sobre o oficio de professor. Belo Horizonte.
Autêntica 2018.
RAMONDI, Sergio, Poemas civiles. Bahía Blanca. 17 grises editora 2010.
276
matar al maestro. un ejercicio -¿no habitual?- de educación
introducción
277
malena ivone bertoldi
278
matar al maestro. un ejercicio -¿no habitual?- de educación
279
malena ivone bertoldi
vocación y formación
280
matar al maestro. un ejercicio -¿no habitual?- de educación
guarda con los salarios que perciben los/as maestros/as por su tarea,
unos de los más bajos del estado.
281
malena ivone bertoldi
282
matar al maestro. un ejercicio -¿no habitual?- de educación
la pregunta letal
283
malena ivone bertoldi
284
matar al maestro. un ejercicio -¿no habitual?- de educación
conclusiones mortales
285
malena ivone bertoldi
286
matar al maestro. un ejercicio -¿no habitual?- de educación
287
malena ivone bertoldi
bibliografía
CELAN, Paul. “Discurso de Bremen”, en Rosa cúbica. Revista de poesía. No. 15-
16. Barcelona, 1996.
FREIRE, Paulo. Cartas a quien pretende enseñar, Buenos Aires: Siglo Veintiuno
Editores, 2015.
GARCÉS, Marina. Filosofía inacabada. Madrid. Galaxia Gutenberg, 2015.
GARCÉS, Marina. Fuera de clase. Textos de filosofía de guerrilla. Barcelona:
Galaxia Gutenberg, 2016.
KOHAN, Walter y WAKSMAN, Vera (comps.) Filosofía para Niños. Discusiones
y propuestas. Buenos Aires: Ediciones Novedades Educativas, 2000.
KOHAN, Walter. Viajar para vivir: ensayar. La vida como escuela de viaje. Buenos
Aires: Miño y Dávila editores, 2015.
KORINFELD, Daniel. Lo imposible como quehacer. Notas sobre psicoanálisis,
educación y política, en Frigerio, Graciela y Diker, Gabriela (comps.): Educar:
ese acto político, Buenos Aires: Del Estante Editorial, 2005.
LARROSA, Jorge. “Herido de realidad y en busca de realidad. Notas sobre los
lenguajes de la experiencia”, en José Contreras y Nuria Pérez de Lara (Ed.)
Investigar la experiencia educativa. Madrid: Morata, 2013. pp. 87-116
SIEDE, Isabelino. “El sentido político de la tarea docente en la escuela”, en La
educación política. Ensayos sobre ética y ciudadanía en la escuela. Buenos Aires:
Paidós. pp. 231-250.
VASSILIADES, Alejandro. “Posiciones docentes frente a la desigualdad
educativa: disputas y tramas de sentido en torno de la regulación del trabajo de
enseñar”, en Revista del Instituto de Investigaciones en Ciencias de la Educación
(IICE) No 30. Buenos Aires: Instituto de Ciencias de la Educación, Facultad de
Filosofía y Letras, Universidad de Buenos Aires, 2011, pp.77-88.
WAKSMAN, Vera y KOHAN, Walter, Filosofía para Niños. Aportes para el trabajo
en clase. Buenos Aires: Novedades educativas, 2000.
288
a espiritualidade da democracia e a defesa da escola
introdução
289
marcelo senna guimarães
290
a espiritualidade da democracia e a defesa da escola
291
marcelo senna guimarães
292
a espiritualidade da democracia e a defesa da escola
293
marcelo senna guimarães
294
a espiritualidade da democracia e a defesa da escola
295
marcelo senna guimarães
296
a espiritualidade da democracia e a defesa da escola
297
marcelo senna guimarães
298
a espiritualidade da democracia e a defesa da escola
299
marcelo senna guimarães
300
a espiritualidade da democracia e a defesa da escola
301
marcelo senna guimarães
referências
BIESTA, Gert. Para além da aprendizagem: educação democrática para um futuro
humano. Belo Horizonte: Autêntica, 2013.
CASTRO, Edgardo. Cuidado de si (verbete). In: CASTRO, Edgardo. Vocabulário
de Foucault. Belo Horizonte: Autêntica, 2009. p. 92-96.
FOUCAULT, Michel. A hermenêutica do sujeito: aulas no Collège de France:
1981-1982). São Paulo: Martins Fontes, 2004.
GUIMARÃES, Marcelo Senna. Cultura e conhecimento: a filosofia na escola. Rio
de Janeiro: UERJ, 2013. Tese de Doutorado em Educação.
GUIMARÃES, Marcelo Senna. O capital e a espiritualidade da ciência
moderna. In: PULINO, Lúcia Helena; GADELHA, Sylvio (Orgs.). Biopolítica,
escola e resistência. Infâncias para a formação de professores. Vol. 1. Campinas,
SP: Alínea, 2012a, p. 119-126.
GUIMARÃES, Marcelo Senna. A questão da espiritualidade no conhecimento
moderno. In: OLIVEIRA, Paula Ramos de e KOHAN, Walter Omar (Orgs.).
Biopolítica, escola e resistência. Infâncias para a formação de professores. Vol. 2.
Campinas, SP: Alínea, 2012b, p. 231-239.
KANT, Immanuel. Resposta à pergunta : Que é ‘Esclarecimento’? in: -----.
Textos seletos. Petrópolis: Vozes, 1985, p. 100-117.
302
escrita, leitura e o tempo de atenção
fragmentos de escrita...
123 Para Foucault (2003, p. 28), “é preciso entender por acontecimento não uma
decisão, um tratado, um reino, ou uma batalha, mas uma relação de forças que se
inverte, um poder confiscado, um vocabulário retomado e voltado contra seus
utilizadores, uma dominação que se enfraquece, de distende, se envenena e uma outra
que faz sua entrada mascarada”.
303
maria alice gouvêa campesato; elisandro rodrigues; betina schuler
304
escrita, leitura e o tempo de atenção
305
maria alice gouvêa campesato; elisandro rodrigues; betina schuler
306
escrita, leitura e o tempo de atenção
307
maria alice gouvêa campesato; elisandro rodrigues; betina schuler
308
escrita, leitura e o tempo de atenção
309
maria alice gouvêa campesato; elisandro rodrigues; betina schuler
310
escrita, leitura e o tempo de atenção
311
maria alice gouvêa campesato; elisandro rodrigues; betina schuler
referências
AGAMBEN, Giorgio. Ideia do estudo. In: AGAMBEN, Giorgio. Ideia de prosa. 2º
reimp. Trad. de João Barrento. Belo Horizonte: Autêntica, 2016.
BARTHES, Roland. O prazer do texto. São Paulo: Perspectiva, 2006.
313
maria alice gouvêa campesato; elisandro rodrigues; betina schuler
314
escrita, leitura e o tempo de atenção
315
316
figuras de la alteridad-autoridad-autorización entre
filosofía y educación. una aventura narrativa.
introducción
317
maría beatriz greco
318
figuras de la alteridad-autoridad-autorización entre filosofía y educación...
319
maría beatriz greco
320
figuras de la alteridad-autoridad-autorización entre filosofía y educación...
321
maría beatriz greco
323
maría beatriz greco
referencias
324
um lugar para ensinar... filosofia?
uma proposta de ensino poético-filosófica.
o saber do ensino
327
andré luís borges de oliveira
124 Das Einfache verwahrt das Rätsel des Bleibenden und des Großen.
328
uma proposta de ensino poético-filosófica.
existência humana, seu modo de ser. Se, para cada passo, fosse preciso
uma reflexão, ninguém mais andaria. A tensão se desfaz quando se
perde no hábito a disposição de questionar, tudo se transformando em
conhecido ou conhecível, ou seja, esquecendo-se de que o passo sim é
uma questão a ser pensada, que sob o chão, supostamente seguro, jaz
o que não tem chão, o abismo, que andar é em si um risco à queda.
Algo, contudo, chama nossa atenção. Parece haver alguma coisa
no poema e em como ele lida com o saber e o conhecer que não se
restringe ao verso. O poético faz emergir o concreto da linguagem nas
palavras. Assim, o concreto manifesta, torna presente o saber no que
se vê. Isto que manifesta o saber das coisas sem necessariamente
conhecê-las encontramos sob o nome de alétheia. Cabe aqui uma
consideração sobre o que entendemos por alétheia e de que modo isso
pode nos ajudar a compreender o saber e o conhecer.
A concretude desse saber não é restrito ao poema escrito, nem
somente o poeta tem acesso a alétheia, à manifestação. Na relação com
a verdade que se apresenta concretamente, compreende-se que alétheia
é sempre a mesma, só que de modos diferenciados, e é justamente isso
que possibilita a singularidade dos caminhos:
Em Os trabalhos e os dias, portanto, Alétheia é dupla: é,
em primeiro lugar, a Alétheia das Musas que o poeta
profere em nome delas e que se manifesta no discurso
mágico-religioso, articulado à memória poética; em
segundo lugar, é a Alétheia que o labrador de Ascra
possui. ‘Verdade’ que, dessa vez, se define
explicitamente pelo ‘não esquecimento’ dos preceitos do
poeta. Entre as duas, não há diferença fundamental: é a
mesma Alétheia vista sob dois aspectos, ora em sua
relação com o poeta, ora em sua relação com o lavrador
que o ouve. Enquanto o primeiro a possui apenas em
virtude do privilégio da função poética, o segundo só
pode ganhá-la à custa de um esforço de memória. O
camponês de Ascra só conhece a Alétheia na ansiedade
de uma memória obsedada pelo esquecimento que
pode, repentinamente, ensombrecer-lhe a mente e privá-
lo da ‘revelação’ dos Trabalhos e os dias. (DETIENNE,
2013, pp. 27-28).
Podemos ver em Detienne que nem sempre verdade foi
sinônimo de certeza, isto é, oposição entre certo e errado e tentativa de
adequação do errado ao certo. Neste sentido, convém observar que
uma concepção de “posse” da alétheia não se refere a ter a propriedade
de um conhecimento. Nem o poeta, nem o camponês poderiam
possuir a verdade, pois ela não era um conhecer “possuível”. Somente
quando o saber torna-se capaz de ser possuído que ele se torna um
conhecimento, e um conhecimento inteligível. Isto porque o saber da
verdade era dos deuses, do real, os poetas apenas se dispunham a
ouvi-lo e, por conseguinte, a cantá-lo como lhes era possível.
329
andré luís borges de oliveira
1251. To sever with a knife or similar, cut; 2. To cut in pieces, slice, chop, cut up; 3. To cut a
portion from; to detach (a portion) by cutting, cut off, 4. To make an incision in, cut, gash, etc.;
5. To pass through (water, air, a crowd, etc.) in rapid or violent motion, cleave a path through;
also, to cut into (the earth) in ploughing, mining, etc.; 6. To form or open up (a track or sim.)
by cutting.
330
uma proposta de ensino poético-filosófica.
126 sē̆k-2 – English meaning: to cut; deutsche Übersetzung: “schneiden” Lat. secō, -āre “cut,
clip, abschneiden”, segmen, segmentum “break, section” […]. Lat. sī̆gnum n. “mark, token,
sign, indication”, if originally “eingeschnittene Marke” (?); [...] O.H.G. sega, saga, O.E. sagu,
sage.
127 Man geht zu Grunde, wenn man immer zu den Gründen geht.
128 Ein Winterabend.
331
andré luís borges de oliveira
129Wenn der Schnee ans Fenster fällt, / Lang die Abendglocke läutet, / Vielen ist der Tisch
bereitet / Und das Haus ist wohlbestellt. // Mancher auf der Wanderschaft / Kommt ans Tor
auf dunklen Pfaden. / Golden blüht der Baum der Gnaden / Aus der Erde kühlem Saft. //
Wanderer tritt still herein; / Schmerz versteinerte die Schwelle. / Da erglänzt in reiner Helle /
Auf dem Tische Brot und Wein.
332
uma proposta de ensino poético-filosófica.
333
andré luís borges de oliveira
também não ensinar, à medida que dá espaço para que o outro (que
também sou eu) aprenda:
Formar é deixar o outro aprender, integrando no que ele
é, os limites do que ele não é [...]. Só quem realmente
sabe aprender, e somente na medida em que o sabe,
pode realmente ensinar [...]. Ensinar exige e impõe a
ascese de aprender; a ascese de constantemente assumir
tanto a ignorância quanto o saber do que já se sabe. Não
apenas aquele que já sabe tudo não pode nem aprender
nem ensinar. Também não pode quem não assumir o
saber de sua ignorância, quem não reconhecer que sabe
alguma coisa. (LEÃO, 1977, p. 49).
130 Sending of θεωροί or state-ambassadors to the oracles or games, or, collectively, the θεωροί
themselves, embassy, mission. Disponível em:
<http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0057
%3Aentry%3Dqewri%2Fa>. Acesso em: 13 out. 2016.
131 Cf. Θέα. Disponível em:
<http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0057
%3Aentry%3Dqe%2Fa2>. Acesso em: 14 set. 2016.
Cf. Θεά. Disponível em:
<http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0057
%3Aentry%3Dqea%2F1>. Acesso em: 14 set. 2016.
Cf. Ὁράω. Disponível em:
<http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0057
%3Aentry%3Do(ra%2Fw>. Acesso em: 14 set. 2016.
Cf. Ὤρα. Disponível em:
<http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0057
%3Aentry%3Dw)%2Fra>. Acesso em: 14 set. 2016.
132 Cf. Ἀλήθεια. Disponível em:
<http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0057
%3Aentry%3Da)lh%2Fqeia. Acesso em: 14 set. 2016.
335
andré luís borges de oliveira
336
uma proposta de ensino poético-filosófica.
337
andré luís borges de oliveira
133La carga – ¿inevitablemente? – normativa del saber pedagógico acaba muchas veces por
bloquear la experiencia de la infancia.
338
uma proposta de ensino poético-filosófica.
referências
ANDRADE, Carlos Drummond de. Alguma poesia. São Paulo: Companhia das
Letras, 2013.
ARENDT, Hannah. Entre o passado e o futuro. São Paulo: Editora Perspectiva,
1972.
BÁRCENA, Fernando. Prefacio. La singularidad de la infancia. In: SILVA, Léa
S. Pinto; LOPES, Jader J. M. (Org.). Diálogos de pesquisas: crianças e infância.
Niterói: EdUFF, 2010.
DETIENNE, Marcel. Mestres da verdade na Grécia arcaica. São Paulo: WMF
Martins Fontes, 2013.
FOUCAULT, Michel. História da sexualidade I: a vontade de saber. Rio de
Janeiro: Edições Graal, 1988.
GLARE, P. G. W. et alii. Oxford Latin Dictionary. Oxford: Oxford University
Press, 1968.
HEIDEGGER, Martin. Que é metafísica?: posfácio (1943). In: Os pensadores. São
Paulo: Abril Cultural, 1979a.
________. Que é metafísica?: introdução (1949). In: Os pensadores. São Paulo:
Abril Cultural, 1979b.
________. Que é metafísica?: preleção (1929). In: Os pensadores. São Paulo: Abril
Cultural, 1979c.
________. Der Feldweg. In: Denkerfahrungen. Alemanha: Vittorio Klostermann,
1983.
________. A caminho da linguagem. Petrópolis: Vozes 2003.
________. Ensaios e conferências. Petrópolis: Vozes, 2006.
HOUAISS, Antônio. Dicionário da língua portuguesa. Dicionário eletrônico
Houaiss da língua portuguesa. Versão 3.0. Rio de Janeiro: Objetiva, 2009.
JARDIM, Antônio. A dimensão poética no contexto hegemônico da técnica.
Interfaces, a, V, v. N. 6. UFRJ-CLA, Rio de Janeiro, 1995.
LEÃO, Emmanuel Carneiro. Aprendendo a pensar. Petrópolis, RJ: Vozes, 1977.
LIDDELL, Henry George; SCOTT, Robert. A Greek-English Lexicon. Inglaterra:
Clarendon, 1940. Disponível em:
<http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.0
4.0057>. Acesso em: 13 out. 2016.
NIETZSCHE, Friedrich Wilhelm. Posthumous Fragments: NF-1887, 11[6]. In:
Digital critical edition of the complete works and letters. Alemanha, EUA: Gruyter,
1967. Disponível em: <http://www.nietzschesource.org/#eKGWB/NF-
1887,11[6]>. Acesso em: 04 out. 2016.
________. Assim falou Zaratustra: um livro para todos e para ninguém. Rio de
Janeiro: Bertrand Brasil, 1994.
PESSOA, Fernando. Poemas completos de Alberto Caeiro. São Paulo: DCL, 2006.
POKORNY, Julius. Proto-Indo-European Etymological Dictionary: A Revised
Edition of Julius Pokorny’s Indogermanisches Etymologisches Wörterbuch.
Espanha: Dnghu Association, 2007. Disponível em:
339
andré luís borges de oliveira
<https://marciorenato.files.wordpress.com/2012/01/pokorny-julius-proto-
indo-european-etymological-dictionary.pdf>. Acesso em: 03 out. 2016.
ROSA, Guimarães. Grande sertão: veredas. Disponível em:
<http://lelivros.win/book/download-livro-grande-sertao-veredas-joao-
guimaraes-rosa-em-epub-mobi-e-pdf/>. Acesso em: 23 ago. 2016.
TRAKL, Georg. Ein Winterabend. In: Projekt Gutenberg. Disponível em:
<http://gutenberg.spiegel.de/buch/georg-trakl-gedichte-5445/67>. Acesso
em: 04 out. 2016.
340
roda de conversa e exercício do pensamento: uma aposta
experienciada com o pibid/unirio.
introdução
341
evelin sousa da silva; renata alves
134 Escola da Rede Faetec (Fundação de Apoio à Escola Técnica do Rio de Janeiro),
vinculada à Secretaria Estadual de Ciência, Tecnologia e Inovação.
135 Para maiores informações acesse o site da CAPES:
<http://www.capes.gov.br/educacao-basica/capespibid/pibid>
342
roda de conversa e exercício do pensamento: uma aposta experienciada com ...
343
evelin sousa da silva; renata alves
movimento que vem ganhando força no campo das pesquisas com os cotidianos, onde
a justaposição de termos hegemonicamente separados é pensada como uma
possibilidade de cindir com a dicotomização tão cara à ciência moderna: bom/ruim,
ordem/caos, saber/não-saber etc.
344
roda de conversa e exercício do pensamento: uma aposta experienciada com ...
345
evelin sousa da silva; renata alves
346
roda de conversa e exercício do pensamento: uma aposta experienciada com ...
A professora deixa de lado o que estava fazendo, olha para Pedro Henrique,
sorri e fala:
- O que é isso, Pedro?
- É de pensar! - respondeu Pedro Henrique, sorrindo e quase gritando.
O modo como Pedro Henrique demonstrou se interessar pelo
ponto de interrogação deixou outras crianças também curiosas a
respeito de um símbolo que desconheciam. Surgiram várias perguntas
acerca deste símbolo. A professora colocou-se num movimento de
estar atenta às perguntas que foram surgindo, mas o tempo
cronológico escolar impossibilitou que uma conversa acontecesse
naquele momento de intensidade que começou a se instaurar na sala.
Era hora da saída e, momentaneamente, o assunto estava encerrado...
A descoberta do ponto de interrogação foi um acontecimento, ou
seja, algo que não estava planejado, que não estava dado, que surgiu a
partir das necessidades e interesses das crianças e que, ao nos
abrirmos para vivê-lo, podemos pensar e aprender com ele. Ainda nos
parece ser difícil abrir mão de uma relação com o saber pautada na
professora, mas, ao nos abrirmos para estarmos com as crianças,
interagindo e conversando com elas, estamos buscando um
afastamento do que julgamos saber sobre a(s) infância(s).
Concordando com Bernardina Leal:
Assim será possível lançar sobre ela um olhar menos
ensinante, mais receptivo à novidade que cada criança
traz consigo. Acarreta também aceitarmos o risco do
desconhecido, daquilo que não se permite antever, do
que não pode ser previamente alcançado. Implica ainda
em termos que enfrentar o que só o novo pode provocar:
a angústia, a dúvida e a situação incomodamente
problematizadora. (LEAL, 2004, p. 22-23).
A busca por uma relação outra com as crianças levou a
professora Renata, também professora supervisora do PIBID no
Cap/ISERJ, a partir da descoberta de Pedro Henrique, a pensar e
planejar, junto com estudantes bolsistas do PIBID, uma roda de
conversa a fim de compreender os saberes e não saberes das crianças
acerca do símbolo encontrado e sua relação com o mundo.
Assim, em outro dia em que as estudantes do PIBID estavam na
escola, uma roda composta por elas, a professora Renata e as crianças
foi formada, e no centro dela estava um ponto de interrogação bem
grande desenhado em cartolina. Junto a ele estava o ponto de
interrogação de plástico encontrado por Pedro Henrique.
Lígia, uma das estudantes bolsistas, iniciou a conversa:
- Pedro encontrou uma coisa diferente entre as letras. Você lembra,
Pedro?
347
evelin sousa da silva; renata alves
348
roda de conversa e exercício do pensamento: uma aposta experienciada com ...
349
evelin sousa da silva; renata alves
137Livro infantil das autoras e ilustradoras Mem Fox e Julie Vivas, respectivamente,
editada pela Brink Book.
350
roda de conversa e exercício do pensamento: uma aposta experienciada com ...
351
evelin sousa da silva; renata alves
referências
352
el arte de enseñar. sócrates maestro de amor
gregorio valera-villegas
universidad simón rodríguez;
universidad central de venezuela
gregvalvil@yahoo.com
círculo hermenéutico y los prejuicios, tal mediación sería en estos términos: "El que
quiere comprender un texto realiza siempre un proyectar. Tan pronto como aparece
en el texto un primer sentido, el intérprete proyecta enseguida un sentido del todo.
Naturalmente que el sentido solo se manifiesta porque ya uno lee el texto desde
determinadas expectativas relacionadas a su vez con algún sentido determinado. La
comprensión de lo que pone en el texto consiste precisamente en la elaboración de
este proyecto previo, que por supuesto tiene que ir siendo constantemente revisado en
base a lo que vaya resultando conforme se avanza en la penetración del sentido (…) la
interpretación empieza siempre con conceptos previos que tendrán que ser
sustituidos por otros más adecuados. Y es todo este constante reproyectar, en el cual
consiste el movimiento del sentido del comprender e interpretar…"(GADAMER, 1999,
p.333).
353
gregorio valera-villegas
uno que no la tiene, que no la escribió él, de uno “ágrafo” por propia
convicción, justificación y decisión de no escribirla. La obra de este
filósofo fue escrita, de algún modo, por sus discípulos, especialmente
Platón y Jenofonte. Así pues, y con esto en mientes, el ejercicio de
marras a realizar es también referido a una tradición como una forma
de autoridad consagrada por el pasado y por su vigencia en la
condición de ser un clásico, que como tal tiene mucho que decirnos y
hacernos decir. Y, por consiguiente, tiene un papel fundamental para
la comprensión de la mediación histórica propuesta por Gadamer,
porque se trata de un movimiento de interrelación de la tradición y de
la acción del intérprete. Así, al compás de la familiaridad y extrañeza
de Sócrates como el filósofo y su obra al que nos hemos venido
refiriendo, y conocimiento de esa tradición que él constituye, y a la vez
extrañados por la distancia histórica de sus fuentes, lo que significa un
punto medio o núcleo clave para el ejercicio de hermenéutica filosófica
a realizar.140
La distancia temporal entre nuestro presente y el de Sócrates y
su obra, entendida como tradición, no puede entenderse sólo como un
obstáculo a salvar, sino que también encierra un rédito productivo, en
el entendido de que esa distancia, no poca, permite mirar los efectos
de ella, es decir, lo que tiene vigencia y lo que no, los prejuicios
salvables y los no salvables.
Se trata pues de realizar una interpretación desde nuestro
presente y desde nuestra circunstancia. Así que, pondremos en juego
una vez más a Sócrates y su obra históricamente situados, para a la vez
tratar de ir mucho más allá de lo que sabemos acerca de ella y de
nosotros mismos; porque es un ejercicio hermenéutico de actualización
y aplicación para hacer presente una obra que no puede anclarse en el
pasado, si es de verdad un clásico. Es, por consiguiente un ejercicio
que se refiere al pasado, sí, pero un como algo y un alguien, Sócrates y
su arte de enseñar y Sócrates maestro de amor, que tienen sentido en
nuestro presente, para de esta manera apostar a la superación de las
distancias temporales y las diferencias para hacerlas provechosas.
354
el arte de enseñar. sócrates maestro de amor
141 Friedrich Schiller en una carta a Körner, citado por TATARKIEWICZ (2008, p.50).
142 Sin duda que estamos hablando de un maestro a toda ley, eso sí entendido como
un artista, con su propio estilo, con su propio arte. En su práctica sostiene la
importancia de la exigencia de la verdad, en su búsqueda participativa en el
desvelamiento riguroso de las cosas del hombre, en la formación de sus discípulos en
la perfección espiritual, en la virtud (conocimiento del bien y propensión a
practicarlo). Controvertidas y diversas fue su postura en torno a sus rivales sofistas,
por lo que se sostiene que: “Su moralismo grave, y su agudo sentido de la vida
interior, lo aproximaban a Pródico (como lo advirtieron muy bien sus
contemporáneos); y si la polimatía de Hipias se oponía, por su pretensión abstrusa, a
la «insciencia» socrática, no es menos cierto que su investigación de las fuentes vivas
de la ciencia situaba a Sócrates en la misma búsqueda, siempre reiniciada y
proseguida un poco más adelante, de la auténtica verdad”. (MARROU, 1985, p.85).
143 El arte entendido como una estética de la existencia, en términos de Nietzsche,
implica una perspectiva distinta de la filosofía y de hacer filosofía en relación con una
(trans)formación del ser humano, una trasformación de sí mismo. Arte y filosofía de
la mano en esa transformación y liberación. Véase a NIETZSCHE (2000).
144 Sin la dinámica plena del tradere y transmittere que manifiestan el auténtico sentido
355
gregorio valera-villegas
145 Discurso usado por Sócrates en contraposición al de los sofistas, quienes harán uso
del gran discurso retórico encaminado a persuadir sin importarles el costo, por cuanto
ellos estarán más interesados en la efectividad del mismo que de la verdad.
146 Aunque Sócrates enseña de todos sin excluir a nadie y en cualquier lugar, su
dice que hay que complacer a quien no se ama, más que a quien sí se ama. Sobre la
autoría de Lisias de este texto no hay acuerdo entre los filólogos, algunos dicen que
fue más bien escrito por Platón.
148 A continuación lee el discurso de Lisias sobre el amor.
356
el arte de enseñar. sócrates maestro de amor
149 Por exigencia de Fedro, Sócrates se ve obligado a decir su punto de vista sobre el
357
gregorio valera-villegas
150 En esta disertación de Sócrates podemos ver una referencia a la escalera erótica o
del ascenso dialéctico del mundo de la doxa al de las ideas, como veremos más
adelante. El discurso de Sócrates continúa, sólo que esta vez orientado al asunto del
texto de Lisias.
151 Valga decir, aquel asunto en el que se somete a consideración y mirada escrutadora
358
el arte de enseñar. sócrates maestro de amor
359
gregorio valera-villegas
PLATÓN, (Menón, (82a-85c), 1987, pp. 303-311). El Menón fue clasificado como
diálogo dramático por Kierkegaard frente a los narrativos como el Simposio.
155 La erística es el método usado por quienes gustan de la discusión al margen de la
verdad o falsedad de la tesis por ellos mantenida, su afán es tratar de salir airosos en
la discusión a como dé lugar, usando para ello finos argumentos y la herramienta de
la retórica del que disponen.
156 “En cuanto a mí, a lo largo de toda mi vida, si alguna vez he realizado alguna
360
el arte de enseñar. sócrates maestro de amor
que me acompañan espontáneamente -los que disponen de más tiempo, los hijos de
los más ricos- se divierten oyéndome examinar a 1os hombres y, con frecuencia, me
imitan e intentan examinar a otros, y, naturalmente, encuentran, creo yo, gran
cantidad de hombres que creen saber algo pero que saben poco o nada”. (PLATÓN,
Apología, (23d), 1981, p. 158).
361
gregorio valera-villegas
158“…Porque allí mismo de donde partió no vuelve alma alguna antes de diez mil
años -ya que no le salen alas antes de ese tiempo-, a no ser en el caso de aquel que
haya filosofado sin engaño, o haya amado a los jóvenes con filosofía. Éstas, en el tercer
período de mil años, si han elegido tres veces seguidas la misma vida, vuelven a
cobrar sus alas y, con ellas, se alejan al cumplirse esos tres mil años”. (PLATÓN, Fedro.
(249a),1988a, p.351). El subrayado es nuestro.
362
el arte de enseñar. sócrates maestro de amor
159 Véase a PLATÓN (Fedro (210a-d), pp. 260-261). La dialéctica se propone llevar paso
a paso al filósofo, al hallarse metido en el vaivén de la ignorancia, para elevarlo a las
alturas de la intelección filosófica. Véase a PLATÓN (República (VII, 517b), 1988b, p.
342).
160 El amor cupiditas, el amor en términos de San Agustín, o amor de lo que no se
tiene y al tenerlo se puede perder. O amor de pareja entre seres de carne y hueso, al
decir de Unamuno, puede caracterizarse como: deseo carnal y de la fogosidad mutua,
frente al deseo racional y de alcanzar la felicidad juntos. En este primer peldaño se va
ascendiendo precisamente en la relación entre Eros y la felicidad de camino del amor a
la sabiduría, de camino del filosofar. Véase a SAN AGUSTÍN ( 2009).
363
gregorio valera-villegas
161En relación directa con la metáfora de la línea dividida en la que se presentan las
relaciones entre el mundo sensible (Doxa) y el mundo de las ideas (topus uranus) y los
distintos niveles (ontológicos y epistémicos) de conocimiento, de camino de la
dialéctica. El de la noesis corresponde al nivel más alto. Véase a PLATÓN (República
(VI, 509d-511e), 1988b).
364
el arte de enseñar. sócrates maestro de amor
referencias
365
gregorio valera-villegas
366
el error sabio
gustavo ruggiero
universidad nacional de general sarmiento, ungs
gruggiero@campus.ungs.edu.ar
i (error)
367
gustavo ruggiero
Este es un personaje que parece llevar una vida que no decide. Sin
embargo, la intensidad de lo que vive Oreste, al dejarse llevar por lo
que producen ciertos sucesos y encuentros azarosos, parece darnos la
oportunidad de pensar que la errancia, figura asociada a la
despreocupación, es una actitud que puede ser rescatada para postular
una resistencia a la temporalidad hegemónica y que es escapando y
resistiendo al modo que ha tomado la experiencia del tiempo en
nuestras sociedades actuales, en donde tenemos también que pensar el
asunto de la emancipación; porque ella parece exigir un cierto desapego
a la oferta del tiempo instituido.
La despreocupación está en la lógica de la experiencia, no de la
lógica de la verdad. La despreocupación no quiere fundar un modo de
vida universal. Al contrario, pone en valor la singularidad sin dejarse
tomar por la predominancia del narcisismo. La lógica de la
despreocupación no es desinterés. Es el interés invertido respecto de
los intereses predominantes. Hay que despreocuparse por los efectos
que sobre nuestras vidas puede llegar a tener el olvidarse de las
preocupaciones hegemónicas. La despreocupación no es olvido de sí;
es cuidado de sí.
En la vida real, quien no tiene asiento fijo es un nómada.
También un migrante. Y también los vagabundos, los linyeras, los
bichicomes o los crotos, están asociados a un cierto nomadismo. Puede
que los artesanos y los viajeros. Figuras todas de la errancia en su
conjunto. No apresuremos un juicio de valor sobre estas figuras, ni
sobre sus contrarias. Porque como dice el verso de Caetano Veloso
(1967), “mi corazón vagabundo quiere guardar el mundo en mí”. Esta
errancia entonces, quizás sea movida por algo más que un desacierto.
Tal vez sea la necesidad de romper una clausura. Y cuando Rancière
(2007) nos sugiere que para emanciparse hay que aprender algo y
relacionar eso aprendido con todo lo demás, nos provee también una
buena figura de la errancia.
Como primera hipótesis (notemos que una hipótesis es algo en
cierto sentido móvil), diremos: lo verdadero, al menos en filosofía, es lo fijo.
Y el error lo móvil. Donde está el error debe advenir una corrección que
estabilice la enunciación o el acto. El lector de filosofía puede derivar
de aquí todo tipo de lecturas. El ser debe ser verdadero, y con esto
empieza uno de los más viejos problemas de la filosofía. Lo verdadero,
que es igual a lo bueno, e igual a bello, lo es también a lo justo. De un
error, no puede derivarse un principio de justicia, por ejemplo. Ni la
edificación de una institución. Aunque es extraño, porque hay algunas
instituciones de las que perfectamente podría predicarse su
inadecuación a los deseos de los individuos.
El error entonces, como opuesto a lo verdadero, no puede
conducir a nada bueno. El error es una inadecuación. Pero, ¿una
inadecuación a qué? O mejor, ¿de qué a qué? Y también, ¿cómo es que
368
el error sabio
369
gustavo ruggiero
ii (creación)
370
el error sabio
371
gustavo ruggiero
372
el error sabio
373
gustavo ruggiero
374
el error sabio
Aristóteles realiza en el Capítulo 3 del Libro III de la que hace en los Capítulos 7 y 8.
375
gustavo ruggiero
376
el error sabio
377
gustavo ruggiero
Una razón poética es una razón que puede entrar y salir del
pensamiento heredado. No entrar y salir a gusto, porque no hay
soberanía plena sobre ninguno de los dos movimientos. Si la
correspondencia entre realidad y racionalidad fuera plena, no nos
queda más que trabajo empírico, como dijo Hegel. Pero si no llega a
serlo, si la hipótesis de que el ser es caos y no es orden, entonces los
modos del ordenamiento son contingentes y alguna posibilidad de
entusiasmo creador nos queda. Hacer inteligible algo no supone
volverlo racional. Supone un doble movimiento que me resulta muy
productivo tomar de Castoriadis como concepto: elucidación; pensar lo
que se hace y saber lo que se piensa. Pero si lo que pensamos está
contenido en un universo de significaciones166 ya dadas, lo inquietante
es saber si es posible pensar algo por fuera de ese universo: ¿qué debo
pensar de mi pensamiento?167 Tanto la filosofía como la poesía se
muestran inquietas frente a la clausura del lenguaje. Romper la
clausura de un universo de significación heredado ha tomado, ya lo
dijimos, diversos nombres en la reflexión filosófica y sociológica sobre
la educación: repetición-novedad; reproducción-alteración;
autonomía-heteronomía.
¿Qué saber necesita una pedagogía emancipatoria? Hace algunos
años Paulo Freire (1997) repasó a modo de síntesis los saberes
166 Volvamos a decirlo porque tiene su complejidad. Las significaciones que organizan
nuestro sentido diurno son llamadas por Castoriadis “significaciones imaginarias”.
Son imaginarias porque no se derivan lógica ni materialmente de nada. No son reales
ni racionales. Son creadas radicalmente por el colectivo anónimo y configuran la
dimensión histórico-social que da cohesión a las sociedades. El mantenimiento de esas
significaciones imaginarias en el tiempo es efecto de la heteronomía que caracteriza
tanto a la psique individual como a la sociedad. La institución es la encarnación de
esas significaciones imaginarias y en tanto tal, tiende a la clausura. El intento de
romper esa clausura de la institución es la política. Y el intento de romper esa
clausura, a nivel del pensamiento, es la filosofía.
167 El filósofo italiano Coccia, a quien ya nombramos, dice que para el averroísmo “no
soy yo quien piensa lo que pienso”. El averroísmo pone en cuestión una idea muy
consolidada ya en el pensamiento moderno y es la de que todo pensamiento –o todo
saber– tiene la forma de una conciencia individual. El averroísmo vendría a cortar esa
relación entre pensamiento e individuo según Coccia. Esto lo argumenta tomando las
figuras del no-pensamiento: el infante, el loco, el durmiente. Pero también lo hace
considerando la posibilidad misma de toda tradición. Vale decir, “la supervivencia del
pensamiento a la muerte del individuo que se supone lo produjera” (2008, p. 102).
378
el error sabio
379
gustavo ruggiero
bibliografía
380
el error sabio
381
382
filosofía y educación en errancia: ¿paseantes, vagabundas,
peregrinas?
laura agratti
universiad nacional de la plata, unlp
lagratti@isis.edu.unlp.ar
Vicente Luy168
(Caricatura de un enfermo de amor, 1991)
383
laura agratti
384
filosofía y educación en errancia: ¿paseantes, vagabundas, peregrinas?
para los niños y las niñas y calentar las aulas. En medio de estos
preparativos una garrafa de gas conectada de manera provisoria y
precaria, explotó y los mató a los dos. Vale destacar que las
autoridades de la escuela habían señalado el problema y realizado
muchas presentaciones solicitando que las conexiones de gas fuesen
reparadas sin encontrar respuesta del estado provincial.
Dilma, Marielle, Lula, Sandra Calamano y Rubén Rodríguez,
¿qué tienen todos estos casos aparentemente tan distintos, en común?
Ellos hablan, en nuestros países y, en modo más amplio en nuestra
región, de una amenaza alimentada por tres dimensiones que
considero imprescindibles para pensar el momento actual y las
consecuencias que este momento pueden traer aparejadas: a) la
dimensión de la eliminación de una vida política disidente y crítica, b)
la dimensión de una justicia devenida instrumento de
exclusión/eliminación de los que batallan contra las políticas
implantadas de espaldas a las clases más excluídas y c) la dimensión
del abandono y destrucción de la educación pública.
Creo que la articulación de estas tres dimensiones busca crear las
condiciones para un entramado que haga posible y sostenible en el
tiempo las actuales políticas económicas de recesión y desempleo y,
junto con ellas, la profundización de una fragmentación social
preexistente y el empobrecimiento de horizontes de existencia tanto en
lo individual como en lo colectivo, más allá de los valores y formas de
vida que esas políticas están implantando.
385
laura agratti
386
filosofía y educación en errancia: ¿paseantes, vagabundas, peregrinas?
387
laura agratti
el desvío
388
filosofía y educación en errancia: ¿paseantes, vagabundas, peregrinas?
389
laura agratti
el segundo desplazamiento
390
filosofía y educación en errancia: ¿paseantes, vagabundas, peregrinas?
391
laura agratti
392
filosofía y educación en errancia: ¿paseantes, vagabundas, peregrinas?
171Indica que una situación persiste en el momento del cual se habla o en el momento
en que se habla o escribe; presupone que dicha situación cambiará o es posible que
cambie en el futuro.
393
laura agratti
bibliografía
394
invenções: mapas, cartografias, devires
inventividade nas imagens errantes: micropolítica estética e
devir-infância.
397
alexandre filordi de carvalho; césar donizetti pereira leite
398
inventividade nas imagens errantes: micropolítica estética e devir-infância.
399
alexandre filordi de carvalho; césar donizetti pereira leite
400
inventividade nas imagens errantes: micropolítica estética e devir-infância.
bloco 1
401
alexandre filordi de carvalho; césar donizetti pereira leite
bloco 2
bloco 3
402
inventividade nas imagens errantes: micropolítica estética e devir-infância.
403
alexandre filordi de carvalho; césar donizetti pereira leite
povoar a criança com aquilo que nelas falta. O que verificamos é que
os currículos para a Educação das crianças, sobretudo das crianças
pequenas, os projetos pedagógicos, os planejamentos, entre outros, são
orientados por perspectivas que delineiam e mapeiam as práticas com
as crianças para que as mesmas possam construir competências,
habilidades, conhecimentos, afim de superar essas faltas.
No cenário acima apresentado, podemos ser tocados com a ideia
que dois campos se encontram e acabam sendo performático, o campo
das práticas de saberes e o campo das práticas de poderes.
bloco 4
Vejo,
e está tudo ali.
Você me segue?
No canto de baixo:
percevejo, morcego, peixe,
cavalo, astropiquinópito, aranha,
mexilhão, pulga, suçuarana,
esqueleto de mariposa, enxame de peixe,
cardume de hipopótamo, uma goiaba,
e um pequeno monte de pó de
futuro esquecido.
Você tá vendo?
Do outro lado tem um azul formoso,
igual vazio de oceano,
verde fome com pestana de sono,
amarelo dor de dente,
branco de miolo de estrela,
um translúcido minguado de clareza
igual quando vejo o olho do sol,
há, depois, um grisalho de papo de lavareda quando a geada
derrete.
Viu como é fácil?
Ali no meio eu entendo:
404
inventividade nas imagens errantes: micropolítica estética e devir-infância.
castropilâncias medonhas,
zeabecências endromedáricas,
descoptilópticos pagãos,
ipiuás agudos,
ocoblominas trancafiadas
e pregos de amolecer razão.
Viu como é fácil?
bloco 5
405
alexandre filordi de carvalho; césar donizetti pereira leite
406
inventividade nas imagens errantes: micropolítica estética e devir-infância.
bloco 6
contudo, ver a potência atual de suas considerações quando vivemos na época das
“mídias desinibidoras”, no diagnóstico de Sloterdijk (2012). As mídias desibinidoras
estão voltadas à liberalização dos impulsos domesticadores em favor de uma
bestialização, ou seja, de uma banalização de forças violentas, intolerantes e
407
alexandre filordi de carvalho; césar donizetti pereira leite
408
inventividade nas imagens errantes: micropolítica estética e devir-infância.
409
alexandre filordi de carvalho; césar donizetti pereira leite
bloco 7
referenciais
410
mapas invisíveis e viajantes cegos: ensaio para uma escola
do oculto.
introdução
411
daniel gaivota contage
173 Entretanto, escolher a cartografia como método não significa assumir uma
estrutura, estriar o pensamento. É importante aqui ressaltar a diferença entre um
mecanismo ou estrutura e um método. A palavra método vem do grego, methodos,
composta de meta (através de, por meio), e de hodos (via, caminho). Servir-se de um
método é, portanto, descobrir o caminho pelo qual se quer seguir, o trajeto pelo qual
se deseja caminhar – e não necessariamente a velocidade dos passos, o tipo de sapatos
ou a hora de chegada, por assim dizer.
412
mapas invisíveis e viajantes cegos: ensaio para uma escola do oculto.
!
A cartografia, em Deleuze e Guattari, é uma maneira de
“desembolar” os dispositivos de poder. Este conceito de dispositivo
encontra-se no limiar entre a filosofia de Foucault e Deleuze. O mais
importante é compreender como os dispositivos funcionam a partir de
linhas de visibilidade e enunciação – que tornam objetos visíveis ou
invisíveis, dizíveis ou indizíveis, permitindo (ou não) que ciências,
gêneros literários, grupos de pessoas, estados de direito ou
movimentos sociais sejam vistos e ouvidos –, além de linhas de forças,
que agem como setas, penetrando e conduzindo as coisas e as palavras
(DELEUZE, 1990, pp.155-157).
O dispositivo, portanto, está sempre inscrito em um jogo
de poder, estando sempre, no entanto, ligado a uma ou
a configurações de saber que dele nascem mas que
igualmente o condicionam. É isto, o dispositivo:
estratégias de relações de força sustentando tipos de
saber e sendo sustentadas por eles. (FOUCAULT, 1984,
p.246).
Os dispositivos são anti-máquinas-de-guerra, portanto; são
máquinas que produzem espaço estriado, subjetivam e exercem poder,
estabelecendo verdades e distribuindo legitimação. É importante
estarmos muito atentos à constituição de tais máquinas de poder,
especialmente se estamos a elaborar uma escola que seja máquina de
guerra,
porque a modernidade multiplicou e disseminou
amplamente esta maquinaria política complexa e de
difícil visibilidade, constituindo uma rede articulada de
dispositivos normalizantes em relação a problemas
diversos, que exercem controle operando de forma fina,
capilar e subjetivante, individualizando sujeitos,
marcando seus corpos em jogos de identidade, de
sexualização, normalizando suas condutas e
governando cotidianamente suas vidas. (PRADO
FILHO; TETI, 2013, p.51)
Uma das conclusões possíveis de Poética do Deslocamento
consistia em afirmar uma escola que não se limitava às paredes, às
pessoas ou aos horários demarcados para a ação pedagógica. Não uma
escola literal, mas a Escola-Viagem, que é uma espécie de escola
menor, molecular, uma força escolar que está lá presente em toda
escola, e que faz com que os devires sejam ali possíveis.
413
daniel gaivota contage
414
mapas invisíveis e viajantes cegos: ensaio para uma escola do oculto.
!
Para tal, é preciso observar o verdadeiro problema, aquele que
desde a Alegoria da Caverna impera nas reflexões sobre o saber (e
sobre o não-saber): o da luz. Já está claro (com o perdão do trocadilho)
que o problema das instituições e dispositivos de poder é que são estas
estruturas que definem o que pode ou não pode ser visto. Lutar por
uma realidade que escape às estruturas de poder precisa ser uma
contrapalavra a esta lógica da iluminação, da verdade e do visível.
Assim, este texto se debruça sobre uma possível filosofia da educação
que valorize e compreenda, em oposição às categorias que mantém o
poder, o valor da desestrutura, do caos, do invisível, do obscuro e
especialmente do oculto.
E para isso será preciso pensar em uma estética do oculto, uma
ética do oculto, uma outra maneira de pensar a realidade não a partir
do que se mostra, mas a partir do que se esconde. Não a partir do que
vemos – porque o que vemos é sempre o que nos é permitido ver – mas a
partir do que, invisível, nos toca. Assim, esta pesquisa, da qual este
texto emerge, explorará conceitos que permitam pensar uma escola da
desestrutura, ou seja, uma possível escola desvinculada de tempos e
espaços estruturais, já que toda estrutura está em função de uma
relação de poder. E observar no seio deste rizoma as forças ocultas que
só podemos perceber através de um esforço para não ver.
Assim, o que se ensaia propor aqui, para além de uma escola que
devenha viagem, ou seja, uma escola que produza em seus habitantes
deslocamentos, fazendo com que entrem eles em seus devires-
viajantes, com que desestruturem e nomadizem os espaços por onde
caminham, é também uma escola que ensine ou que produza em seus
habitantes cegueiras. Melhor ainda: talvez o que se ensaie propor aqui
seja que todo deslocamento é um processo de enceguecimento.
415
daniel gaivota contage
416
mapas invisíveis e viajantes cegos: ensaio para uma escola do oculto.
!
Parece evidente, depois de observar estes possíveis caminhos
escondidos, que nunca foi simples pensar o invisível ou o que se
esconde. O oculto, entretanto, aparece na história do pensamento
muito cedo. Talvez seja possível afirmar que é o oculto a causa
primeira de todo pensamento. Aristóteles afirma o Thauma ou
Thaumadzein, ou seja, o espanto ou o espantar-se, como a causa
primeira do pensamento filosófico. Nos admiramos com o
desconhecido, e é por isso que iniciamos nosso movimento em direção
a ele – independente de o alcançarmos ou não. A história do
pensamento antigo nos permitiria concluir que é esse não-saber que
nos permite mover, e talvez situaria o filósofo como um não-sábio (em
oposição aos sofistas, ou seja, aos sábios).
Mas muito antes de Sócrates outro pensador do movimento já
afirmara o oculto enquanto potência: Heráclito. Não temos acesso à
sua obra, a não ser por citações nos textos de outros pensadores e
historiadores. Assim, o contexto de cada fragmento de Heráclito é
inexato – ou oculto –, e por isso podemos apenas deduzir seus
significados. Ler Heráclito não é diferente, portanto, de conversar com
qualquer pessoa no mundo e especialmente não é diferente de
dialogar com uma criança. Um de seus fragmentos, por exemplo, nos
permite analisar a relação das crianças com o mundo: o fragmento 123
417
daniel gaivota contage
diz: “φύσις [...] κρύπτεσθαι φιλεῖ”. Em uma tradução livre e própria, "A
natureza deseja intimamente ocultar-se". E se esconde porque deseja,
intimamente, ser revelada. Não como uma suma verdade a ser
alcançada, mas como uma coleção de mundos possíveis na relação
entre texto e contexto, ou sujeito discursivo e sujeito humano. Entre o
mundo (real) e o mundo (descoberto).
As crianças criam o mundo em que vivem, e parecem perceber
isso. Uma das crianças com as quais realizamos experiências de
pensamento afirmou, certa vez: "[...] e aí, se eu não falar o que está na
minha cabeça ninguém vai ter como falar isso"; e depois: "porque ninguém
mais é eu, só eu". Ela parece compreender a responsabilidade que tem
de viver de maneira verdadeira, ousar, de se comprometer, de assinar
responsavelmente seus atos. Percebe que tem a obrigação de pensar e
dizer, pois ninguém mais verá o mundo como ela vê. Este mundo
oculta-se nela, e ela é portanto responsável por revelá-lo, por descobri-
lo. Como uma detetive, como uma exploradora. Esta criança pode
perceber isto de maneira tão clara porque habita uma temporalidade
diferente da dos adultos.
O fragmento 52 de Heráclito pode nos ajudar (por atrapalhar) a
pensar essa relação. O texto original é “αἰὼν παῖς ἐστι παίζων”, que
normalmente se traduz por "O tempo é uma criança brincando". Mas uma
tradução mais atenta e menos exata chamaria atenção para essas duas
palavras: αἰὼν e παίζων. A primeira, aión, remete a uma ideia de
tempo grega diferente da mais tradicional, χρόνος, chrónos, que diz
respeito a um tempo cronológico, medido, pequeno. Aión, muitas
vezes traduzido também por eternidade, tem a ver com uma outra
noção de tempo, não redutível a unidades de medida, mas amplo,
intensivo, um grande tempo onde as linhas que separam passado,
presente e futuro não são tão bem definidas e uma criança de Duque
de Caxias pode fazer retornar palavras de um filósofo grego em seu
dizer, em sua tradução do mundo. A segunda palavra digna de
atenção é παίζων, paízon, que podemos traduzir por brincar, mas é
uma derivação de παῖς, pais, criança. Paízon significa, numa tradução
ao pé da letra, "criançear", ou seja, fazer aquilo que é próprio de uma
criança. O fragmento de Heráclito, portanto, parece dizer que o tempo
se dilata, é experimentado de uma outra maneira, quando uma criança
age como uma criança.
E, por coincidência ou não, carregamos conosco (pois nos
constituímos na nossa relação com o outro e com a linguagem) uma
outra palavra bastante bonita, também de origem grega: σχολή, skholé,
escola. Skholé, em grego, tem o significado de "tempo livre". O que nos
leva a investigar, como as crianças, o que a escola tem a ver com o ato
de "criançear". Não é a escola, supostamente, um tempo livre do
trabalho, das perspectivas da família, dos pressupostos sociais, livre de
quaisquer álibis? Não poderíamos chamar de escolar este espaço-
418
mapas invisíveis e viajantes cegos: ensaio para uma escola do oculto.
!
A tarefa do educador talvez seja encontrar estes espaços-tempos
ou tempos-espaços, em que é permitido "criançear". Estes tempos aión
nem sempre estão na sala de aula (muitas vezes nem podem ser
percebidos nas escolas – apesar de estarem lá, ocultos), mas em outros
momentos e lugares. Não se trata, obviamente, de literalmente não
ver, fechar os olhos e bater a cabeça na parede. Muito embora esta
possa até ser uma experiência importante para qualquer pesquisador
que estude a escola, o não-ver aqui tem a ver com um ver-outro, ou
seja, uma possibilidade de ignorar as permissões e interdições,
subverter as lógicas de importância estabelecidas pelas estruturas que
definem as escolas e as instituições e olhar para outro lado. Ou seja, de
ser capaz de prestar atenção àquilo que normalmente não é digno de
atenção, que é tornado invisível. Montaigne assinala, em seus Ensaios,
as possibilidades éticas do “dizer não” e de manter “olhos em todo
lugar”. A primeira é já assinalada por Deleuze em outro momento
através da figura de Bartleby, o escrivão, personagem de Melville.
Bartleby é um escrituário em um escritório de advocacia em Wall
Street; em determinado momento, porém, passa a se negar a realizar
os trabalhos – não por revoltar-se ou por desejar enganar o patrão:
responde simplesmente que “prefere não fazer” o que lhe ordenam
(MELVILLE, 2005). Essa insubordinação é tão desconcertante para o
patrão, os demais funcionários e para todos os envolvidos que não há
o que fazer com Bartleby. A afirmação do escrituário desafia toda uma
lógica composta por verdades até então universalizadas. Ele não
poderia afirmar a negativa desta maneira. Ou melhor, tal possibilidade
estava oculta, invisível. Chamamos impossível aquilo que para nós é
negado ver. Um pensamento do oculto pode fazer com que estas
impossibilidades sejam tateadas, exploradas.
A segunda possibilidade ética assinalada por Montaigne é a de
ter olhos em todos os lugares. Com isso, ele sugere um outro olhar
possível: a possibilidade de olhar da mesma maneira para o que já tem
valor estabelecido e para o que supostamente não tem valor. Ou seja,
de subverter a lógica estruturada pelas hierarquias do saber e olhar
com igual atenção para todos os objetos e situações. Olhar
curiosamente para tudo. A escrita e o pensamento encontram seu
419
daniel gaivota contage
420
mapas invisíveis e viajantes cegos: ensaio para uma escola do oculto.
421
daniel gaivota contage
referências
422
pesquisa-docência da diferença: encontros e composições
para um método labiríntico em jogo
423
diego winck esteves; máximo daniel lamela adó
424
pesquisa-docência da diferença: encontros e composições para um método ...
425
diego winck esteves; máximo daniel lamela adó
427
diego winck esteves; máximo daniel lamela adó
428
pesquisa-docência da diferença: encontros e composições para um método ...
429
diego winck esteves; máximo daniel lamela adó
430
pesquisa-docência da diferença: encontros e composições para um método ...
431
diego winck esteves; máximo daniel lamela adó
432
pesquisa-docência da diferença: encontros e composições para um método ...
433
diego winck esteves; máximo daniel lamela adó
referências
434
pesquisa-docência da diferença: encontros e composições para um método ...
DELEUZE, Gilles; GUATTARI, Félix. Mil Platôs, vol.5. Trad. Peter Pál Pelbart e
Janice Caiafa. São Paulo: Editora 34, 1997.
GRANIER, Jean. Nietzsche. Trad. Denise Bottmann. Porto Alegre: L&PM, 2009.
FLUSSER, Vilém. Da ficção. O Diário de Ribeirão Preto, São Paulo, 26 de agosto de
1966. Disponível em
<http://paginas.terra.com.br/art/dubitoergosum/arquivvo02.htm>. Acesso em:
16 de maio 2006.
LARROSA, Jorge. Nietzsche e a Educação. Trad. Samíramis Gorini da Veiga. Belo
Horizonte: Autêntica, 2009.
LARROSA, Jorge. Imagens do Estudar e duas histórias jassídicas sobre a
transmissão e a renovação. In: LARROSA, Jorge. Pedagogia profana: danças,
piruetas e mascaradas. Trad. Alfredo Veiga-Neto. Belo Horizonte: Autêntica 2006,
p. 199-203.
NIETZSCHE, Friedrich. O Nascimento da Tragédia. Trad. Heloisa da Graça Burati.
São Paulo: Rideel, 2005.
PEREIRA, Vinícius Carvalho. A escrita como jogo: desafios e contraentes na
literatura do Oulipo. Revista Outra Travessia, Florianópolis, v. 13, 119-135, 1º sem.
2012.
SPINOZA, Benedictus de. Ética. Trad. Tomaz Tadeu. Belo Horizonte: Autêntica,
2010.
435
436
potência inventiva, infância e devir-música da educação
introdução
437
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
174Livre tradução de “que les choses, les gens, sont posés de lignes très diverses, et
qu’ils ne savent pas nécessairement sur quelle ligne d’eux-mêmes ils sont, ni faire
passer la ligne qu’ils sont en train de tracer : bref il y a toute une géographie dans les
gens, avec des lignes dures, des lignes souples, des lignes de fuite, etc.”
438
potência inventiva, infância e devir-música da educação
439
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
440
potência inventiva, infância e devir-música da educação
441
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
442
potência inventiva, infância e devir-música da educação
175 As canções e as palavras que as crianças repetem refletem os sons que elas ouvem
na sociedade, e não algum padrão sonoro universal e pré-ordenado (ILARI, 2009, p.
28).
176 Exemplificando pesquisas em psicologia da música e cognição musical, fazemos
brevíssimas remissões aqui. A criança entre o terceiro e quarto anos de vida cria sua
música “colocando em uma mesma canção partes de canções conhecidas”, elaborando
443
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
assim sua própria versão dessas canções, conforme pesquisas de Moog (1976, apud
SLOBODA, 2008, p. 271-2). Também nessa época, surge outra forma de canto
espontâneo, a canção “imaginativa ou narrativa”, por meio da qual a criança conta
suas próprias histórias. Moog (1976) menciona os pot-pourris e as “canções
imaginativas” (PARIZZI, 2015, p. 82). Moog, já nessa publicação de 1976 (apud
SLOBODA, 2008, p. 271), relata que, na sua pesquisa, cerca de 30 por cento das
crianças de quatro anos de idade estavam produzindo o que ele chamou de canções
“pot-pourri”: canções novas juntando pedaços de diversas canções já conhecidas. A par
dessas muitas contribuições, Lino cria o termo “barulhar” para falar das culturas da
infância bem pequena: “ato de fazer barulho, de sonorizar sem prévia sistematicidade
e determinação” (LINO, 2010, p. 84), quando a criança vai experimentando o mundo e
manipulando discursividades.
177 Estudos recentes da psicologia, da educação musical, da pediatria, da
444
potência inventiva, infância e devir-música da educação
445
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
invenções infantis nunca terão espaço e vez, pois uma música “menor”
necessita de uma escuta “menor”: é preciso “infantilar”178 a escuta. Um
devir-criança ou uma disposição infantil (KOHAN, 2007) é condição
necessária a toda aprendizagem da linguagem. E essa linguagem das
crianças é perceptiva e não de conceitos, como sugere Skliar (2012, p.
19), perpassada por fluxos sonoros “moleculares”, mas também
frequentemente marcada pelas interrupções dos adultos.
Interrupções sobre seu corpo, sobre sua atenção, sobre
sua ficção, sobre sua linguagem. Essas interrupções
ocorrem sobre todas as crianças. Antes ou depois. Em
maior ou menor medida. Com mais amorosidade ou
com mais crueldade. Com mais autoridade ou com mais
autoritarismo. Com mais homogeneidade ou com mais
diversidade (KOHAN, 2007, p. 20).
A criança compõe e para ela não há linearidade e passos para um
devir-música na brincadeira cotidiana, pois seu tempo é o aión, não-
linear. Também não há segmentação para tratar de ritmos e melodias,
nem treinamento rítmico ou de “alturas” do som, da sensação de
frequência, do pulso ou medidas do tempo, como pré-requisitos para
arriscar uma invenção. A criança compõe como um turbilhão. Sua
invenção decorre de uma exposição a um devir-música do mundo,
diante do qual se insere com uma potência expressiva e inventiva, ao
mesmo tempo que constrangida. Imerso em um turbilhão de
sonoridades, o canto inventado e “espontâneo” não diz de uma certa
habilidade inata, mas de agenciamentos com os seres, coisas e signos
do mundo. É, portanto, uma criação constrangida pelo território que já
habitamos e pelo presente que experimentamos (KASTRUP, 2001, p.
216). Memória e invenção não como oposição, mas trânsito entre elas.
A criança inventiva (todas o são) brinca, faz da palavra um jogo
sonoro, algo que “tem que chegar ao grau de brinquedo”, uma “língua
de brincar”. Faz a palavra variar, faz “floreios” com ela (BARROS,
2007). Há um devir-música nas palavras – são sussurradas, são
pronunciadas enfaticamente, são seccionadas, vão ecoando, vão e
voltam, num ritornelo que não significa a volta do mesmo.
Silvio Ferraz, compositor, fala de sua estratégia de composição,
para a qual usa a palavra “brinquedo” - uma estratégia de composição
que é como um “brinquedo de girar a ideia”179:
178 No livro Infância, estrangeiridade e ignorância, Kohan (2007) usa o verbo “infantilar”
446
potência inventiva, infância e devir-música da educação
180Cena colhida por Regina Marcia Simão Santos no cotidiano em família, Rio de
Janeiro, em 01.08.2017, Sofia com 4 anos e 10 meses. Imagem e áudio usados com
autorização dos pais, sem fins lucrativos, para propósito exclusivamente acadêmico.
447
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
448
potência inventiva, infância e devir-música da educação
Brincar à noite
Brincar, brincar muito
À noite vamos brincar
Pra lá e para cá.
Muito legal!
Brincar... brincar...
Lá, lá, lá, lá...
À noite é calmo
Tudo para acabar
Uh, uh, uh, uh
Tch, tch, tch, tch
(Sofia Régis Semblano Simão Santos)
181 Registro feito pela criança e enviado por whatsapp pela própria criança, em meio à
sua brincadeira, enquanto outras atividades estão em andamento naquele ambiente
doméstico. Rio de Janeiro, 14.05.2018, Sofia com 5 anos e 8 meses. Áudio usado com
autorização dos pais, sem fins lucrativos, para propósito exclusivamente acadêmico.
182 título de um dos capítulos de O ouvido pensante, inspirado na definição de um
garoto de 6 anos sobre o que é poesia, e considerando o meio caminho entre música e
palavras (SCHAFER, 1991, p. 14).
449
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
linhas de fuga. Faz crescer a frase pelo meio. Repete suas próprias
atualizações futuras. Começa pelo fim e termina pelo começo. Assim
vai constituindo as grandes seções da música, e produzindo variações
dentro de cada uma, experimentando potencialidades das palavras,
devires rítmicos e melódicos, paradas (suspensões) e silêncios,
deixando ecoar fragmentos - sílabas, fonemas, qualidades sonoro-
musicais.
“Brincar à noite” transita por desterritorialização e extração de
partículas de padrões musicais. Em sua capacidade criativa, a criança
estende sua canção, torna-a mais longa, com muitos minutos de
duração. A canção reflete os sons que ela ouve em seu meio, na
sociedade, e não um padrão sonoro universal e pré-ordenado,
conforme comenta Gardner (1992, p. 33, apud ILARI, 2009, p. 28). É o
exercício de uma “mente musical em contexto” (ILARI, 2010, p. 30),
trabalho da enculturação (SLOBODA, 2008, p. 284). Essa “mente
musical” está ali evidente (SLOBODA, 2008).
A canção de Sofia tem uma forma muito clara. De gesto em
gesto, Sofia desenha um bloco sonoro, uma primeira seção da música,
e contrasta com o bloco seguinte, para depois produzir um ritornelo
com as ideias expostas no primeiro bloco, e nos surpreende pelo seu
caráter conclusivo. O senso de conclusão é evidente, o que sugere que
a criança já absorveu algumas “regras implícitas” das músicas de sua
cultura. Melisma, vibrato, variações de dinâmica e de andamento,
tudo está aí.
A música tem 3 partes, passeia por 3 territórios contrastantes em
seu clima. A repetição periódica de um componente constrói um bloco
de espaço-tempo. A primeira seção da narrativa musical faz uma
exposição, em quatro versos, com quatro ideias ou gestos musicais.
São quatro partes bem definidas. Em “brincar à noite”, anuncia o
germe (embrião) da canção e passa a decompor essa ideia em motivos,
células menores, que não param de variar rítmica e melodicamente,
sempre havendo algum elemento surpresa. A canção começa com
salto melódico para o agudo, abrindo o plano sonoro e produzindo
um gesto musical suspensivo e de textura melismática. Em “Brincar,
brincar muito” mantém a textura melismática, e o contorno melódico
caminha para o grave, fechando o plano sonoro, dando a sensação de
conclusão de uma ideia musical. Volta ao ponto inicial. Fecha-se um
círculo. O paralelismo entre os dois versos é nítido, trazendo a mesma
qualidade melismática descendente nas palavras finais “noite” e
“muito”. Em seguida, nos versos “À noite vamos brincar / Pra lá e
para cá”, a frase musical tem uma terminação conclusiva, e encerra
uma quadratura musical.
Um novo gesto (ou ideia musical), “Muito legal!”, com tom
exclamativo e fazendo durar, perdurar (com melismas) a ênfase no
“legal”, fazendo aí uma parada, contrasta com o anterior e suas
450
potência inventiva, infância e devir-música da educação
451
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
conclusão
452
potência inventiva, infância e devir-música da educação
453
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
referências
454
potência inventiva, infância e devir-música da educação
455
regina marcia simão santos; pablo de vargas guimarães; neila ruiz alfonzo
456
três dispositivos para uma formação inventiva de
professores: deslocamentos em companhia de michel
foucault.
introdução
457
rosimeri de oliveira dias; heliana de barros conde rodrigues
458
três dispositivos para uma formação inventiva de professores: deslocamentos em ...
dispositivo 1: a aula
459
rosimeri de oliveira dias; heliana de barros conde rodrigues
460
três dispositivos para uma formação inventiva de professores: deslocamentos em ...
461
rosimeri de oliveira dias; heliana de barros conde rodrigues
462
três dispositivos para uma formação inventiva de professores: deslocamentos em ...
463
rosimeri de oliveira dias; heliana de barros conde rodrigues
464
três dispositivos para uma formação inventiva de professores: deslocamentos em ...
465
rosimeri de oliveira dias; heliana de barros conde rodrigues
466
três dispositivos para uma formação inventiva de professores: deslocamentos em ...
467
rosimeri de oliveira dias; heliana de barros conde rodrigues
fios dos dispositivos para uma tessitura que possa, talvez, deslocar e
inventar
468
três dispositivos para uma formação inventiva de professores: deslocamentos em ...
469
rosimeri de oliveira dias; heliana de barros conde rodrigues
referências
470
pensar a infância. desusos, usos e abusos em michel
foucault
introdução
471
heliana de barros conde rodrigues; rosimeri de oliveira dias
infância à penumbra?
472
pensar a infância. desusos, usos e abusos em michel foucault
473
heliana de barros conde rodrigues; rosimeri de oliveira dias
474
pensar a infância. desusos, usos e abusos em michel foucault
186A instituição prisão, neste caso, não mais se confunde com organizações e/ou
estabelecimentos já constituídos, facultando, ao contrário, a análise dos exercícios de
poder e a consequente apreensão das realidades engendradas por estes últimos.
475
heliana de barros conde rodrigues; rosimeri de oliveira dias
187 Texto publicado em Les cahiers du chemin, nr. 29, em 15/1/1977 (Foucault, 2003).
Desde muito cedo, Foucault pretendia lançar uma antologia dos arquivos de
internamento no Hospital Geral e na Bastilha, da qual o texto referido constituiria a
introdução. Em 1978, o projeto transformou-se no de uma coleção, “Les vies
parallèles”. Em 1982, por sua vez, o material reunido para a antologia (lettres de cachet
com ordens de internamento) deu origem à edição de Le désordre des familles, em
colaboração com a historiadora Arlette Farge (Foucault e Farge, 1982)
476
pensar a infância. desusos, usos e abusos em michel foucault
188 O perito psiquiatra aparece, nas palavras de Foucault, como o personagem Ubu, ou
seja, como presença do grotesco na mecânica do poder: a nulidade epistemológica dos
laudos em nada reduz sua força política.
189 A bem da precisão, digamos que certos detalhes aparecem em 22/1/1975 e alguma
análise chega a ser esboçada na última aula (19/2/1975), mediante o caso de Charles
Jouy.
477
heliana de barros conde rodrigues; rosimeri de oliveira dias
190 Não se dará destaque, aqui, ao uso da noção de repressão por Deleuze, em
princípio discutível para Foucault. Detalhes desse debate estão na carta enviada por
Deleuze a Foucault em 1976 (Deleuze, 1996).
191 O curso Em defesa da sociedade, ministrado nesse mesmo ano (Foucault, 2002), não
478
pensar a infância. desusos, usos e abusos em michel foucault
194 Sobre este livro, ver a tese de doutorado de Eder Amaral e Silva, A cruzada das
crianças: considerações sobre a infância à penumbra (Silva, 2016). O autor traduz o
trabalho de Schérer e Hocquenghem e o introduz/analisa de forma magistral.
479
heliana de barros conde rodrigues; rosimeri de oliveira dias
480
pensar a infância. desusos, usos e abusos em michel foucault
referências
481
heliana de barros conde rodrigues; rosimeri de oliveira dias
482
a circularidade entre a atenção cartográfica e a
aprendizagem inventiva.
virginia kastrup
ufrj
virginia.kastrup@gmail.com
introdução
483
virginia kastrup
484
a circularidade entre a atenção cartográfica e a aprendizagem inventiva.
485
virginia kastrup
486
a circularidade entre a atenção cartográfica e a aprendizagem inventiva.
487
virginia kastrup
488
a circularidade entre a atenção cartográfica e a aprendizagem inventiva.
489
virginia kastrup
490
a circularidade entre a atenção cartográfica e a aprendizagem inventiva.
491
virginia kastrup
referências
492
a circularidade entre a atenção cartográfica e a aprendizagem inventiva.
493
494
arquipélago afro, indígena, popular
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa
pedagógica e pensamento de fronteira
introdução
497
cheron zanini moretti
ativamente como não existente, como algo não credível, descartável, invisível à
realidade. Mais precisamente, é isto que reduz as possibilidades do tempo presente se
apresentar como alternativa porque ele está “contraído”. “O objetivo desta sociologia
é transformar objetos impossíveis em possíveis e com base neles, transformar as
ausências em presenças” (SANTOS, 2010, p. 102).
197 A sociologia das emergências procura diminuir o futuro para poder viabilizar o
498
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa pedagógica e pensamento ...
198 Podemos fazer uma relação, aproximação por assim dizer, destas sociologias
499
cheron zanini moretti
500
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa pedagógica e pensamento ...
200 A Primeira Escuelita Zapatista, la libertad según l@s zapatistas foi realizada em
agosto de 2013, em território autônomo zapatista, no Estado de Chiapas, México.
Espaço de aprendizado do qual participei como estudante convidada.
201 O promotor e a promotora da educação é um companheiro ou companheira
campesina que tem de prestar contas ante um Comitê de Educação e, também, para a
assembleia comunitária que é onde se nomeia e se decide por oferecer-lhe a confiança,
o avalia e, se for necessário, é a instância que o pode destituir de suas funções
(BARONNET, 2011).
202 No momento em que estava sendo realizada a Escolinha Zapatista, se debatia a
501
cheron zanini moretti
502
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa pedagógica e pensamento ...
203 Por situações coloniais, Grosfoguel (2010) entende a opressão e a exploração cultural,
503
cheron zanini moretti
sobre a vida de nossos antepassados para que não nos engane o mau
governo.204 (Promotor da Educação B, 2013).
A separação entre história e educação seria o triunfo do
fatalismo tanto sobre essas alternativas pedagógicas, quanto sobre a
história contada “desde abajo”. De acordo com Zemelman (2005), a
resistência “é condição para poder descompor processos internos da
dominação e sua fixação socialmente estabelecida.” (2005, p. 193).
Ao invés de rejeitarem a modernidade para buscar um “retorno”
ao tradicional, ao originário como se fosse possível negar as marcas de
violência do sistema-mundo, os zapatistas redefinem seu projeto de
libertação no exercício de sua autonomia comunitária. De acordo com
o Exército Zapatista de Libertação Nacional (EZLN), na globalização
da rebeldia emergem, além dos trabalhadores do campo e da cidade,
os outros encobertos:
[...]mulheres, jovens, indígenas, homossexuais, lésbicas,
transexuais, migrantes e muitos outros grupos que há
no mundo, mas que não vemos até que gritam basta de
desprezo e se levantam e assim nós os vemos, ouvimos e
aprendemos. Vemos então que todos estes grupos de
pessoas estão lutando contra o neoliberalismo, ou seja,
contra o plano da globalização capitalista, e estão
lutando pela humanidade. [...]. E tudo o que vemos
produz em nós grande assombro ao ver a estupidez dos
neoliberais que querem destruir toda a humanidade
com suas guerras e explorações, mas também nos deixa
muito contentes ao ver que em todo lugar há resistências e
rebeldias, assim como a nossa [...]. E vemos tudo isso no
mundo inteiro e nosso coração já aprende que não
estamos sós. (CCRI-CG do EZLN, 2014p, p. 36, grifos
nossos).
Portanto, os e as zapatistas dialogam com a potência subversiva
tanto de sua experiência na afirmação de sua raiz indígena, através de
sua autonomia, como no seu reconhecimento como sendo o outro,
porém junto com o outro encoberto no encontro violento proporcionado
pela modernidade ocidental. Identificam-se, também, várias frentes de
lutas e várias opressões que não tem a ver com uma política de
identidade, se não de alteridade epistemológica porque “todas as
identidades modernas são uma construção da colonialidade do poder
no mundo colonial/moderno, a sua defesa não é tão subversiva como
pode parecer à primeira vista” (GROSFOGUEL, 2010, p. 484).
Esta epistemologia diz respeito ao conjunto de alternativas que
são produzidas no âmbito das experiências de opressão, o lugar das
ausências, e da libertação, o lugar das emergências.
504
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa pedagógica e pensamento ...
505
cheron zanini moretti
506
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa pedagógica e pensamento ...
205 La Libertad según l@s Zapatistas 2. Direção: EZLN, Produção: EZLN. Local:
507
cheron zanini moretti
209 Sylvia Marcos (2011) tem sido uma das feministas que tem se dedicado a
problematizar o feminismo indígena. Uma de suas contribuições está em identificar o
contato das indígenas com as propostas “urbanas” sobre feminismo reconhecendo as
contribuições sobre os estudos de gênero. Segundo a autora, a constituição de um
“feminismo dominante” tem se sustentado em uma definição universalista de ser
mulher que emerge da colonialidade do poder (QUIJANO, 2009) e que reforça a
hierarquia de raça/etnia e de gênero. No entanto, essas mulheres pobres e de
ancestralidade maia teriam presente que essas formulações não seriam suficientes
para o “complexo e desterritorializado” que é a realidade das indígenas camponesas. O
feminismo indígena incorporaria às teorias feministas a “corporização” que são as
formas de expressões usadas por essas mulheres. Trata-se de uma “teoria falada,
vivida, sentida, bailada, cheirada, tocada”, e não um conjunto de princípios abstratos
[...] “mas é teoria se a consideramos encarnada e como própria dos universos
filosóficos que a sustentam, se acompanha de festa e de danças, lembrando de longe a
origem da palavra teoria na palavra grega theoria, que significa festa” (MARCOS, S.,
2011, p. 20-21).
508
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa pedagógica e pensamento ...
considerações finais
509
cheron zanini moretti
510
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa pedagógica e pensamento ...
referências
511
cheron zanini moretti
512
(des)colonialidade e insurgência zapatista: alternativa pedagógica e pensamento ...
513
cheron zanini moretti
Movimentos Sociais: diálogos para uma nova práxis. São Paulo: Cortez, 2005. p.
190-197.
ZEMELMAN, Hugo; VALENCIA, Guadalupe. Los sujetos sociales. Una
propuesta de análisis. In: Acta Sociológica, v. III, n. 2. FCPS-UNAM, México,
mayo-agosto, 1990. p. 89-106.
ZIBECHI, Raúl. Descolonizar el pensamento crítico y las prácticas emancipatorias.
Bogotá: Ediciones Desde Abajo, 2015.
514
comunicação ancestral e filosofia indígena: a educação da
mãe terra
renata machado
rádio yandê
aratykyra@gmail.com
introdução
515
renata machado
517
renata machado
518
comunicação ancestral e filosofia indígena: a educação da mãe terra
filosofia invisível
519
renata machado
520
comunicação ancestral e filosofia indígena: a educação da mãe terra
referências
521
renata machado
522
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.211
introdução
211 Agencias financiadora: CNPq (Pesquisador 1C, 2014-2018) e CAPES (PVNS, IFC,
2012-2016)
212 O I Encontro da Juventude Indígena do Baixo Tapajós foi realizado na aldeia Lago
da Praia, TI Cobra Grande, nas margens do rio Arapiuns, entre os dias 07 e 09 de julho
de 2017.
523
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
524
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.
525
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
214 No livro Paraíso Destruído: Brevíssima Relação da Destruição das Índias (1984).
526
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.
527
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
528
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.
219 Meliá (1989 apud Faustino, 2006) explica como a dominação marcou a passagem de
línguas não escritas para escritas, tendo a escrita se transformado em instrumento de
opressão.
220 Dussel confronta o pensamento de Charles Taylor, Stephen Toulmin ou Jurgen
529
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
530
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.
221 Conforme Paulo Freire relatou de uma experiência no Chile “Escutamos, certa vez,
531
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
(asentamiento) da experiência chilena de reforma agrária: ‘Diziam de nós que nós não
produzíamos porque éramos borrachos, preguiçosos. Tudo mentira. Agora, que
estamos sendo respeitados como homens, vamos mostrar a todos que nunca fomos
borrachos, nem preguiçosos. Éramos explorados, isso sim’, concluiu enfático.”
(FREIRE, 1975, p. 54)
222 Eneida Assis demonstrou, em sua dissertação de mestrado “Escola indígena: uma
532
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.
os indígenas ensinam
533
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
tomam a palavra.
534
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.
535
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
537
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
538
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.
referências
539
kércia priscilla figueiredo peixoto; reinaldo matias fleuri
540
“um pouquinho de cada”: os indígenas ensinam a educar.
541
542
outras paisagens no ensino de filosofia: do continente ao
arquipélago
227 O artigo em questão está em diálogo de maneira direta com o artigo Outras vozes
543
luís carlos ferreira; eduardo oliveira
544
outras paisagens no ensino de filosofia: do continente ao arquipélago
231 Altera a Lei no 9.394, de 20 de dezembro de 1996, modificada pela Lei no 10.639, de
9 de janeiro de 2003, que estabelece as diretrizes e bases da educação nacional, para
incluir no currículo oficial da rede de ensino a obrigatoriedade da temática “História e
Cultura Afro-Brasileira e Indígena”. In:
http://www.planalto.gov.br/ccivil_03/_ato2007-2010/2008/lei/l11645.htm.
232 Tradução nossa.
545
luís carlos ferreira; eduardo oliveira
546
outras paisagens no ensino de filosofia: do continente ao arquipélago
547
luís carlos ferreira; eduardo oliveira
548
outras paisagens no ensino de filosofia: do continente ao arquipélago
549
luís carlos ferreira; eduardo oliveira
550
outras paisagens no ensino de filosofia: do continente ao arquipélago
min.
551
luís carlos ferreira; eduardo oliveira
552
outras paisagens no ensino de filosofia: do continente ao arquipélago
conclusão
referências
553
luís carlos ferreira; eduardo oliveira
554
educação popular: um projeto em movimento para a
superação da ordem hegemônica
introdução
A sabedoria da Europa
e a prosperidade dos Estados Unidos
são dois inimigos da liberdade de pensar
...na América...
Simón Rodríguez
555
márcia mara ramos
556
educação popular: um projeto em movimento para a superação da ordem hegemônica
557
márcia mara ramos
a defesa do público/social
Pensar o impossível
Simón Rodríguez
558
educação popular: um projeto em movimento para a superação da ordem hegemônica
559
márcia mara ramos
educação em movimento
561
márcia mara ramos
562
educação popular: um projeto em movimento para a superação da ordem hegemônica
563
márcia mara ramos
564
educação popular: um projeto em movimento para a superação da ordem hegemônica
243https://agenciadenoticias.ibge.gov.br/agencia-noticias/2012-agencia-de-
noticias/noticias/21255-analfabetismo-cai-em-2017-mas-segue-acima-da-meta-para-
2015.
244 https://www.valor.com.br/brasil/2919908/analfabetismo-na-zona-rural-e-o-
dobro-da-media-nacional-segundo-ibge.
565
márcia mara ramos
567
márcia mara ramos
246 Ver Manifesto completo na edição especial do jornal das crianças Sem Terrinha.
http://www.mst.org.br/2018/07/24/queremos-que-todas-as-criancas-possam-ser-
felizes-e-livres-afirma-manifesto-das-criancas-sem-terrinha.html
247 Coração Civil - Composição de: Milton Nascimento / Fernando Brant
568
educação popular: um projeto em movimento para a superação da ordem hegemônica
referências
569
570
igualdade, militância e educação na escola popular de
simón rodríguez
maximiliano durán
faperj; nefi/uerj
maximiliano1771@gmail.com
introducción
571
maximiliano durán
572
igualdade, militância e educação na escola popular de simon rodríguez
573
maximiliano durán
574
igualdade, militância e educação na escola popular de simon rodríguez
575
maximiliano durán
576
igualdade, militância e educação na escola popular de simon rodríguez
577
maximiliano durán
578
igualdade, militância e educação na escola popular de simon rodríguez
579
maximiliano durán
conclusiones
580
igualdade, militância e educação na escola popular de simon rodríguez
581
maximiliano durán
bibliografía
ÁLVAREZ FREITES, Mercedes. Simón Rodríguez tal cual fue. Vigencia perenne de
su magisterio. Caracas: Ediciones del Cuatricentenario de Caracas, 1966.
BADIOU, Alain. “la idea del comunismo” en Analía Hounie (comp), Sobre la
idea del comunismo. Buenos Aires: Paidós2010.
________. “Universalismo, diferencia e igualdad”. en Acontecimiento, Año XVII,
Nº 33-34, 2007.
MANCINI, Jules. Bolívar y La Emancipación de las Colonias Españolas Desde los
Orígenes Hasta 1815. París: C. Bouret, 1914.
ORGAMBIDE, Pedro. El Maestro de Bolívar. Simón Rodríguez, el Utopista.
Buenos Aires: Editorial Sudamericana, 2002.
RODRÍGUEZ, Simón. Obras Completas, vols. I y II. Caracas: Presidencia de la
República,1999.
RUMAZO GONZÁLEZ, Alfonso. Ideario de Simón Rodríguez. Caracas:1980.
Ediciones Centauro.
_______. Simón Rodríguez: maestro de América. Caracas: Universidad Simón
Rodríguez, 1976.
582
temporalidade, memória e ancestralidade: enredamentos
africanos entre infância e formação
583
wanderson flor do nascimento
584
temporalidade, memória e ancestralidade: enredamentos africanos ...
infâncias e temporalidade
585
wanderson flor do nascimento
àquelas às quais o processo de colonização não foi capaz de extirpar todos os valores,
crenças e práticas presentes antes da experiência colonial. A cultura dessas sociedades
é dinâmica e se transforma sempre que necessário para manter o que lhe interessa,
modificando o que é preciso para seguir no movimento da história (INIESTA, 2010, p.
16).
586
temporalidade, memória e ancestralidade: enredamentos africanos ...
587
wanderson flor do nascimento
250 Este sistema de comunicação ficou conhecido no Brasil como o famoso “jogo de
búzios”, que é largamente utilizado como uma técnica oracular. Entretanto, para as
práticas tradicionais, ao menos dos povos de línguas bantas e iorubás, esse sistema é
utilizado para estabelecer a comunicação com os ancestrais e com as outras "pessoas"
da comunidade, que não falam exatamente a língua corrente desta. Como alertei em
outro lugar "Apenas ao modo de uma carta náutica os jogos poderiam fazer previsões
ou, ainda, como previsões meteorológicas, na ligação com a imagem interconectada
da realidade" (FLOR DO NASCIMENTO, 2016, p. 163). Esse sistema, opera através da
leitura situacional de articulações entre dezesseis signos, chamados de Odus e que se
vinculam com/representam aspectos da realidade e com sistemas de conhecimento
desta. O signo ao qual me refiro é, no Brasil, chamado de Èjìoko ou Mèjìoko. Na maior
parte dos métodos utilizados no Brasil, pelos candomblés, para ler os búzios, èjìoko é o
segundo signo (ROCHA, 2003).
251 Ibeji é conhecido no Brasil como o orixá (divindade iorubá) que rege não apenas os
588
temporalidade, memória e ancestralidade: enredamentos africanos ...
infâncias e memória
589
wanderson flor do nascimento
590
temporalidade, memória e ancestralidade: enredamentos africanos ...
infâncias e ancestralidade
591
wanderson flor do nascimento
592
temporalidade, memória e ancestralidade: enredamentos africanos ...
593
wanderson flor do nascimento
referências
594
temporalidade, memória e ancestralidade: enredamentos africanos ...
595