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SOCIOLOGIA

LE REGOLE INVISIBILI DELLA VITA QUOTIDIANA: Le norme sociali sono quelle regole, scritte o no, che
prescrivono come devono comportarsi in divisi mi e gruppi in determinate situazioni della vita sociale e che
definiscono le aspettative degli altri. Secondo una classificazione proposta da William Summer le norme sociali
possono essere di tre tipi:

 STATEWAYS o norme giuridiche: emanati dallo stato il cui rispetto è obbligatorio;


 MORES o costumi: le norme tramandate oralmente a cui la collettività concede un forte valore morale;
 FOLKWAYS: usanze praticate all'interno di una società tramandate oralmente ma aprile di riferimento al
valore e all'etica che caratterizza i mores; Le norme possono essere esplicite, cioè postulate espressamente, o
implicite, cioè non dirti o illustrati. le norme giuridiche sono sempre formulate espressamente nei codici di
legge questa affinché possano essere conosciute da tutti.

LE ISTITUZIONI: Le varie norme che regolano la vita danno luogo alle istituzioni. Il significato sociologico di
ISTITUZIONE è un insieme di norme tra loro coordinate, radicate nell'esperienza quotidiana degli individui e
da questi percepiti come capaci di regolare un certo ambito di vita e di azione in un determinato contesto.
Sono istituzioni il matrimonio, la religione, la famiglia il sistema giudiziario.

STATUS E RUOLI: All'interno di un'istituzione le persone occupano posizioni diversi che svolgono compiti
differenti.Ad ognuna di queste posizioni sono associati i compiti diversi con delle precise aspettative sociali: da
un'insegnante ci si aspetta che sia competente nella sua materia. I sociologi chiamano status e ciascuna di
queste posizioni ricoperte da un individuo nell’ istituzione; e ruolo il Complesso delle azioni che ci si aspetta da
un individuo in virtù del suo status. L'individuo nella società si confronta con numerose istituzioni e ne
consegue che ogni persona assume una pluralità di status:

 STATUS ASCRITTI: sono quelli legati a condizioni indipendenti dalla volontà dell'individuo
 STATUS ACQUISITI: quelli che ti raggiungono attraverso l'impegno e le capacità personali.

Lo STATUS è CORRELATIVO Nel senso che ti definisce il rapporto a un'altra posizione sociale ad esso
complementare ad esempio genitore figlio. Anche i RUOLI sono COMPLEMENTARI.

CONFLITTI DI RUOLO: Nella società gli individui ricoprono molti ruoli. La pluralità di ruoli che interpretiamo ci
porta ad esporci a situazioni di conflittualità.

 CONFLITTO INTER-RUOLO: cioè di conflitto tra due o più ruoli diversi spettanti alla stessa persone;
 CONFLITTO INTRA-RUOLO: cioè interno al ruolo stesso;

LE TRASFORMAZIONI DELLE ISTITUZIONI:Le norme che le istituzioni impongono sono soggette a mutamenti
che possono prodursi in forme differenti. Con il crescere della complessità sociale si verifica una crescente
specializzazione ognuna delle istituzioni. Nelle epoche antiche non c'era specializzazioni tra le diverse
istituzioni, infatti la famiglia possedeva una pluralità di funzioni:formativo,economico e giuridico. Oggi queste
funzioni non appartengono più tutte all'istituzione familiare. Può accadere anche un fenomeno opposto cioè
che il mutamento sociale investa un'istituzione di compiti che non aveva in precedenza aggiungendo delle
funzioni. Pensiamo alla scuola che oggi svolge dei compiti che in passato erano svolti dalla famiglia: non si
limita ad istruire ma crea opportunità di socializzazione tra gli studenti e offre attività per il tempo libero.

Per comprendere meglio tali meccanismi delle trasformazioni delle istituzioni Facciamo riferimento alla
distinzione introdotta da Robert Merton funzioni manifeste e funzioni latenti è possibile che le finalità sociali
di un'istituzione non si sovrappongono.
 La funzione manifesta è le conseguenze riconosciute e intenzionali di qualsiasi modello sociale;

 Le funzioni latenti sono le conseguenze non riconosciute e non intenzionali di qualsiasi modello sociale.

Le trasformazioni di un'istituzione investono soprattutto i suoi aspetti latenti e meno quelli manifesti.

LE ORGANIZZAZIONI SOCIALI: Nonostante sia una realtà simbolica l'istituzione tende a oggettivare in realtà
concrete e visibili.

Il caso più semplice è quello in cui l'istituzione si oggettiva in una singola persona che viene vista come figura
di riferimento in determinate situazioni. Ad esempio lo sciamano è un'istituzione che ha la funzione di
mediare con il mondo degli spiriti e la capacità di risolvere i problemi;

Un secondo caso è quello in cui il contenuto di un'istituzione si oggettiva in strutture di ampie dimensioni che
coinvolgono una quantità di risorse umane e materiali allo scopo di perseguire determinati fini collettivi. Un
esempio è l'istituzione scolastica. La sociologia dà il nome di ORGANIZZAZIONI a tali strutture. Le
organizzazioni sono realtà tipiche della civiltà industriale; nelle comunità della società rurale alla soddisfazione
dei bisogni sopperiva la sola iniziativa individuale supportata dall'aiuto reciproco tra le persone e da reti
informali di solidarietà.

LA BUROCRAZIA: Designa un preciso modello di struttura comuni sia alle organizzazioni pubbliche privati; il
sociologo Max Weber a mettere in luce i tratti distintivi sul piano della vita sociale.

All'interno della burocrazia opera una personale che viene stipendiato dall'organizzazione (es. asl); Inoltre la
remunerazione è in funzione dell'incarico ricoperto e non dagli esiti. Ogni settore della burocrazia ha la
competenza su un particolare ambito. La sua organizzazione stabilisce una rigida divisione dei compiti. Tutte
le figure che lavorano in un'organizzazione burocratica eseguono i propri compiti in virtù di regole scritte che
disciplinano la condotta di ogni individuo.

Le organizzazioni burocratiche presentano una precisa struttura gerarchica in cui ogni individuo si colloca in
un organigramma cioè occupa una determinata posizione che può essere superiore o inferiore rispetto ad
un'altra. Fra i diversi uffici e i funzionari vi è una comunicazione impersonale solitamente scritta che poi viene
archiviata. Nelle organizzazioni emerge l’ETHOS BUROCRATICO cioè l'insieme delle norme che guidano il
comportamento delle organizzazioni E chi esige il completo annullamento di ogni componente soggettiva.

LE DISFUNZIONI DELLA BUROCRAZIA: Secondo Weber la burocratizzazione della vita sociale costituisce un
processo inevitabile e irreversibile per far fronte alle esigenze di sistemi sociali sempre più complessi. La
struttura della burocrazia, sottolineano alcuni autori, finisce per produrre conseguenze che si scontrano con le
intenzioni iniziali. A tal proposito Merton parla di una TRASPOSIZIONE DELLE METE fenomeno in virtù del
quale i mezzi della burocrazia possiede per realizzare i propri scopi finiscono per sovrapporsi agli scopi stessi
e sostituirsi a ESSI. Il rispetto rigoroso delle procedure richiesto al burocrate diventa aspetto di
preoccupazione che finisce per intralciare il suo stesso lavoro. (esempio insegnante con registro).

LA PERSONALITA’ BUROCRATICA: un’altra disfunzione è relativa al comportamento del burocrate che non ha
la flessibilità necessaria per adattarsi al mutamento sociale ed è incapace di fronteggiare le situazioni inattese.
Si può parlare di personalità burocratica per indicare questo atteggiamento che diviene un HABITUS MENTALE
acquisito dal burocrate nello svolgimento delle sue mansioni.
DEVIANZA: Ogni comportamento che devia, cioè si allontana, dalle norme socialmente stabilite. Quando
parliamo di norme sociali ci riferiamo a una pluralità di regole di condotta differenti. La loro violazione genera
forme molto diverse di devianza che possono andare dal rifiuto più o meno cosciente delle convenzioni sociali
alle forme più e serate di criminalità. L’esistenza di norme diverse pone problemi di giurisdizione punto le
usanze e i costumi morali non sono ugualmente praticati all'interno della società mentre le norme giuridiche
valgono per tutti gli individui. Può capitare che un soggetto non appaio devianti agli occhi di coloro che
condividono gli stessi valori ma sia considerato tale dal punto di vista della legge o altri gruppi sociali. Può
capitare anche che norme morali accettate e condivise dall'intera comunità diventano il sostegno di
comportamenti che sono DEVIANTI.

LE PRIME TEORIA SULL’ORIGINE DELLA DEVIANZA: Nella seconda metà dell'Ottocento il criminologo Cesare
Lombroso ipotizzò un origine biologica della devianza e sostenne che i criminali fossero identificabili
attraverso precise caratteristiche fisiche come la forma del cranio. Il punto di vista sociologico tenta di mettere
in correlazione condotte devianti non con particolari fattori individuali ma con determinate variabili di natura
sociale. All'interno della scuola di Chicago nascono i primi studi sul fenomeno della devianza su particolari
comunità devianti: I Vagabondi e i ladri. In queste opere la condotta deviante è interpretata come il prodotto
di una particolare SUBCULTURA cioè di un complesso di idee, valori, modelli di comportamento e linguaggi
elaborato da un certo gruppo nel quale l'individuo compie un percorso di socializzazione. I sociologi di Chicago
studiarono anche il rapporto tra le diverse comunità devianti e notarono che queste si formarono
maggiormente nelle aree in cui vi era alta disorganizzazione sociale cioè dove l'influsso dell'enorme era
debole.

LA TEORIA DI MERTON: Robert Merton fornisce un'interpretazione della devianza nell'opera Teoria e
struttura sociale.Merton parti dal fatto che in ogni società vi è un divario tra gli scopi che vengono proposti ai
membri della società e i mezzi effettivamente disponibili per raggiungerli (Il sistema di valori nella maggior
parte dei paesi industrializzati si pone l'obiettivo di migliorare il proprio status sociale ma spesso tale scopo è
in realizzabile proprio per gli strumenti). il comportamento degli ante rappresenta un tentativo di raggiungere
le mete socialmente desiderate attraverso vie non legali Merton è consapevole che non tutte le persone
mettono in atto tali comportamenti; secondo lo studioso altre reazioni a tale divario sono:

 IL CONFORMISMO: L'individuo Accetta gli scopi sociali Anche se è consapevole di non poterli raggiungere;
 IL RITUALISMO: l'individuo non crede più ai valori che la società propone;
 LA RINUNCIA: l'individuo rifiuta sia i mezzi che i scopi proposti;
 LA RIBELLIONE: l'individuo rifiuta scopi e mezzi e combatte per proporle di nuovi;

LA DEVIANZA DEI COLLETTI BIANCHI: Merton spiega bene la condotta deviante di individui socialmente
marginali ovvero appartenenti a fasce economiche e culturali svantaggiati della società ma, i devianti non
appartengono solo a queste categorie, esistono alcuni crimini che sono appannaggio delle classi socialmente
più elevate ‘COLLETTI BIANCHI’ cioè li attività degli anti di persone che appartengono alle fasce medio alte
della società e si servono della loro posizione per fini illeciti di vario tipo (evasione fiscale, truffe)

LA TEORIA DELL’ETICHETTAMENTO SOCIALE: Edward Lemert, Goffman e Baker elaborano il labelling Theory
ovvero teoria dell'etichettamento. La devianza in questa prospettiva è una condizione che si viene a creare In
seguito a determinati meccanismi di definizione delle situazioni che si sviluppano nell'interazione sociale. La
devianza non ha qualità intrinseche della persona ma occorre ricostruire il processo con cui essa si definisce
come situazione strutturando l'identità sociale dei soggetti che vi sono coinvolti. La definizione sociale della
devianza opera più livelli:
 Precisa ciò che deve essere lecito o normale;
 Circoscrive la situazione che si crea quando la norma viene infranta, nei confronti del trasgressore scatta un
meccanismo di etichettamento egli è considerato deviante.

La disapprovazione ha l'effetto di creare un processo di ristrutturazione dell'identità sociale dell'individuo in


cui egli impara a vedersi come un deviante sviluppando delle abitudini che lo allontanano dalla sfera della
normalità effettuando una carriera deviante. Colui che compie un'azione deviante sarà punito oltre che dalla
legge anche dalla società che lo considera come una persona indegna, così il soggetto deviante finirà per
associarsi a persone che confermano le sue scelte devianti. le Merz distingue così:

 Devianza primaria: connessa alla violazione della norma;


 Devianza secondaria quella che si costituisce in seguito alle dighe attivamento sociale

IL CONTROLLO SOCIALE: Connesso al concetto di norma Biella nozione di controllo sociale cioè un complesso
di meccanismi esteriori e interiori che la società mette in atto Per costringere le persone ad attenersi alle
norme. Sono strumenti esteriori le sanzioni inflitte alle condotte non conformi. La punizione per il
comportamento non conforme può essere formale, stabilite dalla autorità, informale cioè spontanea e non
stabilito preventivamente. Sono strumenti interiori i meccanismi con cui si cerca di promuovere nelle
persone il interiorizzazione delle norme Ovvero il riconoscimento della loro bontà e la conseguente scelta
autonoma di fare delle scelte.

ISTITUZIONI TOTALI: l'intensità del controllo sociale risulta estremamente variabile; è massima nelle
istituzioni totali che per Goffman sono istituzioni sociali come carceri o caserme che si fanno carico della vita
degli individui appropriandosi in modo totale del loro tempo e delle loro attività. Il risultato è un'identità
impoverita è una vita sociale ridotta al rapporto con lo staff dell'istituzione.

ISTITUZIONI PENITENZIARE: Rappresentano una delle principali forme di controllo sociale esteriori della
devianza. Il concetto di istituzione penitenziaria evoca il pensiero del carcere. L'uso della carcerazione come
strumento punitivo è piuttosto recente, fino alla seconda metà del Settecento la prigione non era una vera e
propria struttura di detenzione ma il luogo in cui venivano ospitati gli imputati in attesa di giudizio. La forma
della punizione era il supplizio: I criminali venivano torturati. MICHEL FOUCAULT Afferma che la punizione
costituiva una dimostrazione di forza del potere politico nei confronti di chi aveva violato la legge. Per far
nascere il concetto di prigione moderno erano necessari da un lato un ripensamento del significato della pena
e dall'altro la diffusione di una nuova sensibilità al contrario all'uso di supplizi . Questto avvenne nella cultura
europea a partire dal XVIII secolo quando gli intellettuali illuministi evidenziarono la necessità di un diritto
penale più razionale e umanitario.Negli Stati Uniti per iniziativa dei QUACCHERI ( movimento religioso
protestante nato in Inghilterra) che sorsero le prime carceri nel senso moderno del termine. il loro nome era
PENITENTIARY HOUSES: all'interno si permetteva al detenuto l'espiazione delle proprie colpe attraverso
l'isolamento e il lavoro quotidiano.

LA PUNIZIONE COME TECNOLOGIA DISCIPLINARE: secondo FOUCAULT con la nascita delle prigioni moderne
si assiste a una modalità nuova di punizione quella della tecnologia disciplinari il cui scopo è controllare e
sorvegliare il detenuto regolando le attività che lo riguardano. Con questo scopo viene finalizzata la struttura
architettonica del carcere che deve garantire la sorveglianza costante del detenuto ma nello stesso tempo
impedirgli di conoscere nel momento in cui viene osservato favorendo L'INTERIORIZZAZIONE DELLA PENA.
FUNZIONI MANIFESTE E FUNZIONI LATENTI: La definizione della funzione sociale del carcere rimanda una
questione generale ovvero lo scopo e il significato della pena, Le teorie retributive vedono nella pena la giusta
retribuzione del danno causato dal detenuto, proporzionale per entità alla gravità dell'infrazione commessa.

Il filosofo tedesco Friedrich Hegel per il quale l'applicazione della legge del taglione nei confronti del
colpevole, cioè il diritto riconosciuto a un soggetto che abbia ricevuto un danno da un'altra persona di
infliggere a quest'ultima un danno equivalente, costituisce il ripristino del diritto violato.

Le TERORIE UTILITARISTICHE considerano la pena giustificabile dal punto di vista della sua finalità sociali
definibile in tre diversi modi:

 Come forma di neutralizzazione del Reo e del pericolo che rappresenta;


 Come dispositivo di prevenzione dei reati;
 Come strumento di rieducazione e di recupero sociale dell'individuo condannato;

Lo scopo della pena è quello di impedire al Reo di effettuare i nuovi danni e lo studioso sostiene che soltanto
l'infallibilità e non la crudeltà gelatina può realizzare tale scopo. Una domanda frequente è se il carcere
assolve altri scopi non formalmente esplicitati punto una possibile risposta a tale interrogativo Viene
formulata da Durckheim che dopo aver affermato che la rottura del legame sociale è l'elemento che crea un
comportamento criminale, coglie nella sanzione inflitta al Reo una sorta di rituale collettivo in grado di
ripristinare questo legame. La sanzione rafforza i vincoli sociali affermando il valore delle norme condivise in
questo modo l'istituto del carcere ti viene un mezzo per ribadire la condanna sociale dei comportamenti
criminali: in questo modo la detenzione contribuisce a costruire la categoria sociale della devianza e
distinguere ciò che è lecito e ciò che non lo è.

Un sistema a livelli: la nostra esperienza sociale si configura fin dai suoi inizi come un’esperienza di
differenze; ci rendiamo conto che a questa differenza corrisponde una precisa collocazione su un ideale scala
sociale, alcuni gruppi o categorie sembrano disporre di opportunità e risorse che ad altri sono precluse. È
questo il fenomeno a cui facciamo riferimento quando parliamo di stratificazione sociale.la stratificazione
sociale può quindi definirsi come la presenza, all’interno della società, di una molteplicità di livelli, che si
distinguono tra loro perché comportano diverse possibilità di accesso alle risorse sociali.

La schiavitù: nel mondo antico, la stratificazione sociale è legata all’esistenza della schiavitù. Gli schiavi erano
persone private della libertà, appartenevano cioè ad altri individui che li utilizzavano per le mansioni
lavorative più faticose. Aristotele sosteneva che gli schiavi avessero un’anima razionale in completa, e perciò
difettosa.

Le caste: un’altra forma di stratificazione è quella per caste, tipica della società indiana. Si tratta di una
stratificazione molto rigida, legittimata su base religiosa: a una casta si appartiene per nascita e non se ne
può uscire in alcun modo. Esistono quattro caste principali. Spesso le caste si suddividono in sottocaste
inferiori, e questi in gruppi minori. Alla pratica della separazione, si associa la convinzione che ci si contamini
entrando in contatto, anche indiretto, con caste inferiori.

Classi e ceti: nelle moderne società occidentali, la stratificazione sociale assunto forme differenti, in
particolare quelle di classe ( concezione di Karl Marx) e di ceto ( introdotta da Max Weber).
L’ANALISI DEI CLASSICI : Marx e Weber

La prospettiva di Marx

La centralità del fattore economico: per Karl Marx il criterio che determina la stratificazione sociale è di tipo
economico: è il rapporto intrattenuto con la proprietà dei mezzi di produzione che decreta la classe di
appartenenza.

La “falsa coscienza” delle classi subalterne: la classe di appartenenza determina la posizione che un
individuo occupa all’interno della società. Marx parla questo proposito di “falsa coscienza”, condizione che
minaccia soprattutto i membri delle classi subalterni; il monopolio delle idee, esercitato da chi detiene il
potere, preclude la possibilità di prendere coscienza dello sfruttamento a cui sono soggetti.

La prospettiva di Weber

La revisione del pensiero di Marx: Max Weber ha affrontato il tema della stratificazione sociale. Accanto a
quello economico, infatti, Weber individua altri due fattori che determinano le differenze di livello tra i diversi
gruppi sociali: lo status e il potere.

Status e ceti: lo status È il livello di prestigio sociale detenuto da un gruppo o da un individuo, che costituisce
una variabile indipendente rispetto al reddito. Può succedere che individui gruppi di modesta condizione
economica godono di un certo prestigio sociale o, all’opposto, che è una grande ricchezza non garantisco uno
status corrispondente. la stratificazione in base allo status da luogo ai ceti, insiemi di persone che hanno uno
stile di vita simile.

Potere e partiti: nella società le posizioni sono diseguali anche in rapporto al potere; la lotta per la sua
acquisizione da origine ai partiti, ovvero gruppi di individui uniti da interessi obiettivi comuni che competono
tra loro per assicurarsi le leve della direzione politica o amministrativa in modo da portare a compimento i
propri progetti.

Una visione comune: sia Marx che Weber legano il tema della stratificazione a quello del conflitto: nella
società esiste una tensione tra i diversi soggetti e rispettivi interessi. ( per Marx fattore economico, per
Weber lo status e il potere)

IL SUPERAMENTO DELLE TEORIE CLASSICHE:

Un nuovo contesto storico-sociale: Per comprendere la diversità tra le teorie, occorre tenere presente che
l’indagine di Marx e Weber aveva come termine di riferimento un contesto storico sociale per noi ormai
lontano. La stratificazione che ha caratterizzato la società a partire dal novecento risulta diversa da quella
ottocentesca per natura ed entità. Essa ha diverse caratteristiche:

Coesiste con il principio, via via affermatosi nei sistemi giuridici dei vari Stati, dell’uguaglianza delle persone di
fronte alla legge della loro pari dignità morale;
Non viene legittimata su base filosofica e religiosa, ma come conseguenza delle stesse forme di organizzazione
sociale: potere, ricchezza e prestigio sono legati perlopiù a status acquisiti;
Ammette, almeno a livello teorico, la possibilità per gli individui di mutare la propria posizione all’interno della
scala sociale, fenomeno comunemente definito “mobilità sociale”.
I limiti della lettura Marxiana: la dicotomia marxista borghesia proletariato sembra infatti inficiata
dall’aumento, nei paesi occidentali, della consistenza numerica delle cosiddette classi medie, frutto della
nascita di nuove professioni legate all’evoluzione della tecnologia il crescente sviluppo delle organizzazioni.

LE CLASSI MEDIE COME NUOVO SOGGETTO SOCIALE

L’espressione classi medie indica la particolare collocazione nella società di una certa fascia di popolazione,
intermedia tra l’alta borghesia e la classe operaia. Ci sono la middle classes, indica le fasce di collocazione di
popolazione collocate tra le upper classes ,ovvero le classi alte e le working classes ,ovvero le classi operaie.

I colletti bianchi: scritto dal sociologo Charles Wright Mills. con l’espressione “colletti bianchi” l’autore
designa quelle categorie professionali che l’espansione della burocrazia pubblica e privata apposto come
cuscinetto tra la borghesia imprenditoriale e gli operai salariati ( impiegati, insegnanti, professionisti
impiegati) .

LA MOBILITÀ SOCIALE

Mobilità ascendente e discendente: un elemento che caratterizza la società contemporanea è il fatto che in
essa gli individui abbiano la possibilità di passare da una classe sociale all’altra e quindi di mutare la propria
posizione all’interno del sistema di stratificazione: tale fenomeno è denominato dai sociologi mobilità sociale.
Questa possibilità si può configurare sia come mobilità discendente (in mutamento verso il basso, che
peggiora la condizione dell’individuo) sia come mobilità ascendente (il mutamento verso l’alto, che pone
l’individuo in una posizione migliore). È principalmente alla mobilità ascendente che si riferisce l’analisi
sociologica. Nel mondo occidentale, la stratificazione coesiste con la possibilità di avanzare all’interno della
scala sociale.

Mobilità assoluta e relativa: occorre fare una distinzione tra mobilità assoluta, che è data dal numero
complessivo di persone che si spostano da una posizione sociale un’altra, e mobilità relativa che consiste nel
grado di uguaglianza delle possibilità di ciascuno di migliorare la propria posizione. Ed è proprio la mobilità
relativa che dobbiamo prendere in considerazione se vogliamo valutare la capacità di apertura di una società:
essa infatti potrebbe presentare un elevato tasso di mobilità, ma limitato a una particolare fascia della
popolazione.

LA POVERTÀ : La parola “povertà”ricorre con una certa frequenza nei nostri discorsi quotidiani e rappresenta
una categoria da sempre utilizzata per descrivere i processi di stratificazione all’interno della società. Ma chi
sono, oggi, i poveri?

La povertà assoluta:La forma più drammatica di povertà è quella caratterizzata dall’estrema indigenza, che
comporta la difficoltà a procacciarsi beni e servizi necessari per sopravvivere. Questa condizione è definita dai
sociologi povertà assoluta e consiste appunto nella mancanza delle risorse necessarie per soddisfare i
bisogni umani fondamentali (cibo, vestiario, abitazione).

La povertà relativa: il concetto di povertà relativa è stato introdotto dal sociologo Inglese Peter Townsend. Il
concetto di povertà relativa muove dal presupposto che La condizione di vita di una persona o di una famiglia
possa essere definita soltanto a partire dall’ambiente sociale in cui vive: in base a questa prospettiva si
definisce povero chi, pur potendo soddisfare i bisogni di base, non ha le risorse per raggiungere le condizioni
che sono abituali o prevalenti nella società di appartenenza.
I NUOVI POVERI: La situazione italiana: il concetto di povertà relativa ci permette di identificare una categoria
di persone che possiamo definire “nuovi poveri”. Si tratta di individui o nuclei familiari che vivono in
condizioni dignitose, per i quali tuttavia le opportunità e le comodità che qualificano il tenore di vita medio
di una società costituiscono un traguardo irraggiungibile. Tra i fattori più significativi associati alla condizione
di povertà ci sono l’elevato numero di componenti familiari e l’immigrazione.

La povertà fluttuante: una condizione tipica del nostro tempo, legata a fenomeni come la precarizzazione del
lavoro e le frequenti rotture dei nuclei familiari, è la cosiddetta povertà fluttuante, ovvero, il verificarsi di
condizioni di disagio economico temporaneo, più o meno prolungato. La perdita imprevista dell’occupazione,
un divorzio, o un abbandono da parte del partner possono esporre le persone, le donne in particolare a
situazioni di improvvisa povertà.

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