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356 A'1icinamento al restauro

brandiani, «istanza della storicità» ed «istanza estetica», ambedue da


tenere in conto e non eliminabili alternativamente a piacere, contrappo-
ste ira loro o, meglio. in attesa d'un efficace contemperamento.
Delle due posizioni la prima può apparire immediatamente accetta-
bile. perché legata ad un rispetto dell'antico di assoluto rigore e, special-
mente. perché ancorata alla 'stabilità' dei valori storici e documentari,
contro la seconda. riferibile piuttosto agli assai più opinabili, soggettivi e
mutevoii valori formali ed artistici. Non solo, ma in un momento di crisi
dell' estetica come quello attuale. si è portati a considerare, per certi
aspetti a ragione. la distinzione (sula base di una più o meno rilevante
qualità artistica' dell'oggetto) fra "capolavori' e produzione 'minore', fra
arte e ciò che 'arte' non è. una delle più gravi iatture per i beni culturali
nel loro complesso.
Fra i numerosi autori che hanno toccato questo argomento, rammen-
tiamo quanto scrive, ad esempio, Ezia Gavazza: «le conseguenze di una
estetica di questo tipo sono le più gravi. Nello spazio lasciato libero
dalla distanza che intercorre tra le opere d'arte assunte a capolavoro s'Á
perduta tutta una produzione giudicata 'minore', che dei 'capolavori' è
invece il tessuto connettivo I risultati sono disastrosi, lasciando ..
campo libero alla dissennata mercificazione antiquaria degli oggetti 'mi-
nori. L'autrice specifica inoltre come,in architettura, il peculiare tratta-
mento. in genere tutt'altro che soddisfacente, riservato «agli edifici con-
sacrati alla monumentalità dalla loro specifica collocazione storico-
ambientale e destinati a rappresentare il bello', l'importante'» si sia
attuato«ä scapito di tutto un tessuto urbano sulla cui non dichiarata e
non accreditata monumentalità si poteva intervenire distruggendo»". La
proposta è «che si debba partire negando un valore acquisito, quello cioè
dell'opera d'arte che ha troppo spesso portato con sé il concetto di
feticcio sacrale». per lasciare spazio al valore, sostanziale e non «acquisi-
to, di bene culturale-storico-sociale.
Irischi di un'errata valutazione estetica sono infatti questi e, per certi
aspetti. ancora più gravi: mentre si ratifica la dispersione commerciale
dei beni artistici minori', fino ai più piccoli oggetti mobili, o la rovina
degli antichi tessuti urbani, anch'essi composti da un'architettura eviden-
temente 'minore'. ancor più si trovano giustificazioni per restare indiffe-
renti di fronte alla cancellazione dei segni della storia sul territorio
tracciati viari, antiche colture, vecchi insediamenti industriali o manufatti
di servizio per non parlare della perdita delle tradizioni popolari,
minori' anch'esse. fino agli stessi vecchi mestieri", beni culturali doppia-

Brandi. Teoria (1963) 1977. p. 6: ID., voce Restauro (Concetto del restauro; problemi
general1j. in EnciciOPE DIA Universale dell'Arte, vol. XI, Venezia-Roma 1963, coll.
323-332
.E. Gaveza. Lna politica dei beni culurali per la Liguria, in «indice per i beni culturali
dei lerritorio ligure, . 1976, 1. p. 4.
Cfr. le considerazioni a riguardo svolte in G.C. Argan, Giro d'halia in arte-bus, in
L'Espresso XXIV. 1978, 9. pp. 85 e 91
Restauro, conservazione, ripristino 357

mente preziosi, Come


testimonianze del fare umano
tecniche' propriamente di restauro.
e come specifiche
Non è negando il
problema potrà
riconoscimento dell'opera
d'arte. però, che
essere risolto e
neppure ricusando i diritti dell'intervento
volto, oltre che a conservare fisicamente, anche a
di una mutila immagine artistica'. restituire la leggibilita
Se il ripristino di
«fantasia» come quello che si richiedeva a
Michelangelo per il Torso del Belvedere- e quello «analogico», in stile,
di tipo ottocentesco, sono oggi, almeno teoricamente. fuori discussione,
non è detto che per un eccesso di prudenza (in
quanto tale già cultural-
mente non giustificabile) nei riguardi d'ogni apporto moderno che abbia
rilevanza visiva, si debba escludere dal restauro
qualunque interesse per
la figuratività dell'oggetto e per la resa estetica' dell'intervento,
quindi
ogni impegno 'ereativo' criticamente fondato.
Su questo punto diversi autori" si sono espressi ripetutamente edè
opportuno essere molto chiari per evitare fraintendimenti. In ragione
della doppia polarità, storica ed estetica, cui l'oggetto di restauro ri-
sponde, si tratterà prinma d'agire in modo che, nel caso sorga un contrasto
fra le due (come, ad esempio, di fronte ad un problema di rimozione
d'alcune ridipinture da una tavola) si possa definire volta per volta quale
debba prevalere; di stabilire poi le linee dell'intervento, senza affidare
deleghe in bianco a 'specialismi' estrinsecie parziali di qualsiasi tipo, ma
conservando chiaro il compito di coordinamento ed, alla fine dei conti, di
proposta e di scelta, a chi - persona o gruppo di lavoro- abbia
primarie e intrinseche competenze storico-critiche e, nel caso dell'archi-
tettura, anche progettuali".

Carta di Venezia (1964), art.9, «... scopo [del restauro] è di conservare e di rivelare i
valori formali e storici del monumento..»; Carta del Restauro 1972, art.4, «... s'intende
in efficienza, a facilitare la lettura e a
per restauro qualsiasi intervento volto a mantenere
trasmettere integralmente al futuro le opere ...),
L a «più grave eresia del restauro» secondo Brandi, Teoria (1963) 1977, p. 26 e, sul

restauro per «analogia», pp. 16-18. a riguardo: R. Pane, Il


Ricordiamo solo alcune tra le più significative proposizioni
restauro dei monumenti, in «Aretusa», 1944, 1, ripubblicato in Architetura e arti figurative,
non consisterà nella sistemazione nelle
Venezia 1948, alle pp. 7-20 («la maggiore difficoltà
nell'attribuire una forma estetica a tutto il vasto
bensi
parti superstiti dei monumenti.. Architettura e restauro,
Venezia 1959, specialmente il cap.
nsieme», p. 17); R. Bonelli, 13-29 («processo critico il quale si trasforma
in
r e s t a u r o come forma di cultura) pp. condotto sulla traccia della
il ripercorrimento dell 'immagine
processo creativo quando da distruzioni o da ingombri
visivi», p. 16) ed anche ID.
Iorma figurata si trova interrotto
in ENciCLOPEDIA Universale dell'Arte, vol. XI,
Restauro (Il restauro architettonico),
Voce 344-351; L. Crema, Monument
e
restauro, Milano 1959 («il
Venezia-Roma 1963, coll. un attivo atteggiamento critico che al suo
d'arte, in
sensibilità
restauro va condotto con

limite diventa opera creativa», p. 105). sempre un giudizio di


valore
Teoria (1963) 1977, pp. 35 e 44 («E insomma nella conservazione o nella
Cfr. Brandi, altra istanza
dell'una o dell
Che determina la prevalenza

remozione delle aggiunte», p. 44). rigida chiusura disciplinare


specializzazione d'una troppo
e
Sui rischi d'un eccesso di Al di la del r e s t a u r o architeonico,
10
Zander,
osservazioni in G.
del restauro v. le illuminanti
.

D
Restauro, conservuzione,
ripristino 359

orientamento. Il
punto qualificante
critico, è nella
drastica distintivo, rispetto al 'restauro
e

storico-critico di valore: separazione


o fra atto di
restauro
storica, come invece è 1'intervento non discende da una giudiZ10
e

decenni del avvenuto di norma


valutaZione
nostro secolo. nell'Ottocento e nei primi
Secondo la
concezione del 'restauro
(in specie romanico 0 stilistico' il monumento antico
cultura del tempo, solo gotico)
è
nella sua apprezzato e
considerato efficace. la
inteso in termini veramente compiutezza formale. Esso quindi per none
puramente letterario. Questo èscientifici,
il primo
ma
emotivi, spesso di carattere
gli apporti del 'restauro stadio. In seguito, con C. Boito e
mantenere tutte le filologico' ('meglio conservare che restaurare,
stratificazioni storiche che abbiano
emerge un evidente contrasto fra teoria significato' ecc.)
l'attività di
quello studioso, teso a porsi in
e
pratica, rilevabile in tutta
due istanze, la storica situazione intermedia fra le
(che condurrebbe alla
(mirata piuttosto al restauro/mutazione). La conservazione) e l'estetica
leggere la storia come una gerarchia di valori e pretesa
di
che sia possibile
eventi riconducibili ad
una propria, intrinseca razionalità è il fattore che
ancora unisce il
stauro stilistico e quello re-

A
filologico.
parteJ. Ruskin, l'atteggiamento che fa discendere dal
storico-estetico l'operatività del restauro non ha eccezioni; giudizio
esso
vitale, almeno in termini teorici, fino al 1920 circa. prosegue
dagli sviluppi della riflessione storiografica moderna, Dopo
viene superato
considerare sorpassate, afferma Bellini, anche le sviluppi tali da far
restauro critico', ancora fondate su posizioni del successivo
tenuti di tale orientamento filosoficopresupposti
idealistici mentre i con-
Inoltre Ruskin aveva intuito con
oggi non sarebbero
più condivisi.
grande anticipo che la tutela va anche
pensata in termini di valutazione economica e sociale dei beni culturali.
posizione riemersa in piena luce solo di recente.
Esistono davvero testimonianze rilevanti ed altre non altrettanto
importanti in storiografia? Per rispondere positivamente si dovrebbe
asserire la possibilità d'una 'conoscenza totale' del mondo storico, cosa
che la riflessione storica attuale nega. I giudizi storiografici sono d'ordine
relativo, in funzione del materiale documentario, degli orientamenti e
della formazione dello storico-ricercatore, dello scopo stesso della ri
cerca, della temperie culturale nella quale essa si svolge. La conoscenza
che si ha del passato è sempre limitata; ne consegue che l'operatività di
restauro non può né deve nascere e svilupparsi dalla storiografia.
Vale più il quadro di Raffaello, ci si potrebbe domandare provocato-
riamente, o il bidone della spazzatura? La risposta può variare in fun-
zione degli interessi dello storico (ed in effetti oggi, in campo archeolo-
alimentari, consentito dallo
gico, lo studio dei residui, anche soltanto
cloaca possono darci interessanti
Scavo stratigrafico d'un pozzo o d'una
come ci dimostra la recente vicenda
notizie, in altri tempi impensabili,
sulle antiche fogne del Colosseo in Roma). Da qui l'affer-
dell'indagine
360 A'vICnamento al r'Cstauro

mazione della relatività e provvisorietà della gerarchia di 'valorT che ne


discende
Se non si conosce l'intero processo storico non si può giudicare;
1noltre oggi non si erede più alla storia come processo razionale, vecchia
1dea che accomuna, sulla scorta del pensiero hegeliano, idealisti e marxi-
Sti. I frammenti di conoscenza rimangono tali, analogamente a quanto
dovrà avvenire dei frammenti di un'opera architettonica o artistica.
Igiudizio storico-critico, in breve. non esiste; esso è un'invenzione
1dealistica e positivistica ottocentesca. La storia non è operativa; l'affer-
mazione secondo la quale historia nagistra vitae non ha più senso per
noi. almeno dal secondo quarto del nostro secolo. La storia ha solo il
compito di consegnarci dati e frammenti che ci aiutano a meglio com-
prendere la situazione presente; essa è, insieme alla natura, una fonte di
conoscenza che consente di orientare, ma solo in senso generalissimo, le
scelte.
Non è un caso che la storiografia nazionalistica ottocentesca muoia
dopo il 1918 e che sorga. nel giro di pochi anni, la scuola delle «Anna-
les. la nouvelle histoire volta ad indagare i fenomeni quotidiani, diffusi,
di lunga durata e non gli avvenimenti 'rilevanti' e
'singolari' (in qualche
modo assimilabili ai tradizionali 'monumenti').
Il documento materiale, come
già quello scritto per la filologia
ottocentesca, assume il valore di una fonte autentica d'informazione, che
puo essere interrogata in maniera sempre nuova e diversa, che non ha,
quindi. limiti nella sua potenzialità documentaria e testimoniale. Il re
stauratore, di conseguenza, se non vuole che tale potenzialità corra i
rischio d'essere annullata, deve trasformarsi in conservatore, anche in
funzione di un accorto riuso, che non è, però, quello propagandato da
moiti urbanisti e architetti militanti.
Isegni stessi del decadimento hanno importanza storica e vanno
conservati. a meno che essi non siano causa di successivo degrado. Ogni
nuovo intervento doVrà essere compatibile con la materia antica e non
implicare pericoli ulteriori. In questa prospettiva la presentazione del
monumento conservato costituirà un altro problema, in gran parte d'in-
venzione del nuovo, da aggiungere all'antico e da non intendere mai
come sostituzione o sottrazione di materia
originale.
La storiografia odierna cerca di capire e non di valutare o giudicare; è
l'eterno problema della filosofia della conoscenza ancora rimasto, dal
l'antichità greca ad oggi, irrisolto. Oggi la conoscenza, continua Bellini, è
intesa soprattutto come momento di analisi che non pone giudizi, ma
propone possibilità. Di conseguenza, nel restauro, dalle conoscenze
storico-critiche bisogna passare a privilegiare quelle scientifiche.
Tutto ciò mortifica il restauratore (specie se
architetto), la sua opera,
la sua creatività? Certamente no, anche
perché conservazione si
la opera
sempre attraverso l'aggiunta e non l'eliminazione o la sostituzione. In
questo senso l'intervento sarå sempre spontaneamente attuale e
schiettamente moderno, originale perciò
e
personale, pur senza essere invasivo.
Restauro, conservazione, ripristino 361

In certi casi, quando sia impossibile fare altrimenti, quando proprio


non si possa conservare, per motivi tecnici od economici, si sostituisca.
si lasci perire l'oggetto. In altri casi, per inserire nuovi elementi indispen-
sabili all'uso (impianti, servizi ecc.) bisognerà prevedere qualche sacrifi
cio ma sempre nel rispetto del 'minimo intervento'. Le aggiunte saranno,
tuttavia, autonomi atti creativi, distinti dalla conservazione.
Comune con il neoidealismo è l'affermazione che ogni fatto storico è
fatto singolare ed ha importanza in sé, che non sono consentite generaliz-
zazioni, astrazioni e 'tipologizzazioni' di qualsiasi tipo. Quanto all'archi
tettura risulta evidente come essa non si esaurisca in se stessa, ma abbia
sempre connessioni di tipo urbanistico; inoltre l'esigenza di tutela è
riferibile a qualunque tipo d'oggetto, non ad oggetti particolari e sepa-
rati. È inutile, quindi, riservare fondi alla tutela di beni 'speciali" (i "beni
culturali' propriamente detti) ma bisogna tutelare tutte le 'risorse' della
collettività; bisogna porre un freno ai consumi incontrollati ed alla
produzione illimitata; bisogna rifiutare il consumismo e porsi il problema
della 'durata' delle cose che ci attorniano, che già a suo tempo J. Ruskin
(la cui eco in tutte queste proposizioni è fortissima) aveva sollevato in
clima d'incipiente industrializzazione.
L'intervento minimale e fondamentalmente conservativo è quello,
sotto l'aspetto sociale ed economico, oggi più conveniente.
Per concludere, il restauro deve porsi come un momento di con0
scenza, non come atto risolutivo e conclusivo della storia dell' oggetto;
esso è da intendere come un processo aperto che pone elementi futuri di
conoscenza.
Se le teorie del restauro non hanno mai trovato sostanziale applica-
zione, è perché sono state travisate dagli operatori, i quali, nella grandis-
sima parte dei casi, non avevano nessuna coscienza teorica. Si tratta
dunque di formare restauratori sensibili e preparati, con un'ampia speci-
ficità disciplinare che consenta loro di essere sicuri coordinatori* dei
tecnici più diversi. Né il restauro dovrà estraniarsi dai meccanismi della
produzione economica, anzi il suo imperativo, oggi, è di porsi come scelta
politica', una politica contraria allo spreco delle risorse e capace di
confluire, in ultimo, nell'ecologia"'.

"Per una breve rassegna delle posizioni contrapposte di "restauratori" e tconservatori',


condotta secondo l'ottica appena enunciata, v. A.LC. Ciribini, Conservazione recupero
restauro. Precisazioni sullo stato atuale delle discipline del costruito, Firenze 1991, in
specie le pp. 23-49 (1. Aporie e sviluppi delle discipline del costruito), ove gli uni sono
coloro che si richiamano ad un giudizio storico-critico «per individuare ciò che deve
essere conservato e restaurato (restauro) e ciò che puð essere modificato (ristruttura-
zione) e, ancora, per determinare la misura di tale modificazione» (R. Di Stefano, p. 28);
che, comunque, non reputano «che qualsiasi trasformazione o aggiunta sul patrimonio
edilizio sia», di per sé, «da considerare come testimonianza di storia e pertanto non
sopprimibile» (S. Casiello, p. 32); che vedono, in buona sostanza, il restauro coincidente
con lo stesso esercizio critico» (F. Gurrieri, p. 35). Gli altri «coloro che individuano in
ogni stratificazione e in ogni aggiunta, in qualsiasi fabbrica, senza discriminare valori
qualunque, per la relatività e la reversibilità del giudizio storiografico, le condizioni per il
riconoscimento paritetico degli apporti disciplinari (da quelli storici a quelli tecnologici) al
Avicimamento stl tauro
362
Dezzi
Bardeschi hi ricordiamo
di iserio del buon
Semiserio
pensiero
sintesi
del
Quale concret
« p r o - m e m o r a .

suo
proposizioni
dal
invece alcune ce oggI piu
posto Der

non
Testauratore:
disciplinare
del
restauro
'rilazioni'
o per
qualsiv sivoglia ope-
Nellambito estemporanee
conseguente
TiproduZione del
per
disinvolti "ripristin remozione/sostituzione
e di
con l'impegno civile,
1'7
di coincidere
. . .

tatione.
non può che c o n s e r v a z i o n e
dell'esi
Cstruto. Il restauro oggi alla
effettiva
tecnico, di tutte le strategie
e
deontologico a punto
Culturale,
con l'impegno
alla messa
dell'obiettivo di garantire la
Stete e dunque conseguimento vista della
il a noi in
CIentitiche disponibilh per è guntO
Iino

fisico-materica di ciò che


Permmanenza

al futuro0. ê perduto per


architettura
fisica si perde un che possa alimentare la
SUa
trasmIssione
in
che. di
consistenza

2. Ciò possibile
arte magica
perdute del
Non c'è alcuna vila le componenti
SCmpre. richiamare in
di testimonianza materica e
ingenua nostalgia .

come
Quest'ultimo sopravvive
nostro passato. SIngolare, irriproducibile
fsica.
sintutura solo in quanto persistenza e
dall'uomo . .

dal tempo
materia provata,
contrassegnata
esistente e s'impegna a rispet-
contesto fisico
3. li restauratore opera sul costituisce il patrimonio com-
conservarlo. L'esistente
tarlo, conoscerlo e
risorsa, caratterizzata dall'es-
insostituibile
società, la sua
piessivo di una
irripetibile... in una parola irripro-
sere comunque singolare, unica,
ducibile. sottrae autenticità e auto-
falsa descrizione'
La riproduzione come
valore storico che valore d'anti-
4
fabbrica, inganna e mistifica sia
rità alla
e penalizza lo stesso mortifica
sostituendovisi
-

chità
-

e comunque
progetto del nuovo.
si identifica con la tutela attiva
5. La corretta pratica-teorica del restauro
l'ulteriore mano-
attraverso la cura, la manutenzione e non
e tempestiva,
nella paziente ricerca dei modie delle
cause
missione. La cura si esplica
del degrado, e nella punto di adeguate discipline
progressiva messa a
analitiche (rilievo materico e tecnologico, tecniche di ascolto diagnostico,
elaborazione del conseguente pro-
indagini non distruttive, ec.) e nella

fine di conservare, nella consistenza fisica delle opere, l'autenticità di queste» (p. 29); in
essi a concienza della -paradossalità» dell'assunto della conservazione integrale ha
portata al rifiuto, comunque, di ogni tesi di «natura totalizzante», per cui, ammesso che
qualungue intervento modifica la realtà», ne discende che pur «nel più conservatore
dei testauri cistono momenti progettuali e quindi creativi», oppure che «la pratica della
coserazcee non esclude a priori la trasformazione voluta; tende a minimizzarla e
subordinaria a valutazioni che non provengono da premesse ideologiche, soggettlve
( c e sono qucile estctiche) per riferirisi a ragioni che hanno un grado di temporanea
oggettività (sl degrado irrecuperabile della materia) o taluni confini di oggettività, come
cgni itaii (A. Bell1ni, p. 33).
Con i che mi sembrá che lintera questione si rimetta in movimento e che si torni a
progoTe nuovamente criteri di giudizio e di scelta, meno
'ideologici' forse, ma non per
questo necessariamcnle pru appropriati alle ragioni di fondo della tutela.
.
364 Avicinamento al restauro

si vede, molte delle convinzioni espresse sin qui


da A. Bellini e
M.
Come
Dezzi Bardeschi" si ritrovano nell'idea di restauro come 'pura conser-

Vazione o integrale' che abbiamo visto delinears1,


come 'conservazione
Chirici, M.
nella sua versione moderna, sin dai primi annisaldamente(C.
Settanta
Calvesi, M. Gregori, A. Conti) e che risulta collegata alla
crisi delle estetiche filosofiche in genere ed, in specie per PItalia, al
dissolversi dell'eredità crociana oltre che all'emergere di nuove, empiri
che metodologie critiche". Ad essa si accompagnano motivi di rinnovato
interesse per la ricerca filologica, vivificata e rafforzata dai moderni
sussidi delle scienze naturali, una diversa sensibilità storica che, recla
mando il rispetto dell'opera nella sua totalità e, quindi, anche nei suoi più
minuti valori documentari, faceva dire a G.C. Argan che nel campo
dell'arte 'tutto significa', 'tutto è artistico', anche le materie, le tecniche, i
supporti,. gli schemi tipologici o iconici, perfino lo stato di conservazione;
iniine indicazioni strettamente conservative mutuate dal dibattito urbani-
stico e sociologico in materia". Sul piano operativo, più che su quello

nel gratuito», p. 13: la risposta, secondo l'autore, è prima nel cauto buon senso, non certo
in affermazioni assolutizzanti, poi nel «progeito di restauron svolto secondo un codice non
espressivo, ma ordinatorio e descrittivo», con l'obiettivo di assestare «le tracce del tempo
in un organismo senza sostituirlo con un altro o, all'opposto, imbalsamarlo», p. 17).
Del medesimo autore si v. anche Note per un superamento dell'antinomia 'restauro-
conservazione', in SAGGI in onore di Renato Bonelli («Quaderni dell'Istituto di Storia
dell'Architettura», n.s.. 1990-92, 15-20), a cura di Corrado Bozzoni, Giovanni Carbonara,
Gabriella Villetti. pp. 889-892.
Sulla medesima linea di ricerca si collocano, con orientamento nettamente teorico, la
prima parte del libro di B.P. Torsello, La materia del restauro. Tecniche e teorie analitiche,
Venezia 1988, pp. 7-112 e, con taglio più operativo, il poderoso volume di G. Rocchi,
Istituzioni di restauro dei beni architettonici e ambientali. Cause - Accertamenti- Diagnosi
- Prevenzione Interventi - Collaudi, seconda edizione, Milano 1990. Va menzionato,
infine, l'intero MaTERiIA Signata-haecceitas. Tra restauro e conservazione, a cura di Roberto
Masiero e Renata Codello, Milano 1990, ove i due termini filosofici, riferibili a Tommaso
d'Aquino il primo e a Duns Scoto il secondo, stanno a significare due modi contrari di
rapportarsi al passato, uno attento alla complessa storicità del testo materiale, stratificato
e segnato dal tempo, l'altro all'ultima configurazione da esso raggiunta ed, in sostanza,
alla sua forna attuale.
A tale orientamento sono improntati, nel loro complesso, i lavori di C. Chirici, Il
problema del restauro, Milano 1971; M. Gregori, Per la tutela dei beni artistici e culturali,
editoriale in «Paragone», XXII, 1971, 257, pp. 3-18; M. Calvesi, Prefazione (non firmata)
a M. DvoYák, Catechismo per la tutela dei monumenti, inserto redazionale in «ltalia
Nostra», XIV, 1972, 96, pp. 3-4; A. Conti, Storia del restauro, s.l. s.d. [ma 1973]. Cir.
inoltre M. Tafuri, Teorie e storia dell'architettura, Bari 1968, p. 13 («Né è più possibile
rifugiarsi in quella che, per tradizione, è stata la valvola di sicurezza della critica: il
giudizio assolutorio o di condanna sull'opera in sé»; nonostante ciò «non vorremmo si
equivocasse: non intendiamo affatto dire che il giudizio debba essere eliminato in una
sorta di limbo relativistico ove tout se tient». Si contestano piuttosto gli atteggiamenti
dogmatici della critica, considerati assurdi di fronte all'attuale sconcertante panorama che
induce ad una sorta di provvisoria sospensione del giudizio» e ad una rimeditazione sui
significati intrinseci della critica stessa) e M. Calvesi, Riscoprire il ruolo del museo, in
Corriere dellasera», 6 aprile 1975 (il «e'critico [deve poter] dire la sua non già emettendo
verdetti di qualità o pronunciamenti di fede... ma estraendo.. il senso di un discorso, di
un tema, di un assunto»).
2Cfr. gli enunciati della Dichiarazione finale del Convegno di Gubbio in SaLVaGUAR-
Restauro, conservazione, ripristino 365

delle motivazioni ideali, ne consegue una rivalutazione del metodo filolo-


gico, inteso in senso più restrittivo e radicale, associata ad una condanna
senza appello che investe ogni successiva formulazione, tanto quella del
restauro critico che, in molti casi", la stessa teoria di Brandi; ma è
nell'episodicità delle proposizioni costruttive e distruttive di questa rin-
novata concezione che si nota, accanto ad una sostanziale incomprensio-
ne se non ad una forzata interpretazione del pensiero altrui", la debo-
lezza di un assunto non ancora pienamente espresso o maturato, almeno
fino alle successive puntualizzazioni di cui s'è appena detto.
Nei capitoli precedenti abbiamo tentato di dare risposta alla partico-
lare visione 'critica' della storiografia e del restauro, concludendo nel
senso, però, che non il 'giudizio' in sé sia in crisi, ma solo la formulazione
filosofica o estetica (non quella empirica) di tale facoltà di giudizio tanto
che, in effetti, a tutt'oggi fra il dipinto di Raffaello ed altre cose, come il
bidone della spazzatura prima rammentato, sembra potersi rilevare an-
cora una notevole, quasi 'oggettiva', differenza.
Riportiamo, a conferma, il parere d'uno studioso d'architettura come

DIA e risanamento dei centri storici, Gubbio 17-18-19 settembre 1960, in «Urbanistica»,
1960, 32, pp. 65-100 (Dichiarazione, pp. 66-67) poi la bibliografia riportata in G. La
Monica, Ideologie e prassi del restauro, Palermo 1974 e, più ampiamente, in A. Giuliani,
Monumenti, centri storici, ambienti, Milano 1966.
2 Ci r i f e r i a m o in p a r t i c o l a r e a Chirici, I l p r o b l e m a 1971 e Dezzi Bardeschi, Restauro:

punto e da capo 1991.


Cfr. le argomentazioni in Gregori, Per la tutela 1971, specie alle pp. 5-10.
Ci si riferisce al passo di G. La Monica (Ideologie 1974) che, ricordando Brandi come
fondatore di un valido «statuto teorico-scientifico» del restauro e come colui che ha
stabilito rigorosamente la difesa della «totalità... di opera e contesto» (p. CXXXI) contro
«mitizzazioni, mistificazioni, ontologismi, ideologemi» (p. CXXXII) di proposte «estetiz-
zanti» e «ri-creative» (p. CVI), funzionali «non solo al gusto antologizzante ma anche alla
mercificazione delle classi dominanti», alla «logica del possesso e del privilegio», osse-
quenti davanti ai «tentacoli della speculazione» (p. CVI), discute il capitolo quarto della
Teoria ove, tra l'altro, si affronta il tema della riconoscibilità delle parti di restauro
rispetto a quelle originali (p. CXXXIII). Con ampie citazioni brandiane, che noi ripor-
tiamo in corsivo, l'autore scrive: «Il restauro può solo collocarsi nel 'presente stesso della
coscienza ricevente', la sua attività non deve porsi come segreta e quasi fuori dal tempo,
ma dare modo di essere puntualizzata come evento storico, quale essa è, inserita nel
processo di trasmissione dell'opera d'arte al futuro', e deve quindi, manifestamente
differenziarsi nelle zone restaurate e deve conservare alcuni 'campioni dello stato prece-
dente' al restauro: nel rispetto della 'complessa storicità' dell'opera d'arte» e subito dopo
aggiunge, di suo, «contro ogni estetismo destorificante, mitico-mistagogico», Trascura
però di completare la citazione di Brandi che, dopo aver accennato ai campioni da
conservare, così prosegue (Teoria (1963) 1977, p. 27): «Naturalmente, per quest'ultima
esigenza, non si può dare più dell'enunciato generale, in quanto è opportunità da vagliare
caso per caso, e non mai a dispetto dell'istanza estetica a cui spetta sempre la preceden-
za»; con il che è liquidato il taglio 'pan-conservativo' entro cui si cercava di costringere il
pensiero brandiano, a scapito di ogni interesse valutativo, di giudizio e, diciamo anche,
«ri-creativo».
S i deve in ogni caso dare atto a G. La Monica di avere per primo tentato una
reinterpretazione, in chiave strettamente marxistica, dei problemi interessanti il restauro,
visti in un'ampia prospettiva storica, dall'antichità romana e greca ai nostri giorni, con
l'attenzione costantemente rivolta ai condizionamenti della struttura economica e dei
rapporti fra le classi sociali.
366 Ainameno al rexauro

Arnaldo Bruschi, privo oltretutto di particolari interessi nei confronti del


restauro: egi, ragionando da puro storico e senza curarsi delle possibili
thcadute operative delle sue affermazioni, serive che «i due compiti
fondamentali dell'attività storica in generale» sono, dopo aver indagato
fatti con la massima ampiezza e accuratezza filologica, cercare, in
primo luogo, di interpretarli, di spiegarli storicizzandoBi ... in secondo
uogo, di esprimere su di essi, più o meno esplicitamente e pur con i più
diversi metodi critici e con i più disparati parametri, una valutazione, un
giudizio Crediamo ancora, in altri termini, che, come è stato più volte
ffermato, "non si dà storia senza critica e viceversa"; la nostra convin
7ione è che, addirittura, non sia concretamente possibile fare storia
Timunciando alla 'critica', che può essere implicita ma, in qualche modo,
esiste sempre: anche se non se ne è consapevoli e se ci si illude di essere
meri espositori di dati e di fatti, completamente 'oggettivi... In partico-
lare ci sembra limitativa e deviante la tendenza a ridurre l'architettura
essenzialmente aila sua (sola) fisicità di materiali, di tecniche e di strut-
ture. Questo atteggiamento è certo molto indicativo della attuale situa-
zione di crisi di ideali, di incertezza e, non di rado, di confusione di idee.
Riducendosi alla sola costatazione dei dati "oggettivi", fisicamente riscon-
trabili, si presume di stare al sicuro da ogni 'errore' soggettivo. Si tratta
però in molti casi anche di un ritorno, di fatto, a posizioni positiviste
anteriori. al Giovannoni e certo assai più anguste di quelle che ..
concentrano l'interesse sugli aspetti visivi, i quali, dopo tutto, è bene non
dimenticarlo, possono non essere, certo, i soli valori dell'architettura, ma
sonoquelli che in più larga misura e nell'interezza del processo storico..
sono portatori di altri valori e sono quelli che vengono colti e più
largamente fruiti da tutti».
Questa lunga dichiarazione di metodo ha per noi il senso d'una
precisazione utile tanto nei confronti degli assunti della pura conserva-
zione quanto di quelli inerenti al restauro visto come manutenzione/ripri
stino, da una parte tramite il richiamo al giudizio critico, dall'altra a non
assolutizzare la sola «fisicità di materiali, di tecniche e di strutture»
dell'opera
A. Bruschi, Problemi e metodi di ricerca storico-critica sull'architettura, in SToRIA e
restauro dell architeura. Proposte di metodo, a cura di Gianfranco Spagnesi, Roma 1984
Pp. IS-34 (il volume raccoglie ed integra alcuni dei contributi presentati in occasione del
XXI Congresso di Storia dell' Architettura, Roma, 12-14 ottobre 1983, sul tema Storia e
Restauro dell'Architettura: aggiornamenti e prospetive'); la cit. è da p. 21, ma l'autore
forna sulf'argomento più volte,
prima per riaffermare la 'storicità' propria del giudizio
feKgni volta, anche hasandosi sugli stessi dati, proprio con diverse interpretazioni e giudizi
reinvenia la storia», p. 31), vale a dire quella 'relatività' del giudizio di cui parla Bellini
(ma ben presente già in B. Croce, nella nota affermazione per cui ogni storia è 'storia
prescnte, la qualc non ha, tuttavia, inficiato le prime affermazioni, proprio su base
crociana. del restauro critico); poi per ribadire che «non tutte le architetture sono dello
sesso livelio qualitativo» (p. 32). Nello stesso volume A.M. Romanini, Storia dell'arte e
siTia dell archuetura, pp. 35-49, richiamato il concetto di «monumento come documento
e dunque come testo", si
propone d'illustrare «ciò che distingue il rispetto per il testo dal
"conservatorismo ad oltranza"» (p. 37).
Restaur, cmmerva:inme ripristin 367

Citando Maurizio Calvesi come «uno dei piu appassionati assertori


della storicità, anche odierna, del restauro, e del restauro come conserva-
zione della 'totalità' naturale-culturale. antropologico-storica dell'opera
d'arte», G. La Monica giustamente clogia uno dei più lucidi sostenitori
di questa moderna concezionc; fra i suoi contributi. particolarmente
significativa è la prefazione, non firmata ma sua. al Catechismo di Max
Dvorák. pubblicato sul Bollettino dell'Associazione 'ltalia Nostra' nel
1972. In essa leggiamo, con riferimento a chi assolutizza il rapporto col
passato, che «il fanatico dei ripristini e lo sventratore sono animati da
una ideologia uguale e solo apparentemente contraria: lo sventratore
giudica monumenti e testimonianze del passato alla stregua di un puro
ingombro, nella corsa verso un avvenire che esige strade diritte e veloci:
il fanatico del ripristino è proiettato verso un passato remoto non meno 264-265

mitico ed astorico, in una fuga altrettanto inconsulta e fretolosa.. Ma


accanto a sventratori, cattivi restauratori e commercianti d'opere d'arte.
agisce un'altra categoria assimilabile allo stesso «quadro clinico: gli *ab-
bellitori. Mentre il ripristinatore mitizza il passato remoto e lo sventra-
tore l'avvenire, gli 'abbellitori' vivono in chiave mitica. ovvero anti-
storica, il presente. Non avvertendo infatti la condizione culturale del
nostro tempo, si chiedono perché mai il talento artistico dei contempora-
nei non possa e non debba misurarsi con quello degli antichi come se a
questo perché non fosse sufficiente a rispondere. con la sua inquietante
diversità' e incompatibilità, tutta l'arte contemporanea. Gli "abbellitori"
sono coloro che introducono disinvoltamente nelle chiese antiche dei
manufatti artistici contemporanei»".
Molto efficace è la collocazione. lungo un unico asse di distorsione
storica, dei fanatici del ripristino, in fuga verso un passato mitico. degli
sventratori, in corsa invece verso il futuro, e degli abbellitori, mitizzanti
in forma antistorica il presente; ciò permette a Calvesi di coinvolgere
atteggiamenti solo apparentemente diversi in una critica complessiva
rivolta a chi (architetto, politico, burocrate, ecclesiastico o uomo 'pratico
che sia) volutamente agisce in spregio alle ormai solide acquisizioni della
cultura storica. Ma se sventramenti e ripristini in stile sono, almeno in
sede teorica, quasi universalmente condannati, l'opera degli «abbellitori»
richiede, prima di essere proscritta, una maggiore attenzione: «gli "abbel-
litori' sono coloro che introducono disinvoltamente nelle chiese antiche
dei manufatti artistici contemporanei», se la condanna sta nella 'disinvol-
tura' dell'intervento, cioè nel fatto che esso si ponga casualmente, sul
piano del più opinabile ed incontrollato gusto arredativo, ogni possibile
obiezione cade e ci si può dichiarare immediatamente d'accordo.
Se però, come sembra si possa intendere, riconsiderando la frase
immediatamente precedente che sottolinea l'«incompatibilità» di 'tutta
l'arte contemporanea rispetto a quella antica, si vuole riconoscere l'intol

La Monica, Ideologie 1974, p. XIX.


Calvesi, Prefazione 1972, pp. 3-4.
etauro), ervuziune, r1pristin 369

attraverso il progressivo disfacimento al rischio», con il che siamo di


nuovo al punto di prima c,
quindi, al problema del restauro visto nella
sua doppia polarità storico-estetica e critico-creativa.
I dilemma fondamentale. conservazione o intervento. storicita
esteticitå del restauro, resta comunque sempre presente e non basta a
risolverlo negare uno dei termini, agendo, da un lato,. da disinvolti
innovatori e dall'altro da accaniti conservatori: eso puoe deve essere
affrontato ogni volta con un atto cd una scelta critica che. in quanto tale.
èsoggettiva, ma non
per questo infondata o
arbitraria
Nel restauro, come nella critica e nella storiografia. quando essa non
voglia ridursi a mera cronaca o nuda elencazione di fatti. ma forse
neanche in quel caso, il momento della scelta e della selezione è inevita-
bile: si tratta solo di condurlo secondo criteri di cultura. anche se
storicamente condizionati, e non pseudoculturali (rappresentativi. simbo-
lici) o peggio, anticulturali (utilitaristici, commerciali. affaristici).
Scelta che non è limitata semplicemente al problema di cio che si
debba, nell'opera restaurata, rimuovere o conservare ma anche. nono-
stante qui ci soccorra il principio della reversibilità dell intervento, di cio
che si deve aggiungere; in questo caso il restauro. traducendosi in una
modifica al fine di un accrescimento della leggibilità e del riattualiz- 278-279
zarsi' del valore espressivo dell'immagine figurata attraverso mezzi
figurativi anch'essi, non potrà non interessare aspetti creativi che. comun-
que vengano considerati, entro od oltre il restauro, sempre da un'attenta
valutazione critica dell'opera, del suo contesto e del suo ambiente.
dovranno trarre le proprie direttive. Critica e creatività dunque, fomano
i due termini del rapporto, in certo modo 'dialettico'. intorno al quale
non può non ruotare, dai gradi più minuti a quelli più ampi. tutta la
problematica del restauro.

R . Pane, Restauro e conservazione nell'America Latina, in «Restauro. Quaderni di


restauro dei monumenti e di urbanistica dei centri antichi», II. 1973, 9. pp. 57-58.
Come sembrerebbe invece lasciar intendere A. Dillon, Interpretazione di Taormina,
Catania 1948, citato in C. Ceschi, Teoria e storia del restauro, Roma 1970, p. 199: «Nella
valutazione del maggior interesse di una struttura rispetto ad un'altra, l'opera del
restauratore diventa soggettiva e talvolta arbitraria». Soggettiva indubbiamente, ma non
arbitraria se attuata con intendimento storico-critico. Il pensiero di P. Philippot (La
notion de patine et le nettoyage des peintures, in «Bulletin de llnstitut Royal du Patri-
moine Artistique», IX, 1966) è, in proposito, assai chiaro: quando si cade nella «pure
subjectivité du goût personnel? Ce sera le cas, sans doute, chaque fois que le problème
critique sera éludé parce que le restaurateur n'en aura pas pris conscience, et se laissera
guider par ses seules préférences personnelles. (Pp. 139-140).
R . Longhi, Restauri, in «La Critica d'Arte», V, 1940, 2. parte II. p. 121, «al restauro
bisogna credere come fonte di accrescimento estetico; Bonelli, voce Restauro 1963, col.
348,«intervento diretto... allo scopo di acerescere lo stesso valore estetico del monu-
mento» e «rendere nuovamente viva e attuale lopera»; Carta del Restauro 1972, art. 4,
..S'intende per restauro qualsiasi intervento volto a mantenere in efficienza, a facilitare
la lettura .

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